Anno Accademico 2020-2021
Vol. 65, n° 2, Aprile - Giugno 2021
Simposio: Gammopatia Monoclonale di Significato Incerto e Mieloma: novità di definizione, gestione e trattamento
26 gennaio 2021
Simposio: Gammopatia Monoclonale di Significato Incerto e Mieloma: novità di definizione, gestione e trattamento
26 gennaio 2021
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Introduzione
Il mieloma multiplo (MM) è una patologia neoplastica avente origine da plasmacellule monoclonali che proliferano e si espandono al livello del midollo emopoietico, provocando un danno all’organismo. Le plasmacellule monoclonali producono la cosiddetta componente monoclonale, costituita da immunoglobuline identiche tra loro che migrano in modo omogeneo al quadro proteico elettroforetico e formano così il caratteristico picco monoclonale. Il quadro clinico del MM è caratterizzato da una serie di sintomi, che sono espressione del danno d’organo determinato sia dalla proliferazione delle plasmacellule e dalla loro interazione con l’ambiente circostante sia dalla produzione di immunoglobuline, intere e frazionate.
MM: criteri diagnostici
Pressoché tutti i casi di mieloma sono preceduti da due fasi clinicamente silenti, quella di componente monoclonale di incerto significato (MGUS) e la sua evoluzione in MM smouldering (asintomatico, SMM), che esita infine nella forma sintomatica del MM, caratterizzata dalla comparsa di un danno d’organo correlato alla proliferazione delle cellule di mieloma o alla loro produzione della paraproteina monoclonale1. Il fatto che molti pazienti ricevano una diagnosi di MM senza un precedente riscontro di MGUS o SMM si deve dunque all’assenza di segni o sintomi clinici che caratterizza questi quadri clinici che precedono l’evoluzione a MM sintomatico.
L’incidenza di MGUS nella popolazione generale è pari a circa il 3%, con un tasso di evoluzione a MM sintomatico che si mantiene costante nel tempo ed è pari a circa l’1% annuo. Al contrario, la probabilità di evoluzione del mieloma da asintomatico a sintomatico cala nel tempo: infatti essa è pari al 5% annuo nei primi 5 anni dalla diagnosi, per diminuire poi al 3% nei 5 anni successivi e ridursi quindi all’1,5% dopo 10 anni. La diagnosi di MM si basa sull’evidenza di almeno il 10% di plasmacellule monoclonali a livello midollare. La presenza o meno di segni o sintomi evocativi di un danno d’organo correlato alla proliferazione delle plasmacellule midollari costituisce la discriminante per definire il MM asintomatico o sintomatico.
Il mieloma multiplo smouldering (asintomatico o indolente) è un quadro clinico caratterizzato dalla presenza di almeno il 10% plasmacellule monoclonali a livello del midollo (o di una componente monoclonale sierica > 3 gr/dl o urinaria > 500 mg/die) in assenza di segni o sintomi di danno d’organo correlato alla patologia proliferativa. Biologicamente, il SMM è una patologia eterogenea: esso infatti può presentare caratteristiche simili a quelle descritte nei casi di MGUS, avendo un decorso clinico realmente indolente; oppure caratteristiche simili a quelle che si osservano nei pazienti con MM sintomatico, con una maggiore probabilità di progressione clinica. Tale quadro clinico viene quindi distinto dai quadri di MGUS innanzitutto per il rischio di progressione a MM: nel primo caso infatti tale rischio è pari al 10% annuo, nel secondo è pari invece al 1% annuo. In uno studio condotto sul registro svedese del mieloma, il 14% di pazienti con diagnosi di MM era classificato come SMM2.
Sino alla fine del 2014, la diagnosi di MM sintomatico richiedeva quindi la presenza di almeno il 10% di plasmacellule monoclonali midollari (o una componente monoclonale sierica ≥ 3 gr/dl), accompagnata dalla presenza di almeno uno tra i segni o sintomi di danno d’organo correlati al mieloma e comunemente rappresentati (e riassunti) dall’acronimo CRAB: ipercalcemia, insufficienza renale, anemia e lesioni ossee (“bone lesions”). Nel novembre 2014, tuttavia, l’International Myeloma Working Group (IMWG) ha pubblicato nuove linee-guida in merito ai nuovi criteri diagnostici per il mieloma. Le novità sostanziali introdotte sono due: una migliore definizione dei criteri CRAB e l’introduzione di tre ulteriori fattori che concorrono a definire il MM come patologia attiva.
