Prof. Corrado Mollica

Già Dirigente Pneumologo, Az. Osp. San Camillo-Forlanini, Roma. Già Docente Scuola di Specializzazione in Pneumologia, "Sapienza" Università di Roma

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2018-2019

Vol. 63, n° 3, Luglio - Settembre 2019

ECM: Cuore Polmone 2019

09 aprile 2019

copertina Atti terzo trim 2019 piccola per sito.jpg

Versione PDF dell'articolo: Download

L'Insufficienza respiratoria: aspetti fisiopatologici

C. Mollica

Premessa

Data la complessità dell'argomento che necessiterebbe di uno spazio che va oltre le finalità della Rivista, verranno trattati unicamente alcuni dei principali meccanismi fisiopatologici ad essa sottesi; pertanto anche per quanto attiene all'aspetto clinico-terapeutico si faranno solo brevissimi cenni ad essi strettamente connessi.

Definizione ed Etiopatogenesi 

Per Insufficienza Respiratoria (I.R.) si intende l’incapacità del sistema respiratorio di mantenere un’adeguata concentrazione di ossigeno (O2) nel sangue arterioso necessaria a soddisfare il fabbisogno metabolico basale cellulare; nonché di rimuovere all’esterno dell’organismo l’anidride carbonica (CO2), prodotto finale del metabolismo cellulare, contenuta nel sangue venoso1.

Definizione, questa, su base fisiopatologica che prevede la misurazione dei gas (O2 e CO2) sotto forma delle rispettive pressioni parziali nel sangue arterioso, allorché vengano misurate in respiro spontaneo, in aria ambiente, con una frazione inspiratoria di ossigeno (FiO2) pari al 21% dell'aria inspirata, a riposo e a livello mare (760 mmHg).

L'IR è definita da una PaO2 inferiore a 55-60 mmHg (8 kPa) o da un rapporto PaO2/FiO2 < 300, e da una PaCO2 superiore a 45 mmHg (6 kPa) in assenza di compensazione per alcalosi metabolica. Tali valori non sono rigidi ma vanno combinati con i dati anamnestici e la clinica1.

Il sistema respiratorio è costituito da due componenti: il parenchima polmonare deputato agli scambi gassosi, e la pompa che ventila i polmoni, quest'ultima composta dalla gabbia toracica (muscoli respiratori inclusi), dai centri respiratori allocati nel Sistema Nervoso Centrale (SNC) e dalle vie nervose efferenti.

L’IR può essere causata pertanto da un danno che interviene a livello di un qualsiasi anello della catena che presiede alla funzione respiratoria, la quale si estende dai Centri Respiratori (CR) fino all’alveolo, attraverso i moto-neuroni del midollo spinale, la placca neuro-muscolare, le vie aeree extra ed intra-parenchimali.

Oltre all'IR pneumogena, caratterizzata da un'ipossia dovuta ad una bassa tensione di O2 nel sangue ("ipossiemica"), occorre ricordare che esistono peraltro altre forme di ipossia: “anemica”, per deficit di circolo o da carenza di emoglobina; "stagnante" da ridotto flusso ematico ai tessuti; “isto-tossica” o cellulare, quale si riscontra in alcune miopatie, o per alterazione dei meccanismi di utilizzazione dell’O2 (come si verifica, ad esempio, nella sepsi o in patologie da deficit enzimatico).

In questa sede verrà trattata unicamente l’IR “pneumogena”("ipossiemica"), distinta secondo Roussos C, Koutsoukou A2 in “lung failure” o Insufficienza polmonare parenchimale propriamente detta (è colpita la funzione di “scambiatore di gas” del polmone) (IR tipo I) - caratterizzata da ipossiemia con normo- o ipo-capnia - e in “pump failure” o insufficienza del “mantice toraco-polmonare” (ventilatoria), allorché venga meno la cosiddetta “pompa ventilatoria” (IR tipo II), definita dal rapido instaurarsi di un'ipercania associata ad ipossiemia, conseguente ad ipoventilazione alveolare2 (Fig. 1).

 

Fig. 1: Da: Roussos C, Macklem PT. N Engl J Med 1982; 307: 787 (spiegazione nel testo)

Edema polmonare acuto cardiogeno (EPA), Insufficienza respiratoria acuta (“Acute Respiratory Distress Syndrome”: ARDS), Polmoniti, Enfisema polmonare*, Interstiziopatie, nonché alcune vasculopatie polmonari (tra cui la Trombo-Embolia: TEP), riconoscono come momento patogenetico l’IR tipo I; Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO), asma bronchiale, lesioni del SNC e periferico, Neuro-Mio-Distrofie e lesioni midollari o della placca neuro-muscolare, la IR di tipo II. Sebbene l'ipossiemia sia sempre presente, è l’insorgenza di ipercapnia che permette di distinguere l'una dall'altra (precoce nel Tipo II, tardiva ma irreversibile e con significato prognostico sfavorevole nel tipo I)  (Tab. 1 e 2).

 

• polmoniti
• edema polmonare acuto cardiogeno (EPA)
• acute respiratory distress syndrome (ARDS)
• trombo-embolia polmonare (TEP)
• vasculiti
• annegamento
• enfisema polmonare

 

Tab. 1:  I.R. tipo I (polmonare): etiologia

 

• Centri respiratori del tronco encefalico (ad es. sedativi/ipnotici, eccesso di O2)
• Motoneuroni centrali (ad es., trauma del midollo cervicale)
• Cellula delle corna anteriori (ad es., poliomiolite)
• Motoneuroni periferici (ad es., poliradicolopatia ascendente, Sclerosi Laterale Amiotrofica
• Giunzione (placca) neuromuscolare (ad es., miastenia grave)
• Muscoli respiratori (ad es. miopatie, distrofie muscolari, fatica muscolare!)
• Gabbia toracica (es., cifoscoliosi, fibrotorace, toracoplastica, spondilite anchilosante, volet costali)  
• Vie aeree intra-parenchimali (BPCO)

 

Tab. 2:  I.R. tipo II (ventilatoria): etiologia

 

Va detto, peraltro, che i due tipi di IR possono coesistere nello stesso paziente, come ad es. nei paz. con EPA o crisi asmatica grave: i quali, prima sviluppano un'ipossiemia e, al persistere o all'aggravarsi delle condizioni cliniche, presentano ipercapnia. Va peraltro sottolineato che è l’incapacità di mantenere un’adeguata concentrazione di O2 nel sangue arterioso a definire la IR, pur in presenza di un valore di gas carbonico inferiore o normale, come si verifica ad nelle fasi iniziali di IR tipo I.

