Prof. Luigi Valenzano

Già Primario Dermatologo Istituto Dermatologico San Gallicano, Roma

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2020-2021

Vol. 65, n° 1, Gennaio - Marzo 2021

Conferenza: La psoriasi nella storia, nell’arte e nell’attualità

24 novembre 2020

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La psoriasi nella storia, nell’arte e nell’attualità

L. Valenzano

Anzitutto un sentito ringraziamento alla Presidente Laura Gasbarrone e al Comitato Scientifico dell’Accademia Lancisiana per l’opportunità di trattare, specie in questa prestigiosa Istituzione, «l’annosa psoriasi», una malattia cutanea certamente fra le più importanti e frequenti in ambito medico, sempre più polispecialistico.

Si tratta anche di una delle patologie più antiche, indagate e irrisolte della storia della Medicina, che ha afflitto per secoli l’umanità e che ha sempre sfidato la comunità scientifico-medica.
Non a caso è stata definita da alcuni arguti Autori francesi «l'onta della dermatologia» per le sue numerose difficoltà interpretative, gestionali e terapeutiche, per certi versi ancora attuali.

Viene qui trattata la psoriasi nella storia, nell'arte e nell'attualità, certamente in modo superficiale e sommario, in quanto la complessità dell'argomento è tale da essere stata addirittura paragonata alla mitica figura di Ulisse. Come questo «uomo dell’ignoto», simbolo perenne del pensiero e dell'evoluzione umana è considerato un indiscusso emblema della storia dell'umanità ai confini con la leggenda, così la psoriasi è ritenuta un indiscusso emblema della complicata storia della Medicina.

È verosimile che questa importante e complessa patologia sia nata ed evoluta in parallelo con quella dell’uomo e, proprio per ciò, è probabile che la sua storia continuerà ancora nei secoli futuri.

Gli autorevoli Brajac I. e Gruber F. affermano sinteticamente che: «Psoriasis is probably as old as mankind»1. Ed ancor più chiaramente Fassino M. e Burroni A. G. precisano e sostengono che la psoriasi sia «un male antico all’origine dei tempi…una di quelle malattie misteriose che, pur presente fin dai tempi più remoti, è stata sempre osservata, temuta e talvolta descritta senza mai una visione unitaria e sicura…»2.

In effetti questa patologia nel corso dei secoli è stata sempre confusa con molte altre malattie: lebbra, scabbia, sifilide, tubercolosi, piodermiti, micosi, dermatite seborroica, ittiosi, lichen, vitiligine, pellagra, peste, vaiolo, tumori e tante altre sconosciute, creando sempre una notevole incertezza interpretativa e gestionale.

Quindi, per meglio comprendere dove la malattia sia arrivata, è indispensabile conoscere da dove sia partita. A tal fine si deve iniziare da alcune prime sicure tracce e testimonianze di cui possiamo disporre. Fra le tracce, alcune tavolette di argilla mesopotamiche incise a caratteri cuneiformi risalenti al 3600 a.C. descrivono generiche alterazioni cutanee. Ancor più rilevanti sono alcuni papiri egizi risalenti al 2500-2000 a.C. documentano malattie cutanee squamose curate con escrementi di cani e gatti o di animali di grossa taglia, bitume e nello specifico, di grande interesse per il Dermatologo, anche con il decotto di Ammi Majus e la successiva esposizione solare. Nel papiro di Ebers del 1550 a.C. si conferma la raccolta sulle rive del fiume Nilo di una particolare pianta la cui efflorescenza, applicata su chiazze ipocromiche della pelle e poi esposta alla luce solare, è in grado di guarire un’assai frequente patologia che oggi sappiamo essere la vitiligine. Tale brillante intuizione ci stupisce perché questa modalità terapeutica è sicuramente razionale ed efficace e ancora oggi praticata nella moderna PUVA terapia. In effetti è stato assodato che l’Amni Majus, in quanto ricca di furocumarine fotosensibilizzanti, stimola la produzione di melanina. In alcuni codici assiro-babilonesi del 1900 a.C. si parla di malattie cutanee squamo-crostose, probabilmente identificabili con la psoriasi. E in quello di Hammurabi si accenna ad una malattia detta «Siptu», che è la causa più frequente di invalidità al lavoro negli schiavi. Presso l’antica civiltà ebraica, nella Bibbia (Levitico, Libri di Giobbe e dei Re 1300 a.C.), compare la parola «Zaraahat» (impurità-castigo) ovvero una malattia come conseguenza della condanna Divina per una colpa commessa. Questo concetto resta alla base dell’interpretazione di molte alterazioni cutanee: si tratta probabilmente di lebbra, psoriasi o altre dermopatie, nei secoli perennemente confuse. Nella civiltà indiana la medicina ayurvedica (450 a.C.) è molto attenta ai problemi cutanei. In particolare nel testo Chakara Samitha si parla di una malattia cutanea detta «khusta» da curare con semi vari ed esposizioni solari.

