Prof.ssa Maria Rosaria Capobianchi

Direttore Dipartimento di Epidemiologia, ricerca preclinica e diagnostica avanzata, Direttore Laboratorio di Virologia, INMI “L. Spallanzani”, Roma

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2020-2021

Vol. 65, n° 4, Ottobre - Dicembre 2021

Simposio: Appropriatezza nella diagnostica di laboratorio

11 maggio 2021

Copertina Atti quarto Trimestre 2021 per sito.jpg

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Diagnosi di infezione da SARS-CoV-2: un paradigma in evoluzione

M. Capobianchi, G. Sberna


Introduzione

I test di laboratorio per la ricerca del SARS-CoV-2 sono un pilastro fondamentale per il contrasto alla diffusione della malattia. L’armamentario di test disponibili si è rapidamente evoluto ed ampliato, permettendo la realizzazione di un complesso set di algoritmi che si può adattare a svariate situazioni e rispondere a diverse esigenze. In particolare, l’armamentario dei metodi sviluppati consente di affrontare quesiti in ambito diagnostico, di screening e di sorveglianza (https://www.finddx.org/). Ovviamente nessun test è perfetto e conoscerne prestazioni ed accuratezza clinica è fondamentale per selezionare l'algoritmo di test più appropriato. Il solo test, in assenza di altre strategie di prevenzione comprovate, non è sufficiente per prevenire la trasmissione nella comunità. Esistono diverse tipologie di test che si basano sia sul riconoscimento del virus (rilevamento del RNA virale tramite NAAT o RT-PCR; rilevamento degli antigeni virali) che della risposta immunitaria (test sierologici con anticorpi contro gli antigeni del virus)1.


Contesto di applicazione

L’algoritmo di utilizzo dei test varia in base al contesto di applicazione:

    • i test diagnostici sono finalizzati a identificare l’infezione in singole persone, e generalmente si applicano a soggetti con sintomi compatibili con l’infezione da SAR-CoV-2, oppure a soggetti che hanno consistenti fattori di rischio, quali l’esposizione diretta a persone infette, incluse quelle identificate attraverso il contact tracing. In questi contesti il test molecolare è l’opzione di scelta;
    • i test di screening servono a identificare persone infette che sono asintomatiche o non hanno fattori noti di esposizione al SARS-CoV-2, per identificare le persone che possono essere contagiose in modo da adottare misure per prevenire la trasmissione ad altre persone. L’attuale situazione epidemiologica indica la necessità di applicare lo screening per l’infezione da SARS-CoV-2 a larghi strati di popolazione, incluso, soprattutto, le persone che rientrano da zone dove la circolazione del virus è piuttosto intensa;
    • i test di sorveglianza vengono fatti per monitorare l’andamento (incidenza e prevalenza) dell’epidemia a livello di popolazione e non a livello di individuo. In genere i risultati non vengono restituiti ai soggetti campionati, e spesso i test sono anonimizzati e non è necessaria la tempestività della risposta, tanto che talvolta i test a scopo di sorveglianza vengono eseguiti in forma aggregata.


Tipologie di test

1. Test Molecolari

La diagnosi dell’infezione da SARS-CoV-2 si basa sulla ricerca diretta del virus nelle vie aeree dei pazienti, effettuata principalmente con un test molecolare che rivela la presenza del genoma del virus nel tampone nasofaringeo o, nelle forme  più  gravi, nelle secrezioni profonde.  Questa  modalità  operativa   è  considerata il  gold


Fig. 1: Correlazione tra tampone nasofaringeo e campione salivare (Oral Fluid, OF). I risultati ottenuti da 292 campioni testati per la presenza di SARS-CoV-2 RNA sia nei tamponi nasofaringei sia nella saliva sono inclusi nella regressione lineare aggiustata per cluster, sesso ed età. (r=0.921; p<0.0001)3.

standard nella strategia diagnostica. Altri campioni biologici, quali il sangue o le feci o il liquor sono stati presi in considerazione come potenziale supporto della diagnosi, ma al momento le evidenze su presenza e significato del virus in tali matrici biologiche non sono uniformi e univoche. Invece la saliva si sta progressivamente affermando come un potenziale campione significativo per la ricerca del virus (Fig. 1)2, 3.

 

2. Test antigenici

La ricerca molecolare richiede il supporto di un laboratorio esperto, e non si sposa bene con l’esigenza di effettuare elevate quantità di test e di garantire grande velocità di risposta, necessarie per attuare screening per grandi volumi di attività. Vi è grande attenzione ai test per la ricerca diretta del virus basati sulla rilevazione degli antigeni virali, test formulati con diversa strategia.

