Anno Accademico 2015-2016
Vol. 60, n° 2, Aprile - Giugno 2016
ECM: Cuore Polmone 2016
16 febbraio 2016
ECM: Cuore Polmone 2016
16 febbraio 2016
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Le cardiopatie congenite sono presenti nell’8/1000 dei nati vivi e sono pertanto i difetti più frequenti in età neonatale. Negli ultimi decenni i continui progressi della diagnostica e del trattamento delle cardiopatie congenite hanno consentito la sopravvivenza di circa il 90% dei casi; si e’dunque ridotta in maniera molto significativa la mortalità nel primo anno di vita, mentre una popolazione sempre crescente di pazienti raggiunge l’età adulta. Questi pazienti sono stati definiti,negli anni ’90, GUCH (Grown Up Congenital Heart patient) da Jane Sommerville , cardiologa pediatra inglese. Una quota significativa di questi pazienti richiede un’assistenza qualificata da parte di medici informati sulla storia naturale, sul trattamento chirurgico e interventistico delle cardiopatie congenite e sulle loro complicanze.
Le cardiopatie congenite sono state classificate secondo vari criteri morfologici e fisiopatologici; vengono frequentemente distinte in cianogene e non cianogene, e le non cianogene in cardiopatie con ostruzione sistemica o polmonare e con shunt sistemico- polmonare: proprio su queste ultime ci concentreremo. Sono infatti le cardiopatie con iperafflusso polmonare che più di altre stabiliscono strette correlazioni fisiopatologiche con il circolo polmonare e se non trattate possono comportare un progressivo rimodellamento della circolazione polmonare, fino a determinare vascolopatia polmonare con aumento irreversibile delle resistenze polmonari, aumento della pressione nelle sezioni dx e inversione dello shunt fino a rendere non correggibile la cardiopatia, con il quadro clinico caratteristico della cosiddetta Sindrome di Eisenmenger.
Si calcola che circa il 5-10% dei pazienti GUCH presenta ipertensione polmonare, di grado variabile1,2. Nel 3-4% si riscontra il quadro classico della Sindrome di Eisenmenger con vascolopatia polmonare e cianosi a riposo. Un’altra parte dei pazienti presenta invece cardiopatie congenite con ipertensione polmonare ma con shunt ancora sin-dx e iperafflusso polmonare e quindi ancora correggibili. Vi é inoltre una piccola quota di pazienti che presenta un quadro di ipertensione polmonare sproporzionato rispetto al piccolo difetto associato,con un comportamento clinico simile all’ipertensione polmonare idiopatica dove è possibile pensare ad una concomitanza delle due patologie e nei quali e’ ovviamente controindicata la correzione del difetto .Bisogna infine considerare che in una percentuale variabile di pazienti l’ipertensione polmonare si manifesta anche a distanza dall’intervento correttivo pure in assenza di difetti residui .
Nelle linee guida dell’ipertensione polmonare3 le cardiopatie congenite vengono classificate come causa di ipertensione di I tipo e sono distinte in cardiopatie con shunt pretricuspidalico come il difetto interatriale e il ritorno venoso parziale e post tricuspidalico come il difetto interventricolare, il dotto arterioso pervio e la finestra aorto-polmonare (tab I).
Tab I : classificazione anatomica e fisiopatologica degli shunt sistemico-polmonari associati a ipertensione polmonare dalle linee guida europee dell’ipertensione polmonare 2015
Sono dunque soprattutto i pazienti con cardiopatie semplici,che sono le più frequenti, ma con shunt sistemico polmonare significativo, ad andare incontro vascolopatia polmonare di grado variabile, in relazione alle dimensioni del difetto all’entità dello shunt e all’età del paziente.
Molte cardiopatie congenite complesse, percentualmente molto meno frequenti, come ad esempio il cuore univentricolare con flusso polmonare non ostruito, il truncus arterioso, la trasposizione delle grandi arterie con difetto interventricolare necessitano di interventi palliativi o correttivi precoci (primi mesi di vita) onde evitare la rapida insorgenza di vascolopatia polmonare.
Anche gli shunt sistemico polmonari chirurgici soprattutto tra aorta e ascendente e ramo dx polmonare (Waterston) e tra aorta discendente e ramo sinistro polmonare (Potts) possono essere responsabili di ipertensione polmonare .
Il difetto interatriale (DIA) rappresenta il 10% di tutte le cardiopatie congenite ed è la cardiopatia congenita più frequente negli adulti4; è prevalente nelle donne con un rapporto di 3:1 e raramente causa vascolopatia polmonare; la sopravvivenza, in storia naturale, a 40 anni è del 50%. Nella 4°-5° decade infatti i pazienti con DIA possono presentare sintomi legati ad aritmie e scompenso cardiocircolatorio. L’indicazione al trattamento e’ dato dal rilievo di un rapporto tra portata polmonare e sistemica (QP/QS) > 1,5.
