Anno Accademico 2021-2022
Vol. 66, n° 1, Gennaio - Marzo 2022
Simposio: Diagnostica per immagini in Pronto Soccorso durante la pandemia COVID-19
30 novembre 2021
U.O.S.D. Diagnostica per Immagini Emergenza-Urgenza, Az. Osp. San Camillo-Forlanini, Roma
Simposio: Diagnostica per immagini in Pronto Soccorso durante la pandemia COVID-19
30 novembre 2021
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Introduzione
La pandemia da coronavirus SARS-CoV-2 è stato un evento con pochi precedenti storici nell’era moderna che per le sue caratteristiche epidemiologiche e cliniche ha profondamento modificato i costumi, i rapporti sociali, l’economia con un impatto senza precedenti sul sistema sanitario.
Le indicazioni della World Health Organization (WHO) dell’11 marzo 2020, in relazione alla rapidità di diffusione mondiale dell’infezione, invitavano le organizzazioni sanitarie internazionali a prepararsi ed essere pronte all’impatto drammatico che questa malattia avrebbe avuto sulla sanità e sulla popolazione, ad individuare, trattare ed isolare i casi di infezione, non ultimo ad imparare velocemente ad innovare e rendere i propri percorsi flessibili. Tutto ciò al fine di proteggere la popolazione e ridurre la possibilità di contagio e di morte da questa malattia1.
Scopo
Obiettivo di questo studio è analizzare retrospettivamente l’impatto che la pandemia da coronavirus SARS-CoV-2 ha avuto sul regolare flusso di lavoro di un reparto di Radiodiagnostica dedicato all’emergenza all’interno dell’Azienda Ospedaliera San Camillo-Forlanini (AOSF). In particolare si vogliono analizzare le procedure ed i percorsi messi in atto durante le due ondate della pandemia precedenti all’introduzione dei vaccini, la prima (marzo-maggio 2020) e la seconda (ottobre-dicembre 2020).
Analisi dello status quo prepandemia
L’Azienda ospedaliera San Camillo-Forlanini è sede di DEA di II livello e HUB della rete di diverse patologie, in particolare del trauma, dell’ictus, dei trapianti, delle patologie cardiovascolari, neonatale, degli arti nonché uno dei grandi pronto soccorso pediatrici del Lazio.
Il reparto di Radiodiagnostica DEA si trova esattamente al centro del reparto di Pronto Soccorso così da favorire l’immediato arrivo dei pazienti nelle diagnostiche, soprattutto per quelli il cui trattamento è tempo dipendente.
La Radiodiagnostica Dea è configurata con due TC con ingresso separato, due sezioni di Radiologia tradizionale, una sala ecografica ed ha a disposizione un ecografo portatile per poter operare direttamente in sala rossa al fine di eseguire ecografie Advanced Fast che comprendono la valutazione polmonare nei pazienti traumatizzati (Fig.1).
La ridondanza delle apparecchiature ha dimostrato in più di un’occasione di essere essenziale in caso di rottura delle macchine o di necessità di percorsi separati già prima della pandemia; inoltre questa configurazione con doppia apparecchiatura è risultata cruciale per non dover trasportare i pazienti a distanza nella sede della radiologia di elezione configurata per altra tipologia di pazienti e patologie.
Il personale è addestrato per emergenze e maxiemergenze con un piano PEIMAF dell’Azienda per il quale si eseguono regolari addestramenti durante l’anno.
Il personale Medico Radiologico è addestrato nel riconoscimento delle patologie toraciche in tutte le metodiche anche con l’ecografia avendo da sempre praticato ecografie polmonari per il riconoscimento al letto del paziente traumatizzato dell’eventuale presenza di pneumotorace.
Il personale medico e non medico è addestrato al contenimento di infezioni ospedaliere, la maggior parate delle quali sono da contatto; la gestione del paziente infetto da patologia tubercolare prevedeva un percorso specifico.
Considereremo per la trattazione la prima ondata marzo-maggio 2020 e la seconda ondata ottobre-dicembre 2020, tenendo presente che l’arrivo delle vaccinazioni nei primi mesi del 2021 ha cambiato radicalmente lo scenario2.
Fig. 1. Piantina del padiglione piastra con localizzazione del pronto soccorso e della Radiologia del DEA.
Prima ondata (marzo-maggio 2020)
Analisi delle criticità
Durante questo periodo la Regione Lazio non viene investita in maniera importate dall’infezione come riportato in Regione Lombardia; i motivi sono vari, tra cui un approccio più tempestivo a mettere in atto misure di distanziamento e di Lockdown.
