Anno Accademico 2018-2019
Vol. 63, n° 3, Luglio - Settembre 2019
Settimana per la Cultura: Premio Giovanni Maria Lancisi 2017-2018
16 aprile 2019
Istituto di Patologia Speciale Medica e Semeiotica Medica, Fondazione Facoltà di Medicina e Chirurgia Agostino Gemelli, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma
Settimana per la Cultura: Premio Giovanni Maria Lancisi 2017-2018
16 aprile 2019
Versione PDF dell'articolo: Download
1. Introduzione e background
L’introduzione dei farmaci biologici nella terapia delle IBD (“Inflammatory Bowel Disease”) ha rappresentato una svolta nella gestione dei pazienti affetti da Malattia di Crohn (MC) e Rettocolite ulcerosa (RCU), sebbene l’utilizzo di questi anticorpi monoclonali non sia banale e richieda un attento monitoraggio da parte dei clinici, sia in termini di sicurezza e di effetti collaterali che in termini di efficacia. Dalla necessità di intraprendere la terapia al fine di raggiungere outcome sempre più ambiziosi come il mucosal healing, ovvero la guarigione della mucosa riscontrabile all’endoscopia, deriva l’applicazione del monitoraggio terapeutico del farmaco (TDM, ovvero Therapeutic Drug Monitoring) nell’ambito delle malattie infiammatorie croniche intestinali. Il TDM fu per la prima volta introdotto per il dosaggio delle concentrazioni dei farmaci ad intervallo terapeutico ristretto come alcuni antiepilettici e la digossina e, ad oggi, viene sfruttato in molti centri anche per il dosaggio delle concentrazioni dei farmaci biologici.
Per questa ultima classe di farmaci, ciò che risulta essere fondamentale è dato dalla rilevazione sia delle concentrazioni sieriche di valle del farmaco, ovvero di quelle concentrazioni minime che si riscontrano prima dell’infusione successiva (trough levels, TL), sia degli anticorpi anti-farmaco (anti-drug antibodies, ADA) che possono svilupparsi a causa di un certo grado di immunogenità. Il dosaggio dei TL e degli ADA si inserisce, dunque, in un contesto di una medicina che mira a diventare Precision Medicine, costruita su misura in base alle condizioni del singolo paziente, in ogni momento nel corso del trattamento. Per quanto riguarda i farmaci anti-TNFα, numerose evidenze1, 2 hanno dimostrato che valori maggiori di TL fossero correlati ad elevati tassi di remissione clinica e di miglioramento del quadro endoscopico. Al contempo, il riscontro di anticorpi anti farmaco aventi la capacità di neutralizzare il principio attivo, assume un valore predittivo di failure del trattamento a lungo termine3, 4.
Nell’ambito della pratica clinica, i saggi chimici restituiscono al clinico valori di TL e ADA, che è necessario siano interpretati correttamente e contestualizzati alla clinica del singolo paziente.
Ad esempio, alcuni pazienti potrebbero rispondere in maniera subottimale per motivi farmacocinetici legati ad una concentrazione insufficiente dell’agente terapeutico; oppure nonostante i livelli adeguati di farmaco, per ragioni di farmacodinamica, il target molecolare che si tenta di contrastare non è adatto alle vie pro-infiammatorie espresse in modo aberrante dal singolo individuo. Se nel primo caso descritto bisognerà valutare le cause di una farmacocinetica inadeguata, come la presenza di anticorpi neutralizzanti o un dosaggio insufficiente, nel secondo caso la strategia migliore è quella di cambiare bersaglio molecolare. Secondo uno schema di intervento proposto recentemente da Vande Casteele et al.5 in una review sul ruolo del TDM (Fig. 1), in presenza di perdita di risposta, è necessario valutare in primis i TL. Se questi sono nel range terapeutico e non vi sono ADA rilevabili, è opportuno lo switch verso un'altra classe farmacologica; uno switch nell’ambito della stessa classe farmacologica con l’aggiunta o meno di un immunosoppressore sarebbe stata indicato se si fossero riscontrati ADA. Qualora i TL risultino subottimali, le scelte sono guidate dalla presenza o meno degli ADA. Nel primo caso, il fallimento della terapia è riconducibile alla neutralizzazione del farmaco o alla sua accelerata clearance per la formazione di immunocomplessi: si può optare per la dose escalation se gli ADA sono bassi o cambiare farmaco e aggiungere un immunosoppressore se i livelli sono alti. Infine, nel secondo caso, cioè in assenza di anticorpi anti-farmaco è necessario accorciare l’intervallo tra le somministrazioni o attuare una dose escalation per riportare i TL nel range terapeutico.