Il che è dovuto alla differente diffusione dei gas (O2 e CO2) attraverso la membrana alveolo-capillare; infatti la CO2, diffondendosi molto più rapidamente dell’O2, si presenta con valori ematici alterati solo in fase avanzata di IR di tipo I, allorché allo shunt destro-sinistro, si somma il "mismatch"  ventilo/perfusorio...e la fatica muscolare2.

La diagnosi di I.R., come già detto, è possibile unicamente grazie alla misurazione nel sangue arterioso delle pressioni parziali di O2 (PaO2) e CO2 (PaCO2), le quali dipendono ognuna dalle rispettive pressioni alveolari, che variano in funzione della ventilazione alveolare (VA)**.

Le loro variazioni influenzano direttamente gli scambi gassosi secondo l’equazione dei gas alveolari.

Equazione dei gas alveolari e ventilazione alveolare

L'equazione dei gas alveolari è molto utile per comprendere i meccanismi che presiedono agli scambi gassosi3. Essa, pur nella complessità concettuale, si basa su un principio molto semplice; cioè che a livello del mare (a 760 mmHg), la pressione totale dei gas (O2, CO2, N2 ed H2O) negli alveoli è di 760 mmHg, e che, se sono note le pressioni parziali di tre dei quattro gas, la quarta può essere ottenuta per differenza.

Pertanto: PAO2 = FiO2 (PB – 47) –  PACO2  (FiO2 + 1 – FiO2 / QR) α,

dove PACO2 è la pressione alveolare di CO2, PAO2 è la pressione alveolare di O2; FiO2 è la frazione inspirata di O2, PB la pressione barometrica, 47mmHg la pressione del vapor acqueo, QR il quoziente respiratorio (pari a 0,8); da α, attraverso passaggi matematici qui omessi, semplificando avremo:

          PEO2  - PIO2  ( Vd / Vt)

PAO2 = ---------------------------------  (β)

1 - Vd / Vt

dove PAO2,  PEO2 e  PIO2 sono, rispettivamente, le pressioni parziali di ossigeno nell'aria alveolare, nell'espirato e nell'aria inspirata e Vd/Vt è il rapporto spazio morto (Vd) su volume corrente (Vt).

Quest'ultimo parametro (Vd/Vt) è in relazione diretta con la differenza di pressione parziale di CO2 tra sangue arterioso ed aria espirata ed indiretta con la sua pressione parziale arteriosa:

            PaCO2 - PECO2

Vd/Vt = ----------------------- (δ)

     PaCO2

ed è valido indice di ventilazione alveolare (VA).

Infatti poiché quet'ultima (VA) è in rapporto diretto con la CO2 prodotta (VCO2) ed indiretto con la PaCO2, secondo l'equazione:  

VA = VCO2 /PaCO2 (Φ),

il  Vd/Vt  sarà indice di VA efficace quanto più ridotto sarà lo spazio morto (anatomico/funzionale) in rapporto al volume corrente.

Inoltre, da Φ consegue che, a parità di VCO2:

  • se VA  aumenta, la PaCO2 si riduce, e si genera Alcalosi Respiratoria (pH ≥ 7,44)3;
  • se VA  si riduce, la PaCO2 aumenta, e si genera Acidosi Respiratoria (pH ≤ 7,33)4.

Da  β, semplificando ulteriormente, avremo:

PAO2 = PiO2 - PaCO2 / 0.8, dove PiO2 è la pressione di O2 nell'aria inspirata [PiO2 = FiO2 x (PB - PH2O)], e 0.8 il quoziente respiratorio (QR).

Notasi che il valore medio di PACO2 viene assunto di egual valore della PaCO2 durante respirazione tranquilla, a livello del mare ed in aria ambiente, dal momento che la CO2 diffonde talmente velocemente, attraverso la membrana alveolo-capillare, che la sua pressione parziale nel sangue che lascia ogni singolo alveolo è sempre uguale alla sua pressione parziale nel gas alveolare.

Tuttavia occorre tener presente che il valore può divergere in presenza di shunts veno-arteriosi, di occlusione vascolare polmonare, di gravi ineguaglianze nella distribuzione del rapporto ventilazione/perfusione (VA/Q), nella respirazione rapida e superficiale, oltre che in caso di somministrazione di inibitori dell’anidrasi carbonica.

Non è invece possibile considerare la PaO2 equivalente alla PAO2 poiché, a differenza di quella per la CO2 - che è lineare - la curva di dissociazione dell'Hb per l'O2 presenta un andamento sigmoide. Infatti mentre per la CO2 la differenza tra sangue arterioso (PaCO2 = 40 mmHg) e sangue venoso misto (PvCO2 = 46 mmHg) è di appena 6 mmHg - e pertanto uno shunt venoso (Dxt → Sin) influenza solo in maniera trascurabile il valore di PaCO2 -  per l'O2, essendo la PvO2 (40 mmHg) notevolmente inferiore alla PaO2 (95 mmHg), ogni alterazione della distribuzione del VA/Q si traduce in modificazioni della PaO2 di grado molto maggiore della PAO2, così determinando un gradiente alveolo-arterioso per l'O2 (A-aPO2) di sensibile entità.