La forma più frequente di DIA e’ quella nella parte centrale del setto interatriale (tipo ostium secundum), suscettibile di chiusura con dispositivo transcatetere quando i margini del difetto siano sufficienti a sostenere il dispositivo. Altre forme di DIA sono: il tipo seno venoso cavale superiore che più facilmente può determinare ipertensione polmonare, il tipo cavale inferiore e quello del seno coronarico. Il DIA tipo ostium primum, che interessa la parte bassa del setto interatriale, fa parte dei difetti settali atrio-ventricolari, è frequentemente associato a insufficienza della valvola mitrale dovuta al cleft ( mitrale a tre lembi) ed è definito anche canale atrio-ventricolare parziale; il quadro emodinamico è sovrapponibile a quello degli altri DIA. La forma completa di canale atrio-ventricolare presenta invece un pattern emodinamico da difetto interventricolare con variabile insufficienza della valvola AV comune e se non trattato chirurgicamente può andare precocemente incontro a vasculopatia polmonare .
I difetti interventricolari (DIV) singolo o multipli possono essere localizzati a livello del setto perimembranoso (70% dei casi) o a livello del setto muscolare trabecolato, dell’inlet e dell’outlet. Sono responsabili di shunt sin dx e determinano, quando non siano restrittivi,un sovraccarico di volume e di pressione del circolo polmonare. Per valori di QP/QS superiori a 1,5, incremento significativo della pressione polmonare, ma inferiore a 2/3 della pressione arteriosa sistemica e resistenze polmonari inferiori a 4 U W,devono essere sottoposti a chiusura con dispositivo, quando sia possibile, o chirurgicamente soprattutto se si tratti di un bambino nel primo anno di vita.
Un’altra sede di shunt sistemico polmonare che può causare scompenso cardiocircolatorio di tipo sinistro,a volte misconosciuto,è il dotto arterioso di Botallo. Il dotto, tranne quando sia veramente di piccole dimensioni con auscultazione negativa, va sempre sottoposto a chiusura. Il trattamento di scelta è la chiusura con dispositivo con ottimi risultati anche a distanza.
Rara causa di shunt a rischio di vasculopatia polmonare è la finestra aorto-polmonare che può essere localizzata tra aorta ascendente e tronco dell’arteria polmonare o tra aorta ascendente e ramo destro dell’arteria polmonare.
Il truncus arterioso, difetto di sviluppo tronco-conale, presenta un’unica valvola e un unico tronco arterioso da cui partono il tronco e/o le arterie polmonari. In assenza di stenosi dei rami polmonari associata, peraltro rara, questa cardiopatia causa precocemente (prime settimane di vita) iperafflusso e scompenso grave rapidamente evolutivo. Lo stesso quadro si può presentare nei casi di cuore univentricolare con flusso polmonare non ostruito e qualora non venga eseguito tempestivamente l’intervento palliativo di bendaggio dell’arteria polmonare l’evoluzione verso la vascolopatia polmonare sarà rapida e irreversibile. Nella trasposizione con difetto interventricolare sarà necessaria la chiusura del difetto e la correzione della discordanza ventricolo-arteriosa con l’intervento chirurgico di "switch delle grandi arterie" nei primi mesi di vita.
La Sindrome di Eisenmenger fu descritta per la prima volta nel 18975 da Victor Eisenmenger, medico austriaco, in un giovane di 32 anni con intensa cianosi. L’autopsia dimostrò un difetto interventricolare ampio.
Fu però Paul Wood a definirla Sindrome di Eisenmenger, dall’autore che per primo l’aveva descritta6. La casistica iniziale raccolta da Wood comprendeva un elevato numero di pazienti con finestra aorto-polmonare, difetti interventricolari, canale atrioventricolare.
La storia clinica di questi pazienti differisce da quella dei pazienti con ipertensione arteriosa idiopatica per una prognosi meno infausta a breve termine; i pazienti con Sindrome di Eisenmenger presentano a 25 anni una sopravvivenza del 42 %.
Il quadro clinico e’ dominato dalla cianosi a riposo, ippocratismo digitale con eritrocitosi, bassa sideremia e possibili sincopi e scompenso cardiocircolatorio.
L’elevato flusso attraverso il difetto inizialmente causa iperafflusso polmonare con sovraccarico di volume e di pressione. A livello arteriolare polmonare si determina disfunzione endoteliale, si sbilancia il complesso sistema di mediatori della vasocostrizione e della vasodilatazione, con prevalenza della vasocostrizione; aumentano la matrice extracellulare e le cellule muscolari lisce della tunica media e della parete delle arteriole e si attiva il sistema coagulativo e l’aggregazione piastrinica con conseguente trombosi intravascolare. Aumentano progressivamente le resistenze arteriolari e la pressione nelle sezioni dx e infine si inverte la direzione dello shunt attraverso il difetto da sin-dx a dx-sin.
A questo stadio della malattia il difetto non è più correggibile. Si ritiene che un valore delle resistenze arteriolari polmonari superiore a 8 U Wood non consenta più la chiusura della sede di shunt .
E’ sempre utile verificare i dati ottenuti dall’ecocardiogramma e dalle tecniche di imaging quali TAC o RMN cardiache con un cateterismo cardiaco attraverso il quale in maniera diretta si misurano la pressione polmonare, le portate polmonare e sistemica e le resistenze arteriolari (precapillari) e postcapillari.
Il nostro sforzo deve essere quello di sospettare e diagnosticare queste cardiopatie precocemente e prevenire, con la corretta indicazione al trattamento, l’insorgenza dell’irreversibile rimodellamento del circolo polmonare e l’evoluzione verso la Sindrome di Eisenmenger .
BIBLIOGRAFIA