Fig. 1: Proposta di schema di intervento nei pazienti con perdita di risposta secondaria basata su un approccio di TDM reattivo. Fonte: Vande Casteele et al. Gastroenterology, 2017; Vol. 153, n. 3.
I vantaggi di una strategia di gestione come questa sono messi in evidenza dal RCT TAXIT6 (Trough Concentration-Adapted Infliximab Treatment) che ha testato l’efficacia del TDM in confronto alla strategia di modificazione della terapia sulla base della clinica riferita dai pazienti, concludendo come il gruppo sottoposto a TDM andasse incontro a tassi minori di recidiva e dallo studio di Steenholdt et al.7, in cui la dose escalation basata sul TDM consentiva un risparmio del 34% rispetto a quella basata sulla clinica, sebbene i tassi di risposta fossero comparabili nei due gruppi (17% vs. 7%; p = 0,018).
Un argomento controverso riguarda il ruolo del proactive drug monitoring, consistente nel dosaggio dei TL e degli ADA di routine, indipendentemente dalla risposta clinica, nel tentativo di anticipare e di evitare peggioramenti sia clinici che endoscopici. Gli unici trial che sono stati condotti non hanno evidenziato differenze in termini di remissione clinica e biochimica, ma le analisi post-hoc suggeriscono una relazione forte tra i valori di TL tra la settimana 4 e la 14 e l’eventuale raggiungimento della remissione clinica e del mucosal healing. Nella review sopracitata di Vande Casteele et al.del 2017, il proactive TDM sarebbe verosimilmente di aiuto durante la fase di induzione per una precoce ottimizzazione della terapia, per quanto siano indispensabili dati provenienti da studi prospettici ed interventistici.
Papamichael e altri autori8 nello stesso anno hanno confrontato in uno Studio multicentrico, ma retrospettivo, il proactive drug monitoring con il reactive monitoring, effettuato solo in caso di perdita di risposta, riscontrando outcome clinici migliori con il primo approccio: maggiore la durata della terapia, minori i tassi di chirurgia e ospedalizzazione, minore il tasso di immunogenicità e di reazioni avverse infusione relate.
Dunque, se la strategia del TDM è diventata uno standard per quanto riguarda la gestione dei pazienti in terapia con anti-TNFα in particolare di quelli che assistono ad una perdita di risposta, i dati relativi al TDM di Vedolizumab (VDZ) sono ancora pochi ed il ruolo di questo approccio non del tutto chiarito.
La misurazione delle concentrazioni sieriche a valle di Vedolizumab (VTL, Vedolizumab Trough Levels) e degli anticorpi anti-farmaco (AVA, Anti-Vedolizumab antibodies) non può prescindere dalla comprensione delle caratteristiche farmacodinamiche e farmacocinetiche di questo agente biologico, avente delle peculiarità che lo rendono diverso dagli anti-TNFα. Innanzitutto, Vedolizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato di tipo IgG1, che lega selettivamente un epitopo formato dal dimero dell’integrina α4β7, bloccando in tal modo il legame a MAdCAM-1 e la conseguente adesione e migrazione linfocitaria.
Per quanto riguarda la farmacocinetica, i dati provengono per lo più da analisi post hoc degli studi di fase I, II e III9: le concentrazioni di VDZ non aumentano in presenza di una terapia di combinazione con immunosoppressori non incrementa in livelli di VDZ a differenza di quanto avviene con gli anti-TNFα e l’immunogenicità di questo anticorpo monoclonale si è dimostrata scarsa. Inoltre la clearance di VDZ risente dei bassi livelli di albumina, del carico infiammatorie della malattia e della precedente terapia con anti-TNFα.
