Anno Accademico 2020-2021
Vol. 65, n° 3, Luglio - Settembre 2021
Settimana per la Cultura
13 aprile 2021
Settimana per la Cultura
13 aprile 2021
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Introduzione
Un tema che ho sempre trovato molto interessante è il legame che unisce l’arte alle scienze, un binomio ineludibile per gli artisti, ma anche per gli scienziati che si valevano ampiamente dell’immagine nei loro studi e per finalità didattiche.
Con il presente elaborato intendo presentare le principali tecniche pittoriche e grafiche, utilizzate per l’illustrazione di testi scientifici, attraverso una selezione di codici di medicina della Biblioteca Lancisiana di Romaa, che per la peculiarità e preziosità delle loro illustrazioni, meglio rappresentano l’argomento.
Il corpo umano è stato uno dei primi soggetti ad essere raffigurato in quanto espressione più alta del creato. Lo studio dell’anatomia umana attraverso la dissezione dei cadaveri, rappresentava un momento cruciale di esperienza diretta e di scoperte, ma anche un evento pubblico, un vero e proprio spettacolo che attraeva per la sua terribilità e per le meditazioni di ordine filosofico, etico e religioso. Questo aspetto spettacolare è ribadito dalla ricorrenza del termine teatro assunto come titolo di molte opere anatomiche e dalla particolare struttura del luogo, a gradoni disposti a semicerchio, che permetteva a molti spettatori di assistere.
Tra il XV e XVI secolo, grazie al movimento culturale dell’Umanesimo, si assiste alla rinascita della cultura europea dopo i cosiddetti "secoli bui" del Medioevo. Il rinnovato entusiasmo, alimentò il desiderio di recuperare le antiche testimonianze dei latini e dei greci nella loro storicità. Le capacità analitiche dell’uomo favorirono la ricerca dei vetusti codici, il collezionismo degli esemplari superstiti, e l’analisi critica delle lezioni in essi tramandate. È proprio durante l’Umanesimo che si assiste alla formazione di numerose biblioteche pubbliche nelle quali raccogliere, conservare e rendere fruibili al pubblico degli studiosi i preziosi volumi.
A partire dalla seconda metà del XVI secolo, l’osservazione pratica e diretta di fenomeni e di oggetti della natura e la loro manipolazione, segna un mutamento radicale nel modo di investigare la scienza e nella comprensione del mondo.
In questo contesto, notevole importanza riveste il libro scientifico illustrato, mediatore delle nuove conoscenze, con il quale poter comprendere il funzionamento dell’Universo nel quale l’uomo si è conquistato un’assoluta centralità.
L’eloquenza dell’immagine si è prestata a “illustrare” la rivoluzione scientifica stabilendo nell’Europa del XVI e XVIII secolo l’indiscusso successo dei libri scientifici illustratib.
L’illustrazione dei testi scientifici ha un ulteriore importante compito: quello decorativo, ereditato dalla plurisecolare consuetudine di illustrare con miniature i testi manoscritti, tra cui i trattati di medicina e quelli di astronomia.
La collezione libraria della Biblioteca Lancisiana, consiste di circa 20.000 volumi, dal XIII al XIX secolo.
I molteplici testi manoscritti, tra cui codex medievali miniati, gli incunabula e le numerose edizioni a stampa, superbamente illustrate, tramandano ogni sapere scientifico sull’astronomia e l’anatomia.
Ma dove, da chi e come veniva illustrato un codice sia esso manoscritto o a stampa?
Con il termine miniatura si intende una tecnica pittorica per il decoro di iniziali e bordi delle carte di un codice. La parola origina da minio, un ossido di piombo di color rosso. Col passar del tempo alla tecnica si aggiunsero altri colori e la decorazione dei codici manoscritti si sviluppò in raffigurazioni di scene e personaggi.
Fino al XII secolo i libri venivano trascritti dai monaci che lavoravano in gruppo, ma col passare del tempo nella catena di montaggio si inserirono figure esterne, anche laici, specialmente artisti che provenivano da diverse classi sociali. Questi artisti infatti non si consideravano proprio artigiani al servizio di Dio come i monaci.
