Dott.ssa Federica Di Stefano

U.O.S.D. Diagnostica per Immagini, INMI "Lazzaro Spallanzani" IRCCS, Roma

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2021-2022

Vol. 66, n° 1, Gennaio - Marzo 2022

Simposio: Diagnostica per immagini in Pronto Soccorso durante la pandemia COVID-19

30 novembre 2021

Copertina Atti Primo Trimestre 2022 per sito.jpg

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Imaging nel post COVID-19

F. Di Stefano, S. Ianniello

La malattia nota come COVID-19 è causata dal virus SARS COV 2, ed è emersa per la prima volta a Dicembre 2019 a Wuhan, in Cina, come casi atipici di polmonite interstiziale e successivamente diffusasi in quasi tutte le nazioni del mondo causando una Pandemia.

Lo spettro clinico è ampio e comprende infezioni asintomatiche, lievi malattie del tratto respiratorio superiore e polmoniti interstiziali gravi fino all’insufficienza respiratoria (ARDS) che richiedono supporto di ossigenazione o intubazione in Terapia Intensiva.

All'inizio dell'infezione, SARS-CoV-2 colpisce le cellule, come le cellule epiteliali nasali e bronchiali e i pneumociti, attraverso la proteina virale strutturale spike (S) che si lega al recettore dell'enzima di conversione dell'angiotensina 2 (ACE2). La serina proteasi trans-membrana di tipo 2 (TMPRSS2), presente nella cellula ospite, promuove l'assorbimento virale scindendo ACE2 e attivando la proteina SARS-CoV-2 S, che media l'ingresso del coronavirus nelle cellule ospiti. ACE2 e TMPRSS2 sono espressi nel bersaglio ospite cellule, in particolare le cellule epiteliali alveolari di tipo II1.

Inoltre, la risposta infiammatoria virale, costituita sia dalla risposta immunitaria innata che da quella adattativa (che comprende l'immunità umorale e cellulo-mediata) genera un rilascio eccessivo di citochine, tanto da dare luogo alla cosiddetta “tempesta citochinica”.

Oltre alle cellule epiteliali, SARS-CoV-2 infetta le cellule endoteliali dei capillari polmonari, accentuando la risposta infiammatoria e innescando un afflusso di monociti e neutrofili che possono provocare la formazione di micro-trombi e contribuire all'elevata incidenza di complicanze trombotiche, come l’embolia polmonare.

I pazienti con COVID 19 vengono abitualmente sottoposti a profilassi tromboembolica con eparina a basso peso molecolare, secondo la raccomandazione di tutte le linee guida internazionali, allo scopo di ridurre o eliminare il rischio di insorgenza di tromboembolismo2.

La tomografia computerizzata (TC) è la tecnica radiologica più sensibile per la diagnosi di COVID-19, nell’evidenziare alterazioni polmonari sia in fase iniziale che tardiva.

Nella fase iniziale della malattia COVID 19 (early stage) si rileva la presenza di infiltrati infiammatori mononucleati interstiziali ed edema che appaiono all'imaging TC come opacità a vetro smerigliato (GGO).

Queste aree a vetro smerigliato (GGO) sono distribuite prevalentemente in sede periferica pluri-segmentaria e bilaterale.

Nella fase “progressive/peak stage” si associa oltre alle aree di GGO un ispessimento dell’interstizio intra ed interlobulare con aspetto a crazy paving e con tendenza alla consolidazione parenchimale conseguente all’edema polmonare che riempie gli spazi alveolari. Si associa inoltre la formazione di membrana ialina, compatibile con la sindrome da distress respiratorio acuto in fase iniziale (ARDS)3.

Nella fase tardiva (15 gg) post acuta si evidenziano bande lineari, curvilinee prevalentemente in sede subpleurica, associate a ispessimenti reticolari con distorsione parenchimale e bronchiectasie determinando un aspetto similfibrotico.

La TC è stata utilizzata non solo per la valutazione iniziale del coinvolgimento polmonare e della sua estensione, ma anche per predire la prognosi e la mortalità, identificare le complicanze, guidare i piani di trattamento e monitorare i risultati polmonari dei pazienti dopo il trattamento.

In particolare, la valutazione TC con software quantitativi (Quantitative Computed Tomography [QCT]) si è dimostrata preziosa nel determinare le implicazioni prognostiche4, 5.

L'analisi quantitativa computerizzata dell'esame TC può essere utilizzata per la valutazione quantitativa del parenchima polmonare normalmente areato e delle aree compromesse non areate e quindi guidare i clinici sui piani di trattamento, sul tipo di ventilazione e su quale paziente avrà bisogno di eventuale intubazione.

La valutazione della quantificazione del parenchima polmonare normalmente areato si correla con il cosiddetto concetto di “baby lung”, nato nel 1987 quando l'analisi quantitativa della TC ha dimostrato che, nell'ARDS grave, la quantità di tessuto polmonare ventilabile di un adulto era simile a quella di un bambino sano di 6 anni. 