L’ospedale non viene classificato Covid, mantenendo aperte le principali linee di attività. Il periodo di Lockdown ed i timori della popolazione fanno diminuire l’afflusso all’ospedale e l’accesso al PS per alcune patologie, in particolare i traumi diminuiscono drasticamente durante il lockdown.
Nella prima fase si assiste ad una fase di confusione comunicativa e di regolamenti in particolare sull’uso dei dispositivi di protezione (all’inizio l’OMS indica la mascherina chirurgica come dispositivo utile al contenere l’infezione anche in ambiente ospedaliero, affermazione ritrattata poco dopo); contemporaneamente emergevano:
- scarsità di disponibilità dei dispositivi di alta protezione (FPP2 e FPP3);
- necessità di addestrare il personale a mantenere una corretta protezione rispetto al virus con diffusione aerea poiché le maggior parti delle infezioni ospedaliere affrontate finora erano da contatto;
- necessità di creare dei percorsi separati sia al Pronto Soccorso che in Radiodiagnostica di emergenza per l’esecuzione di indagini TC e RX. Si deve tenere presente la difficoltà di stratificare i pazienti all’ingresso non potendosi avvalere dei tamponi rapidi ma solo della ricerca molecolare su tampone, le cui risposte si avevano dopo circa 8 ore. I pazienti positivi venivano trasferiti in HUB COVID.
La criticità maggiore veniva dalla gestione di quei pazienti con grave sintomatologia polmonare che dovevano essere stratificati, studiati e trattati con celerità.
Procedure e Misure messe in atto
Pronto Soccorso
Si crea il posizionamento di una zona filtro pre-triage ed un’area di stazionamento “grigia” per impedire l’accesso all’ospedale dei pazienti che presentavano sintomi sospetti per infezione da Coronavirus SARS-CoV-2, da destinare alle strutture dedicate una volta eseguita diagnosi.
La struttura del Pronto Soccorso ha quindi dovuto modificare e adattare i propri percorsi clinici e diagnostici alle nuove esigenze.
Si è costituito un gruppo di lavoro per l’emergenza per favorire il dialogo e la condivisione dei percorsi tra UOSD di Radiodiagnostica, Direzione Sanitaria, Risk management, UOSD Shock e trauma, UOC Emergenza Urgenza, Dirigente coordinatore dei Tecnici di Radiologia e degli Infermieri.
Radiodiagnostica
La scelta strategica è stata quella di dedicare completamente una sala TC ad percorso COVID sospetto o accertato, sviluppando e condividendo con il personale le procedure per la vestizione, l’esecuzione degli esami TC e la sanificazione dell’ambiente al termine della singola prestazione.
Si è ottenuta una squadra di sanificazione nel reparto pronta ad effettuare le procedure appena finito l’esame con attesa di 30 min tra un esame e l’altra.
Non potendosi basare su criteri univoci si è scelto di selezionare i pazienti da sottoporre a studio TC in base a criteri di urgenza e gravità di sintomatologia.
La scelta di un percorso pulito e diversificato per il resto della popolazione di pazienti, gestito comunque attraverso l’impiego dei dispositivi di protezione, ha permesso di mantenere la continuità diagnostico/ assistenziale per le altre linee di attività.
Si è proceduto all’addestramento del personale medico radiologico nel riconoscere la semeiotica radiologica dell’infezione virale.
Sono state sviluppate strategie per la standardizzazione del linguaggio dei referti radiologici per una diretta comunicazione del sospetto di patologia virale polmonare seguendo le indicazioni della Società Radiologica del Nord America, della Società Europea di Radiologia e della Società Italiana di Radiologia Medica3, 4.
Analisi dei numeri e del tipo delle prestazioni effettuate, osservazioni sulle criticità:
L’analisi dei dati numerici raccolti in questa fase ha evidenziato una riduzione totale del numero di prestazioni di Radiodiagnostica del DEA, con un relativo aumento degli esami TC rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In particolare, la riduzione della circolazione degli individui durante il lockdown, si è tradotta nella riduzione del numero pazienti politraumatizzati rispetto all’anno precedente.
Nonostante ciò, le procedure di vestizione e di sanificazioni da eseguire dopo ogni paziente rallentavano molto l’esecuzione dell’esame, con un tempo di occupazione sala molto alto tenendo conto che per il ricambio di aria dopo le procedure di sanificazione bisognava attendere 30 minuti.
Non era possibile eseguire sanificazione di coorte poiché le risposte dei tamponi molecolari erano lente e non si poteva rischiare di eseguire una procedura diagnostica in un ambiente non sanificato su pazienti che potevano essere negativi al coronavirus.
