Anno Accademico 2018-2019
Vol. 63, n° 3, Luglio - Settembre 2019
ECM: Cuore Polmone 2019
02 aprile 2019
ECM: Cuore Polmone 2019
02 aprile 2019
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Il 26 aprile 2017 a Roma veniva presentata all'Università Cattolica la XIII edizione del Rapporto Osservasalute (2015), un'approfondita analisi dello stato di salute della popolazione e della qualità dell'assistenza sanitaria nelle Regioni italiane, pubblicata dall'Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane che ha sede presso l'Università Cattolica di Roma e coordinato dal Professor Walter Ricciardi, allora Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità e Direttore dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane1.
Questo documento dimostrava come una riduzione dei servizi che il SSN forniva ai cittadini insieme ad una scarsa prevenzione, ai pochi screening oncologici e, soprattutto, al calo delle vaccinazioni avessero determinato, per la prima volta in Italia, una diminuita aspettativa di vita, un fenomeno con solo due precedenti nel mondo occidentale in tempo di pace: uno in un paese democratico, la Danimarca, nel 1996 ed uno in corso del disgregamento del regime totalitario Russo che aveva interrotto gli investimenti in sanità.
Per la prima volta negli ultimi 10 anni infatti in Italia nel 2015 la speranza di vita alla nascita è arretrata, con un decremento di 0,2 punti per gli uomini (80,1) e 0,3 per le donne (84,7), ma con un dato più crudo di 54.000 morti in più rispetto all’anno precedente che sicuramente rende più drammatica la considerazione rispetto ai valori percentuali.
In questo periodo è stato significativoil calo delle adesioni nella campagna di vaccinazione tra gli anziani, che sono peraltro proprio una delle fasce di popolazione più a rischio di complicanze dell’influenza. Negli anziani ultra 65enni la copertura antinfluenzale in nessuna regione ha raggiunto i valori considerati minimi (75%) e ottimali (95%) dal PNPV. Nell’arco temporale 2003-2004/2014-2015, per quanto riguarda la copertura vaccinale degli ultra 65enni, si è registrata una diminuzione a livello nazionale del 22,7%, passando dal 63,4% al 49% di questo gruppo2, 3.
Vaccinazione antiinfluenzale
L’influenza ha da sempre rappresentato per la Sanità Pubblica un serio problema ed una rilevante fonte di costi diretti e indiretti per la gestione dei casi e delle complicanze di una malattia infettiva che di fatto ogni persona può sperimentare più volte nel corso della propria esistenza indipendentemente dallo stile di vita, dall’età e dal luogo in cui vive e che vede nella prevenzione e nell’attuazione delle misure di controllo l’unica strategia di successo.
In Europa l'influenza si presenta con epidemie annuali durante la stagione invernale. Casi sporadici possono verificarsi anche al di fuori delle normali stagioni influenzali, anche se nei mesi estivi l'incidenza è trascurabile.
Le raccomandazioni annuali per l'uso dei vaccini antinfluenzali in Italia sono elaborate dal Ministero della Salute dopo la revisione di una serie di aspetti, tra cui: il carico della malattia influenzale e le popolazioni target per la vaccinazione; sicurezza, immunogenicità ed efficacia dei vaccini antinfluenzali; altri aspetti rilevanti.
Le epidemie influenzali annuali sono associate a elevata morbosità e mortalità. Il Centro Europeo per il controllo delle Malattie (ECDC) stima che ogni anno in Europa si verificano dai 4 ai 50 milioni di casi sintomatici di influenza e che 15.000/70.000 cittadini europei muoiono ogni anno per complicanze dell’influenza. Il 90% dei decessi si verifica in soggetti di età superiore ai 65 anni, specialmente tra quelli con condizioni cliniche croniche di base4.
