Dott.ssa Lucia De Lio

U.O.C. Cardiologia 1,  Az. Osp. San Camillo-Forlanini, Roma

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2018-2019

Vol. 63, n° 3, Luglio - Settembre 2019

ECM: Cuore Polmone 2019

02 aprile 2019

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Sindromi delle apnee notturne e disturbi cardiovascolari

L. De Lio

Definizione e prevalenza

Si definisce con il termine OSAS (Obstructive Sleep Apnea Syndrome) la sindrome delle apnee  ostruttive notturne. 

Secondo uno studio osservazionale su 11 mila autotrasportatori durato dal 2016 al 2017 risulterebbero affetti da OSAS soggetti tra 40 e 70 anni in numero elevato e si stima che circa 6 milioni di italiani in età lavorativa ne siano affetti (55%). È una prevalenza di malattia simile a quella del diabete.

È un disturbo del sonno con impatto sui costi sanitari e sociali sia per le associate  comorbilità cardiovascolari e metaboliche, che per la ridotta produttività lavorativa dei pazienti. La sonnolenza diurna che la caratterizza è spesso causa di incidenti stradali e lavorativi.

Si stima che se i potenziali 6 milioni di soggetti affetti da OSAS fossero  diagnosticati e trattati preventivamente si otterrebbe un risparmio di circa 15 miliardi di euro (Convegno della prevenzione dell’OSAS: Guadagno in benessere e salute e risparmio nella vita e sul lavoro, Roma Marzo 2019). La prevalenza nelle donne è del 2%, aumentando in fase post menopausa.

È stata identificata come sindrome da un neurologo Italiano nel 1956.

È una sindrome multifattoriale e pertanto dovrà essere gestita nell’iter diagnostico terapeutico da un team multidisciplinare composto da Internista, Broncopneumologo, Diabetologo, Neurologo, Cardiologo, Otorinolaringoiatra.

Sarebbe auspicabile una gestione con integrazione tra servizi ospedalieri e la rete dei servizi territoriale, attualmente non facilmente realizzabile nelle diverse realtà regionali.

 

Cenni di fisiopatologia

OSAS è un disturbo caratterizzato da episodi di ostruzione notturna durante il sonno con riduzione o sospensione totale del flusso aereo.

Il sonno è un processo attivo che coinvolge varie strutture cerebrali situate nel tronco encefalico. Attraverso mediatori chimici, serotonina e noradrenalina, si inibisce la azione della formazione reticolare del tronco, la cui funzione è quella di mantenere la veglia.

Durante il sonno diminuisce il tono dei muscoli delle prime vie aeree, rendendo le pareti di tali strutture, ed in particolare del faringe, più facilmente collassabili in quanto prive di scheletro osteo-cartilagineo.

La riduzione del lume determina un incremento delle resistenze al passaggio dell’aria la cui manifestazione clinica è costituita dal “ russamento”.

La posizione declive riduce l’efficacia meccanica del sistema toraco-addominale condizionando una alterazione degli scambi gassosi1.

Il sonno è una condizione relativamente sfavorevole per la respirazione poiché manca il “drive” centrale indotto dallo stato di veglia, la posizione declive riduce invece l’efficace meccanica del torchio addominale.

I disturbi respiratori del sonno si possono classificare in ordine di gravità in: russamento saltuario, russamento saltuario ed intermittente, RERA, Ipopnea, Apnea.

RERA (Respiratory effort-related arousals) identifica atti respiratori con aumento progressivo dello sforzo inspiratorio che termina con un “Arousal (risveglio) con riduzione del flusso aereo <30%, non desaturazione di O2, di durata  uguale o superiore a 10 sec.

Ipopnea identifica una ostruzione parziale del flusso respiratorio, con  riduzione di almeno il 50% del flusso respiratorio senza significativa desaturazione.

Apnea identifica una ostruzione completa con cessazione intermittente del flusso respiratorio durante il sonno, non inferiore a 10 sec con desaturazione ossiemoglobinica con persistenza dei movimenti respiratori toraco-addominali.

L’indice apnea + ipopnea (AHI) indica il numero di eventi respiratori ipopnoici o apnoici per ora di sonno, identificandone il grado di severità.

Il valore inferiore a 5 non è significativo, tra 5 e 10 identifica una forma borderline, tra 10 e 20 OSAS di grado lieve/moderata, tra 20 e 30 di grado medio con indicazione a cPAP,  superiore a 30 di grado severo con indicazione assoluta a cPAP.