I dispositivi di sicurezza di alta fascia erano appena sufficienti, le procedure sono state codificate giorno dopo giorno; non vi erano linee guida se non quelle dettate dagli autori cinesi il cui contesto sociale, numerico, scientifico ed organizzativo della sanità è profondamente diverso da quello europeo.
Tutta questa indeterminazione ha prodotto una grave condizione di stress e difficoltà di gestione che si è risolta in poche settimane dopo che il gruppo di lavoro per l’emergenza dell’Azienda determinava percorsi, priorità e procedure.
L’aumento esponenziale degli esami TC in particolare degli esami di TC Torace rispetto alla diminuzione complessiva degli esami eseguiti si deve contestualizzare nell’errata convinzione da parte dei clinici che la TC torace potesse essere una valida alternativa al tampone molecolare per lo screening di presenza di patologia. Tale errata convinzione si è sviluppata a causa dell’assenza di una seria revisione peer review dei primi lavori scientifici provenienti dalla Cina che sostenevano come la sensibilità della TC torace fosse addirittura superiore al tampone molecolare.
Tale condizione si era resa necessaria nella prima fase in Cina a causa della scarsità di test molecolari, all’inesperienza degli operatori nell’eseguirli e nella scarsità di manodopera specializzata, nonché si è ritenuto erroneamente che le possibilità di contagio nella sala TC fosse minore che durante una procedura di esecuzione del tampone. Tali convinzioni sono state ben presto smentite da altri autori che non suggerivano la TC come esame di screening poiché poteva avere un alto numero di falsi negativi2.
Inoltre già 15 giorni dopo l’inizio dell’emergenza pandemica in Cina l’editoriale di Xue e Jin si riferiva al cambiamento delle linee guida della National Health Commission of the People’s Republic of China (NHCC) versione 6 ove chiaramente si indica di nuovo la tecnica della ricerca su tampone molecolare RT-PCR come test di screening3, 4.
Nonostante queste discussioni all’interno della comunità scientifica internazionale, il numero di prestazioni di TC torace eseguite durante la prima ondata nel nostro reparto è stato molto alto, pari solo a quella della seconda ondata dove però il numero degli accessi per patologia polmonare al Pronto Soccorso era triplicato come vedremo nella restante trattazione. Questa condizione anche con una stratificazione migliore del paziente che doveva eseguire esame TC, è stata ancora una volta determinata dall’assenza di tamponi rapidi e dalla necessità di inquadrare il paziente con patologia polmonare che si presentava al Pronto Soccorso e la cui gravità clinica necessitava di terapia immediata; la TC si è dimostrata piuttosto sensibile nella valutazione delle diagnosi differenziali polmonari5-10.
Seconda ondata (settembre-dicembre 2020)
Analisi delle criticità
La seconda ondata ha presentato un importante impatto sulle strutture sanitarie laziali, diversamente da quanto successo nella prima ondata.
Procedure e misure messe in atto
L’Azienda Ospedaliera San Camillo-Forlanini ha necessariamente dovuto destinare un padiglione, una Rianimazione, una camera operatoria e parte della Radiologia dell’elezione a pazienti infetti da Covid 19.
Si sono dovuti creare quindi dei percorsi anche per il trasporto interno dei pazienti nonché dedicare delle ambulanze al trasporto interno di tali tipo di pazienti.
Si sono eseguiti tamponi rapidi a tutti i pazienti in ingresso al Pronto Soccorso.
La Radiodiagnostica ha beneficiato della migliore individuazione dei pazienti positivi, potendoli raggruppare con minor spreco di dispositivi di protezione per il personale e sanificazioni a coorte ogni 3 pazienti, riducendo di molto i tempi di vestizione, svestizione e sanificazione della sala TC.
Si sono mantenuti i percorsi separati con sala TC e RX dedicate, nonché un apparecchio portatile radiografico dedicato.
Analisi dei numeri e del tipo delle prestazioni effettuate, osservazioni sulle criticità
Il numero di TC totali è ulteriormente cresciuto rispetto alla prima ondata. Tutto ciò è stato dovuto alla limitazione per ragioni di sicurezza dell’uso della metodica ecografica e all’elevato numero di pazienti con patologia polmonare grave che si presentavano al Pronto Soccorso.
Tuttavia nonostante il triplicarsi dei numeri dei pazienti presentatesi al Pronto Soccorso il numero di TC torace è incrementato di poco rispetto alla precedente ondata.