Esistono due tipi principali di virus dell'influenza: A e B. I virus dell'influenza A sono classificati in sottotipi basati su due proteine di superficie: emoagglutinina (HA) e neuraminidasi (NA). Nel corso del tempo, la variazione antigenica (deriva antigenica) dei ceppi si verifica all'interno di un sottotipo di influenza A o di un lineaggio B. La possibilità sempre presente di deriva antigenica, che può verificarsi in uno o più ceppi di virus dell'influenza, richiede che i vaccini antinfluenzali stagionali vengano riformulati ogni anno.
Il periodo di incubazione dell'influenza stagionale è solitamente di due giorni, ma può variare da uno a quattro giorni. Gli adulti possono essere in grado di diffondere l'influenza ad altri da un giorno prima dell'inizio dei sintomi a circa cinque giorni dopo l'inizio dei sintomi. I bambini e le persone con un sistema immunitario indebolito possono essere più contagiosi.
I sintomi dell’influenza includono tipicamente l'insorgenza improvvisa di febbre alta, tosse e dolori muscolari. Altri sintomi comuni includono mal di testa, brividi, perdita di appetito, affaticamento e mal di gola. Possono verificarsi anche nausea, vomito e diarrea, specialmente nei bambini. La maggior parte delle persone guarisce in una settimana o dieci giorni, ma alcuni soggetti (quelli di 65 anni e oltre, bambini piccoli e adulti e bambini con patologie croniche), sono a maggior rischio di complicanze più gravi o peggioramento della loro condizione di base.
In tutto il mondo, le epidemie annuali provocano circa un miliardo di casi di influenza, da circa tre a cinque milioni di casi di malattia grave e da circa 250.000 a 500.000 decessi.
InfluNet Epi
Una rete di medici sentinella, attiva dalla stagione 1999/2000, rileva l’andamento stagionale delle sindromi simil-influenzali (influenza-like-illness, ILI). Tale sistema si basa sulla collaborazione di pediatri di libera scelta (PLS) e medici di medicina generale (MMG) che partecipano volontariamente alla sorveglianza, coordinati dal Reparto di epidemiologia, biostatistica e modelli matematici dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS).
InfluNet Vir
Raccoglie dati sulla caratterizzazione di virus influenzali epidemici, coordinato dal Centro Nazionale OMS per l’influenza (National Influenza Centre – NIC) dell’Istituto Superiore di Sanità (Dipartimento di Malattie Infettive); l’attività è svolta in collaborazione con una rete di laboratori di riferimento regionale (Rete InfluNet), periodicamente riconosciuti dal NIC per le attività di diagnostica e caratterizzazione di virus influenzali.
La vaccinazione è la forma più efficace di prevenzione dell'influenza. L’Organizzazione Mondiale della Sanità e il Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale 2017-19 riportano tra gli obiettivi di copertura per la vaccinazione antinfluenzale il 75% come obiettivo minimo perseguibile e il 95% come obiettivo ottimale negli ultrasessantacinquenni e nei gruppi a rischio5-8.
Uno studio del Prof. Dal Negro, presentato durante il XIX Congresso nazionale della Società Italiana di Pneumologia a Venezia dal 13 al 15 ottobre u.s, dimostra che la maggioranza (tre quarti) dei costi deriva dall'assenteismo lavorativo e/o scolastico indotto dall'infezione influenzale o simil-influenzale, oltre che dalla spesa per farmaci sintomatici di fascia C e quindi a totale carico del cittadino: per antitosse, mucolitici, antinfiammatori e aerosol si spendono circa 27 euro l'anno, mentre per il vaccino antinfluenzale, che potrebbe evitare molti dei casi di infezione respiratoria da virus influenzali, appena 2,40 euro.
I dati dello studio del Prof. Dal Negro mostrano inoltre che un quarto dei soggetti intervistati spenderebbe di tasca propria oltre 20 euro per prevenire un episodio di influenza o una sindrome simil-influenzale, anche se nel caso dell'influenza la pratica della vaccinazione, pur a basso costo per la famiglia e per il SSN, risulta ancora sottoutilizzata. Di fatto, nonostante il 70% degli intervistati consideri essenziale la vaccinazione, solo il 14% si vaccina ogni anno e circa il 60% non lo ha mai fatto9.