A partire dal XIV secolo con la nascita e l’affermazione delle corporazioni e delle gilde, i miniatori formarono una sorta di classe propria che operava sia negli scriptoriumc di monasteri, che nell’ambito delle Università. Le maggiori informazioni sui miniaturisti, giunte sino a noi, provengono proprio dalle città universitarie, dove la produzione di manoscritti rappresentava un’occupazione economica di assoluta rilevanza. Il procedimento per la produzione di un manoscritto, specialmente miniato, era simile ad una catena di montaggio, oltre ad essere un lavoro molto lungo e minuziosod.
Dopo la stesura del testo, terminato il lavoro del copista, il miniatore prendeva in carico il manoscritto.
La preparazione della materia prima per scrivere era affidata al pergamenariuse, poi venivano rigate le pagine e preparati gli inchiostri e i colori.
Ciascun miniatore copriva ambiti produttivi differenti: dalla mescola dei colori alla doratura, dalla composizione dei disegni alla realizzazione delle figure, dalla pittura colore per colore alla filigrana o al disegno degli ornamenti o alla rifinitura.
Il Maestro era responsabile per la realizzazione delle parti più complesse e fondamentali, quali il disegno o sinopia della struttura stessa della miniatura, dei volti e delle mani, mentre agli apprendisti, erano riservati compiti meno difficoltosi.
Dunque, il miniatore iniziava il suo lavoro definendo il disegno sulla superficie della pergamena, mediante una punta di metallof. Una volta ultimato il disegno, la pergamena veniva ricoperta con un collante di origine animaleg.
La base dell’inchiostro medievale era una soluzione di galla e gomma, a cui si dava colore con l’aggiunta di carbone e alcali di ferro. Ma questo inchiostro di alcali ferrosi tendeva a sbiadire in un rosso marrone o giallo. Sali di rame erano occasionalmente usati, che tendevano a scolorire in tonalità grigio verdi.
L’inchiostro veniva applicato con una penna d’oca per disegnare, o con un pennello se diluito.
Dopo la preparazione della struttura del disegno ed il successivo trattamento della superficie della pergamena, si dava inizio alla doratura, effettuata sempre prima dell’applicazione dei colori. La doratura consisteva nell’applicazione di oro o d’argento sulla superficie. L’oro poteva essere applicato come inchiostro, in una costosa forma in polvere, per lavori molto particolari, ma durante il Medioevo era in maggior misura applicato in forma di lamine, lucidato con apposito strumento o lasciato nel suo stato leggermente opaco.
I pigmenti utilizzati per la colorazione nella miniatura dei manoscritti erano di origine vegetale, minerale o animale in polvere e venivano mescolati con il medium o legante, solitamente albume colla ed acqua ma anche tuorlo d’uovo, miele e cerume. Alcuni pigmenti potevano essere ottenuti localmente, mentre altri dovevano essere importati dall’Oriente, come il blu oltremare a base di lapislazzuli. Intorno al XIII secolo i cartolai e i farmacisti si dedicarono anche alla produzione e commercio di tinte già pronte.
Il codice Lancisiano Manoscritto 121. Illustrazione dell’incipit del Libro IV del Canone
Fig. 1: Prologo. Ms 121. Codice di Avicenna. Biblioteca Lancisiana, Roma. |
Un esempio di illustrazione miniatah è rappresentata dallo splendido codice manoscritto 121, giunto nella Biblioteca Lancisiana, molto probabilmente grazie al dono del Granduca di Toscana a Giovanni Maria Lancisi.
Il codice che tramanda l’intero Canone di Avicenna, è stato prodotto da una bottega comprendente un artista francese settentrionale, attivo nell’ultimo quarto del XIII secolo nella Francia del sud, a Tolosa o a Montpellier, celebre scuola di medicina.
Il manoscritto è di grandi dimensioni, ed è impostato come un libro di studio, con pagine miniate all’incipit dei cinque libri (Fig. 1 e 2) e numerose iniziali istoriate e figurate che segnalano la gerarchia dei testi e le loro suddivisioni interne.
Un elemento caratterizzante le botteghe miniatorie francesi, era la consuetudine di incorniciare l’intera rappresentazione o le singole figure entro scenari architettonici ben precisi. La gamma cromatica è incentrata su toni del rosso, del blu e del rosa, com’è caratteristico della miniatura del XIII secolo.