L’impatto sulla Radiologia è stato notevole ma lo stress prodotto nel personale è stato minore; in particolare la disponibilità di tamponi rapidi permetteva l’isolamento precoce dei pazienti positivi e la possibilità di poter eseguire una sanificazione di coorte della sala TC ha reso più veloci le procedure.
L’attività della Radiodiagnostica di Pronto Soccorso ha inoltre risentito di un incremento di esami per pazienti ricoverati non eseguibili per esigenze organizzative nella struttura dedicata all’elezione, fondamentalmente per problematiche di tipo logistico e di separazione dei percorsi.
Non essendo stato istituito un lockdown si è evidenziata una crescita di pazienti, paucisintomatici, inconsapevoli della positività che accedevano in Pronto Soccorso per altre patologie con una crescita di presenze in area emergenza.
Il termine del lockdown, ha visto un graduale ritorno alle normali attività con incremento del numero di pazienti politraumatizzati.
Discussione e conclusioni
La flessibilità e la capacità di rispondere alle esigenze degli scenari che sono velocemente cambiati nel tempo durante le varie fasi della pandemia ci lascia alcune considerazioni da fare:
- l’imprevedibilità dell’evento “urgenza di massa”, sia esso messo in atto da una pandemia o da una catastrofe naturale o terroristica, può essere affrontata solo con una corretta programmazione e ridondanza dei servizi sanitari sul territorio e nei Pronto Soccorsi;
- bisogna prevedere piani per grandi eventi morbosi che potrebbero sconvolgere la normale routine di lavoro all’interno di un’Azienda Sanitaria e ciclicamente proporre esercitazioni per la messa a punto di tali piani;
- la presenza di una Radiodiagnostica di emergenza permette di affrontare le criticità con flessibilità e rapidità, essendo profondamente integrata con le altre realtà dell’emergenza/urgenza, anche dal punto di vista logistico. Laddove non presente una Radiologia d’Urgenza cercare di favorire delle linee di attività specifiche per la Radiologia d’urgenza, che presentino canali di comunicazione diretti tra la Radiodiagnostica, la Clinica e la Chirurgia d’Urgenza;
- per ottenere questo è necessario personale sempre aggiornato, addestrato alla gestione dell’urgenza, in numero adeguato se non ridondante, comunque preparato ad ogni evenienza;
- se non tutti gli ospedali, almeno alcuni devono essere individuati come Hub pronti ed addestrati in caso di eventi morbosi pandemici con adeguata scorta di dispositivi di protezione e percorsi già individuati nei piani di emergenza;
- all’interno della Radiodiagnostica di emergenza è cruciale che ci sia ridondanza di macchinari soprattutto pesanti per trattare a parte tutti i pazienti che potrebbero diffondere infezioni ospedaliere o esterne. I percorsi di sanificazione e alcune procedure di sterilizzazione devono essere mantenuti soprattutto nelle postazioni dove c’è un alto ricambio di pazienti;
- il personale deve esser continuamente aggiornato sull’impiego dei dispositivi di protezione; anche una volta finita la pandemia tali conoscenze devono rimanere come patrimonio per qualunque emergenza infettiva e per limitare il contagio di infezioni intraospedaliere;
- bisogna promuovere la cultura della standardizzazione del referto radiologico per una migliore comunicazione in urgenza;
- istituire gruppi di lavoro costanti interdisciplinari sull’urgenza per il coordinamento delle Unità Operative; tale coordinamento deve avere come fine l’aggiornamento delle procedure, il continuo aggiornamento e controllo dell’appropriatezza prescrittiva, al fine di ridurre i costi di esami inutili e limitare l’impatto espositivo della popolazione alle radiazioni ionizzanti. Sarebbe auspicabile l’integrazione delle realtà del territorio con i Pronto Soccorsi, così da dividere le competenze e non disperdere tempo e risorse. La pandemia da SARS-CoV-2 ci ha insegnato infatti che il cittadino quando ha un problema di salute si rivolge come primo punto di riferimento al Pronto Soccorso, comportamento che all’inizio della pandemia ha contribuito a diffondere il virus, soprattutto ma non solo, in Lombardia;
- la Radiodiagnostica di emergenza ha giocato un ruolo centrale nella diagnosi e nella gestione del paziente con infezione di SARS-CoV-2 portando alla luce come sia ormai al centro della maggior parte dei percorsi diagnostici e terapeutici dei pazienti. La sua centralità deve essere rinforzata e mantenuta portando il Radiologo sempre più al centro della diagnosi, vicino al paziente ed ai colleghi clinici e lontano da percorsi burocratico-tecnologici.
BIBLIOGRAFIA