Se per gli anti-TNFα sono stati definiti valori precisi di TL e soglie di identificazione degli ADA, per quanto riguarda VDZ i dati provengono per lo più da analisi post-hoc dei trial di registrazione e da pochi studi osservazionali.
Dati provenienti da GEMINI 110 in pazienti con RCU mostrano come, nella fase di induzione, i VTL nel quarto quartile (Q4, 35,7–140 μg/ml) in confronto a quelli del primo (Q1, 0–17,1 μg/ml) si associno a tassi maggiori di risposta e remissione clinica alla settimana 6. Anche dalle analisi dei dati di GEMINI 211, in pazienti con MC, VTL più alti correlavano con tassi maggiori di risposta e remissione alla settimana 6 (Fig. 2). Successivamente, le analisi sono state finalizzate all’identificazione di soglie precise di VTL per le quali vi fossero differenze statisticamente significative tra il gruppo trattato e quello di controllo.
È emerso che i VTL alla settimana 6 ≤ 17,1 μg/ml e ≤ 16,0 μg/ml, rispettivamente in GEMINI 1 e 2, si associassero a tassi di remissione clinica simili tra il gruppo sottoposto a trattamento e quello di controllo.
Fig. 2: Percentuale dei pazienti in remissione clinica alla settimana 6 in relazione ai valori di VTL in fase di induzione, espressi in quartili. Fonte: Rosario M, et al. A review of the clinical pharmacokinetics, pharmacodynamics, and immunogenicity of vedolizumab. Clin Pharmacokinetics 2017; 56: 1287-1301.
2. Il disegno di Studio
2.1 Lo scopo
Forti delle evidenze in favore del TDM in corso di trattamento con anti-TNFα e basandosi sui pochi dati presenti in letteratura riguardo a VDZ, il nostro Studio si poneva come obiettivo dello Studio quello di investigare le relazioni tra i VTL misurati alle settimane 6, 10, 14 con outcome clinici, biochimici ed endoscopici sia a breve che a lungo termine, al fine di prendere in esame le possibilità che una strategia di TDM possa offrire in corso di terapia con un farmaco biologico anti-integrina.
Il follow-up mediano di 59 settimane consentiva inoltre di valutare la risposta endoscopica a quasi un anno dall’induzione e gli outcome clinici in fase di mantenimento.
2.2 I metodi
2.2.1 Studio di popolazione
In questo Studio osservazionale, longitudinale e prospettico si arruolavano tutti i pazienti con diagnosi di IBD (RCU e MC) che avessero fallito una o più terapie standard (corticosteroidi, immunosoppressori, farmaci biologici anti-TNFα) e che avessero iniziato quindi la terapia con Vedolizumab in linea con le indicazioni AIFA relative a questo agente terapeutico.
Tutti i pazienti erano seguiti presso l’unità operativa complessa di Medicina interna e Gastroenterologia del complesso integrato Columbus dal 5 agosto 2016 fino ad aprile 2018.
2.2.2 Definizioni
L’attività clinica era valutata secondo l’Harvey Bradshaw Index (HBI) (Tab. 1) per i pazienti con MC e secondo il Mayo score parziale (pMayo) (Tab. 2) per quelli con RCU. L’applicazione di questi score avveniva sia al baseline che prima di ogni infusione di Vedolizumab secondo gli intervalli sopracitati. La risposta clinica era definita come una riduzione di almeno il 30% degli score sopracitati, invece per remissione clinica si intendeva un HBI inferiore a 5 o un pMayo inferiore a 2. Per quanto riguarda l’attività endoscopica, si indicava con l’espressione di mucosal healing l’assenza di ulcerazioni in corso di MC e un Mayo score endoscopico (Tab. 3) di 0 per la RCU, mentre con l’espressione di risposta endoscopica una riduzione degli score endoscopici rispetto a quanto emerso al baseline.
La risposta e la remissione clinica rappresentavano gli endpoint primari di questo Studio, mentre la risposta endoscopica e biochimica gli endpoint secondari.
