Prof. Giovacchino Pedicelli

Primario Emerito Radiologia, Az. Osp. San Camillo-Forlanini, Roma

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2020-2021

Vol. 65, n° 4, Ottobre - Dicembre 2021

Conferenza: Imaging dell’infiammazione, dell’organizzazione e della fibrosi polmonare

18 maggio 2021

Copertina Atti quarto Trimestre 2021 per sito.jpg

Versione PDF dell'articolo: Download

Imaging dell’infiammazione, dell’organizzazione e della fibrosi polmonare

G. Pedicelli

Quello della fibrosi polmonare è sempre stato un argomento di grande interesse clinico ed una sfida diagnostica perdente per i radiologici, fino a quando (1992) è stata messa a punto la tecnica della rilevazione con tomografia assiale computerizzata ad alta risoluzione (HRCT) e a basso dosaggio di radiazioni. Questa innovazione tecnologica, capace di rilevare in vivo il lobulo secondario, ovvero l’unità anatomica elementare del polmone, ha permesso la identificazione di alterazioni anatomiche di svariato genere e la creazione di correlazioni istologiche di grande affidabilità e raffinatezza.

La diagnostica HRCT ha consentito di identificare in vivo dei pattern ovvero modelli di indirizzo tanto affidabili da poter essere accettati nella diagnostica clinica quotidiana come corrispettivi istologici.

Ciò ha favorito enormemente la diagnostica delle malattie interstiziali e l’osservazione di quei processi patologici che possono condurre progressivamente alla fibrosi polmonare. La corretta lettura dei reperti offerti dalla HRCT terrà conto dei dati biologici del paziente quali l’età e anche lo stato immunitario (bio-imaging dell’invecchiamento e del suo stato immunitario). 

Possiamo definire genericamente la fibrosi polmonare come “sviluppo di tessuto connettivo fibroso quale tentativo di risposta riparatrice del danno prodotto da un’agente patogeno con funzione di antigene”. L’interesse clinico principale è indirizzato, oltre che alla identificazione della malattia responsabile, alle conseguenze negative correlate con il processo fibrosante. Esse possono essere sintetizzate in 3 punti:

- distorsione architettonica delle strutture coinvolte;
- riduzione volumetrica del parenchima polmonare;
- riduzione funzionale quantitativamente correlata con il grado di coinvolgimento del polmone, della pleura e dell’albero bronchiale.

Ovviamente, fra le conseguenze negative inevitabili va considerato il coinvolgimento cardio-vascolare generalmente espresso dai reperti clinico-radiologici che descrivono una ipertensione polmonare secondaria di vario grado.

Un processo fibrosante, qualunque sia la sua configurazione, trae origine sempre da un evento infiammatorio. Il concetto di infiammazione fa parte della cultura medica millenaria, via-via storicamente mutato nella sua interpretazione.

Ricordiamo che nella Medicina ippocratica (V secolo a.C.) e fino a Celso (I secolo a.C.) l’infiammazione, evidentemente limitata all’osservazione esteriore del corpo umano, veniva riassunta nell’insieme dei dati correlati con: color, dolor, rubor, tumor, cui Galeno (II d.C.) aggiungerà la “functio laesa”.

Oggi essa viene considerata come un meccanismo di difesa dell’immunità innata, qualunque ne sia l’organo interessato.

Obiettivi primari della risposta immunitaria sono: la rimozione della causa che ha determinato il processo infiammatorio e la restitutio ad integrum; ove non risultasse la restitutio, l’obiettivo si sposterebbe verso la migliore riparazione possibile dei tessuti danneggiati attraverso l’organizzazione dei processi di riparazione che sfocerà nella fibrosi.  Il traguardo finale sarà quello del ripristino funzionale dell’organo danneggiato.