Fig. 2: Incipit Libro 1. Ms 121. Codice di Avicenna Biblioteca Lancisiana, Roma. |
Libro IV (Fig. 3).
ll riquadro miniato che precede la rubrica Liber canonis q(u)artus incipit, è incorniciato esternamente, da una fascia argentata ossidata e internamente da una fascia di colore rosa decorata con motivi geometrici bianchi. La scena mostra una figura femminile abbigliata con veste di colore rosso e copricapo bianco, coricata in un letto sotto una coperta di colore blu. Accanto a lei, una figura maschile, con indosso una tunica con cappuccio di colore marrone, è raffigurata nell’atto di rilevare i battiti del polso; ai piedi del letto due figure, rispettivamente: una donna con i capelli acconciati, abbigliata con una lunga veste di colore marrone chiaro e scarpette nere, con una mano sorregge un piccolo secchio di vimini, mentre con l’altra tiene una matula. Al fianco della donna, una figura maschile, abbigliata con tunica di colore rosso e scarpette nere, sorregge con entrambe le mani un oggetto di forma circolare, identificabile con una tavola uroscopica.
Fig. 3: Incipit Libro IV. Ms 121. Codice di Avicenna Biblioteca Lancisiana, Roma. |
Sul fondo della scena, una quinta architettonica di archi trilobati di colore rosso bordati di nero, spicca su un quadrettato di colore blu. Il margine superiore della carta è percorso da un fregio composto da motivi fitoformi stilizzati di colore rosso e blu e si sviluppa sia a destra che a sinistra, fino a occupare il margine superiore esterno. Sono presenti figure di animali, un levriero grigio, una lepre marrone e un leone in foglia d’argento ossidata. All’interno dell’intercolumnio si sviluppa un’antenna di colore rosso e blu che corre inferiormente fino a ripartirsi in due, per occupare l’intero bas-de-page, mostrando, nella parte centrale, una importante decorazione di foglie stilizzate. Ai lati due racemi con animali, un cervo di colore marrone inseguito da un levriero grigio, e una lepre inseguita da un altro levriero di colore grigio. I racemi terminano, sia a destra che a sinistra, con una voluta inglobante un animale fantastico in foglia d’argento ossidato.
La xilografia
La xilografiai è una tecnica graficaj a rilievo utilizzata per la stampa. Le prime testimonianze di stampe su carta ricavate da matrici in legnok incise sono state realizzate in Cina e risalgono al VIII secolo d.C. In Europa l’avvento della stampa e soprattutto l'introduzione dei caratteri mobili da parte di Johannes Gutenberg nel XV secolo, determinò il declino della produzione dei codici miniati molto costosi in termini di forza lavoro e di denaro. Lo sviluppo dell'editoria per la produzione di libri illustrati ha rappresentato un campo di utilizzo e applicazione privilegiato per la xilografia soprattutto in Germania e Italial. I testi scientifici illustrati con la tecnica della xilografia, ebbero notevole successo e si sostituirono presto agli antichi erbari e bestiari medievali.
La xilografia spesso veniva utilizzata per decorare i piatti di cuoio della legatura dei manoscritti e per riprodurre le grandi iniziali che ornavano gli incipit dei capitoli e i riquadri bianchi dei fogli. Il procedimento consisteva nel disegnare il soggetto su una matrice di legno, precedentemente levigata. Una volta terminato il disegno, le tavole venivano intagliate ed eliminate con sgorbie e scalpelli le parti del disegno che dovevano risultare bianche nella stampa, lasciando in rilievo le parti che dovevano risultare nere.
La matrice veniva inchiostrata solo sulle zone e i segni lasciati in rilievo, intonse, e il disegno veniva trasferito su un foglio di carta con pressione verticale, con l’uso delle mani o con i torchi manuali.
Il disegno veniva effettuato dal disegnatore più o meno abile e illustre mentre l’intaglio del legno veniva effettuato da artigiani specializzati. Le tavole di legno venivano perfettamente spianate lungo la direzione della fibra e il loro spessore era di circa 23 - 25 millimetri doveva comunque corrispondere perfettamente all’altezza dei caratteri tipografici.
