Anno Accademico 2021-2022
Vol. 66, n° 2, Aprile - Giugno 2022
ECM: Cuore Polmone 2021-2022 - V Edizione
01 febbraio 2022
ECM: Cuore Polmone 2021-2022 - V Edizione
01 febbraio 2022
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Perché è importante occuparsi di politerapia nel paziente anziano e quali sono i rischi associati a un utilizzo così elevato di farmaci?
In Italia gli anziani rappresentano la frazione di popolazione che a livello globale ha subito il maggior tasso di crescita negli ultimi decenni. Se all’inizio del secolo passato 1 individuo su 20 aveva 65 anni, nel 2050 sarà 1 su 4. Infatti i dati ISTAT ci dicono che:
al 1 gennaio 2002 la popolazione 0-14 anni era composta da 8.109.389 cittadini e quella >65anni era 10.654.649;
al 1 gennaio 2021 la popolazione 0-14 anni era 7.636.545 e quella >65anni era 13.941.531, pari al 23% della popolazione italiana1.
Ma il dato più interessante è rappresentato dall’indice di vecchiaia (rapporto percentuale tra il numero degli ultrasessantacinquenni ed il numero dei giovani fino ai 14 anni) che è passato da 131,4 del 2001 a 179,3 del 20201.
L'incremento dell’aspettativa di vita è il risultato di diversi fattori:
Prima della pandemia molti indicatori di salute evidenziavano un trend favorevole che, negli ultimi decenni, ha accreditato l’ipotesi di una “compressione della morbilità o disabilità”, ovvero: un graduale spostamento verso età progressivamente più avanzate dell’insorgere di condizioni di salute severe. In tal modo il numero, in termini assoluti, di persone anziane che necessitano di cura e assistenza, non sembra destinato a comprimersi a causa del crescente invecchiamento della popolazione; l’invecchiamento ha quindi aumentato il numero di persone affette da malattie croniche spesso multiple.
Infatti, in seguito ai progressi nella riduzione e nel controllo della diffusione delle malattie infettive, la maggiore sfida per i Sistemi Sanitari è oggi rappresentata dall'aumento della prevalenza delle malattie croniche, ormai divenute la principale causa di mortalità e morbosità in Europa, nonché un problema emergente nei paesi a basso e medio reddito2, 3.
I dati ISTAT più recenti segnalano che il 43,2% degli anziani di 65 anni e più dichiara almeno una patologia grave (ictus, tumori, Alzheimer e demenze, malattie cardiache, diabete, parkinsonismo, malattie respiratorie croniche). Se le patologie croniche gravi sono almeno due la percentuale scende al 17%.
Tra gli anziani di 75-84 anni la quota di coloro che hanno almeno una malattia cronica grave è 48,1% (52,4% tra gli uomini e 44,8% tra le donne). La percentuale di quanti sono affetti da almeno due malattie croniche gravi è pari al 19,4% (22% tra gli uomini e 17,4% tra le donne).
Tra gli anziani di 85 anni e oltre, circa un terzo dichiara di essere affetto da almeno due patologie croniche gravi(34,1% tra gli uomini e 29,1% tra le donne)4.
Il termine multimorbilità definisce, secondo le LG del National Institute For Health and Care Excellence, quei “soggetti in cui sono presenti due o più malattie croniche contemporaneamente che attualmente non possono essere curate, ma possono essere controllate attraverso farmaci o altri trattamenti”5. Tale condizione è associata ad un aumentato consumo di risorse e a peggiori outcomes clinici, mettendo in discussione i Sistemi Sanitari dei Paesi Occidentali, tradizionalmente orientati alla cura della singola patologia6.
In termini di utilizzo di prestazioni ospedaliere e territoriali l’impatto della multimorbilità è considerevole; a questi pazienti sono destinati, secondo una indagine epidemiologica condotta in Emilia-Romagna:
Il concetto di multimorbilità è però da distinguere da quelle di comorbilità o comorbosità, in cui si fa riferimento ad una patologia indice cui correlare o meno lo sviluppo di altre condizioni patologiche. La multimorbilità meglio descrive quanto comunemente si osserva nel paziente anziano, in cui spesso non è possibile individuare una patologia dominante e ci si trova a fronteggiare più forme morbose allo stesso tempo. In tali pazienti, lepatologie croniche tendono a presentarsi in clusters, combinazioni ben definite, fra cui le due principali sono le malattie cardiovascolari e neuropsichiatriche. La conseguenza diretta della multimorbilità è l’utilizzo concomitante di più farmaci della stessa o di diverse aree terapeutiche, condizione nota come politerapia,ossia l'uso contemporaneo da parte di un singolo paziente di più farmaci (cut-off di 5 o più farmaci).