La compliance del sistema respiratorio si correla in maniera lineare alle dimensioni del “baby lung”, suggerendo che il polmone, nella sindrome da distress respiratorio acuto, non sia rigido bensì piccolo e abbia un’elasticità intrinseca in sostanza normale.

Inizialmente pensavamo che il “baby lung” fosse una struttura anatomica distinta situata nelle regioni non declivi del polmone. La ridistribuzione delle densità che si osserva nella posizione prona ha però dimostrato che il “baby lung” è un concetto funzionale e non anatomico. Ciò che era assolutamente nuovo era la scoperta che la compliance respiratoria si correlava bene solamente alla quantità di tessuto normalmente aerato e non alla quantità di tessuto non aerato6.

In letteratura ci sono pochi studi radiologici sul follow up a distanza dei pz con COVID-19.

Uno dei primi lavori pubblicati è quello di Laghi nel 2020 sul follow up a distanza di 6 mesi con esame Tc del torace. Tale studio ha evidenziato all’imaging TC nel 72% dei pazienti delle sequele tardive simil-fibrotiche7.

L'analisi multivariata ha mostrato che il sesso maschile, la tosse, la linfocitosi e il volume polmonare normo-aerato all'analisi quantitativa della TC del torace sono predittori significativi di cambiamenti simili alla fibrosi al follow-up di 6 mesi, dimostrando una correlazione inversa (sensibilità, 100%; specificità, 73%).

In un successivo studio di Han alla TC di follow-up a distanza di 6 mesi è stata osservata evidenza di alterazioni simil-fibrotiche in 40/114 (35%) dei pazienti (gruppo n. 1), mentre i restanti 74/114 (65%) pazienti (gruppo n. 2) hanno mostrato o risoluzione radiologica completa (43/114, 38%) o opacizzazione residua a vetro smerigliato / ispessimento interstiziale (31/114, 27%)8.

I pazienti con alterazioni simil-fibrotiche polmonari hanno mostrato una maggiore incidenza di ARDS durante il ricovero (63%, 25/40), che è quindi anche un predittore di alterazioni simil-fibrotiche. Tuttavia, rimane incerto se i cambiamenti di tipo fibrotico osservati in questo studio rappresentino una vera malattia polmonare fibrotica e resta da indagare se questi cambiamenti di tipo fibrotico, riscontrati a 6 mesi, riflettano un cambiamento permanente nel polmone.

Il pattern TC predominante al follow-up TC nei pazienti del gruppo 2 è stata l’evidenza di aree di GGO, ma con densità visivamente diminuita, con aspetto a "melting sugar” il che può indicare la graduale regressione dell'infiammazione e la ri-espansione degli alveoli.

Le conclusioni di questo studio sono che la TC di follow-up a sei mesi ha mostrato cambiamenti di tipo fibrotico polmonare in più di un terzo dei pazienti sopravvissuti a una grave polmonite da COVID-19. Questi cambiamenti sono associati ad età avanzata, sindrome da distress respiratorio acuto, degenze ospedaliere più lunghe, tachicardia, ventilazione meccanica non invasiva e punteggio TC (lung score) iniziale più elevato.

In un’ultima review ancora in via pubblicazione Wells ha specificato come la fibrosi apparente alla TC non è sinonimo di fibrosi vera che è definita istologicamente9.

Le bande che spesso si vedono nella fase tardiva della malattia possono rappresentare atelectasie e polmonite organizzativa limitate.

La prevalenza di bronchiectasie diminuisce alla TC di follow-up e questo sembra rappresentare una regressione delle bronchiectasie da trazione non associate quindi ad un processo fibrotico10.

La maggior parte dei segni TC regredisce a distanza di 6 mesi, e le alterazioni simil-fibrosi che si evidenziano sono impossibili da interpretare.

Molti pazienti con anomalie limitate a 6 mesi hanno dubbio significato clinico, anche se in una minoranza di casi la malattia residua è clinicamente significativa.

L'aumento dell'età e la presenza di comorbilità non sono legati alla presenza di malattia residua a 6 mesi.

I limiti di questi studi sono: piccoli gruppi di pazienti ed il limite di tempo del follow-up di soli 6 mesi. I pazienti con alterazioni di tipo fibrotico richiedono un follow-up più lungo per determinare se le modifiche di tipo fibrotico sono permanenti, progressive o reversibili.


BIBLIOGRAFIA

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  9. Wells AU, Devaraj A. Residual lung disease at six-month follow-up CT after COVID-19: clinical significance is a key issue. Radiology 2021; 301: E406-E408.
  10. Chen Y, Ding C, Yu L, et al. One-year follow-up of chest CT findings in patients after SARS-CoV-2 infection. BMC Medicine 2021; 19: 191. https://doi.org/10.1186/s12916-021-02056-8.