Un esempio di illustrazione con l’uso della tecnica xilografica è rappresentato dal codice lancisiano ‘De Umani Corporis Fabrica’ di Andrea Vesalio. Si tratta della prima edizione del 1542 a Basilea. Il trattato costituisce un vero e proprio monumento nella storia dell’illustrazione anatomica favorita dalla collaborazione tra scienza e arte. La Fabrica rappresenta inoltre un punto di eccellenza nella produzione grafica della editoria del tempo. Il codice tramanda gli studi anatomici di Andrea Vesalio in contrasto con la tradizione anatomica galenica, che si basava su studi anatomici praticati attraverso le dissezioni di animali, soprattutto scimmie e maiali, senza tener conto delle differenze esistenti tra questi e gli esseri umani. Egli fu tra i primi a riconoscere l’importanza scientifica, didattica e dimostrativa delle dissezioni praticate su cadaveri umani ma anche delle immagini anatomiche, in quanto strumento per la comprensione da parte degli studenti, quando non era possibile l’osservazione diretta. Il codice mostra sul verso della prima carta, il ritrattom di Vesalio (Fig. 4) attribuito al pittore ritrattista Stefano dell’Arzere. Il Vesalio è raffigurato con lo sguardo rivolto verso l’osservatore, mentre compie il gesto di mostrare l’avambraccio scorticato del cadavere di un corpo femminile. L’intento è quello di rimarcare lo stretto legame esistente tra la teoria medica e la pratica anatomica. Il complesso frontespizio (Fig. 5) attribuito a Domenico Campagnola, un pittore veneto operante nella bottega del Tiziano, riproduce una lezione di anatomian. La scena teatrale si svolge in uno spazio esterno, forse di un palazzo, sullo sfondo di un portico formato da colonne e architravi. Dalle finestre in alto e da dietro le colonne, alcuni curiosi si affacciano per assistere all’evento. Il pubblico tutt’intorno è sistemato sui gradoni della struttura disposta ad emiciclo. Al centro della composizione, Vesalio è raffigurato nel gesto di praticare con le proprie mani una dissezione, sul cadavere di una donna. Sul tavolo accanto al corpo sezionato sono poggiati una penna e un calamaio. In primo piano un illustratore anatomico assiste alla dissezione mentre alcuni animali vengono condotti sul luogo dell’evento. Uno scheletro posto in evidenza, al centro della scena, regge la canna magistrale, a rappresentare oltre l’allegoria della morte anche l’importanza rivestita dallo stesso in quanto sostegno per il corpo. Osservando l’abbigliamento del pubblico ci si rende conto di come il messaggio vesaliano sia inequivocabile, ovvero la scienza non deve rimanere chiusa tra le mura delle Accademie ma deve raggiungere il vasto pubblico composto da studenti e scienziati, ma anche da gente comune. Secondo la tradizione anche le grandi tavole (Fig. 6) de ‘La Fabrica’, sono da attribuire alla bottega di Tiziano che operava sotto la supervisione di Vesalio, ma soprattutto a Jan Stephan Calcar, un’artista che frequentava la bottega. Esse si distinguono per la loro innovativa concezione, in grado di esprimere le conoscenze scientifiche tramite figure rappresentate in movimento, sottoposte ad un processo di idealizzazione, attraverso il rispetto dei canoni rinascimentali di bellezza, armonia e grazia.
Fig. 4: Ritratto di Andrea Vesalio. Codice Lancisiano LIV.4.29. De Humani Corporis Fabrica. Biblioteca Lancisiana. Roma. | Fig. 5: Frontespizio. Codice Lancisiano LIV.4.29. De Humani Corporis Fabrica di Andrea Vesalio. Biblioteca Lancisiana. Roma. |
Fig. 6: Part. Tavola. Codice Lancisiano LIV.4.29. De Humani Corporis Fabrica di Andrea Vesalio. Biblioteca Lancisiana. Roma. |
La calcografia è una tecnica che risale al XV secolo per riprodurre i disegni su carta. Al contrario della stampa tipografica quella calcografica si definisce ad incavo. Essa consiste nel disegnare e successivamente incidere una lastra di rame. L’incisione determina il costituirsi di un incavo in cui si deposita l’inchiostro che per mezzo di un torchio calcografico, viene stampato sulla carta.