Dall'equazione dei gas alveolari discende, tra l'altro, che:

1) in respiro spontaneo di aria ambiente a 760 mmHg l’ipercapnia si verifica solo per ipoventilazione alveolare, associata sempre ad ipossiemia;

2) che somministrare ossigeno senza incrementare adeguatamente la ventilazione peggiora l’ipercapnia.

Per gli eventuali approfondimenti dei complessi meccanismi che, regolando i rapporti PCO2/PO2 nell'aria alveolare e nel sangue capillare - descritti nel grafico di Fenn e Rhan5 (Fig. 2) - permettono gli scambi gassosi, si rimanda ai trattati di Fisiopatologia Respiratoria.

Un po’ di storia: i valori “critici” di PaO2 - PaCO2

Il valore normale dei gas, a riposo ed in respirazione di aria ambiente, è di 40 (± 4) mmHg per la PaCO2 e di un valore attorno ai 95 mmHg per la PaO2, con un range assai ampio per quest'ultima, in funzione dell'età. Il suo valore più basso è di 80 mmHg per un soggetto sano di 20 aa, fino ad un valore di 70 mmHg in un soggetto (sano) di 70 aa6.

Tra i fattori responsabili della sua sistematica riduzione, in specie tra i 40 e i 60 aa, - ipoventilazione alveolare, alterazione nella diffusione trans-membrana, aumentata disomogeneità nella distribuzione intra-polmonare del rapporto Va/Q - quest'ultima può essere considerata la maggiore responsabile7. Oltre all'età, anche il peso corporeo, l'attitudine tabagica e la PaCO2 sono in relazione inversa con la PaO28.

Analoga variazione dei valori di PO2 e PCO2 arteriosa si verifica procedendo dagli apici alle basi nella stazione eretta, a causa della diversa distribuzione che il rapporto Va/Q ha anche nel soggetto normale. Infatti agli apici - più ventilati ma meno perfusi (Va/Q = 3,3) - avremo PaO2 attorno ai 130 mmHg e PaCO2 di 28 mmHg (con un pH di 7,51), mentre alle basi, dove la perfusione è maggiore della ventilazione (Va/Q = 0.63), la PaO2 scenderà a 89 mmHg mentre la PaCO2 salirà a 42 mmHg (con un pH di 7,39)9.

Come già accennato, è l'insufficiente pressione parziale di ossigeno nel sangue arterioso (PaO2) a caratterizzare uno stato di IR; tuttavia il livello di "ipossiemia" necessario a definirlo non è sempre stato il medesimo nel corso degli anni; per l'equazione dell'aria alveolare (vedi sopra) anche il valore di PaCO2 si è andato modificando consensualmente.

L'IR è stata di volta in volta definita da una PaO2 < 70 mmHg, e una PaCO2 > 45 mmHg8; da una PaO2 < 60 mmHg, PaCO2 > 49 mmHg11; per Flenley, 197012 da una PaO2 < 50 - 55 mmHg: da un valore, cioè, tale da non riuscire ad assicurare un’adeguata ossigenazione tessutale, definita da una pressione parziale tessutale di O2 pari a 10mmHg.

Come identificare le cause di ipossiemia

I principali fattori di ipossiemia si possono identificare tramite la misura del gradiente alveolo-arterioso (A-a) per l'O2 (A–a O2) che è la misura della differenza tra concentrazione alveolare (A) e concentrazione arteriosa (a) di O2 ed è espresso in mmHg (valore normale per un adulto non fumatore: 5-10 mmHg)***.

Infatti, partendo dall'equazione (semplificata) dell'aria alveolare:                                                    

PAO2 = PiO2 - PaCO2 / 0.8 considerando che la PaCO2 varia in fdiretta della sua produzione (VCO2) ed indiretta della quantità eliminata, quest'ultima, inversamente proporzionale al rapporto spazio morto (VD) / volume corrente  (VT) (VD/VT),  avremo:

  • A-a O2 normale, con riduzione (↓) di PaO2 e di PAO2: in ambiente ipossico o in presenza di grave ipoventilazione alveolare;
  • A-a O2 elevato, con riduzione di PaO2 ma con PAO2 normale: in presenza di:

problemi di diffusione

- basso SvO2 (saturazione in O2 del sangue venoso misto)

- insufficiente tempo di transito capillare

- dissociazione ("mismatch") ventilazione/perfusione (VA / Q)

- shunt destro – sinistro (Dxt → Sin).

A seconda della sede, le cause dell'ipossiemia vengono peraltro distinte in:

  • Intrapolmonari da: alterata distribuzione intra-polmonare ("mismatching") del rapporto ventilazione alveolare (VA) su perfusione (Q) (VA / Q); aumento della commistione venosa per shunt “vero" Dxt → Sin****; alterata diffusione alveolo/capillare per l’Ossido di Carbonio (CO)( DLcoA-c);
  • Extra-polmonari da: ipoventilazione alveolare (centrale), bassa FiO2, bassa gittata cardiaca, alto consumo di ossigeno (VO2), bassa pressione di O2 nel sangue venoso misto (PvO2), basso potere ossiforico di emoglobina (Hb) (Tab. 3).

 

Intrapolmonare

Extra-polmonare

• VA/Q mismatching

[ Δ distribuzione VA / Q ]

• Ipoventilazione alveolare (centrale)

 

• Bassa PiO2

 

• Bassa gittata cardiaca

 

• Alto consumo di O2 ( VO2)

 

• Bassa PvO2 (Hb)

• Shunt “vero”  Dxt → Sin

[ ↑ commistione venosa]

• Turbe della Diffusione alveolo

/ capillare

 

Tab. 3: Cause di ipossiemia

Legenda: PiO2: pressione di O2 nell’aria inspirata; PvO2: pressione di O2 nel sangue venoso misto (spiegazioni nel testo).