Per ciò che attiene alla precisazione dei criteri CRAB, sono due le modifiche apportate:
Per ciò che concerne i criteri di sintomaticità del mieloma, l’IMWG ha introdotto, accanto ai noti criteri CRAB, tre nuovi myeloma defining events (MDE), ossia quegli elementi clinico-laboratoristici in presenza dei quali si può definire il mieloma come sintomatico e pertanto meritevole di trattamento:
Il motivo dell’aggiunta di questi tre criteri nella definizione di MM sintomatico risiede nel loro valore prognostico. Sono stati, infatti identificati determinati parametri, riportati sopra, che circoscrivono una frazione dei pazienti affetti da SMM definiti ad alto rischio di evoluzione a MM, evoluzione pari a circa il 40% annuo e quindi significativamente maggiore rispetto al 10% comunemente riportato nei pazienti con SMM, per i quali si ritiene, anche alla luce dei recenti sviluppi farmacologici, che sia necessario instaurare un trattamento atto a prevenire una pressoché certa evoluzione del mieloma da asintomatico a sintomatico.
Invasione midollare da parte di plasmacellule monoclonali ≥60%
Uno studio della Mayo Clinic, condotto su una coorte di pazienti affetti da SMM diagnosticato tra il 1996 e il 2010, ha descritto una sotto-popolazione pari al 3% di pazienti con un’invasione midollare da parte di plasmacellule monoclonali superiore o uguale al 60%. A 2 anni, nel 95% di questi pazienti si è assistito a una progressione di mieloma da smouldering asintomatico, con un tempo mediano di progressione di circa 7 mesi3. Un secondo studio ha confermato i dati riportati da Rajkumar et al.: in un gruppo di 96 pazienti affetti da SMM, per coloro i quali presentavano una quota plasmacellulare ≥60% il tempo mediano di progressione a mieloma sintomatico era pari a 15 mesi4.
Rapporto tra catene leggere libere sieriche ≥ 100
Il normale rapporto tra catene leggere libere kappa e lambda (K/L) misurabili nel siero è compreso tra 0,26 e 1,65; la presenza di una popolazione plasmacellulare monoclonale esprimente una delle due catene K/L porta a un inevitabile sbilanciamento nel rapporto tra le due. In passato, è stato riportato dal gruppo della Mayo Clinic che un rapporto K/L sbilanciato, con un ratio maggiore di almeno 8 volte, è associato a un rischio di progressione di SMM a MM sintomatico pari al 40% nei primi due anni5. Larsen et al., in una popolazione di 586 pazienti con SMM, hanno quindi definito che un rapporto tra la catena leggera libera sierica coinvolta e quella non coinvolta ≥ 100, con una concentrazione sierica della catena leggera coinvolta ≥100 mg/L, è predittivo di una progressione a MM sintomatico o amiloidosi entro 2 anni nel 82% dei pazienti. Inoltre, il 27% dei pazienti con un rapporto tra catene leggere ≥100 ha sviluppato un quadro di insufficienza renale acuta come danno d’organo correlato alla progressione di mieloma6. Questi dati sono stati confermati da Kastritis et al.: su 96 pazienti affetti da SMM, il 7% di essi presentava un rapporto tra catene leggere libere ≥100 e la quasi totalità è andata incontro a una progressione entro 18 mesi dalla prima osservazione.
Lesioni focali in RMN >1 (> 5 mm)
Nella stadiazione e nel follow-up del mieloma, sia esso smouldering o attivo, la risonanza magnetica nucleare (RMN) riveste un ruolo fondamentale. In RMN si possono evidenziare sia anomalie diffuse che lesioni focali. Hillengass et al. hanno applicato la metodica della RMN whole-body a 196 pazienti con SMM, evidenziando lesioni focali nel 28% dei casi7.Il 15% dei pazienti esaminati ha presentato > 1 lesione focale; in questo gruppo di pazienti il tempo mediano di progressione è risultato pari a 13 mesi, con un 70% di pazienti progrediti a 2 anni. A conferma di questi dati, Kastritis et al. hanno pubblicato un’analisi condotta su un gruppo di 65 pazienti con SMM: nel 14% era stata evidenziata >1 lesione in RMN. A 2 e 3 anni, il tasso di progressione a MM sintomatico era pari a 69% e 85%, rispettivamente (tempo mediano di progressione: 15 mesi). Nei pazienti con una o nessuna lesione focale, invece, il tempo mediano di progressione eccedeva i 5 anni8.