Il termine politerapia è apparso nella letteratura medica già 150 anni fa, ma è in costante crescita negli ultimi anni a causa della transizione demografica e dell’invecchiamento della popolazione ossia: a un numero crescente di pazienti vengono prescritti complicati regimi di prevenzione per ridurre il rischio futuro di eventi gravi come ictus e infarto miocardico acuto, tanto che la politerapia potrebbe essere considerata “un male necessario"8.
Secondo i dati OsMed 2020 in ItaliaMa nell’anziano non conta solo il numero di farmaci assunti ma anche la farmacocinetica che è il destino di un farmaco dall’introduzione nell’organismo fino alla sua eliminazione. Negli anziani le variazioni in assorbimento, distribuzione e metabolismo rendono più possibili le reazioni avverse.
Il sistema gastrointestinale non subisce importanti modifiche con l’invecchiamento, per cui l’assorbimento dei farmaci più comuni non costituisce un problema mentre la riduzione della massa magra, dei liquidi organici e dell’albumina sierica comportano un’alterazione della biodisponibilità dei farmaci. Il metabolismo ossidativo attraverso il sistema del citocromo P450 diminuisce con l'invecchiamento con possibile ridotta clearance dei farmaci e prolungata durata d'azione. L'invecchiamento è associato anche ad una significativa riduzione della massa renale e dimensione dei nefroni. Normalmente il GFR declina con l’età con conseguente alterazione della filtrazione glomerulare, alterazione della secrezione tubulare e riduzione del flusso ematico dello 0,5-1% per anno a partire dall’età di 20 anni, per cui ne consegue una ridotta eliminazione per via renale dei farmaci escreti come tali dall’emuntorio renale e conseguente tossicità.
I farmaci dell’apparato respiratorio nel 2020 si confermavano la settima categoria terapeutica a maggior spesa pubblica. L’analisi del profilo di farmacoutilizzazione per fascia di età, evidenziava come i bambini al di sotto dei 5 anni e i soggetti con età superiore ai 75 anni fossero quelli a maggiore prevalenza d’uso. L’analisi dei consumi evidenziava un aumento delle DDD (dose definite giornaliere) con il crescere dell’età e un valore massimo che si raggiunge nella fascia degli ultra-settantacinquenni (106,5 DDD/1000 abitanti die), verosimilmente attribuibile al trattamento della broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). Tali dati sono indicativi di un frequente ricorso alla politerapia negli over-sessantacinquenni e di conseguenza di un maggior rischio di interazioni farmacologiche10.
La terapia farmacologica può essere molto efficace nel prevenire le malattie o rallentarne la progressione. Tuttavia, c'è spesso una discrepanza tra la prescrizione secondo le linee guida per ciascuna delle specifiche patologie e la complessità clinica dei diversi pazienti. Per pazienti complessi con multimorbilità e fragilità l’applicazione oggettiva della somma delle singole raccomandazioni può non essere razionale, aumentando così il rischio di eventi avversi e non in linea con le preferenze del paziente11.
Negli anziani la stessa politerapia dovrebbe essere percepita come una malattia, con conseguenze e complicazioni spesso più gravi delle stesse malattie per cui i diversi farmaci sono stati prescritti. Oltre ai problemi farmaco-correlati, la politerapia nel paziente anziano è stata associata anche a un aumentato rischio di perdita dell'autonomia funzionale, deficit cognitivo, fragilità, ospedalizzazione e mortalità.
Una politerapia è, quindi, considerata appropriata quando:
Una politerapia è, invece, inappropriata quando:
Una delle conseguenze della politerapia è l’alto tasso di “reazioni avverse” principalmente a causa delle interazioni farmaco-farmaco (la capacità di un farmaco di modificare l’effetto di un altro farmaco somministrato successivamente o contemporaneamente). Il rischio di interazione tra i farmaci in ogni singolo paziente aumenta in rapporto al numero di malattie coesistenti e a quello di farmaci prescritti11. Tra l’altro la multimorbilità comporta l’impostazione di politerapia con farmaci sperimentati su giovani-adulti affetti da una singola patologia. Ci si trova ad utilizzare farmaci testati su pazienti con età e caratteristiche diverse. Le stesse LG sono in gran parte scritte come se i pazienti presentassero un'unica condizione e non è generalmente considerato l'impatto cumulativo delle raccomandazioni terapeutiche espresse da più LG.