Negli ultimi decenni si è andata sviluppando una crescente confidenza con il concetto di infiammazione, anche per la progressiva disponibilità di farmaci biologici (ormoni, enzimi, emoderivati, sieri e vaccini, immunoglobuline, allergeni, anticorpi monoclonali, immunoterapie…) che fanno intravedere una evoluzione epocale, forse più importante e più vasta degli antibiotici e dei vaccini. Un recentissimo studio1 ha proposto l’utilizzo dei fattori biologici dell’infiammazione quali parametri di valutazione dello stato di salute dell’individuo umano, per poter predire il rischio di sviluppare - e con quale probabilità - malattie legate all’invecchiamento, come quelle cardio-vascolari e neurodegenerative. Il risultato è sostanzialmente un tentativo di calcolo dell’età biologica versus quella anatomica, con il proposito di poter intervenire favorevolmente nel processo di invecchiamento, modulando i processi di infiammazione che possono intervenire anche precocissimamente (già nel cordone ombelicale) e nell’intero percorso della vita, nelle più disparate condizioni immunitarie.

L’infiammazione è trasversale a molte malattie che possono colpire principalmente: l’apparato locomotore - particolarmente le articolazioni -, l’apparato respiratorio, l’apparato gastro-enterico, i vasi, l’encefalo.

Il coinvolgimento dell’apparato locomotore è stato descritto nella configurazione storica dell’infiammazione, dipinto nella definizione ippocratica sopra-citata e comunemente configurato dall’arrossamento- rigonfiamento articolare e dalla linfangite.

Negli ultimi decenni sono stati approfonditi gli studi sulle caratteristiche immunitarie dei processi infiammatori dell’apparato gastro-enterico, alcuni dei quali (rettocolite ulcerosa…) correlati con analogo coinvolgimento dell’apparato respiratorio.

Anche manifestazioni vascolari, quali la “placca coronarica”, si vanno rivelando quale espressione evolutiva di processo flogistico la cui eziopatogenesi è molto vicina ad un chiarimento definitivo.

L’apparato respiratorio, per le sue caratteristiche anatomo-funzionali, costituisce il bersaglio più vasto e più immediato dell’intero organismo, perciò esposto al maggior numero di eventi infiammatori, alcuni dei quali possono evolvere verso processi fibrosanti.

Infiammazione – organizzazione – fibrosi23 costituiscono rispettivamente eventi e processi evolutivi le cui tappe possono essere seguite in vivo nell’iter clinico mediante la HRCT.

Gli eventi patologici che più comunemente si rendono responsabili di infiammazione dell’apparato respiratorio possono essere così riassunti:
- polmoniti, bronco-polmoniti di origine infettiva (batteri, virus, miceti…);
- interstiziopatie;
- coinvolgimento del polmone in malattie sistemiche (sarcoidosi, artrite reumatoide, malattie dell’apparato linfatico, patologie dell’apparato immunitario…).

Raramente gli eventi infiammatori acuti, quali la polmonite franca e la bronco-polmonite, vanno incontro a processi organizzativi con esito in fibrosi: ciò può avvenire su eventi clinici ignorati in fase diagnostica o curati in modo inadeguato.

Le malattie polmonari che più comunemente evolvono verso l’organizzazione e la fibrosi appartengono alle “interstiziopatie”, al danno alveolare diffuso e alle flogosi bronchiolari.

Ricordiamo che i polmoni processano mediamente 10.000 litri di aria e 7.000 litri di sangue al giorno. Entrambe le sostanze processate possono veicolare antigeni endogeni ed esogeni.

Per un’adeguata comprensione degli eventi che si succedono nell’evoluzione del processo infiammatorio (organizzazione – fibrosi) è necessario avere ben presente la struttura del campo di battaglia e cioè la configurazione anatomica dell’alveolo polmonare.

L’alveolo polmonare, delle dimensioni medie di circa 200 micron, è la struttura emblematica dello spazio aereo nel quale si realizza la funzione principale del polmone, lo scambio dell’ossigeno con l’anidride carbonica. Esso si sviluppa al termine del bronchiolo respiratorio. La sua parete è costituita da 3 strati rappresentati rispettivamente da una sottilissima membrana basale (a struttura lamellare costituita da fibre elastiche, collagene, fibroblasti e macrofagi), un versante esterno di rete ematica capillare ricca di endotelio ed un versante interno o epiteliale tappezzato da pneumociti di tipo I e tipo II.