 

In particolare l'ipoventilazione alveolare, il "mismatch" VA / Q e lo shunt “vero", svolgono un ruolo chiave nel determinare il grado di ossigenazione, sebbene diverso a seconda della patologia. Infatti, nell'IR di tipo I (ARDS, EPA, TEP, Fibrosi interstiziali, polmoniti) il maggior meccanismo della (grave) ipossiemia è lo shunt ("vero" o anatomico) intrapolmonare (con rapporti VA/Q molto bassi che si avvicinano allo zero) (Fig. 2) indotto dalla presenza di unità alveolari collassate o imbibite; laddove nella IR di tipo II (come ad es. nella BPCO) il meccanismo principale dell'ipossiemia è il "mismatch" VA / Q, dovuto alla sua disomogenea distribuzione intra-polmonare, per dispersione delle aree a rapporto VA/Q pari a 113 (Fig. 2, Tab. 4). Occorre altresì sottolineare che, specie nei pazienti definiti "critici", la gravità dell’ipossiemia (e la conseguente necessità di effettuare un tempestivo trattamento) non è definita solo da un particolare livello di PaO2, quanto dalla contemporanea presenza di uno stato di ipoperfusione d’organo (cuore, rene, cervello, ecc..) o di shock (necessità di vasoattivi e inotropi), di acidosi metabolica con incremento del lattato ematico o di particolari richieste metaboliche (livello di sedazione, temperatura corporea, sepsi, etc).

Per una trattazione esaustiva dell'argomento si rimanda ai trattati di Terapia Intensiva.

 

Fig. 2: Diagramma O2-CO2 in relazione al rapporto VA /Q. Sono rappresentati i valori di O2 e di CO2 di una ideale unità polmonare: dal punto "V" che corrisponde al sangue venoso misto (VA /Q = 0) al punto "I" (aria inspirata) (VA /Q = ∞). Modificata da: West JB. Am Rev Respir Dis 1977; 116: 919-43. (spiegazione nel testo).

 

I. R. Tipo I

I. R. Tipo II

Shunt "vero" +++ Shunt "funzionale" (Vd / Vt) +++
Diffusione  [DLcoA-c] +++ Diffusione [DLcoA-c] -
"mismatching" VA / Q +/ - "mismatching"  VA / Q +++
PaO2 / FiO2 < 300 PaO2 corretta da O2-terapia
PaCO2 = 0 o  ↓ PaCO2  ↑
Lavoro respiratorio Elastico Lavoro respiratorio Flusso-Resistivo

O2 NON corregge lo shunt ("vero")

ipossiemia refrattaria

O2 corregge lo shunt ("funzionale")

VAM recluta aree polmonari chiuse agli scambi con la PEEP

VAM riduce la fatica muscolare con una PEEP = al 75% della PEEPi

 

Tab. 4: I differenti aspetti funzionali  dei due tipi di Insufficienza Respiratoria

 

La fatica dei muscoli respiratori come causa di I.R nel "pump failure"

Le cause principali di "pump failure" sono: inadeguatezza del controllo (neuro-chimico) della respirazione per deficit del neural-drive (da svariate cause determinato); alterazioni meccaniche della gabbia toracica, quali il volet costale conseguente a trauma toracico o la cifoscoliosi; riduzione della forza contrattile dei muscoli respiratori (mm resp); quest'ultima è forse quella che ha attirato l'attenzione maggiore dei fisiopatologi e degli intensivisti, per le sue inevitabili implicazioni terapeutiche, anche in termini di ventilazione artificiale.

L’adeguatezza della ventilazione polmonare (espressa in termini di CO2 prodotta e quindi di PaCO2) viene “giudicata” e “regolata” dai neuroni di moto del SNC, tramite le informazioni che ad essi giungono dai chemiocettori siti nei vasi sanguigni e nel SNC e dai meccano-recettori siti nei polmoni e nella parete toracica. La ventilazione polmonare ha un costo in termini di energia (e quindi di lavoro) speso dai muscoli respiratori al fine di adeguarne il livello alle necessità metaboliche (produzione di CO2 e mantenimento di valori adeguati di O2). Come è noto, il lavoro respiratorio (WoB: "Work of Breathing") varia a seconda dell’entità della VA (più o meno profonda) e della frequenza respiratoria. Esiste una frequenza ottimale per ogni livello di VA; in respirazione tranquilla il costo energetico della VA è attorno a 0,5 – 1 cc di O2 consumato (VO2) / litro di aria ventilata, mentre cresce con l’aumento degli atti respiratori. Ad elevate frequenze di stimolazione centrale i mm resp potrebbero non essere in grado di rispondere adeguando il livello di VA, con conseguente ipercapnia. Considerando che l’efficienza meccanica dei mm resp è appena del 5-10%*****, fatto 100 il costo del lavoro metabolico, si comprende il meccanismo fisiopatologico sotteso all'insorgenza di fatica muscolare, nonché il razionale d'impiego della ventilazione artificiale nell’insufficienza respiratoria.

Allorché, infatti, la richiesta di energia dei mm resp ecceda la disponibilità da parte dell'organismo, si verifica una situazione di fatica muscolare; e, dal momento che è la sola inspirazione a richiedere lavoro, laddove l'espirazione - assicurata dalla forza di ritorno elastico polmonare ("lung elastic recoil") - è passiva, la fatica si verifica unicamente a carico dei mm inspiratori, costretti ad un eccessivo lavoro14 (Fig. 3).

 

Fig. 3:  Grafico che mostra gli atti respiratori non affaticanti (punti neri) posti al di sotto della soglia di fatica (linee diagonali; TTdi < 0,15) relativi al diaframma di un soggetto connesso a pneumotacografo e sottoposto a progressivi carichi resistivi inspiratori. Ponendo sulle ascisse la forza di contrazione, definita dal Pdi/Pdimax e sulle ordinate il tempo di durata della contrazione, definita dal Ti/Ttot, si ricavano le costanti di tempo di fatica (punti TF) relative a ciascuna registrazione, così costruendo l’area di sforzo, definita da un tempo di contrazione diaframmatico (TTdi) tra lo 0,15 e lo 0,18 (linee diagonali).