La stampa calcografica ricomprende due diverse tecniche: diretta e indiretta. La prima viene realizzata dall’artista che si avvale di strumenti di metallo per incidere il segno direttamente sulla lastra: bulino, punta secca, punzone, maniera nera. Nella tecnica indiretta, l’artista per incidere la lastra, utilizza sostanze acide, i mordenti, in grado di corrodere la superficie della lastra, per realizzarne il solco. La lastra viene preliminarmente preparata con una vernice a base di cera vergine per proteggere le zone che non devono essere corrose: acquaforte e acquatinta.
La tecnica dell’acquaforte è molto laboriosa, la lastra di metallo viene tagliata e molata ai lati, successivamente ricoperta da una vernice liquida, che una volta asciutta da la possibilità al bulino di asportarla in corrispondenza del disegno, evitando di incidere la lastra.
L’incisione vera e propria viene determinata dall’erosione del mordente, di solito l’acido nitricop e il percloruro di ferro, dopo aver immerso la tavola all’interno di essi.
La morsura può avvenire in un unico momento, oppure in più fasi per ottenere particolari chiaroscuri.
La lastra viene mondata della vernice protettiva, inchiostrata e sottoposta al torchio per la stampa a pressione sulla carta precedentemente bagnata.
Il codice Lancisiano Tabulae Anatomicheq di Bartolomeo Eustachio edito nel 1714r, rappresenta un esempio di illustrazione anatomica eseguita con la tecnica dell’acquaforte.
Il titolo nel frontespizio (Fig. 7) recita: Tabulae anatomicae clarissimi viri Bartholomaei Eustachii, quas a tenebris tandem vindicataset SS. D. Clementis XI Pont. Max munificentia dono acceptas, Prefazione, notisque illustravit, ac ipso suae Bibliothecae dedicationis die publici juris fecit Jo: Maria Lancisius intimus Cubiularius, & Archiater Pontificiuss.
L’incisione stampata sul frontespizio reca il nome dell’autore, il pittore romano Pier Leone Ghezzit.
La scena si svolge all’interno di un teatro anatomico, dove al centro è raffigurato un medico, probabilmente Eustachio, nel gesto di dissezionare un cadavere umano giacente sul tavolo settorio. Sullo sfondo, un pubblico di scienziati assisi dietro i banchi disposti a semicerchio, commenta con gesti lo svolgersi della lezione di anatomia. In primo piano, uno scheletro in piedi, con l’arto sollevato come a volere ammonire, mentre, adagiati sul pavimento ai piedi del tavolo anatomico, vi sono corpi di animali pronti a essere sezionati.
Le tavole anatomiche (Fig. 8) presenti nel codice sono 47, di queste, le prime 8 sono state pubblicate negli Opuscula Anatomicau del 1564. Per quanto riguarda i disegni preparatori delle grandi tavole, molto probabilmente furono eseguiti dallo stesso Eustachio o da pittori che gravitavano nella sua cerchiav.
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Fig. 8: Part. Tavola. Codice Lancisiano LXXI.2.12. Tavole Anatomiche di Bartolomeo Eustachio. Biblioteca Lancisiana. Roma. |
a. La Biblioteca Lancisiana di Roma, ubicata presso il Palazzo del Commendatore presso il Complesso Monumentale di S. Spirito in Sassia, è parte integrante del patrimonio storico artistico dell’Azienda Sanitaria Locale Roma
La Biblioteca Lancisiana, è una biblioteca di conservazione specializzata in storia della Medicina, fondata nel 1711 e inaugurata nel 1714 da Giovanni Maria Lancisi.
