Anno Accademico 2019-2020
Vol. 64, n° 3, Luglio - Settembre 2020
Simposio: Lebbra
22 settembre 2020
Simposio: Lebbra
22 settembre 2020
Versione PDF dell'articolo: Download
Introduzione
Le malattie neglette: malattie dimenticate, trascurate, ignorate, emarginate. Questi alcuni degli aggettivi che accomunano queste patologie presenti principalmente in Paesi Tropicali (NTD: Neglected Tropical Disease) a basso reddito dove costituiscono causa ed effetto di povertà.
La ricerca, le case farmaceutiche, la politica poco se ne occupano, dedicando il massimo dell’attenzione a quelle che si potrebbero definire malattie non neglette: malaria, TBC, HIV, elenco cui ora si aggiunge il COVID-19.
Le NTD non sono però di importanza secondaria riguardando, secondo l’OMS, oltre un miliardo di persone sul Pianeta. Sono endemiche in 149 paesi, almeno 100 dei quali patiscono l’endemia per due di esse e 30 per sei. L’impatto socio-economico di queste malattie è rilevante.
Data l’importanza del problema l’OMS ha istituito dal 2002 un “Dipartimento per il controllo delle Malattie Tropicali Neglette”.
L’OMS attualmente include nella lista delle NTD 171 patologie dovute a micro- o macro- parassiti secondo la classificazione di Anderson e May2.
Malattie da microparassiti
Malattie da macroparassiti
- ad eziologia elmintica: cisticercosi, dracunculiasi, echinococcosi, filariosi linfatica, parassitosi da trematodi trasmessi dagli alimenti, oncocercosi, schistosomiasi e geoelmintiasi.
In generale queste malattie potrebbero essere prevenute, curate ed alcune eradicate con terapie e programmi a costi relativamente bassi ma forse insostenibili per paesi a bassissimo reddito. Il contrasto a queste malattie non è condizionato solo da una mera ragione economica ma anche da una più complessa problematica socio-politica.
La lotta alle NTD, per le migrazioni e la facilità dei viaggi internazionali che caratterizzano il nostro tempo, è divenuta sicuramente di interesse globale. La loro conoscenza deve far parte della formazione e della cultura del medico del terzo millennio e gli Stati Occidentali devono essere attrezzati a fronteggiarle disponendo di strutture e dei farmaci necessari anche se non presenti nella farmacopea nazionale. A tal proposito la Stato Italiano ha provveduto con Decreto del Ministero della Salute 11 febbraio 1997 e s.m.i. recante "Modalità di importazione di specialità medicinali registrate all'estero"3.
La Lebbra
L’idea di organizzare questo Simposio sulla Lebbra nasce dall’attività di volontariato prestata presso l’Ospedale HEWO (Hansenian Ethiopic Welfare Organization) a Quihà, vicino Makallè in Etiopia. La successiva relazione illustrerà l’Organizzazione HEWO ed il suo Ospedale. La Lebbra è una malattia cronica infettiva causata da un Mycobacteriun leprae (bacillo di Hansen 1873), bacillo acido resistente per alcuni versi simile al bacillo di koch, poco infettivo ma molto immunogeno. Aggredisce cute, nervi periferici, tratto respiratorio superiore, mucose, occhi. La malattia è curabile. Sono importanti la diagnosi e la terapia precoci, prima che insorgano complicazioni e danni anatomici che, pur essendo stata vinta l’infezione, impediscono di fatto una “restitutio ad integrum”. Lebbra: a pieno diritto antica malattia negletta, emarginante, da sempre sinonimo di stigma, interpretata come punizione divina, citata nella Bibbia e nel Vangelo. L’emarginazione dei malati di Lebbra è tuttora una realtà.
L’epidemiologia e la terapia della lebbra saranno oggetto di una relazione successiva, mi limiterò pertanto a fornire alcune informazioni generali.