Legenda: TTdi = Tension Time diaframma; Pdi = P trans-diaframmatica; Ti = Tempo inspiratorio; Ttot = tempo totale. Da: Bellemare F, Grassino A. J Appl Physiol 1982; 53: 1190-95. (spiegazione nel testo).

 

In pazienti con BPCO l'aumento del WoB è dovuto sia all'ostruzione bronchiale che all'iper-insufflazione polmonare. La prima, determinando aumento delle resistenze (espiratorie) delle vie aeree (Raw: "Resistance air ways"), è causa di limitazione al flusso (espiratorio) ("flow limitation") e conseguente intrappolamento di aria ("air trapping"); l'iper-insufflazione "(torace a botte") che si ha per aumento patologico del volume polmonare di fine espirazione (EELV: "End- Expiratory Lung Volume") - come conseguenza della perdita di ritorno elastico polmonare e di una riduzione della "compliance" dinamica (Cdyn) - incrementa anch'essa la Capacità Funzionale Residua (CFR).  All'alterata geometria della gabbia toracica consegue una ridotta efficienza meccanica da parte dei muscoli (intercostali e diaframma) costretti a lavorare accorciati (in "svantaggio meccanico"), con conseguente incremento sia del lavoro resistivo (per aumento delle Raw) che elastico (per ridotta Cdyn)15 (Fig. 4). In fase di riacutizzazione si aggiunge inoltre un  lavoro addizionale di tipo elastico per aumento del EELV che si sposta progressivamente al di sopra della CFR16. Nella Fig. 4 è rappresentato il WOB ottenuto utilizzando una versione modificata del diagramma di Campbell17. Essa mostra come in situazioni di bronco-ostruzione l'aumento delle Raw si traduca in un aumento del lavoro flusso-resistivo in-espiratorio (linee orizzontali e verticali), che il paziente può tentare di minimizzare respirando ad alti volumi polmonari (aumentando il Vt e riducendo nel contempo la frequenza respiratoria (Fr), ma così facendo egli incrementa il lavoro elastico (linee diagonali)17. L'incremento delle resistenze delle vie aeree, la presenza di limitazione al flusso espiratorio, la riduzione del tempo espiratorio per incremento della Fr e l'assunzione di un modello ventilatorio caratterizzato da un respiro rapido e superficiale ("rapid shallow breathing"), rendono impossibile un'espirazione completa fino a CFR. Il conseguente "air trapping" comporta la presenza a fine espirazione di una pressione positiva ("Positive End Expiratory Pressure")  - detta "intrinseca" (PEEPi), o auto-PEEP o PEEP-occulta - che, nell'inspirazione successiva, deve essere controbilanciata dalla contrazione dei muscoli inspiratori prima che possa essere generato un flusso inspiratorio16. In questi pazienti l'aumento del WOB (di cui la PEEPi risulta essere la componente predominante)18, associato alla riduzione dell'efficienza dei muscoli respiratori nel generare pressione, è causa di fatica muscolare19 (Fig. 5).

 

Fig. 4: Rappresentazione del lavoro respiratorio in presenza di aumentate resistenze al flusso. Da: Banner MJ, et al: Crit. Care Med 1994; 22: 515-23. (spiegazione nel testo).

 

Fig. 5: Meccanismi fisiopatologici sottesi all'insorgenza di fatica muscolare nel paziente con BPCO in fase di I.R. di tipo II. Da: Rossi A, et al. 1998; 158 (spiegazioni nel testo).

 

Tale situazione non è solo responsabile della comparsa dell'insufficienza respiratoria acuta20,ma anche del perdurare della dipendenza dalla ventilazione meccanica istituita per trattare quest'ultima condizione21 (Fig. 6). L'applicazione in ventilazione artificiale di una pressione positiva di fine-espirazione (PEEP) "esterna", di entità pari a circa il 75% della PEEPì misurata col metodo dell'occlusione di fine espirazione, riduce l’'"effetto-PEEP" globale, "scaricando" la muscolatura inspiratoria ed in tal modo riducendo il WOB20. Giova ricordare che l'impiego dei broncodilatatori e corticosteroidi migliora la meccanica respiratoria di questi pazienti, riducendo la bronco-ostruzione e l'edema della mucosa delle vie aeree.

 

Fig. 6: Rappresentazione dello sforzo inspiratorio in un paziente con grave BPCO, ventilatore-dipendente: l'80% viene speso per contro-bilanciare la PEEPi (fPEEPi) e vincere le resistenze delle vie aeree (fPres). Da Appendini L, et al. Am J Respir Crit Care Med 1996; 154: 1301-9. (spiegazioni nel testo).

 

Studi condotti su pazienti BPCO in fase di scompenso respiratorio acuto hanno peraltro ipotizzato che il ricorso alla ventilazione rapida e superficiale possa costituire un meccanismo di difesa messo in atto dal paziente al fine di "risparmiare" energia muscolare contrattile e mettersi al riparo dal rischio di fatica22. Tuttavia il "rapid shallow breathing" comporta inevitabilmente l'insorgenza di ipercapnia, quale conseguenza della aumentata frequenza ventilatoria accoppiata ad una ridotta ventilazione alveolare. In presenza di un ulteriore stimolo all'incremento della ventilazione (e pertanto ad aumento del "carico respiratorio") da parte dei CR, l'ipercapnia, da "permissiva" (conseguente al "rapid shallow breathing") si trasforma in acidosi respiratoria.