Diagnostica del mieloma multiplo
Esami di stadiazione, strumentali e di laboratorio
Esami su siero e urine
Per un corretto inquadramento della malattia occorre eseguire specifici test per definire la qualità e la quantità della componente monoclonale, sia sul siero che sulle urine. È quindi necessario eseguire: quadro proteico elettroforetico su proteine sieriche, dosaggio delle immunoglobuline sieriche (IgA, IgG, IgM), immunofissazione su siero e urine e dosaggio della proteinuria e della proteinuria di Bence-Jones su urine delle 24 ore9.
Il dosaggio delle catene leggere libere è consigliato in ogni paziente con disordine plasmacellulare alla diagnosi, in particolare nei pazienti con: a) mieloma non secernente (assenza di componente monoclonale, 3% di tutti i pazienti con mieloma secondo i dati pubblicati dal gruppo della Mayo Clinic); b) piccole quantità di componente monoclonale (mieloma oligosecernente); c) mieloma secernente solo catene leggere10.
A completamento diagnostico, è necessario dosare alla diagnosi: emocromo con formula, funzionalità epatica e renale (creatinina sierica e urea), calcemia sierica, livelli di lattico deidrogenasi (LDH), beta-2-microglobulina – che riflette la ‘quantità’ o “burden” di malattia – e l’albumina sierica.
Esame midollare
La presenza di plasmacellule a livello midollare è confermata mediante aspirato midollare e biopsia ossea. La percentuale di plasmacellule può essere misurata con precisione mediante l’uso di anticorpi anti-CD138, mentre la clonalità può essere valutata mediante l’identificazione della catena leggera a livello citoplasmatico. Inoltre, è necessario eseguire la FISH per la valutazione dell’assetto cromosomico delle plasmacellule in esame (preferibilmente purificate), avvalendosi di sonde per la ricerca delle seguenti alterazioni cromosomiche: del17p13, del13, t(4;14), t(14;16), t(11;14) e amplificazione del cromosoma 1q11, 12. L’analisi convenzionale del cariotipo fornisce invece ulteriori informazioni sulla ploidia delle plasmacellule.
Esami radiologici
Il coinvolgimento osseo è una caratteristica frequente dei pazienti con mieloma, tra i quali circa il 70-80% presenta lesioni osteolitiche alla diagnosi13.Il principale esame per la rilevazione di lesioni ossee è rappresentato dalla radiografia convenzionale estesa a tutto lo scheletro (sistematica scheletrica). Le lesioni osteolitiche rilevabili mediante Rx hanno il classico aspetto litico, in assenza di orletto sclerotico; le lesioni si localizzano preferenzialmente a livello della colonna vertebrale, delle coste, del cranio e del bacino14.Tuttavia, negli ultimi anni, alla Rx sistematica si sono affiancate metodiche radiologiche differenti che hanno dimostrato una maggiore sensibilità nell’identificare la presenza di malattia ossea: TAC total-body a bassa intensità (WBLDCT), PET-CT e RMN. Tali metodiche sono state pertanto incluse nei nuovi criteri diagnostici del mieloma pubblicati nel 2014 come tecniche di rilevazione di coinvolgimento osseo da parte di mieloma15.
WBLD-CT
La WBLD-CT permette una valutazione globale dello scheletro nella ricerca di lesioni osteolitiche; tale esame non richiede alcun mezzo di contrasto e permette di somministrare al paziente una dose totale di radiazione inferiore di 2-3 volte a quella di una TC convenzionale. Numerosi studi hanno dimostrato che la capacità di rilevare lesioni litiche della WBL-CT è superiore a quella della radiografia convenzionale16.
Tale caratteristica può potenzialmente modificare in maniera clinicamente significativa la definizione che viene assegnata al mieloma alla diagnosi, ossia la differenza tra smouldering e attivo. I vantaggi di questa metodica sono pertanto la maggiore sensibilità nel rilevare lesioni litiche (in particolare a livello della colonna e del bacino), la migliore definizione di fratture patologiche e lesioni instabili e la maggiore velocità d’esecuzione. Viceversa, i limiti sono costituiti da una dose di radiazione (3,6 mSv per le femmine e 2,8 mSv per i maschi) superiore rispetto alla Rx sistematica (1,2) e dal maggiore tempo necessario per la refertazione da parte del radiologo. Per tali motivi, la WBLD-CT viene raccomandata come metodica alternativa alla radiografia scheletrica convenzionale.
RMN
Diversamente da quanto accade con Rx e TC, le quali sono in grado di rilevare la distruzione ossea determinata dall’invasione delle plasmacellule, la RMN evidenzia invece l’infiltrazione midollare da parte delle cellule di mieloma. In ordine di frequenza, sono 5 i pattern d’invasione midollare descritti in RMN: 1) lesioni focali di diametro > 5 mm; 2) invasione diffusa con totale sostituzione del tessuto midollare normale; 3) pattern misto con lesioni focali e invasione diffusa; 4) midollo normale; 5) pattern a sale e pepe con innumerevoli minute lesioni focali.