Il possibile insulto polmonare che dà origine ad un processo infiammatorio può essere associato ad una miriade di cause quali: infezioni, malattie collageno-vascolari, processi da ipersensibilità, risposte a farmaci, inalazione di polveri e sostanze tossiche. Sebbene gli agenti nocivi siano una vasta quantità, la risposta del polmone all’insulto subìto è piuttosto limitata nelle sue modalità, espressa da pattern simili osservati sia radiologicamente che istologicamente, a prescindere dalla causa che l’ha determinato.

L’evento flogistico acuto viene espresso biologicamente dai segni della battaglia fra l’antigene e gli elementi di difesa naturali insiti nella struttura alveolare. Può accadere che la battaglia sia brevissima se il risultato è di grande successo, come osserviamo nei rari casi di edema alveolare di origine immunitaria con distress respiratorio, rapidamente dominabile con il cortisone: evento che può verificarsi, ad esempio, nella sindrome da embolia grassosa: il risultato sarà una sostanziale restitutio ad integrum. Ma, nella maggior parte dei casi, assistiamo allo sviluppo endo-alveolare di un processo essudativo proteinaceo, espressione di risposta contestuale sia dal versante endoteliale - con produzione di edema flogistico endo-alveolare e formazione di membrane ialine, sia dal versante epiteliale dove si attivano macrofagi ed altre cellule dell’immunità innata: si realizza in questo modo un accumulo di materiale necrotico proteinaceo nel lume alveolare con progressivo impegno di vario grado della membrana basale. Il collasso di quest’ultima, per la gravità del danno o per la persistenza dell’insulto biologico, segna la irreversibilità della lesione subìta che evolverà verso la fibrosi. La gravità del danno alveolare può essere fortemente condizionata dal grado di risposta delle difese immunitarie sia dell’immunità innata che di quella adattiva: nel corso delle varie espressioni della risposta immunitaria all’infezione COVID-19 abbiamo assistito a quadri clinico-radiologici di risposta immunitaria violenta etichettati come “tempesta delle citochine”4.

Nelle forme evolutive, unitamente al processo descritto, si verifica una ricca migrazione di fibroblasti, sia di quelli presenti nell’interstizio che di quelli immaturi richiamati dalla fonte produttiva costituita dal midollo osseo. Queste cellule si trasformeranno progressivamente in mio-fibroblasti per dar vita alla organizzazione di tessuti fibroblastico.

L’integrità della membrana basale, sia sul versante endoteliale che epiteliale, è il presupposto per la ricostituzione di un tessuto alveolare ed interstiziale normale. L’organizzazione del tessuto fibroblastico darà luogo ad una alterazione localizzata che evolverà verso la fibrosi.

L’organizzazione5, caratterizzata da proliferazione di fibroblasti, come descritto, rappresenta un importante passaggio nella risposta all’insulto subìto dal polmone, specificamente nella barriera della parete alveolare.

Il tentativo di riparazione polmonare si configura, purtroppo, come un’arma a doppio taglio poiché, se da una parte riesce a contenere il processo flogistico riparando il tessuto danneggiato, dall’altra può determinare una progressione organizzativa fino alla costruzione di un impianto fibroso irreversibile. In questo caso si associano inevitabilmente la perdita dell’architettura alveolare e del suo ruolo funzionale.

L’entità ed il grado di diffusione dei focolai fibroblastici condizionano il quadro di estensione del danno fibrotico.

Il termine OP (Organizing Pneumonia) è un’espressione istologica che intende definire l’evento della risposta aspecifica locale del polmone ad un insulto generico. Nella pratica clinica esso può assumere significato generico che va dalla piccola lesione organizzata a lesioni di varia estensione, anche multiple, correlate con varie cause quali le malattie immunitarie, malattie collageno-vascolari, risposte a farmaci, polmoniti da aspirazione, inalazione di sostanze tossiche, terapie radianti, complicanze da trapianti d’organo ed altro ancora.

In assenza di una causa identificabile, l’espressione OP assume una identità clinico-radiologica che descrive un processo flogistico localizzato, aspecifico, dominato dalla tendenza all’organizzazione verso un’evoluzione fibrosante: questa tendenza può essere controllata, nella pratica clinica, dall’impiego del cortisone, anche se tale successo terapeutico resta ancora non spiegato. Fra le possibili forme evolutive delle OP si distinguono quelle basali e periferiche che possono evolvere verso la particolare configurazione di iperdensità strutturate a bande con netto risparmio dell’estrema periferia del polmone, identificabili nella espressione NSIP (Non Specific Interstitial Pneumonia), la qual cosa può complicare la diagnosi clinica.