Nella riunione annuale, svoltasi a Ginevra il 22 febbraio 201810, l’OMS ha pertanto indicato che la composizione del vaccino quadrivalente per l’emisfero settentrionale nella stagione 2018/2019 sia la seguente:
- antigene analogo al ceppo A/Michigan/45/2015 (H1N1)pdm09;
- antigene analogo al ceppo A/Singapore/INFIMH-16-0019/2016 (H3N2);
- antigene analogo al ceppo B/Colorado/06/2017 (lineaggio B/Victoria); e
- antigene analogo al ceppo B/Phuket/3073/2013-like (lineaggio B/Yamagata).
Nel caso dei vaccini trivalenti, l’OMS raccomanda, per il virus dell'influenza B, l’inserimento dell’antigene analogo al ceppo B/Colorado/06/2017 (lineaggio B/Victoria). Il vaccino per la stagione 2018/2019 conterrà pertanto una nuova variante antigenica di sottotipo H3N2 (A/Singapore/INFIMH-16-0019/2016), che sostituisce il ceppo A/Hong Kong/4801/2014, ed una nuova variante antigenica di tipo B (B/Colorado/06/2017), lineaggio B/Victoria, che sostituirà il ceppo B/Brisbane/60/2008.
Si fa inoltre presente che recentemente AIFA ha condotto un approfondimento sull’assenza di lattice/latex/gomma naturale nelle diverse componenti delle siringhe pre-riempite (es. cappuccio, pistone, tappo) dei vaccini influenzali autorizzati per la stagione 2017-2018. L’approfondimento ha evidenziato che nessuno dei vaccini autorizzati al commercio in Italia contiene Latex.
Occorre sottolineare che la protezione indotta dal vaccino comincia due settimane dopo l’inoculazione e perdura per un periodo di sei-otto mesi, poi tende a declinare. Per tale motivo, e poiché i ceppi in circolazione possono subire mutazioni, è necessario sottoporsi a vaccinazione antinfluenzale all’inizio di ogni nuova stagione influenzale11-13.
Controindicazioni e precauzioni
Il vaccino antinfluenzale non deve essere somministrato a:
Un’anamnesi positiva per sindrome di Guillain-Barré insorta entro 6 settimane dalla somministrazione di una precedente dose di vaccino antinfluenzale costituisce controindicazione alla vaccinazione14-16.
False controindicazioni
Vaccinazione antipneumococcica
Tra le polmoniti, le più frequenti sono quelle di origine batterica che derivano dallo Streptococcus pneumoniae, meglio noto come pneumococco. Nel 2013 solo in Italia si sono registrati oltre 9.000 decessi per polmonite, quasi tre volte quelli dovuti a incidenti stradali e venti volte quelli causati dall'influenza. La consapevolezza sul vaccino è molto bassa in Italia: 2 persone su 3 con malattia polmonare e 8 su 10 del gruppo ad alto rischio di contrarre la polmonite non ne conoscono l'esistenza. La maggioranza del campione (86%) ritiene che i vaccini "aiutino a prevenire le malattie infettive" e uno su due dichiara che "vaccinarsi contro la polmonite" è una misura di prevenzione efficace. Eppure, solo il 4% degli adulti si è vaccinato, percentuale che "sale" al 5% tra soggetti a rischio di contrarre la malattia. Analizzando il percorso dei pazienti dalla consapevolezza sulla malattia fino alla vaccinazione, emerge che solo il 19% di chi è a conoscenza del vaccino vi si sottoporrà effettivamente. "L'unico strumento di prevenzione primaria efficace per evitare l'infezione da pneumococco e prevenire sia lo sviluppo delle malattie sia le complicanze che il batterio può portare è la vaccinazione, in particolare con il vaccino coniugato, in modo da generare nel sistema immunitario un meccanismo di "allerta" pronto a reagire nel caso di infezione da pneumococco. Negli adulti è sufficiente un'unica somministrazione"19, 20 (AGI).
