Anno Accademico 2021-2022

Vol. 66, n° 3, Luglio - Settembre 2022

Settimana per la Cultura

12 aprile 2022

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Le opere di Avicenna e la loro illustrazione. Il manoscritto 121 della Biblioteca Lancisiana

P. Ricca

«In debita distanza sorgono due Credenzoni di Noce l’uno in faccia dell’altro. In quello a mano destra conservanti i manoscritti più rari, le opere inedite di scelti Autori, o i loro originali; tali sono specialmente un Volume antichissimo in foglio delle opere d’Avicenna manoscritte in Pergamena avanti l’uso della stampa, e questo certamente è singolare, e forse unico in Roma»1.

Il presente elaborato è dedicato all’analisi storico artistica, e in particolare iconografica, del Manoscritto 121, codice membranaceo appartenente al “Fondo Lancisi”, conservato presso la Biblioteca Lancisiana di Roma. Giunto in Italia attraverso canali poco noti2, il manoscritto tramanda l’opera Al-Qānūn fī’l -ṭibb il Canone di medicina, «uno dei prodotti più significativi nella storia della medicina non solo islamica»3 composta dal medico arabo Abū ῾Alī Ibn Sīnā – Avicènna.

Il codice fa parte di un esiguo nucleo di codici miniati4, appartenente alla Biblioteca Lancisiana e risulta essere stato menzionato per la prima volta5 nel XVIII secolo dal «primo bibliotecario eletto dallo stesso Lancisi»6 Cristoforo Carsughi7.

In seguito è stato citato all’interno del “Catalogo Potenziani”8, poi all’interno di un Indice ottocentesco9, successivamente dal medico Alessandro Canezza10 e nell’Inventario a schede mobili della biblioteca11.

L’Inventario, dei manoscritti esistenti nella Biblioteca Lancisiana Roma redatto da Ada Caputi Moricca12 indica il Ms 121 Avicenna - Libri in re medica omnes lat. redditi13.

Pietro De Angelis14, negli anni sessanta, lo indicava nell’Elenco dei manoscritti15 con il titolo Avicennae Libri in re Medica omnes, lat, redditi16. Negli anni settanta del secolo scorso, il Ms 121 è stato menzionato da Marie-Therèse D’Alverny nell’ambito dei suoi numerosi studi sulla produzione dei codici latini di Avicenna17.

Negli stessi anni Charles Schmitt ha pubblicato un interessante lavoro su alcuni manoscritti della Biblioteca Lancisiana, nel quale cita anche l’Avicenna18.

Il manoscritto è stato menzionato anche da Paul Oskar Kristeller nell’Iter Italicum19.

Il presente elaborato, vista la complessità del manufatto, finora solo menzionato negli studi precedenti, e mai approfondito né descritto in modo analitico, si concentrerà sull’esame del contenuto iconografico delle immagini che introducono i libri del Canone.  Non viene invece riconsiderata, in questa sede, la proposta di collocazione del codice nella Francia del sud, formulata da D’Alverny sulla base dell’analisi paleografica del manoscritto. Tale localizzazione, e una datazione all’ultimo quarto del XIII secolo, sono state recentemente confermate da Francesca Manzari20, e da Alison Stones21, che hanno preso in esame il codice a seguito dello studio avviato per questo elaborato.


L’opera, l’autore, il traduttore: storia della critica

«Mentre nell’Europa del 1000 si curavano le malattie con gli incantesimi, nel mondo arabo veniva fondata, grazie ad Avicenna, la medicina moderna»22.

Il manoscritto Lancisiano 12123, oggetto del presente studio, contiene l’intero Canone di medicina al-Qanūn fī’l-ṭibb, Liber Canonis Medicinae24, di Abū ῾Alī Ibn Sīnā – Avicènna, opera tradotta in latino25 dall’erudito italiano Gerardo da Cremona nel XII secolo a Toledo26.

Il Canone racchiude in sé «la totalità delle conoscenze della medicina della sua epoca»27, dalla tradizione Ippocratica e Galenica ai contributi di origine persiana e indiana, il metodo seguito da Avicenna nello studio della medicina, e i relativi personali risultati. Difatti «si può leggere il Canone avicenniano come un imbuto dentro cui tutto passa e tutto esce più chiaro»28.