Il corrispettivo radiologico degli eventi descritti, documentabile con la HRCT, in particolare la tipologia e l’entità del danno alveolare, viene configurato con i segni dell’ispessimento interstiziale e più specificamente, come abbiamo osservato recentemente nelle polmoniti correlate con la pandemia da COVID-19, con l’espressione “addensamento del parenchima polmonare di densità ground-glass.  La densità ground-glass è il corrispettivo istologico di un contenuto endo-alveolare di tipo misto (fluido più aria) che descrive bene la battaglia in corso a livello delle strutture elementari del polmone. I controlli successivi dimostreranno il successo o meno della terapia: la scomparsa degli addensamenti parenchimali sarà, ovviamente, l’equivalente della guarigione. Ma l’esperienza che andiamo accumulando ci dimostra che il miglioramento clinico è spesso lento ed incompleto: questo dato trova nella HRCT corrispettivi coerenti costituiti da lenta, progressiva evoluzione fibrotica delle lesioni acute che può manifestarsi in forma grossolana molto evidente ma anche in forme sconosciute nella semeiotica radiologica del passato. Mi riferisco in particolare alle fibrosi di tenuissima densità per le quali sono state coniate nuove terminologie quale la densità “melting sugar”6 che va considerata con molta attenzione per una corretta diagnosi e adeguata prognosi. I processi fibrosanti correlati con le polmoniti da COVID-19 vanno da forme precocemente devastanti l’architettura polmonare a forme la cui evoluzione appare lentissima: questa osservazione consiglia controlli prolungati fino ad un anno7.

Il danno alveolare diffuso (abitualmente indicato, nella pratica clinica, con l’acronimo anglosassone DAD = Diffuse Alveolar Damage) consiste nella reazione aspecifica ad una vasta serie di insulti quali le infezioni, la sepsi, il danno da farmaci, l’inalazione di sostanze tossiche, shock, aspirazione, la rara esacerbazione della fibrosi polmonare idiopatica ed altre varie cause.

A volte la causa dell’evento acuto sfugge: in questi casi l’evento viene definito dall’espressione “polmonite interstiziale acuta”, nota in passato come Sindrome di Hamman-Rich.

L’espressione DAD viene usata anche da patologi: il corrispettivo istologico aiuta molto anche la diagnostica radiologica ad inquadrare in modo corretto le caratteristiche morfo-strutturali delle lesioni nonché il loro modello evolutivo. Nella fase di esordio, caratterizzata da edema alveolare e formazioni di membrane ialiche, il reperto radiografico si configura come diffuso, irregolare, disomogeneo addensamento del parenchima polmonare. Il termine diffuso non si riferisce al grado di estensione delle lesioni nell’ambito polmonare ma al coinvolgimento contestuale di tutti i componenti della parete alveolare fino al collasso della membrana basale che si può verificare sia nella fase acuta iniziale che successivamente, nella fase di organizzazione fibroblastica.  All’esame HRCT osserviamo disordinate aree di consolidazione per lo più a chiazze prevalenti nei territori basali con i caratteri del pattern ground-glass; coesiste robusto ispessimento dei setti interlobulari. Il reperto acuto, così configurato, progredisce verso il fenomeno dell’organizzazione e della fibrosi, come sopra descritto. In questa fase evolutiva assistiamo alla formazione di aree fibrotiche di densità progressivamente crescente, ispessimenti reticolari dell’interstizio e dei setti intra-inter-lobulari, sviluppo di bronchiectasie e bronchioloectasie, riduzione volumetrica del parenchima polmonare. Raramente la fase organizzativa e l’evento fibrotico possono configurare quadri HRCT non distinguibili dalla fibrosi polmonare idiopatica (FPI).