Un'analisi del 2012 pubblicata sull'European Respiratory Review afferma che in Europa, i costi della polmonite si attestano a circa 9,8 miliardi di euro l’anno di cui: 5,5 miliardi per la cura dei pazienti ricoverati, 500 milioni per i pazienti non ricoverati, 200 milioni per la terapia farmacologica e 3,6 miliardi per costi indiretti e giorni di lavoro persi. In uno studio italiano riguardante i costi delle malattie respiratorie, il costo medio per anno per il trattamento di un paziente affetto da polmonite acquisita in comunità è stato stimato essere di 1.586,04 € per un costo complessivo stimato per il SSN di circa 500 milioni di euro. I costi di ospedalizzazione legati alla patologia pneumococcica in Italia sono particolarmente elevati; per quanto concerne la polmonite si stima un costo di 5.019 € per paziente fra ricovero (4.669 €) e gestione ambulatoriale nei giorni successivi (350 €).
I vaccini polisaccaridici sono efficaci come difesa contro i batteri dotati di una capsula polisaccaridica, inducono una risposta immunitaria relativamente debole (soprattutto anticorpi IgM), determinano una risposta cellule T indipendente, ma dosi ripetute non inducono una risposta di memoria immunologica (‘booster'). La coniugazione di antigeni polisaccaridici ad una proteina carrier (ad esempio tossina difterica o tetanica inattivata) determina una risposta cellule T dipendente, le cellule T helper attivate inducono la risposta umorale delle cellule B, vengono prodotti anticorpi IgG, si forma un maggior numero di cellule della memoria, si determina una risposta "booster". Quindi la coniugazione migliora nettamente la qualità e la durata della risposta immunitaria. Tra i vaccini polisaccaridici coniugati ricordiamo: Haemophilus influenzae B, meningococco C, meningococco tetravalente (A,C, W 135, Y), pneumococco 7 valente, pneumococco 10 valente, pneumococco 13 valente21-23.
Vaccinazione anti Herpes zoster
L’herpes zoster è la conseguenza di una riattivazione del virus varicella-zoster (VVZ), virus a DNA della famiglia degli Herpesviridae, che, al momento della primo-infezione, è all’origine della varicella.
Nella maggior parte dei casi la varicella si contrae durante l’infanzia. Più del 99% degli adulti fino a 40 anni di età sono entrati in contatto con il VVZ. In seguito alla prima infezione, il VVZ rimane sotto forma latente per tutta la vita nei gangli nervosi sensoriali del midollo spinale. Chiunque abbia già avuto una varicella può sviluppare un herpes zoster; tuttavia, la riattivazione del VVZ è più frequente nelle persone immunodepresse o anziane, il rischio associato all’età, essendo probabilmente legato al declino osservato durante il normale processo di invecchiamento dell’immunità acquisita al momento della prima-infezione e dell’immunità specifica a mediazione cellulare. Pertanto, si osserva un aumento progressivo della gravità dell’herpes zoster e delle sue complicazioni nelle persone di età superiore ai 50 anni.