Fra le più antiche testimonianze, la più autorevole e significativa è certamente quella del grande Ippocrate (460-377 a.C.,) «padre della medicina», che nel suo fondamentale Corpus Hippocraticum descrive e denomina molte dermopatie anche squamose senza però mai accennare ad una specifica e chiara identità psoriasica. Aulo Cornelio Celso (14 a.C.-37 d.C.) nel De Re Medica (libri octo) accenna ad una malattia di cui descrive aspetti, localizzazioni, evoluzioni e terapie che fanno pensare alla psoriasi. Areteo di Cappadocia (81-138 d.C.) nel suo trattato De causis et signis morborum (in 8 libri) scopre che le urine dolci sono indicative di una malattia che per primo descrive e denomina «diabete». Specifica inoltre che questa patologia spesso si accompagna a dermatosi squamose, forse psoriasi, anticipando in tal modo di oltre duemila anni la tematica della sindrome metabolica, ancora oggi oggetto di molte ricerche e accese discussioni. Galeno di Pergamo (129-201 d.C.) conia per primo il termine «ψωρίασις» e per essa suggerisce varie terapie: bagni, grassi, unguenti e persino bollito di vipera. Pur parlando di ψωρα (malattia squamosa) e di ψσαω (grattamento) non arriva comunque a riconoscerne una specifica identità e autonomia.

Purtroppo queste testimonianze e tracce, come molte altre, diventeranno dogmi perché considerate verità assolute e quindi trascritte, conservate e trasmesse nei secoli come «ipse dixit». Ad esempio, nella convinzione della possibilità di un accumulo nella pelle di umori alterati o eccessivi, le dermatiti verranno considerate meccanismi di difesa, da osservare e curare con cautela altrimenti gli umori alterati si potrebbero trasferire dalla pelle agli organi interni, scatenando conseguenze gravi e talvolta persino mortali.

Alla caduta della civiltà romana (476 d.C.), per l’avvento del Cristianesimo e le feroci e distruttive invasioni barbariche, subentra il Medioevo. Per i popoli invasori, perlopiù di provenienza nordica, qualsiasi manifestazione cutanea viene etichettata con il termine «scabia», che si affianca alle altre numerose ed erronee denominazioni.

La psoriasi è anche chiamata «rosa del diavolo» e, quando colpisce personaggi importanti, «malattia Imperiale». Nella popolazione si teme la contagiosità e perciò i malati vengono isolati, respinti, perseguitati o persino messi al rogo. Un esempio molto eloquente è l'Editto di Rotari del 603 d.C. in cui si stabilisce che chi è affetto da lebbra-psoriasi, riconosciuta dal giudice del popolo, deve essere espulso dalla città ed abbandonato al suo destino.

Nel corso dell’Alto Medioevo cresce l’influenza della Medicina araba, nella quale molti personaggi quali Avicenna e Averroè, elaborano geniali intuizioni e scoperte: allestiscono farmaci innovativi, si occupano della prevenzione degli eventi morbosi, ribadiscono l'opportunità di un'adeguata attività fisica e in particolare di forme idroterapiche (bagno turco).

