Anno Accademico 2019-2020
Vol. 64, n° 3, Luglio - Settembre 2020
ECM: Innovazione nel trattamento del tromboembolismo venoso e delle arteriopatie
25 febbraio 2020
Specialista Pediatra in convenzione U.O.C. Pediatria, Ospedale S. Eugenio, ASL Roma 2
ECM: Innovazione nel trattamento del tromboembolismo venoso e delle arteriopatie
25 febbraio 2020
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Negli ultimi anni l’aumento dell’incidenza di episodi tromboembolici in età pediatrica1 ha portato ad un aumentato utilizzo di farmaci anticoagulanti in bambini ed adolescenti. I regimi di trattamento con eparina non frazionata o a basso peso molecolare ed antagonisti della vitamina K (AVK) sono stati però estrapolati da linee guida dell’adulto. Per quanto si utilizzino attualmente regimi con buona sicurezza ed efficacia, l’approccio iniziale non è stato corretto perché non ha tenuto in considerazione le peculiarità del sistema emostatico del bambino che possono avere grande influenza sull’efficacia dei farmaci anticoagulanti soprattutto quando si gestiscono neonati e lattanti. L’emostasi del neonato presenta infatti molte peculiarità2. Le concentrazioni plasmatiche di alcuni fattori procoagulanti, anticoagulanti e fibrinolitici sono più basse rispetto a quelle del bambino e dell’adulto, il fibrinogeno presenta ancora caratteristiche fetali e le piastrine, sebbene sovrapponibili a quelle dell’adulto per numero e grandezza, risultano essere iporeattive agli stimoli con agonisti dell’aggregazione. L’emostasi neonatale può quindi essere definita “fisiologicamente alterata” ed il neonato affetto da “trombopatia costituzionale”; nonostante ciò i meccanismi emostatici sono assolutamente efficienti in vivo. La conoscenza delle peculiarità dell’emostasi neonatale consente l’adeguata interpretazione dei test emocoagulativi e l’adeguata gestione del neonato affetto da patologia emorragica o trombotica.
Gli ottimi risultati ottenuti nella gestione degli episodi tromboembolici nell’adulto con i nuovi anticoagulanti orali (NOA), ha consentito l’avvio di numerosi studi finalizzati all’utilizzo in pediatria. In questi studi vengono, finalmente, presi in considerazione i molti fattori che differenziano il bambino-adolescente dall’adulto e questo sta consentendo di individuare regimi terapeutici che tengono in considerazione le caratteristiche peculiari dell’emostasi in età dello sviluppo, il metabolismo ed il peso. L’utilizzo di farmaci in sospensione orale o gocce permette di somministrare dosaggi età/peso correlati.
Attualmente il trattamento anticoagulante standard nella popolazione pediatrica prevede una terapia iniziale con eparina non frazionata (UHF) o eparina a basso peso molecolare (EBPM) ed un proseguimento con AVK. La durata del trattamento è di tre mesi per un primo episodio ad etiologia nota e risolta; sei-dodici mesi in caso di trombosi idiopatica e sine die in caso di recidiva in trombosi idiopatica3, 4.
L'utilizzo di UHF e AVK presenta delle limitazioni quali: il profilo farmacocinetico non prevedibile, la necessità di un continuo monitoraggio e le interazioni con farmaci ed alimenti.
Eparina non frazionata (UHF)
Agisce potenziando l’attività dell’ATIII su trombina, FXa, FIXa, FXIa. Ha un’emivita di 30-60 minuti e l’attività può essere monitorata mediante valutazione dell’aPTT o dell’attività antiXa.
L’eparina non frazionata può essere somministrata per via endovenosa, in infusione continua, ad un dosaggio di 18-20 U/kg (b. di età superiore a 12 mesi) o di 28 U/kg (neonati e lattanti). I bassi livelli di ATIII fisiologicamente presenti in età neonatale richiedono un dosaggio più alto. La somministrazione di un bolo iniziale consente di raggiungere più rapidamente i livelli desiderati di anticoagulazione ma può aumentare il rischio emorragico soprattutto nei nati pretermine5.
