Anno Accademico 2020-2021
Vol. 65, n° 3, Luglio - Settembre 2021
Settimana per la Cultura
20 aprile 2021
Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università Campus Bio-Medico di Roma
Settimana per la Cultura
20 aprile 2021
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Introduzione. Sclerosi laterale amiotrofica
La sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è un disordine neurodegenerativo evolutivo che colpisce primariamente i motoneuroni1.
La forma paradigmatica della patologia, dall’evoluzione costantemente infausta, presenta la coesistenza di segni di compromissione di I e di II motoneurone, con una progressione da una regione all’altra del nevrasse, fino all’exitus, tipicamente per insufficienza respiratoria.
Descritta in principio da Charcot, nota negli Stati Uniti come “malattia di Lou Gehrig” e in Europa come “malattia del motoneurone”, è la patologia degenerativa del sistema motorio più comune dell’adulto, con un’incidenza annua di circa 2 casi per 100.000 individui, nonché una prevalenza approssimativa di 6 per 100.000, che riflette la rapida letalità della malattia2.
Il picco d’incidenza è tra i 55 e i 75 anni, sebbene esistano forme “early onset”, con esordio tra i 20 e i 40 anni, e forme giovanili, con esordio in età inferiore ai 20 anni; il sesso maschile è lievemente più colpito del femminile (M:F = 1.4 2.5:1).
La mediana di sopravvivenza è di 2-4 anni dall’esordio: solamente il 5-10% dei pazienti sopravvive oltre i 10 anni.
La diagnosi di SLA è essenzialmente clinica, e supportata dagli esami neurofisiologici: elettroneuromiografia (ENMG), potenziali evocati motori (PEM) e somatosensoriali (PES).
I criteri diagnostici per la diagnosi di SLA sono stati formulati nel 1994 a El Escorial, dalla World Federation of Neurology, e revisionati a Airlie House, con integrazione di dati neurofisiologici3. Il ruolo di questi ultimi è stato ulteriormente valorizzato nel 2008 ad Awaji, per consentire una diagnosi più precoce e favorire l’inclusione tempestiva dei pazienti nei trial clinici4.
Allo stato, non esiste terapia efficace. Gli unici farmaci approvati sono il riluzolo5, inibitore presinaptico del rilascio di glutammato, e l’edaravone6, un antiossidante, che consentono di ottenere un modesto rallentamento della progressione di malattia.
La maggior parte dei trattamenti è da considerarsi pertanto palliativo, mirato a migliorare la qualità di vita del paziente, nelle diverse fasi della malattia.
Fig. 1.1: Rappresentazione schematica della TMS e dell’ipereccitabilità corticale nella SLA. La tecnica ha mostrato (destra): riduzione o assenza di parametri legati all’inibizione intracorticale (SICI, CSP e LIC); aumento dei parametri legati all’eccitabilità corticale (ICF e SICF); (immagine tratta da Brunet A et al., 202011). |
Fenomeni di alterata eccitabilità neuronale
Le cause della SLA rimangono sconosciute. L’ipotesi più accreditata ritiene la patologia multifattoriale, originante da un’interazione sfavorevole tra fattori genetici e ambientali; nondimeno, l’alterazione dei meccanismi di neurotrasmissione eccitatoria è considerata elemento centrale nella patogenesi della SLA7.
La valutazione delle caratteristiche cliniche e neurofisiologiche, mediante tecniche non invasive di stimolazione magnetica transcranica (TMS)8-10, di differenti gruppi di pazienti affetti da SLA familiare, ha rilevato, nonostante le discrepanze genetiche, l’ipereccitabilità quale elemento comune (ugualmente osservata in un’ampia coorte di soggetti affetti da SLA sporadica) (Fig. 1.1). I fattori alla base delle modificazioni dell’eccitabilità dei neuroni all’esordio di malattia, come nella progressione, non sono tuttavia chiari; nondimeno, è possibile descriverne diversi potenzialmente causa di ipereccitabilità, centrale e periferica (Fig. 1.2).
Fig. 1.2: Sintesi dei meccanismi responsabili di ipereccitabilità nella SLA. Lo schema riassume le modificazioni patologiche di interneuroni (A), motoneuroni (B) e astrociti (C); (immagine tratta da Do-Ha D. et al., 201812). |
La stimolazione cerebrale per il trattamento della sclerosi laterale amiotrofica: dati preliminari
In studi preliminari, il gruppo del Prof. Di Lazzaro ha valutato gli effetti della rTMS della corteccia motoria, a frequenze che ne riducono l’eccitabilità, sulla progressione della SLA13-17.