La Biblioteca progettata dall’architetto Tommaso Mattei, è arredata con armaria realizzati da Giuseppe Moscati da Malta e conserva al suo interno un patrimonio librario di inestimabile valore, ceramiche farmaceutiche (XV-XIX sec.) e strumenti scientifici, tra cui le due sfere armillari di Giovanni Maria Barocci e Vitale Giordani, la diottra. Essa inoltre conserva i preziosi globi, terracqueo e celeste, del cosmografo Vincenzo Maria Coronelli, donati dal Doge di Venezia Morosini al Lancisi in occasione dell’inaugurazione della Biblioteca. Il Coronelli progettava e realizzava personalmente i globi. Ne costruì oltre cento ora sparsi per il mondo. I più spettacolari furono quelli realizzati per il re di Francia Luigi XIV. La Biblioteca, riunita dapprima al palazzo apostolico del Quirinale, quando il Lancisi era archiatra pontificio, fu trasferita nel 1714 nel vaso appositamente costruito presso l’Ospedale di Santo Spirito in Sassia. Mentre la prima raccolta del Lancisi, non superava le 2000 unità librarie, la seconda, ossia quella attuale, era costituita da ben 20000 volumi. I molteplici testi manoscritti, tra cui codici medievali miniati, le edizioni a stampa e gli incunaboli, giunti sino a noi, tramandano ogni sapere religioso, letterario, medico e astronomico, compreso in un arco temporale che va dal XIII al XIX secolo. Di particolare interesse e pregio è il codice miniato “Liber Fraternitatis Sanctis Spiritus in Saxia de Urbe”, che conserva al suo interno la raccolta di migliaia di firme autografe di Papi, Re, nobili e popolani che entravano a far parte della Confraternita Ospitaliera di Santo Spirito, divenendo benefattori a vita dell’Ospedale. Nel 2003 la Biblioteca Lancisiana ha subito gravi danni strutturali di conseguenza a quelli che hanno interessato le Corsie Sistine, pertanto è stato necessario intervenire con importanti lavori di restauro conservativo di consolidamento delle fessurazioni presenti nella volta a padiglione. I restauri, inoltre hanno interessato le superfici intonacate della Volta e del Dipinto centrale con la successiva reintegrazione pittorica e pulitura della cornice dorata. Gli armaria sono stati oggetto di manutenzione e intervento estetico delle superfici lignee intagliate e verniciate, balaustra, reti maniglie e copriserratura in metallo compreso il gradino in marmo grigio e il riposizionamento dei cartigli e degli emblemi araldici.
Il patrimonio librario antico e di pregio, precedentemente messo in sicurezza in un deposito temporaneo del complesso Monumentale di S. Spirito in Sassia, è stato ricollocato sugli scaffali di origine a seguito di un delicato intervento di spolveratura e movimentazione.
La Biblioteca Lancisiana è iscritta all’albo degli Istituti Regionali per l’inserimento nell’Organizzazione Bibliotecaria Regionale (O.B.R.). Inoltre, la Biblioteca Lancisiana aderisce al Servizio Bibliotecario Nazionale “Opac SBN”, al Censimento Nazionale dei Manoscritti “Manus” e quello delle Cinquecentine “EDIT 16”, promossi dall’ICCU- Istituto Centrale per il Catalogo Unico e per le informazioni bibliografiche del Ministero della Cultura. Le modalità di accesso alla Biblioteca e fruizione delle collezioni sono contenute nel Regolamento e Carta dei Servizi della Biblioteca disponibili online sul sito istituzionale della Biblioteca: https://www.aslroma1.it/polo-museale/location/biblioteca-lancisiana.
b.Sin dal medioevo, illustrazioni di varia natura hanno sempre impreziosito i codici manoscritti di scienze. Nei primi libri a stampa, gli incunabula, venivano lasciati spazi vuoti o ampi margini per le illustrazioni dei miniatori, ma ciò non accadeva sempre. Infatti quando le illustrazioni non servivano esclusivamente ad arricchire il testo, si faceva ricorso alla stampa xilografica oppure a tavole calcografiche. La bottega del tipografo con il tempo si era trasformata in un luogo non soltanto frequentato dagli operai e dai tecnici ma anche da personaggi come Vesalio e Copernico.
c. Laboratorio attrezzato per la produzione libraria.
d. Con l’avvento della stampa la produzione del libro manoscritto non cessò immediatamente. Il processo fu graduale, infatti i miniaturisti continuarono a decorare manoscritti ma iniziarono a illustrare anche i primi testi a stampa limitata agli esemplari destinati a un pubblico facoltoso.
e. Solitamente si trattava di un monaco che sovraintendeva alla preparazione della pergamena.
f. Strumento per scrivere, utilizzato anche per rigare e annotare. La sua funzione consisteva nel lasciare una traccia il cui colore era determinato dal tipo di metallo della punta: le punte in ferro lasciavano una traccia marrone, quelle d’argento e di piombo una grigia argentata, e quelle di lega di rame una grigio verde.