 

Test antigenici rapidi (POCT)

I test antigenici POCT (Point Of Care Test) attualmente disponibili hanno minore sensibilità dei test molecolari dal punto di vista sia analitico che clinico. Tuttavia, i vantaggi connessi con la semplicità di esecuzione e la rapidità di risposta potrebbero, probabilmente, controbilanciare gli aspetti negativi legati alla ridotta sensibilità, anche in considerazione del fatto che si stanno accumulando evidenze che basse cariche virali, non evidenziate dai test rapidi, possano non essere rilevanti nel sostenere la trasmissione dell’infezione. I test antigenici rapidi per SARS-COV-2 sono disegnati per l’uso su tampone nasofaringeo o nasale che viene stemperato direttamente nel diluente del test e alcune gocce vengono depositate su di una cartuccia dove si sviluppa la reazione di riconoscimento tramite anticorpi specifici e di rivelazione45.

I test di prima generazione sono basati su lateral flow e la reazione produce una banda colorata (marcatura con oro colloidale) che viene letta ad occhio nudo. Ovviamente la lettura ad occhio nudo può risentire di variazioni operatore-dipendente in base alla capacità di identificare la banda colorata prodotta dalla reazione.

La tipologia di seconda generazione utilizza il principio del lateral flow, ma la marcatura è fluorescente, quindi non è visibile ad occhio nudo, e viene rilevata con un dispositivo che legge la fluorescenza; la marcatura fluorescente e la conseguente lettura strumentale ha alcuni vantaggi rispetto alla prima generazione: da una parte la lettura strumentale non è operatore-dipendente ed è più sensibile, dall’altra lo strumento registra e conserva il risultato, quindi offre la tracciabilità dell’analisi.

L’ultima tipologia è quella di terza generazione, in cui il disegno è completamente diverso rispetto ai test precedenti, che sfruttano il principio del lateral flow. Quelli di terza generazione sono dispositivi microfluidici che utilizzano micro-canali con un elevato rapporto superficie-volume, in cui avvengono le reazioni antigene-anticorpo. Questa caratteristica genera migliori performance analitiche rispetto ai test basati su lateral flow.

 

3. Test Sierologici

La ricerca degli anticorpi specifici contro SARS CoV-2 è l’approccio diagnostico complementare alla ricerca diretta del virus o delle sue componenti, ed è in grado di fornire informazioni diverse e complementari alle indagini biomolecolari. Infatti, gli anticorpi vengono prodotti a partire da 7-10 giorni dopo l’esordio dei sintomi. Anche se al momento la presenza degli anticorpi contro il SARS CoV-2 non può essere considerata come indice di immunità protettiva, essa è sicura prova dell’avvenuto contatto con il virus.

Dal momento che, nei soggetti che si sono infettati, gli anticorpi permangono anche dopo la scomparsa del virus, i test che evidenziano la presenza di anticorpi specifici costituiscono un ottimo strumento per identificare le persone che si sono infettate, e quindi può aiutare a completare la diagnosi nei casi in cui non si disponga di un test molecolare positivo, e a stimare l’avvenuta circolazione del virus nella comunità: quindi, costituiscono uno strumento epidemiologico fondamentale.

Non sono disponibili ad oggi evidenze conclusive in merito alla cinetica di comparsa delle varie classi di anticorpi (IgM, IgG ed IgA). Alcuni lavori scientifici indicano la classica sequenza, con la comparsa precoce delle IgM seguita da quella delle IgG, in altri casi viene riportato come la comparsa delle IgG preceda o si sovrapponga a quella delle IgM, mentre per le IgA le evidenze sono ancora limitate (Fig. 2)6, 7.

 


Fig. 2: Cinetica dell'RNA di SARS-CoV-2 in diversi campioni clinici e della risposta anticorpale nei primi 2 pazienti con COVID-19 diagnosticati in Italia. Livelli di RNA virale rilevati nelle secrezioni del tratto respiratorio (A) e in campioni del tratto non respiratorio (B) e titoli anticorpali (C). Il paziente 1 è mostrato a sinistra; il paziente 2 è mostrato a destra6.

 

I test sierologici rapidi

I test rapidi sono basati sul prelievo di sangue capillare mediante puntura al polpastrello, e si basano su dispositivi di semplice uso, che rilevano la presenza di IgG e di IgM. In genere sono test qualitativi, e la rilevazione viene effettuata o “a vista” o mediante la lettura di un segnale fluorescente mediante un lettore. Sono semplici da usare, non richiedendo attrezzature specifiche né personale esperto, ma hanno caratteristiche di performance più scadenti rispetto ai test convenzionali: il loro impiego non è sostitutivo di quello dei test convenzionali, ma è accettato in talune condizioni particolari: nelle situazioni di difficoltà di effettuazione dei prelievi, nei casi in cui sia richiesta una risposta rapida e preliminare, quando non sia possibile effettuare il prelievo venoso e quando non sia possibile ricorrere a un laboratorio specializzato.

 

I test sierologici “convenzionali”

I test sierologici convenzionali si basano sul prelievo di sangue venoso e comportano la rilevazione di anticorpi delle varie classi immunoglobuliniche (IgG, IgM e IgA) mediante metodo immunoenzimatico o in chemiluminescenza.  La rilevazione può essere quantitativa.