I risultati di questi studi dimostrano in maniera convincente che la rTMS determina una lieve ma significativa riduzione della velocità di progressione della SLA, monitorata con la scala ALSFRS-R.
È verosimile che tali effetti siano correlati alle modificazioni della neurotrasmissione eccitatoria corticale indotte dalla rTMS, in grado di antagonizzare l’eccitotossicità mediata dal glutammato. In studi precedenti è stato dimostrato, inoltre, che la rTMS può modulare nell’uomo i livelli plasmatici di un potente fattore neurotrofico per i motoneuroni, il Brain-Derived Neurotrophic Factor (BDNF)18. L’effetto limitato della rTMS sulla progressione di malattia potrebbe essere legato alla breve durata delle modificazioni dell’eccitabilità corticale: è ipotizzabile, pertanto, che modalità di stimolazione protratta possano risultare in una maggiore efficacia nel ridurre la progressione di malattia.
Fig. 1.3: Effetti della stimolazione con tSMS, sull’ampiezza dei potenziali evocati motori (MEP), ottenuti con TMS in un soggetto rappresentativo. La colonna sinistra mostra la baseline dei MEP, mentre la colonna destra mostra i MEP a 2-4 minuti dopo l’applicazione della tSMS a diverse intensità (magnete grande, big, e magnete piccolo, small) e con differente polarità (sud, south, e nord, north). La stimolazione sham è riportata sulla prima riga (immagine tratta da Karandreas N. et al., 2007 21). |
Stimolazione cerebrale transcranica con campo magnetico statico (tSMS)
È stato accertato che una nuova tecnica di stimolazione cerebrale non invasiva, la stimolazione transcranica con campo magnetico statico (tSMS), è in grado indurre una soppressione dell’eccitabilità della corteccia motoria primaria, al pari delle altre metodiche di stimolazione cerebrale.
Recentemente, è stato dimostrato che la tSMS, applicata per 10-30 minuti, può modificare l’eccitabilità della corteccia motoria primaria per un tempo prolungato dopo il termine della stimolazione stessa19-20 (Fig. 1.3).
La tSMS sta suscitando notevole interesse perché più maneggevole e facile da applicare, nonché meno costosa rispetto alla rTMS. La tecnica, infatti, non richiede altro che un magnete per essere erogata. A differenza della TMS “classica”, il campo magnetico non varia nel tempo; pertanto, verosimilmente, gli effetti della stimolazione sono dovuti ad una modulazione della funzionalità dei canali ionici di membrana, tramite cambiamento delle proprietà diamagnetiche anisotropiche delle membrane fosfolipidiche. È possibile, dunque, ipotizzare l’utilizzo di tale metodica di stimolazione cerebrale non invasiva, economica e di facile applicazione, nel tentativo di ottenere un rallentamento della progressione della SLA.
Materiali e Metodi. Pazienti
Lo studio è stato approvato dal Comitato Etico dell’Università Campus Bio-Medico di Roma; i pazienti hanno fornito il proprio consenso informato prima della partecipazione. Sono stati reclutati due pazienti con diagnosi di SLA definita, in accordo con i criteri di El Escorial modificati3, con chiari segni clinici di interessamento del I e di II motoneurone e rapida progressione di malattia. Entrambi i pazienti erano in terapia con riluzolo. La severità di malattia è stata valutata tramite la scala ALSFRS-R22.
Il primo paziente, di sesso maschile e di età di 50 anni, ha iniziato a presentare ipostenia dell’arto superiore destro in novembre 2015. Il paziente era ulteriormente valutato in agosto 2018: tracheostomizzato, presentava un punteggio ALSFSR-R di 13.
Il secondo paziente, di sesso femminile e di età di 54 anni, ha iniziato a manifestare ipostenia degli arti inferiori in dicembre 2017. Il punteggio ALSFRS-R era di 30. Il paziente era rivalutato in maggio 2019 e presentava una marcata progressione di malattia, con disfagia severa e punteggio ALSFRS-R di 17.
Contestualmente all’ultima valutazione clinica, i soggetti iniziavano il trattamento con stimolazione magnetica statica, eseguito con frequenza quotidiana, senza alcuna interruzione, ancora in corso al momento della stesura di questa tesi.