Le apneee si definiscono centrali quando l’interruzione del flusso aereo è associato alla assenza di movimenti toraco-addominali, ostruttive se nonostante la assenza di flusso persistono i movimenti toraco-addominali, miste quelle ad esordio simile alle centrali con successive caratteristiche di tipo ostruttivo.

Le apnee ostruttive rappresentano l’85% di tutte le manifestazioni e riconoscono una causa periferica.

Le centrali nei 2/3% sono correlate a danni dei centri nervosi

Le forme miste sono circa il 13%.

La diagnosi si effettua  mediante polisonnografi cardiorespiratori. Vi sono in commercio sistemi diagnostici semplificati per uso domiciliare con rilevazione del flusso oro nasale, del movimenti toraco-addominali, della Sa O2, FC, del russamento e della rilevazione della posizione del corpo. Apparecchiature più complesse di uso ospedaliero includono anche la registrazione EEG, EOG, EMG, ECG, movimenti delle gambe (dx e sn) e pressione CPAP.

L’OSAS è ancora una sindrome scarsamente diagnosticata forse perché scarsamente ricercata2.

Le comorbilità associate spesso spostano l’interesse diagnostico terapeutico sulla singola patologia d’organo tralasciando la concomitante patologia respiratoria causa della esacerbazione delle concomitanti morbilità.

Sono fattori di rischio oltre l’età, anche l’uso di farmaci quali i tranquillanti e gli ipnotici, il fumo per correlata ipertrofia della tonsilla linguale, l’alcool per il suo effetto miorilassante3.

È nota da studi clinici Sleep 2008 la correlazione tra sopravvivenza e grado di  severità dell’ OSAS. Il  60% in un follow up di 18 anni per pazienti con AHI > 30, dell’85% tra 15 e 30.

Numerose sono le patologie correlate alla sindrome delle apnee notturne: patologie cerebro vascolari quali stroke, patologie cardiache quali angina, infarti, morte improvvisa, aritmie notturne quali bradicardie, blocchi AV, FA, ipertensione arteriosa, ipertensione del circolo polmonare, insufficienza ventricolare sinistra ed insufficienza ventricolare destra.

Una flow chart diagnostica dell’OSAS prevederà dunque:

1) analisi del sonno;

2) valutazione dell’apparato cardiovascolare

3) valutazione dell’apparato  respiratorio

4) valutazione dell’apparato  neurologico.

L’OSAS deve essere sempre considerata una malattia sistemica.

Quale è la sua incidenza nelle malattie cardiovascolari? Per l’ipertensione farmaco resistente 80%, il 60% per lo stroke, 50% per le aritmie e l’insufficienza cardiaca, 30% per la patologia coronarica.

L’obesità sappiamo essere presente nell’80% dei pazienti affetti da OSAS, il diabete nel 50%.

L’OSAS è la causa primaria di ipertensione e nel 30% dei casi trattasi di  ipertensione resistente, ma essa stessa è fattore di rischio indipendente di ipertensione4, 5.

Il pz iperteso con OSAS è in genere un non dipper notturno all’holter pressorio.

Come già evidenziato l’OSAS può esacerbare patologie preesistenti attraverso la convergenza di meccanismi multipli: meccanici, infiammatori, autoimmuni, chimici. I risvegli intermittenti alterano l’espressione genica del metabolismo cardiaco che regola con ritmo circadiano l’incremento del lavoro cardiaco.

Il sonno interrotto  crea una  aggressione del cuore in un periodo metabolicamente meno preparato. La attivazione orto simpatica del risveglio condiziona aumento delle catecolamine circolanti realizzando vasocostrizione, tachicardia1.

È presente una disfunzione endoteliale sia per incrementati livelli di endotelina, causa ulteriore di vasocostrizione periferica, che per stress ossidativo vascolare da incremento della PCO2 e riduzione di O2 con riduzione di NO6.

L’intermittenza di ipossia-riossigenazione produce radicali liberi con conseguente stato infiammatorio vascolare, testimoniato dall’incremento della PCR, della IL-6, di citochine proinfiammatorie  e molecole di adesione TNF-α7.

Si verifica inoltre una aumentata attività protrombotica per attivazione del fibrinogeno, dell’attività piastrinica, del fattore VIIc e della viscosità ematica.

L’alterata meccanica respiratoria con sforzi inspiratori inefficaci riduce la pressione intratoracica aumentando lo stress di parete del ventricolo sinistro con incremento della richiesta di ossigeno. L’ipertono simpatico e la conseguente vasocostrizione periferica rappresentano per il cuore una “somministrazione di agenti vasopressori intermittenti per anni”. Ne consegue ipertrofia ventricolare con progressiva evoluzione verso l’insufficienza ventricolare sinistra8.