In pieno Medioevo compare la figura del grande Federico II di Svevia (1194-1250), non a caso definito «stupor mundi», che rivoluziona il sapere nei più diversi campi e sotto la cui egida si sviluppa la Scuola Medica Salernitana, riassunta nel grandioso testo Regimen Sanitatis, destinato a restare una pietra miliare nella storia della Medicina. In questo sapere si realizza una vera e propria sintesi delle precedenti culture giudaica, greca, latina e araba ed avviene uno straordinario progresso della scienza medica. L'esponente più importante della grande scuola è certamente Trotula de Ruggiero (sec. XI), perciò detta «sapiens matrona et mulier sapientissima». Questo innovativo personaggio, coadiuvato da altre donne medico, le famose «mulieres salernitanae», realizza fin da allora una primitiva Medicina di Genere. Infatti la loro attività è dedicata particolarmente alla cura delle donne, specie nelle fasi più delicate della gravidanza e dell'allattamento, nonché alla crescita dei bambini e alla conservazione della loro salute. Grazie al loro impegno la Dermatologia compie un passo avanti anche in campo chirurgico, estetico e cosmetologico suscitando interesse e partecipazione da parte di molti altri validi personaggi che sarebbe impossibile qui elencare. Nel complesso una vera luce nel contesto di un’epoca per troppo tempo erroneamente ritenuta opaca e oscura.

In questo periodo cominciano a comparire testimonianze artistiche, letterarie, pittoriche e scultoree che si evolvono parallelamente con il progresso della scienza medica e che annunciano il passaggio verso il grande Rinascimento e quindi l'inizio dell'Era moderna (1492). Con la scoperta del nuovo mondo compare anche il nuovo morbo, ovvero la sifilide, e con essa nasce la Venereologia da allora componente essenziale della Dermatologia. La gran parte del merito spetta a Girolamo Fracastoro (1476-1553) che per primo illustra quel «mal franzese» e che definisce «non domabil carie che si alimenta fra le sozze pudende». Nel suo trattato Syphilis, sive morbus gallicus (1530) per primo usa il termine «sifilide». E in un altro trattato, De contagionibus e contagiosis morbis et eorum curatione (1546), intuisce che le malattie infettive possono essere trasmesse dai «seminaria, crassiora ed subtiliora». Ma purtroppo afferma ancora che provengano dagli umori, non riconoscendo quindi il corretto ed autonomo ruolo infettante dei microrganismi esterni. Con queste sue scoperte si allarga ancora di più la confusione della psoriasi con la nuova sifilide e con tante altre infezioni o infestazioni come la scabbia. Per quest’ultima dermopatia si dovrà attendere più di un secolo prima che i nostri Giacinto Cestoni e Giovanni Cosimo Bonomo ne scoprano l'acaro responsabile. Il sarcoptes scabiei varietà hominis, ignorato fin dai tempi antichi, è sempre stato un vero flagello per intere popolazioni.

Anche Giovanni Mainardi (1462-1536) descrive molte malattie cutanee e, fra queste, parla dii un'affezione che lui chiama «psora».

Il sommo Girolamo Mercuriale (1530-1606) scrive il primo testo al mondo di Dermatologia: il De morbis cutaneis. Un grande primato del nostro Paese di cui è giusto essere orgogliosi. In quest’opera chiama la psoriasi con il nome di «lepra graecorum», definendola addirittura «morbus in pulchritudine». Anche lui sostiene che la psoriasi sia dovuta ad un accumulo nella pelle di «umori biliosi o melanconici e salsi» da non eliminare con cure troppo energiche, altrimenti vi può essere un travaso letale negli organi interni soprattutto nel fegato. Con questa convinzione consiglia soluzioni locali, molto «blande e prudenti» da associare a diete, purghe e salassi per indurre l’eliminazione degli «umori guasti».

Un avvenimento epocale per la storia della scienza medica si realizza all'inizio del ‘700. Nella Roma trans tiberim viene edificato il primo ospedale dermatologico del mondo, da subito definito «l’Ospedalone» per la sua grandezza e magnificenza. Si tratta dell’ospedale di Santa Maria e San Gallicano inaugurato nel 1725 dall’allora Ponteficie Benedetto XIII, che lo ha voluto «xenodochium hoc amplum et mole eximium», dedicato ai «neglectis rejectisque ab omnibus prurigine lepra et scabie in capite laborantibus…» e quasi certamente anche da psoriasi. Per tale innovativa e grandiosa realizzazione è infatti passato agli onori della storia come «Pater pauperum».

Con il sopraggiungere della Rivoluzione francese (1789) termina l'Età Moderna e inizia quella Contemporanea, nella quale Vincenzo Chiarugi fonda a Firenze la prima Cattedra di Dermatologia e delle perturbazioni intellettuali (1908).

Il primato della Dermatologia, sino ad allora gestita dai nostri tanti protagonisti, passa nelle mani di importanti personaggi stranieri.