Parametro |
Input e punteggio |
Benessere del paziente (giorno precedente) |
0 = buono 1 = leggermente inferiore alla norma 2 = scarso 3 = molto scarso 4 = pessimo |
Dolore addominale (giorno precedente) |
0 = assente 1 = lieve 2 = moderato 3 = severo |
Numero di evacuazioni liquide o molli (giorno precedente) |
campo vuoto possibilità di indicare un numero intero da 1 a 25 |
Massa addominale | 0 = assente 1 = dubbia 2 = definita 3 = definita e sensibile alla palpazione |
Presenza di complicanze | No (0 punti) Si (attivazione del menu a tendina con possibilità di selezione multipla; ogni complicazione selezionata si conteggia con 1 punto)
|
Tab. 1: Indice di Harvey-Bradshaw
Parametro | Valutazione clinica (scelta singola) | Punteggio |
Frequenza di evacuazione (al giorno) |
|
0 1 2
|
Sanguinamento rettale (indicare l'episodio più grave della giornata) |
|
0
|
Valutazioni endoscopiche |
|
0 1 2
3 |
Giudizio complessivo del Medico |
|
0
|
Formula di calcolo: somma dei punteggi dei quattro parametri. La risposta clinica viene definita come una diminuzione di almeno 3 punti e di almeno il 30% verso il basale, che deve comprendere una diminuzione del punteggio per il sanguinamento rettale di almeno 1 punto, o un punteggio assoluto per il sanguinamento rettale non superiore a 1.
Tab. 2: Mayo score clinico, o parziale
Tab. 3: Mayo score endoscopico:decodifica e immagini esemplificative
2.2.3 Misurazione dei VTL e degli AVA
I VTL e gli AVA erano misurati tramite il LISA-TRACKER Duo Vedolizumab (Theradiag, Marne La Vallee, France), un immunoassay legato ad un enzima (ELISA), alle settimane 6, 10 (solo in caso di mancata risposta alla settimana 6) e 14.
I limiti di rilevazione di questo saggio immunoenzimatico erano fissati a 2 mg/ml per i VTL e a 35 ng/ml per gli AVA.
2.2.4 Analisi statistica
Gli obiettivi primari di questo Studio erano di investigare i valori di VTL durante la fase di induzione come potenziali predittori di outcome clinici, biochimici ed endoscopici a breve e a lungo termine, correlando i valori ottenuti e l’eventuale presenza di AVA con la risposta clinica ed endoscopica.
Le variabili qualitative sono state riportate come numeri e percentuali, mentre quelle quantitative come valori mediani seguiti dallo scarto interquartile (IQR, interquartile range). L’analisi delle curve ROC (Receiver Operating Characteristic) è stata condotta al fine di identificare i cut off migliori per i valori di VTL alle settimane 6 e 14, in modo da ottenere valori soglia in grado di predire la risposta clinica alla settimana 6, la risposta biochimica (calo della PCR) alla settimana 6, la remissione alle settimane 14, 22 e 36, la risposta endoscopica alla settimana 50.
I valori mediani dei dati quantitativi sono stati comparati usando il Mann- Whitney-U test ed il coefficiente di correlazione tra ranghi di Spearman (Rho di Spearman). Si rifiutava l’ipotesi nulla per un valore di p <0,05.
3. I risultati
3.1 Le caratteristiche generali del campione in studio
Sono stati inclusi 66 pazienti la cui età media era di 46,1 anni e di cui il 61% (n=40) era di sesso maschile. 34 pazienti erano affetti da MC (51,5%) e 32 da RCU (48,5%). Complessivamente vi erano 10 fumatori (15%) e l’88% (n=58) dei trattati aveva precedentemente ricevuto farmaci anti-TNFa. Di questo gruppo il 41% aveva assunto un solo farmaco anti-TNFα, invece il 47 % due o più farmaci di questa classe. Solo 6 pazienti erano in terapia anche con un immunosoppressore.
L’endoscopia è stata eseguita in 45 pazienti ad una distanza mediana di 50 settimane dall’induzione.
I valori mediani di VTL con il rispettivo scarto interquartile erano di 32,4 (IQR 20,2–48,7) μg/ml, di 25,1 (IQR13, 4-43, 24) μg/ml, di 16,9 (IQR10, 6–22, 7) μg/ml, rispettivamente alle settimane 6, 10 e 14.