Riassumendo l’ipossiemia da alterata meccanica respiratoria condiziona incremento della PCO2 causa di stress ossidativo infiammazione e disfunzione endoteliale,  peggiora la perfusione miocardica, attiva la risposta simpatica causando  ipertensione,  ischemia-infarto miocardico, insufficienza cardiaca, aritmie.

La alternanza ipossiemia-riossigenazione provoca instabilità elettrica, la vasocostrizione del letto vascolare polmonare crea ipertensione polmonare con ripercussione sulla compliance atriale9-11.

L’ipercapnia aumenta il periodo refrattario atriale, substrato fisiopatologico per l’innesco della FA.

La downregulation del sistema nervoso centrale contribuisce a  sviluppare il diabete condizionando una ridotta tolleranza allo zucchero, è causa altresì della obesità per riduzione della leptina (ormone della sazietà) ed incremento della grelina (ormone della fame). Diabete ed obesità contribuiscono a completare il quadro della sindrome metabolica causa di patologia cardio e cerebro vascolare.

Questi in sintesi sono meccanismi fisiopatologici alla base del rischio cardiovascolare nell’OSAS.

The Sleep Heart Health Study pubblicato nel 2006 segnalava la prevalenza 4 volte maggiore della FA nei pazienti affetti da OSAS rispetto ai non affetti (4,8 vs 0,9) ed in una successiva pubblicazione sull’European Heart Journal del 2008 si dimostrava una correlazione significativa tra grado di OSAS espresso come AHI tra 15 e 30 e frequenza di FA, ma anche una riduzione delle recidive in pazienti trattati rispetto ai non trattati12-14.

Si è stimato che parossismi di FA o episodi di TVNS abbiano una probabilità di insorgere nei 90 sec di apnea ipopnea 18 volte maggiore rispetto a soggetti con normale respirazione.

Si deve poi sottolineare una maggiore recidiva di FA post ablazione18. Se infatti l’ablazione induce una alterazione della compliance atriale a causa della estensione cicatriziale con incremento della pressione post capillare, nei pazienti OSAS le alterazioni fisiopatologiche già in atto si sommano a quelle post procedurali. La terapia con CPAP favorirebbe una migliore risposta alla ablazione.

Le aritmie ventricolari TVNS o TVS sono spesso causa di morte aritmica più frequentemente nelle prime ore della notte15.

Nei pazienti con prevalenza di aritmie ventricolari in un quadro di insufficienza ventricolare, l’ICD ha dimostrato di prevenire eventi aritmici fatali, per interventi appropriati specie in coloro con  AHI >15 in apnee di origine centrale4, 16-18.

 

Conclusioni

Lo sforzo della comunità scientifica attuale è di proseguire mediante la realizzazione di ampi studi randomizzati l’osservazione di questa popolazione con patologie intersecanti.

Infatti l’osservazione che alcune patologie cardio vascolari possano beneficiare dal concomitante trattamento dell’OSAS ha implicazioni cliniche5, 19.

In un editoriale Somers e coll. sottolineano quanto segue: “I pazienti non sono consapevoli che le apnee notturne siano una patologia, anche il rischio cardiovascolare ed il deficit cognitivo progressivo ad essa associato è generalmente sottovalutato nella popolazione  generale. I pazienti non accettano di buon grado la terapia ventilatoria, spesso non percepita come terapia al pari dei farmaci assunti per le concomitante patologie cliniche. D’altra parte le comorbilità spesso offuscano il ruolo etiologico dell’OSAS. Vi è inoltre carenza di grandi trial randomizzati che dimostrino il beneficio della terapia ventilatoria nel migliorare la prognosi cardiovascolare. È giunto il momento, concludono gli Autori, di definire le conseguenze delle alterazioni del sonno, non solo come sintomi ma soprattutto come acceleratrici del rischio cardiovascolare”.

Non  si hanno al momento dati per raccomandare un trattamento a tappeto per tutti i pazienti affetti da OSAS, ma i dati clinici attualmente disponibili confortano sul trattamento dei pazienti sintomatici con maggiore rischio cardiovascolare.

L’accettazione della diagnosi da parte del paziente, il suo coinvolgimento nel trattamento terapeutico con l’ausilio di nuove tecnologie respiratorie, le evidenze attese dai numerosi trial in corso modificheranno certamente l’approccio a tale patologia20.


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