Stimolazione transcranica con campo magnetico statico
Il trattamento con tSMS è stato effettuato utilizzando un magnete cilindrico in Neodimio-Ferro-Boro (NdFeB) nichelato di 45 mm di diametro, 30 mm di spessore e di 360 g di peso, con un’intensità di campo nominale di ~69 kg (MAG45r, Neurek SL, Toledo, Spain) (Fig. 2.1), mantenuto in sede mediante un caschetto ergonomico, specificamente progettato per indirizzare il campo verso la corteccia motoria (MAGmv1.0, Neurek SL) (Fig. 2.2). Un ulteriore cilindro non magnetico d’acciaio nichelato (MAG45s, Neurek SL) (Fig. 2.2) è stato posizionato nel caschetto, in un alloggiamento in corrispondenza della corteccia motoria controlaterale, per controbilanciare il peso del magnete attivo. Il MAG45s presenta la stessa dimensione e peso del MAG45r. Il peso complessivo del sistema di stimolazione è di ~2 kg. Per il trattamento cronico, la tSMS è stata autosomministrata a domicilio, per 3 volte al giorno ad almeno 4 ore di distanza, in sessioni di 20 minuti consecutivi per ciascun emisfero cerebrale.
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Valutazione degli effetti del trattamento in cronico con tSMS sulla progressione di malattia
È stata confrontata la velocità di progressione di malattia prima e durante la stimolazione, misurata come variazione del punteggio ALSFRS-R nel periodo di osservazione. Inoltre, lo stesso elemento è stato confrontato con quello di pazienti di controllo con compromissione funzionale comparabile.
Le funzioni della probabilità di sopravvivenza sono state calcolate nei campioni di controllo estratti dal database Pooled Resource Open-Access ALS Clinical Trials (PRO-ACT), forniti dal Consorzio PRO-ACT.
Sono stati estratti i datidi 2960 pazienti assegnati ai gruppi placebo, con relativo punteggio ALSFRS-R.
Sono stati poi filtrati sottogruppi di pazienti con punteggi ALSFRS-R, ad un dato tempo, compatibili con i corrispettivi punteggi dei due pazienti, reclutati nel presente studio, al momento dell’inizio dell’osservazione (ovvero nell’intervallo 29-31) e al momento dell’inizio della tSMS (ovvero nell’intervallo 12-14 per il Paziente 1 e 16-18 per il Paziente 2): sono stati ottenuti dati di 857 pazienti con un punteggio ALSFRS-R di 29-31 (G29-31), di 196 pazienti con un punteggio ALSFRS-R di 12-14 (G12-14) e di 312 pazienti con un punteggio ALSFRS-R di 16-18 (G16-18).
Il tasso di sopravvivenza per ogni punto di tempo è calcolato come il rapporto tra il numero di pazienti vivi e il numero di pazienti a rischio, escludendo quindi i pazienti non più in osservazione al suddetto tempo (“censored”).
I pazienti sono stati esaminati clinicamente almeno 6 mesi prima del trattamento e ad intervalli regolari dall’inizio della tSMS. L’ultima valutazione è stata effettuata a 18 e 9 mesi, dalla data di inizio del trattamento con tSMS, rispettivamente nel Paziente 1 e nel Paziente 2.
Risultati
Entrambi i pazienti e i rispettivi caregiver non hanno riferito alcuna difficoltà nell’eseguire il trattamento cronico con tSMS; è stato utilizzato un poggiatesta per sostenere il caschetto durante la procedura. Non sono stati riferiti effetti collaterali.
Effetti del trattamento in cronico con tSMS sulla progressione di malattia
La velocità di progressione mensile (monthly progression rate, MPR) prima e dopo l’inizio del trattamento per entrambi i pazienti è riportata in Fig. 3.1.
Paziente 1
La probabilità di sopravvivenza al momento dell’ultima osservazione dopo l’inizio del trattamento con tSMS (18 mesi) era stimata a 0.23 sulla base della popolazione del gruppo G12-14 (n = 165), estratta dal database PRO-ACT (Figura 3.2).
La MPR nel corso del periodo di osservazione prima dell’inizio del trattamento con tSMS era di 1.31 punti/mese (con un decremento del punteggio ALSFRS-R da 30 a 13). Questo valore cade nel limite superiore del 25° percentile della popolazione di controllo, indicando una rapida progressione di malattia (Fig. 3.3).
Dopo l’inizio della stimolazione, lo stato funzionale globale è rimasto stabile, con un valore finale di 14. Durante i 18 mesi di osservazione, si è registrato un miglioramento della deglutizione (tale da eliminare la necessità di nutrizione enterale supplementare o di modificazioni della consistenza dei cibi) ma una perdita della funzione motoria degli arti inferiori (la sottoscala “deambulazione” è cambiata da 1 – “presenza di movimento non funzionale alla deambulazione” a 0 – “nessun movimento volontario”). Inoltre, il paziente ha continuato a richiedere supporto ventilatorio, sebbene esclusivamente notturno.
