Anno Accademico 2018-2019

Vol. 63, n° 3, Luglio - Settembre 2019

ECM: Cuore Polmone 2019

09 aprile 2019

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Lettura Magistrale: Le bronchiectasie: diagnostica radiologica

G. Pedicelli

Per bronchiectasie si intende uno stato di dilatazione permanente ed irreversibile delle vie aeree che riconosce diverse cause, prime fra tutte, l’infiammazione cronica ed i processi flogistici ricorrenti. Ilmeccanismo patogenetico comune, ove si escludano le cause congenite, si esprime con un “circolo vizioso” costituito da: danno all’epitelio ciliato ed alle ghiandole mucipare, successivo deterioramento dell’apparato elastico-muscolare della parete amplificato dai colpi di tosse cronica, progressiva dilatazione, fibrosi ed ispessimento della parete bronchiale con deformazioni morfologicamente cilindriche-varicose-cistiche1.

Lo stato infiammatorio cronico comporta un incremento della vascolarizzazione arteriosa sistemica locale con possibili episodi emoftoici fino ad emottisi gravi che possono richiedere interventi di embolizzazione delle arterie bronchiali.

La diagnostica radiologica delle bronchiectasie è spalmata su due periodi storici culturalmente diversi: il primo è scandito dalle immagini prodotte con la metodologia broncografica, il secondo è conseguente all’avvento della tomografia computerizzata (TC).

La broncografia2 ha tradotto in immagini molto efficaci la cultura broncologica dell’apparato respiratorio nel periodo compreso fra la sua nascita (1923) e l’introduzione nella pratica clinica della TC, specialmente nella versione ad alta risoluzione verso la  metà degli anni ’90 del secolo scorso. Dal punto di vista morfologico, la distinzione nelle tre forme anatomo-patologiche di bronchiectasie (cilindrica, varicosa, cistica), descritta con reperti anatomici da Reid nel 1950, contribuì ad identificare le cause patogenetiche correlate, il comportamento funzionale e le possibili complicanze.

La diagnostica per immagini, come pure la pratica clinica, ha vissuto un periodo di relativo disinteresse all’argomento delle bronchiectasie, in gran parte legato al progressivo abbandono della broncografia - considerata una pratica invasiva - e all’attesa di immagini affidabili offerte dalla crescita della TC. Peraltro, la caduta d’interesse da parte dei clinici è derivata anche dalla obiettiva riduzione epidemiologica delle bronchiectasie, sia per la storica riduzione delle tubercolosi dopo l’introduzione della Rifampicina (1963) sia per la diffusione delle vaccinazioni contro le più comuni infezioni dell’infanzia e dell’adolescenza.

La broncografia, che configura in modo accuratissimo in 3D la parete interna dei bronchi fino alle diramazioni bronchiolari più periferiche, senza soluzione di continuità, può offrire straordinarie informazioni d’ordine funzionale nelle valutazioni inspiratorie/espiratorie, mostrando sia la variazione di calibro diffusa e/o circoscritta, sia la eventuale rigidità della parete bronchiale ed i perfetti rapporti con eventuali lesioni aderenti al bronco2.  La TC offre la visione diretta dell’intera parete bronchiale ma non la continuità anatomica nella sua architettura, per ottenere la quale bisogna ricorrere a tecniche di ricostruzione digitale delle immagini sui tre piani assiale-coronale-sagittale, senza mai raggiungere la perfezione broncografica.

Nella pratica clinica attuale l’imaging delle bronchiectasie è affidato alla Tomografia Computerizzata ad alta risoluzione (HRCT), essendo difficilmente riconoscibili sulla radiografia standard, salvo casi particolarmente vistosi. Tuttavia la radiografia del torace può quantomeno far sospettare le bronchiectasie con irregolari reperti di: densità tubulari, ispessimenti a binario, noduli “ad anello”, persistenti ed irregolari areole di consolidazione parenchimale3.