Robert Willan (1757 1812), padre della Dermatologia inglese, parla di «lepra Willan’s» e la definisce guttata, diffusa, palmaria, inveterata, lasciandoci una completa descrizione clinica delle sue manifestazioni e complicazioni in molte bellissime illustrazioni artistiche, anche di grande valore artistico.

Jean Louis Alibert (1768-1837), sommo esponente della Dermatologia francese, parla di «dartre squameuse» illustrata nella sua «Description des maladies de la peau observées à l' Hôpital Saint-Louis».

Ferdinand Von Hebra (1806-1880) nel suo celebre Atlante (1841) separa definitivamente la psoriasi dalla lebbra, ponendo fine alla secolare confusione fin qui descritta.

Tocca poi al Dermatologo norvegese Gerhard Henrik Armauer Hansen (1841-1912) chiarire la natura e l'origine della lebbra a cui da quel momento è dato l’appellativo di «Morbo di Hansen».

Ernest Bazin (1807-1878) per primo introduce il termine «artropatia psoriasica».

Paul Gerson Unna (1850-1929), nell’Atlante di istopatologia delle malattie cutanee, descrive compiutamente il quadro istologico della psoriasi.

Nel primo Congresso Internazionale di Dermatologia, svoltosi a Parigi nel 1889, a proposito della psoriasi si discute di incidenza, patogenesi, influenze genetiche, costituzionali e ambientali. A questo importantissimo Convegno partecipano anche i maggiori Dermatologi italiani di quel tempo.

Nella seconda metà del ‘900 aumenta l’interesse per la psoriasi e in questo periodo sono moltissimi gli Autori e le pubblicazioni scientifiche volte a far luce sulla clinica, patogenesi e terapia.

La psoriasi è ancora considerata una malattia dei soggetti sani e robusti, per lo più maschi e spesso facoltosi. Si afferma che lo psoriasico è un buon mangiatore, instancabile lavoratore, vivace amatore, spesso geniale e artistoide. Ma è anche un soggetto obeso, reumatico, iperteso e quindi talvolta stigmatizzato e depresso.

Aumenta anche sempre più l'interesse per la sistematicità della malattia, per il coinvolgimento psicosomatico e per le frequenti complicanze cardiovascolari, quindi quel complesso dismetabolico costitutivo della sindrome metabolica.

Anche grandi esponenti della Dermatologia europea quali Robert Degos (1904-1987) in Francia e Brown Falco (1922-2018) in Germania studiano intensamente la psoriasi, ricercandone cause e concause e lasciandoci approfondite descrizioni, tuttavia la considerano ancora come una entità unica essenzialmente dermatologica.

Nel nuovo millennio la psoriasi viene finalmente riconosciuta da tutti come «malattia psoriasica», ovvero una «malattia infiammatoria cronica principalmente cutanea e articolare a patogenesi metabolica e immunitaria con implicazioni genetiche e ambientali»3.

La psoriasi diventa «le psoriasi», ossia «una malattia immunomediata sistemica con diversi tipi subclinici…più appropriato ridefinire la psoriasi non come una singola dermatosi ma come più dermatosi chiamate psoriasi»4.

È da tutti riconosciuta come la più frequente e comune fra le grandi malattie che affliggono l'umanità e spesso associata alla disfunzione di organi interni, in quanto presenta una rilevante comorbidità e tuttora in progress per una migliore comprensione dei circuiti dell'infiammazione cutanea e sistemica.

Si ricerca e si studia in particolare il grande impatto la sulla qualità della vita ed è tutt'ora sotto i riflettori per la ricerca di nuovi e più efficaci farmaci e di strategie terapeutiche sempre più specifiche e personalizzate5.

Lo spettro della comorbilità è sempre più ampio è in evoluzione: artropatia, sindrome metabolica, m. i. intestinali, neuropatie, tiroidite autoimmune, lupus eritematoso, parodontopatia, nefropatie, malattia celiaca, psicosi, epatopatie, uveite, disfunzione erettile, osteoporosi etc., ma probabilmente questo elenco è ancora destinato a prolungarsi.

Il mondo dello psoriasico risulta anch'esso molto ampio e sospeso fra i più diversi problemi: «mi vergogno, non riesco a lavorare, ho molto prurito, mi sento in imbarazzo, mi guardano male...» e molte altre espressioni di sofferenza e disagio.