L’obiettivo è di raggiungere un range terapeutico dell’aPTT ratio pari a 0.8-1.2. I monitoraggi vanno eseguiti 4 ore dopo l’eventuale bolo, ogni 24 ore e 4 ore dopo ogni aggiustamento (correzioni: +/-10 -15% della dose di mantenimento). È segnalata un’alta variabilità inter-intra personale con una correlazione tra prolungamento dell’aPTT ed eparinemia non sempre lineare.
Vista la variabilità del valore dell’aPTT5 in età pediatrica, la valutazione dell’attività anti Xa risulta essere il test più attendibile per il monitoraggio, soprattutto nei neonati e nei lattanti. Il range terapeutico è 0.35- 0.7 U/ml.
I rischi associati alla terapia con UFH sono rappresentati da sanguinamenti maggiori (1.5-24%)6, dalla trombocitopenia associata ad eparina (1-2.3%) e dalla osteoporosi, molto rara ed associata all’uso prolungato del farmaco.
La breve emivita e la disponibilità dell’antidoto (solfato di protamina) rendono il farmaco sicuro ma la necessità di un accesso venoso per l’infusione e di prelievi ripetuti per il monitoraggio, lo rendono indicato solo per bambini ospedalizzati e con accessi venosi stabili.
EBPM
Le eparine a basso peso molecolare agiscono in presenza di ATIII inibendo il FXa. Hanno un’emivita di 4-6 ore e si somministrano per via sottocutanea. Il monitoraggio effettua mediante dosaggio dell’attività anti FXa che deve essere effettuato a 3-5 ore dalla somministrazione e dovrebbe raggiungere un range di 0.5 - 1 U/ml. Per la profilassi il range terapeutico è 0.25-0.5 U/ml. La dose iniziale è di 1 mg/Kg ogni 12 ore e la prima valutazione dell’anti FXa andrebbe programmata dopo la seconda o la terza somministrazione7. Nei neonati la dose di partenza è 1.5 mg/Kg ogni 12 ore. I bambini obesi richiedono un dosaggio più basso8.
Raggiunto il range terapeutico vanno programmati controlli regolari tenendo presente possibili rapide variazioni del peso del bambino.
Il rischio principale correlato alla terapia con EBPM è il verificarsi di un sanguinamento maggiore (2.9-5%). La trombocitopenia correlata all’eparina e l’osteoporosi sono estremamente rare.
AVK
Antagonizzano l’attivazione dei fattori II, VII, IX e X ma, la vitamina K, è anche necessaria per la sintesi di proteina C e proteina S che hanno però emivita più breve rispetto ai fattori della coagulazione9; per tale motivo gli AVK si associano alla terapia con eparina per 4-5 giorni per consentire il raggiungimento del range terapeutico dell’INR e gestire così lo stato di ipercoagulabilità transitorio associato al deficit di PC e PS.
Il dosaggio iniziale per os è di 0.1 mg/kg/die; tale dosaggio va poi modulato sulla base del valore dell’INR che deve raggiungere un valore di 2-3 (più alto in condizioni particolari come la presenza di protesi valvolari cardiache).
L’attività degli AVK è influenzata dai valori di vit. K e per tale motivo i genitori devono essere adeguatamente informati in merito agli alimenti ricchi in Vit K che possono essere introdotti nella dieta con attenzione e moderazione una volta raggiunto il range terapeutico.
L’utilizzo di AVK non è adatto all’età neonatale e nel lattante per molti motivi: non esistono formulazioni liquide, i livelli di Vit K sono fisiologicamente bassi, l’introduzione dietetica di vit K è molto variabile (bassi livelli nel latte materno ed alti nel latte formulato), l’esecuzione di prelievi ripetuti per il monitoraggio del PT (INR) può essere molto difficoltosa.