Appare peraltro ancora controverso il motivo per il quale alcuni pazienti BPCO, in presenza di un aumento del carico respiratorio, presentino un incremento di frequenza respiratoria o di profondità del respiro, così adeguando la VA, pagando altresì un elevato costo energetico; laddove in altri soggetti BPCO, in presenza di un aumento del "carico respiratorio", si assiste al mancato adeguamento della VA e al progressivo incremento della PaCO2, quest'ultima tamponata grazie al recupero renale dello ione bicarbonato (HCO3-) nelle 48 - 72 ore successive. Tra i meccanismi responsabili sono stati indicati, oltre ai radicali dell'O2 (superossidi, radicali idrossilici, ossido nitrico), le interleuchine (IL6), i meccanismi di controllo dell'asse ipotalamo-ipofisario, l'ormone adrenocorticotropo (ACTH), le bendorfine, la propiomelanocortina (POMC)2.

Occorre sottolineare che tutte le patologie polmonari in fase avanzata vanno incontro a fatica muscolare. Pertanto, anche nella “lung failure” avremo incremento del WoB dovuto al maggior lavoro elastico, conseguente alla ridotta compliance del sistema toraco-polmonare (parenchima polmonare - gabbia toracica), che il paziente dovrà svolgere per assicurare una Vt efficace (Tab. 4).

Segni e sintomi di Insufficienza Respiratoria

Così, come per i fattori eziopatogenetici, anche per la sintomatologia clinica esiste uno stretto rapporto con i valori dei gas arteriosi e del pH. I valori di PaCO2 e di PaO2 sono risultati connessi all'attività dei chemocettori centrali e periferici; la PaCO2, in particolare, agirebbe attraverso l'incremento degli idrogenioni del fluido interstiziale cerebrale; l'ipercapnia cronica sarebbe peraltro in grado di determinare un "resettaggio" dei centri preposti al controllo respiratorio, di entità tale da modificarne il modello ("pattern") ventilatorio23.

In corso di IR acuta il peggioramento della sintomatologia si correla all'incremento del grado di ipossiemia (Tab. 5) e di ipercapnia (con conseguente acidosi respiratoria), concretizzandosi per quest'ultima nel quadro clinico dell'encefalopatia ipercapnica, caratterizzata da turbe della coscienza e motorie, fino allo stupor e al coma24 (Tab. 6).

 

• Dispnea con tachipnea
• Tachicardia (compensatoria a turbe emodinamica)
• Cianosi
• Turbe neurologiche (attenzione, umore, incoordinazione motoria, agitazione psicomotoria, insonnia)
• Aumento P polmonare
• Poliglobulia (nell'ipossiemia cronica)
• Cuore polmonare cronico (nell'ipossiemia cronica)

 

Tab. 5:  Segni e sintomi di ipossiemia

 

• Cefalea
• Sudorazione
• Tachicardia
• Miosi
• Congestione venosa del fundus oculis
• Stato confusionale
• Tremori fibrillari ("asterixis")
• Ipertensione
• Edema della papilla
• Coma

 

Tab 6: Segni e sintomi di ipercapnia

 

Ossigenoterapia nella IR acuta o cronica riacutizzata

"Lo scopo è mantenere una PaO2 > 60 mmHg che, in presenza di una curva di dissociazione della Hb normale, assicuri una SaO2 > 90%, e una pressione parziale tessutale di O2 pari a 10mmHg"12.

Dal momento che la cessione di O2 ai tessuti è determinata anche dalla gittata cardiaca e dalla concentrazione di O2 nel sangue arterioso (CaO2), qualsiasi terapia volta a migliorare l'ossigenazione dovrà prendere in considerazione anche questi altri parametri. Ne consegue che può essere superfluo somministrare ossigeno a pazienti con BPCO di grado lieve ("mild" COPD)25, mentre saranno necessari flussi elevati di O2 nell'insufficienza ventricolare sinistra o nello shock cardiogeno.

Dal momento che "There is no clinical evidence that a Pa02 greater than normal is advantageous" (non c'è evidenza clinica che una PaO2 superiore al normale sia vantaggiosa),è indispensabile impiegare FiO2 adeguate alle necessità metaboliche del paziente, in base al diverso meccanismo fisiopatologico causa d'ipossiemia (ipoventilazione per alterazione del controllo centrale; turbe della diffusione alveolo-capillare; "mismatch" VA / Q)26.

Considerando unicamente quest'ultimo parametro (il "mismatch" VA / Q), occorre sottolineare che i valori di PaO2 ottenuti ad una determinata FiO2 dipendono strettamente dalla omogeneità del Va/Q nelle diverse unità alveolari; pertanto sia per unità scarsamente ventilate ma ben perfuse (effetto shunt "funzionale"), che per unità scarsamente perfuse, ma ben ventilate (effetto spazio morto), ad una data FiO2 corrisponderà un basso valore di PaO2. Tuttavia, se nelle patologie che portano alla IR tipo II, il suddetto fenomeno sembra essere il fattore principale di ipossiemia, nell'IRA di tipo I esso risulta di entità minore rispetto ad altre cause, quali lo shunt "vero" (o anatomico) ed i deficit della diffusione alveolo-capillare. Ne consegue che l'ipossiemia presente nell'IR tipo I, risultando "refrattaria" all'ossigenoterapia - spesso con persistenza di valori di PaO2 ≤ 50 mmHg, pur in presenza di una FiO2 ≥ 50% - può essere corretta unicamente reclutando aree polmonari "chiuse agli scambi", con l'impiego di adeguati valori di Pressione Positiva di Fine Espirazione (PEEP) a mezzo di ventilazione artificiale; laddove l'ipossiemia in corso di IR di tipo II viene corretta dall'ossigenoterapia (in ragione inversa al grado di disomogeneità del Va/Q), sebbene quest'ultima comporti un incremento di PaCO2, dovuto sia al peggioramento del "mismatch" VA/Q che alla perdita della "guida ipossica" dei C.R. specie in situazioni di IR cronica riacutizzata (Tab. 4).

Ma quanto ossigeno somministrare ai pazienti che presentano un'insufficienza respiratoria acuta?