In seguito alla riattivazione e alla replicazione del virus in un ganglio, questo migra attraverso i nervi sensoriali verso il dermatomero corrispondente. L’herpes zoster si manifesta sotto forma di eruzione cutanea dolorosa unilaterale, generalmente limitata al dermatomero innervato dal ganglio nervoso interessato. L’eruzione inizia con un importante arrossamento, seguito dall’apparizione di vescicole che seccano dopo pochi giorni e formano una crosta che infine si stacca. L’eruzione è accompagnata da un’intensa sensazione di bruciore e/o da dolori con sintomi generali. A seconda della localizzazione, le complicazioni dell’herpes zoster acuto possono essere gravi, in particolare in caso d’infezione oculare con un rischio di cecità se un trattamento non è intrapreso. Nella maggior parte dei paesi occidentali, la prevalenza stimata dell’herpes zoster oftalmico è di circa il 10%. Se questo stato dura più di tre mesi, si parla di nevralgia posterpetica (NPE). La NPE colpisce circa il 20% dei malati di più di 65 anni. Gli attacchi dolorosi sono talvolta molto intensi e possono compromettere notevolmente la qualità di vita delle persone che ne sono affette.
Le persone affette da un deficit dell’immunità cellulare presentano un rischio maggiore di essere colpite dall’herpes zoster e dalle sue complicazioni come la NPE. Più specificamente, fanno parte di questa categoria i pazienti affetti da una malattia tumorale, le persone con un’infezione HIV avanzata e quelle affette da un disturbo congenito dell’immunità cellulare o sottoposte a terapia immunosoppressiva, le persone affette da BPCO.
Il vaccino Zostavax® è un vaccino vivo attenuato i cui componenti sono gli stessi del vaccino monovalente contro la varicella ma di cui la concentrazione del virus è circa 14 volte più alta (ceppo attenuato Oka/Merck del VVZ). Contiene tracce di neomicina (tuttavia, un’allergia da contatto alla neomicina non rappresenta una controindicazione). Il vaccino è in grado di rafforzare l’immunità naturale contro VZV per controllare la riattivazione e la replicazione del virus e pertanto prevenire l’Herpes zoster e ne riduce la severità. Il vaccino riduce significativamente:
L’efficacia del vaccino anti Herpes zoster è stata dimostrata da studi condotti su più di 60.000 persone. A oltre 30.000 di queste è stato somministrato il vaccino. Il vaccino Zostavax ha un’ampia esperienza di utilizzo sul campo. In Inghilterra per esempio, è raccomandato per tutti i soggetti dai 70 ai 74 anni di età con una strategia di recupero a 78-79 anni. La campagna vaccinale è iniziata già a partire dal 2013 e ha raggiunto più del 50% della popolazione coinvolta in queste fasce di età.
I risultati di un’analisi di costo-efficacia di una campagna vaccinale anti Herpes zoster rispetto all’attuale strategia terapeutica sulla popolazione italiana tra i 60 e i 79 anni dimostra che l’intervento vaccinale anti Herpes zoster risulta essere costo efficace e sostenibile per il SSN.
Il vaccino è approvato in 60 Paesi in tutto il mondo e ne sono state distribuite più di 39 milioni di dosi. Può essere somministrato per via sottocutanea o intramuscolare. La posologia prevede la somministrazione di una sola dose. In uno studio condotto su 38.546 uomini e donne dai 60 anni in su che non avevano alcuna precedente storia di Herpes zoster, il vaccino ha ridotto del 51% il rischio di sviluppare l’Herpes zoster e del 67% i casi di nevralgia posterpetica rispetto al placebo.
Un altro studio, Zoster Efficacy and Safety Trial (ZEST), è stato condotto in persone di età compresa tra 50 e 59 anni. Nello studio ZEST, il vaccino ha ridotto del 70% il rischio di sviluppare l’Herpes zoster rispetto al placebo (95% CI, 54-81).
Uno studio a lungo termine (8 anni di distanza dalla vaccinazione) ha confermato che l’efficacia del vaccino nella prevenzione della nevralgia posterpetica si mantiene stabile. Infatti nella fascia di età 60-69 anni tale efficacia è pari a 71% (95% CI, 54-81).
Un’analisi HTA condotta dall’EUnetHTA, un network di esperti indipendente, ha riconosciuto il valore dell’efficacia clinica e di campo del vaccino anti Herpes Zoster di MSD27, 28.
BIBLIOGRAFIA