Anno Accademico 2020-2021
Vol. 65, n° 4, Ottobre - Dicembre 2021
ECM: Reumameeting - Patologie ossee di interesse internistico
12 ottobre 2021
ECM: Reumameeting - Patologie ossee di interesse internistico
12 ottobre 2021
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L’osteoporosi si definisce come una patologia del tessuto osseo caratterizzata da una compromissione della resistenza meccanica che predispone ad un aumento del rischio di fratture da fragilità1. La resistenza dell’osso dipende principalmente dall’integrazione fra due fattori: la densità e la qualità, quest’ultima espressa in termini di macro e microarchitettura, turnover osseo, grado di mineralizzazione2.
Le forme di osteoporosi primitive sono quelle relative al periodo post-menopausale e/o senile. Le osteoporosi “secondarie” si associano ad un ampio spettro di condizioni morbose, quali malattie endocrinologiche, gastro-enterologiche, ematologiche, reumatologiche, renali, nonché all’ assunzione di alcuni farmaci, in particolare glucocorticoidi3.
L’attenzione crescente nei confronti del problema “osteoporosi” deriva dall’aumento della popolazione anziana, a maggior rischio di frattura4. L’osteoporosi rappresenta, infatti, una patologia di grande impatto sociale che può colpire ogni età, anche se la sua incidenza aumenta nettamente con l’invecchiamento4. Quest’ultimo, infatti, si associa ad una diminuzione della massa ossea e ad un deterioramento della microarchitettura, sia a carico dell’osso corticale che trabecolare, con conseguente indebolimento della struttura ossea complessiva. Con l’avanzare dell’età si verifica, poi, una diminuzione dell’attività fisica e sociale ed una maggiore tendenza a rimanere in casa che si accompagna con una diminuzione dell’esposizione solare5. L’elevata morbilità negli anziani determina, inoltre, l’assunzione di terapie croniche complesse in cui spesso sono compresi uno o più farmaci osteopenizzanti. Problemi di vista, equilibrio ed andatura, oltre alla fisiologica variazione della composizione corporea caratterizzata da una riduzione della massa magra, possono, peraltro, favorire le cadute e, quindi, le fratture in questa fase della vita5.
Si stima che in Italia ci siano oggi circa 3,5 milioni di donne ed 1 milione di uomini affetti da osteoporosi6. Tra gli anziani, le fratture osteoporotiche sono una delle maggiori cause di mortalità. Le sedi più colpite sono il rachide, il femore e l’avambraccio distale (frattura di Colles). In particolare, la frattura femorale rappresenta l’evento più drammatico, in quanto associato a maggiori morbilità, mortalità e costi rispetto ad ogni altra frattura osteoporotica: i pazienti con frattura del femore prossimale presentano entro un anno dalla frattura, un tasso di mortalità del 15-30%6.
In Italia il 25% delle donne oltre i 65 anni di età è portatrice di una deformità vertebrale. Tra le deformità vertebrali, il 20-30% provoca fratture vertebrali cliniche, mentre circa il 30% dei casi richiede ricovero7. Da un punto di vista economico, le fratture vertebrali sono meno costose di quelle femorali; tuttavia, esse hanno un notevole impatto negativo sulla salute e la qualità di vita7. La presenza di una frattura vertebrale è, inoltre, allarmante anche a causa del cosiddetto “effetto domino”. Dopo un primo evento fratturativo a livello vertebrale, il rischio di una nuova frattura nello stesso sito scheletrico, aumenta del 25%, mentre il rischio di frattura femorale ad un anno quadruplica8.
L’osteoporosi non è un problema di salute relativo esclusivamente al sesso femminile. Circa il 20% di tutte le fratture di femore si verifica nel sesso maschile9. L’incidenza di fratture vertebrali nell’uomo è circa la metà rispetto a quelle riportate nella donna, ma la mortalità e la morbilità per frattura vertebrale e di femore sono più elevate rispetto alla femmina. La forma più comune di osteoporosi (50-70%) nel maschio è quella secondaria (ipogonadismo, alcolismo, mieloma multiplo, iperparatiroidismo, malassorbimento ed uso di corticosteroidi) per cui, nell’uomo, vanno sempre escluse condizioni patologiche associate all’osteoporosi10.
BIBLIOGRAFIA