L’acquisizione delle immagini mediante HRCT prevede spessori molto sottili, dell’ordine di circa 1 mm condotte in continuità in apnea inspiratoria e, in casi selezionati, integrata da acquisizioni in espirazione per la enfatizzazione di eventuali aree di air-trapping la cui estensione è fortemente indicativa del livello di generazione del bronco ostruito. Latecnica di ricostruzione delle immagini prevede la possibilità di documentazione sui piani assiale-coronale-sagittale consentendo un’accuratezza diagnostica molto elevata sia nella documentazione diretta dell’albero bronchiale sia delle frequenti ricadute funzionali e nelle complicanze flogistiche. Queste ultime costituiscono il più delle volte la ragione clinica che porta all’effettuazione dell’esame. Le bronchiectasie molto periferiche, che colpiscono diramazioni di calibro dell’ordine di 2 mm o meno, definite bronchioloectasie, meritano una particolare tecnica di ricostruzione nota con l’acronimo Minip (Minimum intensity projection). Questa tecnica può risultare preziosa, ad esempio, nella diagnostica differenziale fra le bronchioloectasie periferiche correlate con diverse forme di fibrosi polmonare e le microcisti sub pleuriche tipiche del reperto “honeycombing” della fibrosi polmonare idiopatica. Le  acquisizioni in espirazione vengono effettuatesu casi selezionati generalmente per valutare la localizzazione topografica ed il volume di polmone ostruito nei casi di flogosi bronchiale e bronchiolare cronica o nel sospetto di broncomalacia.

Il classico  segno diretto delle bronchiectasie, documentato in HRCT, è costituito dall’immagine di “anello con castone”: esso riproduce la sezione trasversale di un bronco dilatato a pareti ispessite con accanto un vaso che lo accompagna, il ramo dell’arteria polmonare, di dimensioni normali. Normalmente, nel soggetto giovane adulto il rapporto fra i diametri delle due formazioni è approssimativamente di 1:1. Nel soggetto anziano tale rapporto è considerato ancora normale fino a valori di 1,3:1, senza segni clinici di patologia bronchiale.

La valutazione funzionale inspiratoria/espiratoria della parete bronchiale è notevolmente inferiore a quella offerta dalla broncografia. Peraltro, la valutazione funzionale della HRCT consente di documentare in modo brillante i segni indiretti dell’ostruzione bronchiale e bronchiolare, offrendo la possibilità di valutazione anche quantitativa delle aree di air-trapping.

Nel passato, anche recente, accanto al rinnovato interesse clinico-radiologico-epidemiologico1-5, sono state proposte diverse classificazioni delle bronchiectasie derivanti da diversi punti di vista. Una delle ultime, particolarmente equilibrata e completa mi sembra quella proposta da L. Cantin et al.6 che tiene conto delle cause e dei modelli di distribuzione topografica: quest’ultimo elemento preannuncia i caratteri distintivi fra alle forme correlate con la fibrosi cistica (CF) rispetto a tutte le altre forme (nCF). 


BIBLIOGRAFIA

  1. Cole P, Wilson R. Host-Microbial Interrelationships in Respiratory Infection. CHEST  1989; 952: 11S: 17S.
  2. Citroni GA, Di Guglielmo L, Pigorini L. La Broncografia. Roma: Il Pensiero Scientifico, 1957.
  3. Milliron B, Henry TS, Veeraraghavan S, Little BP. Bronchiectasis: Mechanisms and Imaging Clues of Associated Common and Uncommon Diseases. RadioGraphics 2015; 35: 1011-30.
  4. McShane PJ, Naureckas ET, Tino G, Strek ME. Non–Cystic Fibrosis Bronchiectasis. Am J Respir Crit Care Med 2013; 188: 647-56.
  5. Barke AF. Bronchiectasis. N Engl J Med 2002; 346: 1383-93.
  6. Cantin L, Bankier A, Eisenberg R. Bronchiectasis. Am J Roentgenology  2009; 193: W158-W171.