Dati preliminari suggeriscono che la tipologia del pattern di presentazione in RMN nei pazienti con mieloma alla diagnosi costituisca un fattore prognostico indipendente (i.e. pattern d’infiltrazione diffusa, elevato numero di lesioni focali).
È stato dimostrato che la RMN è superiore alla radiografia sistematica scheletrica nel rilevare il coinvolgimento osseo in pazienti affetti da mieloma, in particolare nell’individuare le lesioni allo scheletro assile. Questa elevata sensibilità ha condotto all’utilizzo della RMN per discriminare tra mieloma smouldering e mieloma sintomatico.
La RMN riveste quindi un ruolo fondamentale nella stadiazione del paziente con SMM per una corretta definizione clinica; nella stadiazione del paziente con nuova diagnosi di mieloma sintomatico, specialmente laddove è presente un esame radiografico convenzionale negativo per coinvolgimento osseo; così come nella stadiazione dei pazienti affetti da plasmocitoma osseo solitario. Inoltre, la RMN rappresenta un esame fondamentale sia per discriminare tra cedimenti vertebrali su base osteoporotica o correlati al mieloma, sia per descrivere con precisione la compressione del midollo o delle radici nervose, risvolto essenziale per un eventuale approccio chirurgico. Il ruolo della RMN nel follow-up del paziente e nella definizione della risposta ossea alla terapia è invece ancora oggetto di studio e dibattito. Una nuova metodica, la Diffusion Weighted Imaging (DWI) RMN, basata sullo studio della diversa diffusibilità delle molecole di acqua nei tessuti esaminati, è oggetto di studio sia per ciò che concerne la rilevazione dell’infiltrazione midollare mielomatosa sia per ciò che riguarda il monitoraggio della risposta alla terapia.
PET-CT
La PET-CT è un esame strumentale che combina l’identificazione di lesioni ossee mediante TC con la valutazione funzionale dell’attività metabolica delle cellule tumorali. In primo luogo, la PET-CT ha dimostrato d’essere utile nella stadiazione del mieloma, avendo maggiore sensibilità della radiografia convenzionale nell’identificazione di lesioni osteolitiche. In secondo luogo, la PET-CT si è rivelata efficace nell’identificazione della malattia extramidollare sia come fattore predittivo dell’evoluzione delle forme asintomatiche in mieloma sintomatico, sia come fattore prognostico in corso di terapia17.
Per questa ragione, nei nuovi criteri diagnostici del mieloma IMWG la presenza di lesioni positive in PET-CT costituisce un criterio sufficiente per impostare un trattamento chemioterapico. L’analisi dell’attività metabolica della malattia mediante PET-CT ha dimostrato di costituire un fattore prognostico statisticamente significativo sia alla diagnosi sia in ambito di monitoraggio della risposta ottenuta con la terapia18.Una captazione estesa, un’intensità di captazione elevata (in termini di Standardized Uptake Value, SUV) e una presenza di malattia extra-midollare alla diagnosi rappresentano elementi prognostici sfavorevoli. Per ciò che concerne la valutazione della risposta alla terapia, la soppressione del segnale correla con la risposta biochimica ottenuta dopo la chemioterapia: la persistenza di positività alla PET-CT è significativamente associata ad una sopravvivenza inferiore rispetto ai pazienti in cui la PET-CT risulti essere negativa. Per questa ragione, la valutazione della malattia minima residua (MRD) mediante PET-CT è stata abbinata alla valutazione MRD midollare nei criteri IMWG pubblicati nel 201619.
In accordo con le linee-guida più recenti, dunque, tutti i pazienti con sospetto di mieloma dovrebbero essere esaminati alla ricerca di un coinvolgimento osseo mediante WBLD-CT, metodica che ha rimpiazzato la radiografia sistematica scheletrica. In assenza della WBLD-CT, la radiografia convenzionale rimane l’indagine di I livello. La RMN, preferibilmente WB, è indicata nei pazienti con SMM e in quelli con MM con esami radiografico di I livello negativo, così come in caso di compressione midollare o di malattia extramidollare a partenza ossea. La PET-CT risulta utile nella valutazione della malattia extra-midollare e nella definizione della risposta alla terapia, in base alla disponibilità della risorsa.
BIBLIOGRAFIA