La problematica è giunta ad un’ampiezza e complessità tali per cui a Napoli nasce la Scuola della psoriasi, che ogni anno realizza un Congresso Nazionale per fare il punto della situazione. In questo contesto si ribadisce l’indispensabilità di un corretto stile di vita: «il cambiamento del comportamento nello stile di vita può essere utile nella prevenzione della psoriasi e nella riduzione della sua gravità. Diversi studi suggeriscono che le restrizioni dietetiche e l'esercizio fisico possono essere utili interventi per la prevenzione di una tale malattia cronica della pelle, fungendo anche da trattamenti adiuvanti»6.

E per quanto riguarda la terapia, una svolta epocale è rappresentata dall'introduzione dei biologici e biosimilari, una grande innovazione e una vera rivoluzione rispetto a tutte le terapie precedenti.

Siamo ai giorni nostri e per un domani migliore si impongono una serie di provvedimenti:

  • —Incremento della farmacologia bio-ingegneristica per ricercare continuamente nuovi mezzi terapeutici sempre più selettivi (terapie sempre più personalizzate)
  • —Miglioramento delle target therapy (terapie bersaglio-molecolare) mirate contro molecole indispensabili alla formazione e perpetuazione del processo infiammatorio
  • —Ampliamento delle conoscenze delle MIC e delle relative target therapy sempre più efficaci (migliore profilo terapeutico e migliore tollerabilità)
  • —Ricerca e sintesi di nuove molecole (JAK-inibitor)
  • —Rispetto dei parametri di economicità e di appropriatezza, secondo Linee guida il più possibile aggiornate e condivise
  • Discussione e risoluzione degli essenziali problemi di eticità

Per il futuro sono auspicabili precise prospettive:

  • —Attivazione di «reti dermatologiche» territoriali per meglio governare il sistema e valutarne la performance
  • «Centri dedicati», ovvero strutture di diagnosi, cura, riabilitazione etc. dotati di personale ampiamente qualificato
  • —Necessità di ampi contributi istituzionali (e non), proporzionali all’elevato impatto socio-economico del problema
  • —Tutto ciò permetterebbe anche un’adeguata prevenzione primaria, faciliterebbe una diagnosi precoce e precisa, un trattamento tempestivo ed un’adeguata e auspicabile riabilitazione psicofisica dei pazienti

Senza mai dimenticare le Associazioni dei pazienti, indispensabili per:

  • una migliore conoscenza dei problemi dei malati
  • una buona risposta alle loro domande di assistenza
  • —una continua ricerca delle carenze del sistema
  • un’ottimale accoglienza delle loro sacrosante esigenze e proposte operative

In conclusione possiamo affermare di aver percorso, seppur succintamente, una storia lunga, complessa ed oscura che «è stata studiata e scoperta più nell’ultimo secolo e mezzo, che nei precedenti trentacinque secoli…»2 e che certamente non è ancora finita perché restano ancora molte ombre da studiare e dissipare.


BIBLIOGRAFIA

  1. Brajac I, Gruber F. History of Psoriasis. In: Daly JO. Psoriasis - A Systemic Disease. 2012, IntechOpen Ed, pp. 57-68.
  2. Fassino M, Burroni AG, Ruggiero M. La psoriasi: un male antico. Viaggio nella malattia della pelle. Genova: Frilli Ed, 2010.
  3. Saurat JH, Lipsker D, Thomas L, Borradori L, Lachapelle JM. Dermatologie et infections sexuellement transmissibles. Issy-les-Moulineaux: Elsevier Masson SAS, 2017.
  4. Balato A, Di Costanzo L, Patruno C, Ayala F, Megna M, Balato N. Psoriasis or “Psoriases”? Giornale Italiano di Dermatologia e Venereologia 2013; 148: 649-50.
  5. Jullien D, Villani A. Psoriasi. In: Saurat JH, Lipsker D, Thomas L. Dermatologia e malattie sessualmente trasmesse. VI edizione. Milano: Edra, 2019; pgg 533-44.
  6. Balato N, Megna M, Napolitano M, Villani A, Di Costanzo L, Ayala F. Psoriasis Prevention: Reflections on Possible Interventions. J of Case Reports: Open Access 2015; 1: 1-2.