Anno Accademico 2015-2016
Vol. 60, n° 2, Aprile - Giugno 2016
Simposio: La cronicità: impatto epidemiologico nel terzo millennio
22 marzo 2016
Simposio: La cronicità: impatto epidemiologico nel terzo millennio
22 marzo 2016
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Le malattie croniche rappresentano il principale problema di salute pubblica nei Paesi occidentali, oltre a minare a fondo la sostenibilità dei sistemi sanitari. Le statistiche di mortalità offrono un chiaro quadro epidemiologico, evidenziando come le patologie croniche – o nella nuova accezione di malattie non trasmissibili (noncommunicable diseases, NCD) – siano responsabili del 92% di tutte le morti nel nostro Paese, con una maggiore rilevanza delle patologie cardiovascolari (41%) e dei tumori (28%) e del diabete (4%)1. La maggior parte dei pazienti cronici è in realtà affetta da più patologie la cui interazione produce condizioni cliniche e dinamiche complesse, la multi-morbilità è associata all’ incremento della disabilità, ad una più bassa qualità di vita per il paziente e ad un aumento del carico assistenziale e della spesa sanitaria.
La realizzazione di un modello di assistenza sanitaria che possa prendere in carico in modo sostenibile i pazienti con patologie croniche richiede una nuova definizione dei modelli gestionali. In tale ottica lo sviluppo di una “sanità d’iniziativa” ovvero di un modello assistenziale che sia in grado di intervenire prima dell’insorgere della malattia e di gestire la malattia stessa in modo tale da rallentarne il decorso e limitarne le riacutizzazioni, garantisce al paziente interventi adeguati e differenziati in rapporto al livello di rischio2. Il Chronic Care Model (CCM) è un modello di assistenza medica per i pazienti affetti da malattie croniche sviluppato negli Stati Uniti nel 1990, che sintetizza i vari componenti dei programmi di gestione della malattia3. Il CCM ha lo scopo di migliorare e ottimizzare sei fondamentali elementi interconnessi del sistema sanitario: organizzazione di assistenza sanitaria, supporto per la gestione di sé, supporto alle decisioni, organizzazione del team, risorse della comunità e politiche, sistemi informativi clinici4. Il modello propone di migliorare l'utilizzo delle risorse esistenti, creare nuove risorse, promuovere una nuova politica di interazione tra il personale sanitario e i pazienti stessi attraverso un approccio “proattivo” dove il paziente diventa parte integrante del processo assistenziale5. Si tratta di costruire atti di cura non generici, ma indirizzati al bisogno del singolo, non puntiformi, ma che garantiscono un accompagnamento adeguato al modificarsi delle condizioni vitali, legati al raggiungimento di un risultato globale dello stato di salute del singolo ma anche della collettività. I servizi sanitari, secondo il CCM, sono organizzati un sistema a rete che è proprio dei sistemi complessi e strutturati in modo da ottenere migliori risultati in termini di completezza e risoluzione. L’efficacia di questa rete si misura in termini di qualità, sicurezza, efficacia, tempestività, efficienza, centralità del paziente, ed equità. In particolare, in tutti gli ambiti di cura sono rilevanti tre tipi di continuità assistenziale: la continuità di informazione (informational continuity), relazionale (relational continuity) ed organizzativa (organizational continuity)6. La vision corretta della rete si basa sul concetto di influenza contestuale, cioè i singoli comportamenti sono inevitabilmente influenzati da interazioni interdipendenti. L’umanizzazione dell’intero sistema parte dai rapporti tra équipe assistenziale e malato e dalla prospettiva della “patient experience”, cioè dal vissuto di continuità e dalla percezione del malato di sentirsi accompagnato dai professionisti nella rete, questo aspetto è quello che determina e qualifica la vera “management continuity”. I sistemi informatici diventano lo strumento necessario per mettere in atto interventi precoci di prevenzione sia primaria che secondaria attraverso l’identificazione delle popolazione con determinati fattori di rischio o con determinate patologie, in un’ottica di “community oriented primary care”. Si attivano così le procedure di prevenzione e si promuove l’auto-cura attraverso cambiamenti di stili di vita. Si stratificano i pazienti secondo il loro livello di rischio con percorsi diagnostico-terapeutici adeguati e integrati nel team di cura costituito dalle varie figure professionali coordinate dal medico di medicina generale7. Il modello descritto, pur essendo orientato alla singola malattia, è ispirato ai sistemi complessi e ai principi della medicina integrata al fine di realizzare un percorso di cura indirizzato alla persona nella sua costellazione di comorbilità. Si tratta di un approccio innovativo, originato e sviluppato dalla Medicina dei Sistema (Systems Medecine), basato sull’acquisizione di informazioni dettagliate e armoniche sui meccanismi che regolano le interazioni tra costituenti fisiopatologici di base e determinanti non malattia-specifici (biologici, psicologici, ambientali, funzionali)8. Gli aspetti clinici del CCM sono integrati da quelli di sanità pubblica, di prevenzione primaria collettiva, e personalizzazione dell’assistenza. Questo approccio alla sanità di iniziativa ha la caratteristica di unire l’empowerment del paziente con l’approccio comunitario, l’accessibilità alle cure, l’informazione, la proattività e l’autocura ai bisogni dell’intera comunità.
BIBLIOGRAFIA