Le linee guida della British Thoracic Society per la somministrazione di O2 in emergenza raccomandano l'impiego di FiO2 tali da raggiungere valori di SaO2 tra il 94 e il 98%  per i pazienti con IR di tipo I e tra l'88 e il 92% per i pazienti a rischio di IR di tipo II (ipercapnica); in questi ultimi, infatti, valori di PaO2 maggiori di 75,6 mmHg (e di SaO2 maggiori del 92%) sono risultati associati ad incremento del rischio di ricovero in Unità di Terapia semi-intensiva27.

Conclusioni

L'insufficienza respiratoria pneumogena (o ipossiemica) è tuttora argomento di studio da parte dei pneumologi e dei fisiopatologi, soprattutto per quanto attiene la IR di tipo II insorta nel paziente con BPCO: per essa è stata da tempo codificato l'impiego del principale farmaco utilizzato sia in fase di acuzie che nella cronicità della malattia: l'ossigenoterapia.

Anche l'impiego della ventilazione meccanica non-invasiva (NIV) è ormai considerato il "first line intervention" nel trattamento delle sue riacutizzazioni28.

Altrettanta mole di studi da parte di fisiopatologi e di intensivisti presenta l'ARDS, che, sia per la complessità dei meccanismi fisiopatologici coinvolti in fase di esordio, sia soprattutto per il manifestarsi di cause di sicura origine iatrogena imputabili al trattamento ventilatorio, quali il V.I.L.I. ("Ventilator Induced Lung Innjury"), deve ancora considerarsi una patologia di estrema gravità e letale, poiché responsabile di una mortalità ospedaliera stimata tra il 33% ed il 50%29, 30.

 

Legenda

A-aPO2: gradiente alveolo-arterioso per l'O2

ARDS: "Acute Respiratory Distress Syndrome": Sindrome da Insufficienza Respiratoria Acuta

"air trapping": intrappolamento di aria

BPCO: Bronco-Pneumopatia Cronica Ostruttiva

CaO2: concentrazione di O2 nel sangue arterioso

CFR: Capacità Funzionale Residua

CR: Centri Respiratori

Cdyn: "compliance" dinamica: capacità del polmone di farsi distendere

COPD: Chronic Obstructive Pulmonary Disease (BPCO)

DLcoA-c: diffusione alveolo/capillare per l’Ossido di Carbonio

EELV: "End- Expiratory Lung Volume": volume polmonare di fine espirazione

EPA: Edema polmonare acuto cardiogeno

FiO2: frazione inspiratoria di ossigeno

"flow limitation": limitazione di flusso

Fr: frequenza respiratoria

kPa: Kilo Pascal: misura di pressione (1 KgP= 7,5 mmHg)

IR: Insufficienza Respiratoria

"lung elastic recoil": forze di "ritorno" elastico polmonare

"lung failure": insufficienza polmonare (parenchimale)

"mismatching": dissociazione ovvero alterata distribuzione

NIV: ventilazione meccanica non-invasiva

Pdi: P trans-diaframmatica

"Positive End Expiratory Pressure": pressione positiva di fine-espirazione

POMC: propiomelanocortina

PVCO2: P di CO2 nel sangue venoso misto (nel normale » 40 mmHg)

PvO2: P di O2 nel sangue venoso misto (35-45 mmHg)

"pump failure": insufficienza ventilatoria (o di pompa)

"rapid shallow breathing": respiro rapido e superficiale

Raw: "Resistance air ways" resistenze delle vie aeree

"Respiratory Failure": Insufficienza Respiratoria

SLA: Sclerosi Laterale Amiotrofica

SNC: Sistema Nervoso Centrale

SvO2: saturazione in O2 del sangue venoso misto (nel normale = 60-80%)

Ti: tempo inspiratorio

TTdi: tempo di tensione diaframmatico

Ttot: tempo totale

TEP: Trombo-Embolia Polmonare:

V.I.L.I.:"Ventilator Induced Lung Innjury": danno polmonare da ventilazione meccanica

VO2: consumo di ossigeno

VR: Volume Residuo

Vt: "Tidal Volume": volume corrente

WoB: "Work of Breathing": lavoro respiratorio


*Enfisema polmonare: rientra nell’IR tipo I poiché riconosce quale momento patogenetico iniziale la “ malattia delle piccole vie aeree” (di calibro inferiore ai 2 mm). Le piccole vie aeree si chiudono a volumi polmonari sempre più alti, passando da VR (volume residuo) (nel giovane adulto) a CFR (capacità funzionale residua) (nell’anziano, per riduzione della retrazione elastica polmonare); nell’enfisema, il volume al quale si chiudono supera la CFR, determinando intrappolamento di aria e conseguente maldistribuzione del rapporto VA/Q con aumento dello spazio morto fisiologico ed ipossiemia.

**Ventilazione alveolare (VA): volume di aria inspirata che arriva agli alveoli nell’unità di tempo; è in funzione (f) diretta con la PAO2 (PAO2 = f VA) e indiretta con laPACO2 (PACO2 = f 1 / VA).

***Gradiente alveolo-arterioso (A-a) per l’O2: aumenta con l’età: ogni dieci anni di vita in più il gradiente A-a aumenta di 1 mmHg; si misura in base alla seguente formula: [età in anni / 4] + 4]. Quindi, un uomo non fumatore di 40 anni, dovrebbe avere un gradiente A-a inferiore a 14.         

****Shunt Dxt  Sin: la quantità di sangue che ha attraversato il letto polmonare senza partecipare agli scambi gassosi respiratori e non si è “arterializzato”. Se lo shunt fosse totale, al cuore sinistro arriverebbe sangue venoso. Maggiore è la quantità di sangue “shuntato” che arriva al cuore sinistro, e più la composizione in O2 e CO2 che arriva al cuore sinistro è simile a quella del sangue venoso.