La MPR durante il trattamento con tSMS cade nel limite inferiore del 20° percentile della popolazione di controllo (Fig. 3.3).
Paziente 2
La probabilità di sopravvivenza, al momento dell’ultima osservazione dopo l’inizio del trattamento con tSMS (9 mesi), era stimata a 0.43 sulla base della popolazione del gruppo G16-18 (n = 262) (Fig. 3.2).
La MPR nel corso del periodo di osservazione, prima dell’inizio del trattamento con tSMS, era di 1.86 punti/mese (con un decremento del punteggio ALSFRS-R da 30 a 17). Questo valore cade nel limite superiore del 13° percentile della popolazione di controllo, indicando una rapida progressione di malattia (Fig. 3.3).
Dopo l’inizio della stimolazione, la velocità di progressione si è ridotta a 0.56 punti/mese, con un modesto deterioramento della funzione bulbare e perdita della funzione motoria residua degli arti inferiori.
La MPR durante il trattamento con tSMS cade nel limite inferiore del 40° percentile della popolazione di controllo (Fig. 3.3).
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Discussione
In questo studio proof-of-principle è stata osservata una significativa e prolungata riduzione nella progressione di malattia in due pazienti affetti da SLA tipica, rapidamente progressiva, trattata in cronico con tSMS. I pazienti non hanno riferito effetti collaterali e l’autosomministrazione a domicilio della stimolazione è stata ritenuta fattibile da entrambi i pazienti e dai relativi caregiver. In considerazione della forma di SLA rapidamente progressiva, della mediana di sopravvivenza inferiore a 9 mesi23 di un paziente affetto da SLA dopo tracheostomia, del fatto che il primo paziente sia ancora in vita e stabile, con un miglioramento della funzione verbale e della deglutizione, e del fatto che il secondo paziente sia ugualmente stabile e ancora non sia stato sottoposto a tracheostomia né gastrostomia suggeriscono un pronunciato mutamento nella progressione di malattia.
Il confronto con un’ampia popolazione di controllo estratta dal database PRO-ACT indica che entrambi i pazienti presentavano una bassa probabilità di sopravvivenza, al tempo dell’ultima osservazione, e che hanno avuto una progressione di malattia più lenta, durante il trattamento con tSMS, dei rispettivi gruppi di controllo. Infatti, la probabilità globale a priori di sopravvivenza e di raggiungere le condizioni cliniche finali osservate può essere stimata a ~0.05 (ovvero 0.23×0.20) per il Paziente 1 e a ~0.17 (ovvero 0.43×0.40) per il Paziente 2. Deve essere ulteriormente considerato che potrebbe essere stata sovrastimata la sopravvivenza dei pazienti SLA di controllo nell’analisi del periodo di 2 anni, poiché numerosi pazienti nel database PRO-ACT presentavano un follow-up più breve e il calcolo della sopravvivenza cumulativa tiene conto dei soli individui non altrimenti persi nel corso del periodo di osservazione (Fig. 3.2).
Il razionale del presente studio si fonda sull’utilizzo della stimolazione non invasiva della corteccia motoria per sopprimere l’ipereccitabilità corticale, al fine di ridurre l’eccitotossicità nella SLA. Lo studio dell’eccitabilità della corteccia motoria prima e dopo una singola sessione di tSMS nel primo paziente mostra, per la prima volta, un effetto compatibile con quanto osservato nei soggetti normali e dimostra che è possibile ridurre l’eccitabilità corticale nella SLA.
I presenti risultati mostrano che il trattamento con tSMS può ridurre l’eccitabilità della corteccia motoria nella SLA e che l’autosomministrazione a lungo termine di tSMS è sicura e fattibile a domicilio e che ha un potenziale come trattamento modificante la malattia nella SLA. Una limitazione chiave è che sono stati trattati solo due pazienti e, pertanto, la generalizzazione alla popolazione di pazienti affetti da SLA dovrebbe essere effettuata con cautela.
Sulla base di queste osservazioni preliminari, è stato iniziato presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma un trial clinico controllato con placebo per valutare il trattamento con tSMS quale trattamento modificante la malattia nella SLA (Clinicaltrials.gov, NCT: 04393467).
Sintesi della Tesi di Laurea discussa il 16 settembre 2020
Relatore: Prof. Vincenzo Di Lazzaro, Preside Facoltà dipartimentale di Medicina e Chirurgia, Direttore Scuola di Specializzazione in Neurologia, Università Campus Bio-Medico di Roma
Correlatore: Dott. Federico Ranieri, UR di Neurologia, Università Campus Bio-Medico di Roma
BIBLIOGRAFIA