g. Si trattava di un collante ottenuto dalla lavorazione di tessuti animali (soprattutto pelle, ossa, tendini in quanto ricchi di collagene) prevalentemente di conigli e pesci.
h. Fin dall’antichità e per tutto il Medioevo, la produzione editoriale scientifica si è differenziata in due principali tipologie a seconda della funzione dei manoscritti: i manuali di studio, sobriamente illustrati con disegni schematici e i codici sontuosi superbamente decorati destinati a un pubblico facoltoso desideroso di ammirarne soprattutto la bellezza.
i. Il termine deriva dal greco scrittura su legno. Attualmente possono essere utilizzate anche matrici di linoleum, plastica ecc..
j. Le tecniche grafiche, ovvero quelle finalizzate all’ottenimento di un prodotto o impronta derivante da una matrice impressa su una superficie mediante la stampa. Le principali tecniche grafiche dell’incisione sono la xilografia e la calcografia. Viene considerata tecnica grafica anche la litografia. Le matrici possono essere di due differenti tipi a seconda dell’impronta recante: in rilievo oppure in cavo. Nella prima categoria è compresa la xilografia a chiaroscuro camaieu, la xilografia a colori, l’acquaforte a rilievo e la litografia a rilievo. La seconda categoria comprende principalmente il bulino, l’acquaforte, l’acquatinta, la vernice molle e la litografia incisa.
k. Le varietà di legno maggiormente utilizzate per le matrici erano il bosso, il faggio e il pero.
l. In Europa, la produzione delle prime xilografie risale al XIV secolo e consiste nella riproduzione di immagini votive di santi spesso abbellite dalla coloritura a mano, considerando che la maggior parte delle persone non sapeva leggere. Col passar del tempo si aggiunsero al repertorio figurativo delle xilografie, immagini di uomini e animali fantastici. Contestualmente si sviluppò la produzione di carte da gioco e immagini satiriche. Sorsero in breve tempo i “libretti xilografici” i quali venivano realizzati a basso costo grazie all’impiego di un’unica matrice incisa, riportante sia il testo che l’immagine. Dalla fine del ‘400 la stampa xilografica fu abbandonata in favore dell'incisione calcografica, eseguita con matrici in metallo, più efficace della xilografia nella resa delle ombreggiature e dei dettagli.
m. La figura nell’insieme mostra la sproporzione del corpo e il maldestro disegno degli arti, dovuto probabilmente a motivi di spazio.
n. Spesso la pubblica dissezione si teneva in uno spazio semicircolare al cui interno vi era inserito un teatro in legno.
o. Il termine calcografia deriva dal greco: chalkos e grapheim, scrittura su rame.
p. Acquaforte è il nome con cui anticamente era conosciuto l’acido nitrico.
q. “Io son, diceva l’Haller, si riconoscente alla Anatomia dell’Eustachio, e per il grande ammaestramento che ne ho ricevuto e per l’uso continuo che ho fatto, che nulla dovrei dimenticare delle sue scoperte. Tuttavia non rammenterò che le più insigni, essendo esse infinite. Per tre caratteri singolarissimi riuscirono sorprendenti subito che comparvero alla luce le Tavole eustachiane: per la precisione e la mollezza dei contorni, donde furono riguardate come primi modelli della sottile anatomia, che Vesalio aveva quasi interamente sconosciuta: per l’abbondanza degli esemplari, ossia de’cadaveri sui quali aveva il destro di lavorare in due Ospedali che in gran copia gliene fornivano: e in terzo luogo perché l’ospedale specialmente della Consolazione, che in Roma anche al mio tempo raccoglieva tutti i feriti abbondava di cadaveri giovanili con membra fresche ed intere non sfatte da malattie” (da F. Puccinotti. Medicina nei secoli XV e XVI in Storia della Medicina, Livorno 1850, p. 637).