La lebbra è quindi una malattia tropicale negletta (NTD) ed è presente in più di 120 paesi con più di 200.000 nuovi casi segnalati ogni anno(valore fisso con poche variazioni da oltre 10 anni). Nel 2019 sono stati registrati 202.185 nuovi casi nel mondo4. La distribuzione della malattia (Foto 1) vede l’India al primo posto, seguita dal Brasile e dall’Indonesia. La somma dei casi di questi tre Paesi corrisponde ad oltre l’80% del totale mondiale. Altri paesi con un numero di persone colpite superiore ai mille casi sono: Bangladesh, Rd Congo, Etiopia, Filippine, Madagascar, Myanmar, Mozambico, Nepal, Nigeria, Sri Lanka, Tanzania. In Italia ogni anno, sono diagnosticate da 6 a 9 persone con la malattia (8 nel 2017). Si tratta di italiani che hanno soggiornato in Paesi con Lebbra endemica oppure persone nate in altri Paesi e trasferitesi sul territorio nazionale. La lebbra non è poi malattia così remota nel nostro paese: l’ultimo lebbrosario italiano in Puglia a Gioia del colle (BA) è stato chiuso nel 2011. In Italia i malati censiti nel 1931 furono 308, di cui 100 circa rimpatriati dall’America del sud e 208 da contagio autoctono5. La stigmatizzazione delle persone colpite dalla lebbra continua ad ostacolare la diagnosi precoce e sicuramente altera al ribasso il rilevamento statistico del reale numero di casi. La “pessima” fama della malattia è verosimilmente intimamente legata al tempo in cui essa era incurabile. Oggi le cose sono drasticamente cambiate, in particolare con l’introduzione della “multi drug therapy” (MDT) dal 1981. La malattia è ora efficacemente curabile, ma il pregiudizio nei suoi confronti è duro a morire. Vengono segnalati casi di discriminazione nei confronti delle persone affette. Nel 2019 erano ancora presenti 132 leggi in 23 paesi con significato discriminante nei confronti dei malati, retaggio queste di disposizioni vigenti nel 19° secolo6.
La diagnosi precoce è fondamentale se si vuole una restituzio ad integrum, cosa possibile se si interviene con la terapia farmacologica prima che si siano istaurate lesioni anatomiche. A tal proposito il semplice manifesto affisso sulla porta dell’ambulatorio dell’HEWO Hospital a Quihà (Foto 2) presenta i segni basilari per la diagnosi: vuole così facilitare la diagnosi ed il conseguente trattamento tempestivo con la MDT, costituita da Dapsone, Rifampicina, Clofazimina, raccomandata dal 1981 e quindi distribuita gratuitamente dal 1995 (Foto 3). Più di 16 milioni di persone sono state trattate con MTD negli ultimi 20 anni. Questa terapia ha permesso l’eliminazione della lebbra come problema di salute pubblica (riguardante cioè meno di 1 caso ogni 10.000 persone) dal 2000 (come da risoluzione 44.9 dell'Assemblea Mondiale della Sanità).
La trasmissione della lebbra
La trasmissione avviene tra esseri umani, richiede contatti prolungati ed è di solito legata alla convivenza con persone malate. L’incubazione va da 6 mesi a 10 anni, in media 5 anni, si attua principalmente per via aerea attraverso “droplets” emesse da naso e bocca. Occorre notare come, una volta iniziato il trattamento farmacologico, in breve tempo la malattia non sia più contagiante. È noto come l’Armadillo a nove bande (Foto 4) sia serbatoio della malattia, anche se non è chiaro se e come possa trasmettere la malattia all’uomo.
Se fosse confermata la trasmissibilità dall’armadillo all’uomo, la malattia andrebbe di fatto inclusa nell’elenco delle zoonosi facendone di fatto una zoonosi7.
Qualche caso clinico significativo: la malattia colpisce i nervi causando paralisi motorie ed insensibilità.
- Mani deformi per la paralisi dei nervi ulnare e mediano (Foto 5). Il danno al nervo ulnare provoca una paralisi dei muscoli interossei (muscolatura intrinseca della mano) con atteggiamento ad “artiglio” per il prevalere dell’azione della muscolatura presente nell’avambraccio (muscolatura estrinseca). La paralisi del n. mediano che si presenta con pollice retroposto ne impedisce l’opponibilità alle altre dita. Queste deformità, inizialmente riducibili passivamente, si complicano con la rigidità danneggiando gravemente la funzione prensile e conferiscono un aspetto deforme che alimenta l’emarginazione dei malati.
- Amputazione delle dita (Foto 6-7) per traumi successivi e loro complicazioni dovuti alla mancanza della sensibilità e quindi alla funzione protettiva degli stimoli dolorosi.
- Ulcera neuropatica del piede (Foto 8) dovuta a perdita della sensibilità a paralisi della muscolatura intrinseca del piede con area di estesa depigmentazione (segni questi che, associati ed in presenza di un sospetto di infezione leprosa, risultano quasi patognomonici).
- Ulcera neuropatica plantare (Foto 9) la cui patogenesi è simile al caso precedente.
BIBLIOGRAFIA