3.2 Il confronto tra i pazienti responders e non-responders, remitters e nonremitters e l’analisi delle curve ROC (Receiver Operating Characteristic)
I VTL misurati alla settimana 6 erano significativamente maggiori nei clinical responders rispetto ai non-responders alla stessa settimana (41,3 mg/ml IQR [26,5 – 53,9] vs. 26,9 mg/ml [17,2-38,3], p = 0,003) e nei clinical remitters alle settimane 14 (45,9 mg/ml IQR [28,4-55,3] vs. 27,9 [19,4-42,1], p = 0,03), 22 (46 mg/ml IQR [28,8- 58] vs. 27,6 mg/ml [19,8-40], p = 0,009) e 36 (40,2 mg/ml IQR [27,1-57,3] vs. 28,8 mg/ml IQR [19,8-42,1], p = 0,047) rispetto ai non-remitters.
Attraverso l’analisi delle curve ROC si sono identificati i cut off dei VTL alla settimana 6: 40,3 mg/ml per la risposta clinica alla settimana 6 (AuROC 0,714; sensibilità 52%, specificità 85%, p = 0,0009); 24,4 mg/ml (AuROC 0,682; sensibilità 93%, specificità 40%, p = 0,03), 44,3 mg/ml (AuROC 0,722; sensibilità 56%, specificità 82%, p = 0,005) e 52,9 μg/ml (AuROC 0,666; sensibilità 43,7% specificità 87,8%, p = 0,04) per le remissioni alle settimane 14, 22 e 36 rispettivamente.
Anche i VTL alla settimana 14 erano significativamente maggiori nei pazienti in remissione clinica alla medesima settimana (20,6 mg/ml IQR [18,6-36,6] vs. 15,1 mg/ml [10-20,2], p = 0,009) e alle settimane 22 (20,6 mg/ml IQR [18,6-36,6] vs. 15,4 mg/ml [10,3-20,9], p = 0,01) e 36 (19 mg/ml IQR [17,3-32,9] vs. 15,6 IQR [10-20,8], p = 0,03), rispetto ai non-remitters. Il cut off dei VTL alla settimana 14 per la remissione alla 14, alla 22 e alla 36 indicato dall’analisi ROC era di 18 mg/ml (AuROC 0,689; sensibilità 80% specificità 66,2%, p = 0,01 alla settimana 14; AuROC 0,729; sensibilità 80% specificità 68%, p = 0,0049 alla settimana 22; AuROC 0,714; sensibilità 73,3% specificità 66%, p = 0,03).
La correlazione tra VTL ed outcome clinici quali il tasso di risposta e remissione non è emersa in altri momenti nel corso della terapia.
Lo Studio si proponeva inoltre di investigare i rapporti tra i VTL e l’attività endoscopica, sia in termini del più ambizioso outcome del mucosal healing sia in termini di risposta endoscopica. I risultati mostrano come i valori di VTL alle settimane 6 e 14 non siano predittivi di un mucosal healing alla settimana 50, benché i livelli alla settimana 6 siano maggiori nei pazienti che avessero ottenuto una risposta endoscopica. I valori mediani erano infatti di 45,9 mg/ml IQR [27,9-54,9] vs. 27,2 [15,8-36,4] mg/ml nei non-responders, con p = 0,009. Dall’analisi delle curve ROC, è stato identificato un cut off di VTL alla settimana 6 di 38,9 mg/ml per la risposta endoscopica alla settimana 50 (AuROC 0,766; sensibilità 61,5% specificità 86,4%, p=0,0026).
I dati ottenuti mostrano anche come i VTL relativi alla settimana 6, ma non alla 14, correlino inversamente con i valori di PCR (rho −0,32, p = 0,011).
3.3 L’immunogenicità durante il follow-up
I dosaggi immunoenzimatici hanno consentito di dosare gli anticorpi anti- Vedolizumab nell’1,5% (n=1) dei pazienti alla settimana 6, nel 3% (n=2) alla settimana 14. Non è stata rilevata alcuna correlazione tra la presenza degli AVA ed i valori di VTL e la risposta clinica.