r. Il 21 maggio del 1714, in occasione dell’inaugurazione della Biblioteca Lancisiana, a cui partecipano il Papa Clemente XI, cardinali prelati e nobili romani, viene presentata l’edizione delle tavole anatomiche di Eustachio, corredata dal commento di Giovanni Maria Lancisi. La vicenda ha inizio con il fortunato ritrovamento dei rami delle tavole anatomiche nel 1712 da parte dello stesso Lancisi, ad Urbino. I rami si trovavano presso il canonico Paolo Andrea de’ Rossi, pronipote di Pier Matteo Pini, discepolo dell’Eustachio. Papa Clemente XI patrocina sia il recupero che la pubblicazione delle tavole che acquistò per 600 scudi. I rami delle tavole anatomiche furono conservati nella biblioteca Lancisiana fino al 1740 anno in cui furono messi a diposizione dell’anatomista Gaetano Petrioli, che pubblicò le ‘Riflessioni Anatomiche Sulle Note Di Monsignor Gio: Maria Lancisi Fatte Sopra le tavole del celebre Bartolomeo Eustachio. Coll’aggiunta di molte cose ommesse nelle sudette Note’, a Roma presso la stamperia di Giovanni Zempel a Monte Giordano. Nel 1783 il chirurgo Andrea Massimini pubblica un’elegante edizione delle tavole di Eustachio con un nuovo commento. Da quel momento si perdono le tracce dei rami che non risultano essere conservati in nessuna istituzione pubblica.Il 21 maggio del 1714, in occasione dell’inaugurazione della Biblioteca Lancisiana, a cui partecipano il Papa Clemente XI, cardinali prelati e nobili romani, viene presentata l’edizione delle tavole anatomiche di Eustachio, corredata dal commento di Giovanni Maria Lancisi. La vicenda ha inizio con il fortunato ritrovamento dei rami delle tavole anatomiche nel 1712 da parte dello stesso Lancisi, ad Urbino. I rami si trovavano presso il canonico Paolo Andrea de’ Rossi, pronipote di Pier Matteo Pini, discepolo dell’Eustachio. Papa Clemente XI patrocina sia il recupero che la pubblicazione delle tavole che acquistò per 600 scudi. I rami delle tavole anatomiche furono conservati nella biblioteca Lancisiana fino al 1740 anno in cui furono messi a diposizione dell’anatomista Gaetano Petrioli, che pubblicò le ‘Riflessioni Anatomiche Sulle Note Di Monsignor Gio: Maria Lancisi Fatte Sopra le tavole del celebre Bartolomeo Eustachio. Coll’aggiunta di molte cose ommesse nelle sudette Note’, a Roma presso la stamperia di Giovanni Zempel a Monte Giordano. Nel 1783 il chirurgo Andrea Massimini pubblica un’elegante edizione delle tavole di Eustachio con un nuovo commento. Da quel momento si perdono le tracce dei rami che non risultano essere conservati in nessuna istituzione pubblica.
s. Tavole anatomiche dell’illustrissimo Bartolomeo Eustachi, le quali liberate finalmente dalle tenebre e ricevute in dono dalla generosità del Pontefice Massimo Clemente XI, Giovanni Maria Lancisi intimo Cubiculare e Arcimedico pontificio arricchì con una Prefazione e delle note, e pubblicò nello stesso giorno della dedica della sua biblioteca.
t. Pier Leone Ghezzi, nominato accademico di San Luca e insignito di onorificenze, aveva un rapporto privilegiato con Clemente XI, molto probabilmente dovuto al fatto che entrambi avevano origini marchigiane. Il Pontefice apprezzava molto l’opera del Ghezzi come testimoniano le numerose committenze pubbliche. La prima committenza pubblica affidatagli, nel 1712, era destinata alla cappella della famiglia Albani, fatta erigere su disegno di Carlo Fontana, nella chiesa di S. Sebastiano fuori le Mura.
u. Tra il 1563/64 Eustachio pubblica a Venezia presso l’editore Vincenzo Luchino, gli Opuscola anatomica, corredato di 8 tavole che riguardano principalmente l’anatomia renale. Si tratta di una raccolta di cinque trattati, in cui espone i risultati che aveva raggiunto nelle sue ricerche anatomiche.
v. Per quanto riguarda gli autori dei disegni sono state fatte molte ipotesi come ad esempio Giulio Romano, allievo di Raffaello, oppure Tiziano, tuttavia senza mai giungere a un dato attendibile da fonte certa.
BIBLIOGRAFIA
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