La conseguenza della polifarmacoterapia con farmaci multipli aumenta: mortalità, ospedalizzazione, ricovero in RSA e invalidità oltre un aumento dei costi per il SSN.
I principali rischi associati alla politerapia possono essere:
Uno studio statunitense ha evidenziato che la quarta causa di morte negli Stati Uniti è legata a reazioni avverse ai farmaci ADR (Adverse Drug Reaction), seguita dalle malattie polmonari, diabete, AIDS e incidenti automobilistici12. È stato anche approfondito che i costi delle ADR vanno da 30 a 130 miliardi di dollari in un anno, superiori a quelli provocati dal diabete. Nel Regno Unito gli eventi avversi da farmaci causano circa il 6,5% dei ricoveri ospedalieri non pianificati, rappresentando il 4% della capacità posti-letto in ospedale13.
Una revisione sistematica di 12 LG del Regno Unito ha preso in considerazione le interazioni farmaco-farmaco e farmaco-malattia e ha evidenziato che mentre le interazioni farmaco-malattia erano relativamente rare se non per pazienti con malattia renale cronica, al contrario erano comuni le interazioni farmacologiche potenzialmente gravi tra i farmaci raccomandati per diverse condizioni morbose:
A giugno 2021 è stata pubblicata in Italia la prima “Linea guida inter-societaria per la gestione della multimorbilità e polifarmacoterapia” al fine di “migliorare la pratica clinica e la qualità delle cure offerte al paziente con multimorbilità e/o polifarmacoterapia”, avendo come target i professionisti sanitari e il Sistema Sanitario come organizzazione e considerando il punto di vista del paziente, in termini di valori, priorità e preferenze. “Il beneficio atteso da questa LG è quello di migliorare la qualità delle cure e l’operato degli attori che prendono parte al processo di cura e assistenza al paziente con multimorbilità e/o polifarmacoterapia, ma anche di rafforzare le connessioni ed interazioni tra di essi”15.
Le LG suggeriscono, nell'interazione tra operatore sanitario e paziente, di prendere in considerazione i seguenti principi:
Al fine di definire un approccio ottimale al paziente con multimorbilità e/o in polifarmacoterapia, si raccomanda che gli operatori sanitari prendano in considerazione i seguenti principi:
Al fine di ridurre la polifarmacoterapia e ottimizzare il trattamento farmacologico la LG suggerisce l’organizzazione di percorsi assistenziali per “una valutazione multidimensionale del paziente con, se possibile, un approccio multidisciplinare, sul coinvolgimento attivo del paziente e/o del caregiver e sull’identificazione della prescrizione inappropriata attraverso l’applicazione di criteri di appropriatezza e/o l’utilizzo di strumenti di supporto informatico alla prescrizione e garantire un adeguato follow-up del paziente per valutare l’aderenza all’intervento proposto, rilevare e gestire eventuali sintomi conseguenti alla deprescrizione”.
In una società in cui l’invecchiamento della popolazione è in costante aumento, una sfida ambiziosa per la medicina è garantire percorsi di cura personalizzati ai pazienti affetti da più di una condizione patologica16. Nella gestione della multimorbilità risiede la capacità della Medicina di dirsi effettivamente “personalizzata”, ovvero laddove essa riesca a coniugare i trattamenti migliori con le esigenze del singolo malato, evitando i rischi legati alla polifarmacoterapia e alle interazioni tra farmaci e più in generale l’aggravio di terapie concomitanti se non strettamente necessarie attraverso la definizione di percorsi terapeutici condivisi e personalizzati sulle effettive necessità e aspettative dei pazienti.
Si tratta di mettere in atto un concreto tentativo di spostare il modello di assistenza da un approccio basato sulla specifica patologia ad uno orientato al malato, transizione fondamentale per poter parlare effettivamente di assistenza di precisione, e per poter offrire un tipo di assistenza nuovo che tenga quindi conto delle differenze individuali anche dal punto di vista genetico, dell’ambiente e dello stile di vita delle singole persone.
BIBLIOGRAFIA