Il rischio di sanguinamento maggiore è pari al (0.05-3.2% per paziente/anno). È necessario verificare sempre l’eventualità di una gravidanza per la nota teratogenicità degli AVK.
Osteoporosi, calcificazioni tracheali o perdita di capelli sono eventi molto rari ed associati a terapie prolungate.
In caso di INR molto allungato (generalmente >8) in assenza di sanguinamenti significativi si può somministrare vitamina K (0.5-2 mg) mentre in caso di sanguinamento si può utilizzare plasma fresco congelato (20 cc/kg) o concentrati di complesso protrombinico o FVIIa ricombinante
NAO
I NAO agiscono inibendo direttamente (Rivaroxaban, Apixaban) o indirettamente (Fondaparinux) il fattore Xa e direttamente la trombina (Dabigatran, Argatroban, Bivalirudin) Hanno la caratteristica di risentire poco o per nulla dell’interazione con ATIII o con le piastrine e quindi sembrano meno influenzati dalle peculiarità dell’emostasi in età pediatrica. I dosaggi devono essere modulati in base al peso e gli studi di farmacodinamica e farmacocinetica stanno fornendo dati utili per definire le corrette modalità di somministrazione. Si stanno studiando formulazioni in sospensione orale, quindi adatte all’uso pediatrico. Non richiedono monitoraggio e quindi permettono di evitare venipunture ripetute ma non esistono, al momento, antidoti il cui uso sia stato approvato in età pediatrica5, 10.
I dati relativi alla fase III di sperimentazione del Rivaroxaban (studio EINSTEIN-Jr, multicentrico, aperto, controllato, randomizzato) sono stati presentati lo scorso anno a Melbourne (Australia), durante il meeting annuale dell’International Society on Thrombosis and Haemostasis (ISTH)11.
L’EINSTEIN-Jr ha incluso 500 pazienti, di età compresa fra 0 e 18 anni, arruolati in 28 paesi. Poco più della metà aveva una trombosi venosa non correlata a catetere venoso centrale, un quarto trombosi correlata a catetere e un altro quarto trombosi di un vaso cerebrale.
I bambini erano stati inizialmente trattati con eparina e necessitavano di una successiva terapia anticoagulante per almeno 90 giorni. Rivaroxaban è stato somministrato a dosi corrette in base all'età e al peso, equivalenti al dosaggio dell’adulto di 20 mg. Il farmaco si è dimostrato sicuro ed efficace come trattamento della trombosi venosa acuta in pazienti pediatrici. I risultati sono sovrapponibili a quelli ottenuti con la terapia anticoagulante standard in termini di tasso di trombosi venosa ricorrente sintomatica (1,2% vs 3,0%) e di sanguinamento clinicamente rilevante (3,0% vs 1,9%) nell’arco di 12 mesi. Il trial ha anche mostrato che il decorso clinico, l'efficacia e la sicurezza relative erano paragonabili a quelle nell’adulto.
Un altro NOA, il dabigatran, ha dimostrato avere efficacia e sicurezza comparabili allo standard di cura nei bambini (studi di fase III chiusi a nov 2019)12.
Nessun NOA è attualmente approvato in Italia per l'uso in pazienti pediatrici.
I nuovi anticoagulanti orali si stanno dimostrando farmaci maneggevoli, sicuri ed efficaci anche in età pediatrica, aprendo così la porta ad una nuova era della terapia anticoagulante. La conclusione dei molti studi in corso condurrà all’identificazione delle molecole che meglio si presteranno all’utilizzo in pediatria e che potranno rendere la terapia anticoagulante in età pediatrica di più semplice attuazione semplificando le modalità di somministrazione, eliminando la necessità di monitoraggi invasivi ma mantenendo elevati livelli di sicurezza ed efficacia.
BIBLIOGRAFIA