*****Efficienza: è in relazione diretta con il lavoro “utile” ed indiretta con l’energia totale spesa (“costo in ossigeno”) ed è valutata attorno al 5-10%. Il costo in O2 durante respiro tranquillo è inferiore al 5% del consumo totale di O2 in un soggetto a riposo; nell’iperventilazione può arrivare al 30%; esso è peraltro causa riconosciuta della ridotta attività fisica dei pazienti con BPCO.

BIBLIOGRAFIA

  1. Flenley DC. Respiratory failure. Scott Med J 1970; 15: 61-72.
  2. Roussos C, Koutsoukou A. Respiratory Failure, Eur Respir J 2003; 22: 3s-14s.
  3. Foster GT, Vaziri ND, Sassoon CS: Respiratory alkalosis. Resp Care 2001; 46: 384-91.
  4. Epstein SK, Singh N: Respiratory acidosis. Resp Care 2001; 46: 366-83.
  5. Fenn WO, Rahn H, Otis AB. A theoretical study of the composition of the alveolar air at altitude. Am J Physiol 1946; 146: 637-53.
  6. Conway CM, Payne JP, Tomlin PJ. Arterial oxygen tensions of patients awaiting surgery. Br J Anaesth 1965; 37: 405-8.
  7. Sorbini CA, Grassi V, Solinas E, Muiesan G. Arterial oxygen tension in relation to age in healthy subjects. Respiration 1968; 25: 3-13.
  8. Gillies ID, Petrie A, Morgan M, Sykes MK. Analysis of possible factors influencing PaO2 and (PAO2--PaO2) in patients awaiting operation. Br J Anaesth 1977; 49: 427-37.
  9. West JB. State of the art: ventilation-perfusion relationships. Am Rev Respir Dis 1977; 116: 919-43.
  10. Buehlmann A, Rossier Ph. Arterial blood gases and electrolytes during physical work. Z Biol 1959; 111: 235-40.
  11. Campbell EJM. Respiratory failure: the relation between oxygen concentrations of inspired air and arterial blood. Lancet 1960; 276: 10-11.
  12. Flenley DC. The rationale of oxygen therapy. Lancet 1967; 289: 270-3.
  13. Rodríguez-Roisin R, Roca J. Mechanisms of hypoxemia. The rationale. Intensive Care Med. 2005; 31: 1017-9.
  14. Bellemare F, Grassino A. Effect of pressure and timing of contraction on human diaphragm fatigue. J Appl Physiol 1982; 53: 1190-5.
  15. Roussos C, Macklem PT. The respiratory muscles. N Engl J Med 1982; 307: 786-97.
  16. Rossi A, Polese G, Brandi G, Conti G. Intrinsic positive end-expiratory pressure (PEEPi). Intensive Care Med 1995; 21: 522-36 .
  17. Banner MJ, Jaeger MJ, Kìrby RR. Components of the work of breathing and implications for monitoring ventilator-dependent patients. Crit Care Med 1994; 22: 515-23.
  18. Ranieri VM, Grasso S, Mascia L, Martino S, Fiore T, Brienza A, et al. Effects of proportional assist ventilation on inspiratory muscle effort in patients with chronic obstructive pulmonary disease and acute respiratory failure. Anesthesiology 1997; 86: 79-91.
  19. Rossi A, Broseghini C, Appendini L, De Sandre G. Insufficienza respiratoria cronica riacutizzata. In: Gattinoni L, Rossi A, Olivieri D, eds. Il Punto su L'insufficienza respiratoria: terapia intensiva e semintensiva. Firenze: Scientific Press, 1998; 137-64.
  20. Appendini L, Patessio A, Zanaboni S, Carone M, Donner CF, Rossi A. Physiologic effects of positive end-expiratory pressure and mask pressure support during exacerbations of chronic obstructive pulmonary disease. Am J Respir Crit Care Med 1994; 149: 1069-76.
  21. Appendini L, Purro A, Patessio A, et al. Partioning of inspiratory muscle work load and pressure assistance in ventilator-dependent COPD patients. Am J Respir Crit Care Med 1996; 154: 1301-9.
  22. Volta C, Gottfried SB, Milic Emili H, Goldberg P. Does acute hypercapnic respiratory failure imply inspiratory muscle fatigue? Intens Care Med 1995; 21: S5.
  23. Duffin J. Role of acid-base balance in the chemoreflex control of breathing. J Appl Physiol 2005; 99: 2255-65.
  24. Gross NJ, Hamilton JD. Correlation between the physical signs of hypercapnia and the mixed venous PCO2. Br Med J 1963; 2: 1096-7.
  25. Rossi A, Butorac-Petanjek B, Chilosi M, et al. Chronic obstructive pulmonary disease with mild airflow limitation: current knowledge and proposal for future research – a consensus document from six scientific societies.  Int J COPD 2017; 12: 2593-2610.
  26. Slutsky AS. Mechanical ventilation. American College of Chest Physicians' Consensus Conference. Chest 1993; 104: 1833-59.
  27. O’Driscoll BR, Howard LS, Davison AG. British Thoracic Society Guideline for emergency oxygen use in adult patients. Thorax 2008; 63: Suppl. 6, 1-68. Erratum in Thorax 2009; 64: 91.
  28. Meduri GU, Turner RE, Abou-Shala N, Wunderink R, Tolley E. Noninvasive positive pressure ventilation via face mask. First-line intervention in patients with acute hypercapnic and hypoxemic respiratory failure. Chest 1996; 109; 179-93.
  29. Bellani G, Laffey JG, Pham T, et al; The LUNG SAFE Investigators And The ESICM Trials Group. Epidemiology, patterns of care, and mortality for patients with Acute Respiratory Distress Syndrome in Intensive Care Units in 50 Countries. JAMA 2016; 315: 788-800.
  30. Ranieri VM, Rubenfeld GD, Thompson BT, et al. Acute respiratory distress syndrome: the Berlin Definition. JAMA 2012; 307: 2526-33.