La fibrosi polmonare idiopatica si sviluppa per progressivo collasso degli alveoli adiacenti ai dotti alveolari: di conseguenza questi ultimi si dilatano per trazione assumendo la configurazione di spazi cistici periferici architettonicamente pluristratificati - honey-combing pattern - nella periferia del parenchima polmonare ed in continuità anatomica con bronchioloectasie da trazione. Questa tipica configurazione descrive il pattern UIP (Usual Interstitial Pneumonia) ed è considerato il corrispettivo in vivo del riscontro istologico.

La FPI si sviluppa tipicamente secondo una evidente asimmetria spaziale e temporale rispetto all’architettura del polmone.

Per la recente disponibilità di promettenti terapie, attualmente una delle sfide clinico-radiologiche della FPI è rappresentata dalla diagnosi precoce, proprio per intervenire con alcuni farmaci in grado di rallentare la progressione della malattia la cui eziologia resta sconosciuta.

Una particolare, infrequente forma di infiammazione, che può dar luogo a manifestazioni cliniche anche clamorose, riguarda l’attivazione del sistema BALT (Bronchus Associated Lymphoid Tissue); esso, a riposo biologico, è una stazione di vigilanza e di pronto intervento costituita da isole discontinue di aggregati linfoidi adiacenti alle pareti dei bronchioli intra-lobulari. Sostanzialmente assente nei bambini e negli anziani sani, esso si sviluppa nell’adulto, specificamente nei fumatori: le sostanze irritanti contenute nel fumo di sigaretta si comportano da antigeni in grado di innescare stimoli infiammatori.

Il BALT, attivato da antigeni di diversa natura, diventa un campo di battaglia: il sistema può andare incontro ad iperplasia con configurazione nodulare, documentabile radiologicamente, come si osserva nella bronchiolite follicolare (Sindrome di Sjogren) e, più vistosamente, nella istiocitosi a cellule di Langherans. Notoriamente, in quest’ultima malattia, si può ottenere una rapida restituito ad integrum con la sola sospensione precoce del fumo, per effetto della rimozione degli antigeni correlati.

Negli ultimi anni è andata crescendo l’attenzione dei radiologi nel riscontro e valutazione di ispessimenti interstiziali di aspetto fibrotico di varia morfologia (ispessimenti settali, reticolari, micronodulari, bronchiolectasie) prevalentemente distribuiti sul mantello polmonare, più comune nei fumatori e nei soggetti anziani. Nell’attesa di una più adeguata conoscenza di tali reperti, la letteratura radiologica8 descrive tali alterazioni con l’acronimo ILA (Interstial Lung Abnormalities) e ne raccomanda l’osservazione sia per una probabile correlazione con rischio oncologico che per un’apparente riduzione dell’aspettativa di vita.


BIBLIOGRAFIA

  1. Sayed N, Huang Y, Nguyen K et al. An inflammatory aging clock based on deep learning tracks multimorbidity, immunosenescence, frailty and cardiovascular aging.  Nat Aging 2021; 1: 598-615.
  2. Galvin JR, Frazier AA, Franks TJ. Collaborative Radiologic and Histopathologic Assessment of Fibrotic Lung Disease. Radiology 2010; 255: 692-706.
  3. Strieter RM, Mehrad B. New Mechanism of Pulmonary Fibrosis. CHEST 2009; 136: 1364-70 .
  4. Fajgenbaum DC, June CH. Cytokine Storm. N Engl J Med 2020; 383: 2255-83.
  5. Kligerman SJ, Franks TJ, Galvin JR.  Organization and Fibrosis as a Response to Lung Injury in Diffuse Alveolar Damage, Organizing Pneumonia, and Acute Fibrinous and Organizing Pneumonia. Radiographics 2013: 33: 1951-75.
  6. Han X, Fan Y, Alwalid O, et al. Six-month Follow-up Chest CT Findings after Severe COVID-19 Pneumonia. Radiology 2021: 299: E178-E186.
  7. Nalbandian A, Sehgal K, Gupta A, et al.  Post-Acute COVID-19 syndrome. Nat Med 2021; 27: 601-15.  
  8. Hatabu H,  Hunninghake GM,  Lynch DA. Interstitial Lung Abnormality: Recognition and Perspectives. Radiology 2019; 291: 1-3.