4. Conclusioni e discussione
I dati ottenuti consentono di concludere che i VTL alla settimana 6 correlano sia con la risposta e la remissione clinica a determinati time-points, sia con la risposta endoscopica a circa un anno dall’inizio della terapia con Vedolizumab. Inoltre, è stato dimostrato che anche i VTL relativi alla settimana 14 assumono un ruolo dirimente, in quanto essi sono correlati con la remissione clinica alle settimane 14, 22 e 36.
Alla luce dei valori di VTL misurati, le analisi ROC hanno permesso di identificare come cut off necessario al mantenimento di un effetto terapeutico, 18 mg/ml.
L’immunogenicità in questa coorte di pazienti era bassa, a conferma di quanto emerso dagli studi registrativi e dei pochi studi osservazionali in merito.
La strategia di TDM applicata a questa popolazione di pazienti è proattiva, intendendo con questo termine un dosaggio effettuato di routine, indipendentemente dalla risposta clinica e a intervalli prestabiliti. Sembrerebbe, dunque, date le relazioni che intercorrono tra quanto restituito dai dosaggi immunoenzimatici e gli outcome di cui sopra, che il TDM degli antagonisti integrinici possa guidare i clinici nel valutare l’appropriatezza del trattamento ed eventualmente, in caso di fallimento, di scegliere il piano terapeutico più adeguato a quel determinato paziente.
Il TDM di VDZ deve altresì tenere in considerazione le peculiarità farmacocinetiche e farmacodinamiche di questo agente biologico. La scarsa immunogenicità e la clearance dipendente non dalla concomitante terapia immunosoppressiva, ma dai livelli di albumina, di calprotectina fecale, di PCR e dalla precedente terapia anti-TNFa potrebbero orientare il clinico, in presenza di bassi VTL ed in assenza di AVA, verso la causa di concentrazioni sieriche insufficienti.
Questo Studio sottolinea l’importanza delle concentrazioni misurate precocemente, alla settimana 6, evidenziandone la correlazione con outcome clinici, biochimici ed endoscopici.
La novità riguarda i VTL alla settimana 14, time-point in cui il riscontro di valori soglia superiori ai 18 mg/ml consente di discriminare con una moderata accuratezza (0,7<AUC≤0,9) i remitters alle settimane 14, 22 e 36, dai non-remitters.
Questo time-point acquisisce un peso maggiore se si considerano i tempi richiesti dalle linee guida per giudicare l’efficacia di Vedolizumab, per l’appunto 12-16 settimane da attribuirsi verosimilmente al meccanismo d’azione legato all’apoptosi dei linfociti migrati a livello della mucosa prima del blocco a livello del circolo sistemico.
Alla luce dell’obiettivo, sempre più emergente nell’ambito della terapia delle IBD, di cambiare il decorso della malattia, avendo come fine ultimo non solo il miglioramento dei sintomi clinici, ma anche della flogosi a livello mucosale, nel presente Studio si è effettuato un confronto tra i risultati dell’endoscopia condotta al baseline con quelli alla prima pancolonscopia (con ileoscopia retrograda in caso di MC) di controllo. Dal nostro confronto è possibile concludere che i VTL alla settimana 6 sono anche predittori della risposta endoscopica alla settimana 50, con un cut off paragonabile a quello identificato per la risposta alla settimana 6 (38,9 mg/ml vs. 40,4 mg/ml).
In merito all’applicazione del TDM alla terapia con VDZ i dati sembrano incoraggianti sebbene nessuno Studio abbia mai messo a confronto in questo ambito una strategia reattiva, di dosaggio dei VTL e degli AVA laddove la risposta clinica sia assente o subottimale, con quella proattiva appena descritta. Oltre ad evidenziare la necessità di Studi sperimentali meno soggetti alle distorsioni degli studi osservazionali, questo Studio offre spunti anche per studi di coorte con campioni più ampi, che consentano di esplorare le differenze legate al tipo di IBD considerata, sia essa RCU o MC.
Istituto di Patologia Speciale Medica e Semeiotica Medica, Facoltà di Medicina e Chirurgia Agostino Gemelli, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma
Relatore: Prof. Antonio Gasbarrini, Istituto di Medicina Interna e Gastroenterologia, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma
Correlatore: Prof. Alessandro Armuzzi, Medicina Interna e Gastroenterologia, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, Presidio Columbus, Roma
BIBLIOGRAFIA