Fra le tecniche convenzionali classiche va anche annoverata l’immunofluorescenza indiretta (IFA), che viene eseguita utilizzando cellule infette depositate su un vetrino per microscopia, alle quali si legano gli anticorpi. Questi vengono rilevati mediante marcatura con fluorocromi e vengono letti al microscopio a fluorescenza. La quantificazione viene eseguita grazie a diluizioni seriali del siero in esame, e possono essere riconosciute tutte e tre le classi di immunoglobuline. La lettura dei test IFA richiede personale molto esperto e, inoltre, non essendo al momento disponibili metodi commerciali, la preparazione dei vetrini richiede la coltivazione del virus in laboratorio di biosicurezza di livello 3 (BSL3).  Per tale motivo l’utilizzo di tale tecnologia è assolutamente limitato, di fatto, nella pratica diagnostica.

Questi metodi permettono di rilevare e misurare gli anticorpi, ma non forniscono informazioni sul loro potere protettivo, per la cui determinazione bisogna ricorrere alla tecnica virologica classica della sieroneutralizzazione”, che misura in vitro la capacità degli anticorpi di bloccare la replicazione virale. Trattandosi di un test che si basa sull’infettività del virus, può essere eseguito soltanto in BSL3, e richiede personale esperto nella coltura del virus. Inoltre non si presta all’automazione e alla tracciabilità delle varie fasi. Per tale motivo, l’utilizzo anche di tale tecnologia è assolutamente limitato nella pratica diagnostica.

Inoltre va sottolineato ancora una volta che la presenza di anticorpi non equivale a protezione: gli unici anticorpi protettivi sono quelli misurati con il test di neutralizzazione. Tuttavia è possibile ricavare indicazioni indirette sul potere neutralizzante degli anticorpi. L’antigene utilizzato per la ricerca degli anticorpi tramite metodo immunoenzimatico o chemiluminescenza determina la correlazione con il potere neutralizzante degli anticorpi, in quanto questo è direttamente dipendente dal legame dell’anticorpo alla proteina S (Spike) del virus che si lega al recettore cellulare ACE-2 e determina l’avvio dell’infezione. Gli anticorpi diretti verso antigeni diversi da S mostrano una correlazione inferiore con il potere neutralizzante.

Vi sono ricerche in corso che puntano a stabilire l’efficacia dei vaccini e la relativa produzione anticorpale, nonché la durata di tale produzione e l’efficacia del potere protettivo in rapporto alla sieroneutralizzazione.

 
Conclusioni

La pandemia Covid-19 ha richiesto uno sforzo diagnostico senza precedenti, con una strategia di testing applicata a milioni di persone, e queste informazioni sono state fondamentali per comprendere la trasmissione virale e fornire risposte efficaci.

Nelle prime fasi della pandemia, i principali limiti ai test diffusi erano tecnici. Questi ostacoli pratici all'implementazione dei test su vasta scala hanno favorito l'uso di tecnologie consolidate, il che spiega perché la stragrande maggioranza dei test per SARS-CoV-2 è stata basata su test molecolari eseguiti in laboratori specializzati.

Tuttavia, con il progredire della pandemia, è stata sviluppata una nuova generazione di test, con tempi di risposta più rapidi, di più semplice esecuzione e più convenienti sul versante dei costi. Questi test i hanno sicuramente consentito di espandere la platea delle persone testate, consentendo, con accettabile precisione, l'identificazione e l'isolamento tempestivo della maggior parte degli individui contagiosi, contribuendo in maniera sostanziale ad avere il polso della situazione e a modulare le misure di contenimento.

Nel complesso la pandemia ha avuto una ricaduta positiva per lo sviluppo che ha promosso nel campo diagnostico, generando un arricchimento dell’armamentario disponibile, creando opportunità e soluzioni innovative. Sicuramente l’infettivologia dei prossimi 10 anni si gioverà dei progressi e delle acquisizioni che si sono realizzati nell’ambito diagnostico per il contrasto alla diffusione della pandemia da SARS-CoV-2.


BIBLIOGRAFIA

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  3. Bordi L, Sberna G, Lalle E, et al. Frequency and Duration of SARS-CoV-2 Shedding in Oral Fluid Samples Assessed by a Modified Commercial Rapid Molecular Assay. Viruses 2020; 12: 1184. doi: 10.3390/v12101184. PMID: 33092065; PMCID: PMC7589602.
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  6. Colavita F, Lapa D, Carletti F, et al. Virological Characterization of the First 2 COVID-19 Patients Diagnosed in Italy: Phylogenetic Analysis, Virus Shedding Profile From Different Body Sites, and Antibody Response Kinetics. Open Forum Infect Dis 2020; 7: ofaa403. doi: 10.1093/ofid/ofaa403.
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