L’opera medica di Avicenna, stampata in lingua originale per la prima volta a Roma nel 159329 nella Tipografia Medicea Orientale30, contiene la «summa» delle scienze mediche al tempo del suo autore31 e rappresenta per lo storico della medicina una importante fonte per lo studio del metodo scientifico adottato dal medico arabo32. Il Canone di Avicenna, «basato su una vasta cultura più che su esperienze pratiche di medico curante»33, ebbe notevole fortuna soprattutto nell’Università di Parigi tra il 1230 e il 125834 e dal 1309 in quella di Montpellier35. Successivamente si diffuse in Italia e per tutto il XVIII secolo ha occupato un posto di prestigio nello studio della medicina36.

All’interno del Canone, Avicenna ha inserito propri studi teorici circa la sperimentazione clinica, di cui fu il precursore, con le raccomandazioni di sperimentare i medicamenti sugli animali prima di somministrarli agli esseri umani; ha ipotizzato la presenza di microrganismi e classificato le malattie, inclusa la «malinconia», la loro cura e le misure igieniche da adottare37.

Sommariamente il Canone è organizzato in cinque libri suddivisi in sezioni: fenn o fen38, ogni fen è ancora diviso in doctrinae, tractati e summae, a loro volta suddivise in capitoli39.

Il Libro I tratta dei principi generali della medicina teorica e pratica. Il Libro III illustra le malattie disposte in ordine a seconda degli organi colpiti, a partire dalla testa; la parte che riguarda ogni organo è nella maggior parte dei casi preceduta dalla sua descrizione anatomica. Il Libro IV tratta le febbri, le malattie «non specifiche» di determinati organi, la loro diagnosi e terapia, inoltre veleni e creature velenose, obesità e magrezza eccessiva, mentre i Libri II e V descrivono rispettivamente le droghe semplici e quelle composte40.

Mi sembra utile ricordare che Avicenna ha riassunto in rima una versione del Canone, l’Urgiūzah o Poemetto in metro ragiaz, la cui traduzione latina, unita al commento di un altro illustre medico arabo, Averroè, fu fatta dal medico Armengaud di Montpellier41 tra il 1280 e il 1284 e si diffuse nell’Europa medievale con il nome di Cantica42.

L’autore del Canone ha tramandato la propria autobiografia attraverso il suo discepolo e segretario al-Gūzğānī, il quale, dopo la morte del maestro, ne proseguì l’opera biografica43.

Abū ῾Alī Ibn Sīnā conosciuto in Occidente con il nome latinizzato Avicènna, vide i natali dopo il 980 d.C. nel villaggio chiamato Afshana in prossimità della città di Buhārā, nell’Impero Persiano, l’odierno Uzbekistan44. Medico, filosofo, matematico e fisico, condusse una vita peregrinante a causa dell’instabilità politica che interessava la sua regione di nascita, nell’intento di trovare protezione da parte di «sovrani illuminati»45 in grado di garantirgli sicurezza economica in cambio dei suoi preziosi contributi scientifici46. Avicenna produsse numerose opere filosofico-scientifiche tra cui il Trattato sull’Anima per modo di compendio, composto per il sultano della dinastia samanide Nūh ibn Mansūr; all’interno di quest’opera è descritta la biblioteca di quest’ultimo, evidenziando l’importanza che in essa rivestiva la presenza di antichi testi di filosofi greci, in particolare di Aristotele47. Ibn Sīnā, che iniziò a comporre parte del Canone di medicina nella città di Gurğān, simultaneamente a un compendio all’opera di astronomia di Tolomeo, l’Almagesto48, si dedicò successivamente all’insegnamento rivolto a studenti di medicina, nella città di Hamadan, dove terminò l’«opera medica» e compose l’opera filosofica: Il libro della guarigione49. Avicenna morì nel 1037 durante un viaggio verso Hamadān, ove si stava recando, per ragioni politiche, al seguito dell’emiro nella città di Isfahān50

Prima di introdurre il «traduttore» del Canone, ritengo sia opportuno illustrare, seppur sommariamente, il panorama culturale Occidentale del XII secolo; quello che Haskins aveva definito «Rinascimento del XII secolo»51 evidenziando come sul piano culturale, questo fosse assimilabile al Rinascimento del XVI secolo sia dal punto di vista della rivalutazione dei testi provenienti dall’antichità classica, che dei valori morali ed estetici trasmessi da essi52. E «mentre il clangore delle spade risuonava ferocemente sui campi crociati, la cultura europea iniziava ad accogliere il sapere islamico»53. L’entrata in Gerusalemme degli eserciti della prima Crociata, la conquista dell’Italia meridionale e della Sicilia da parte dei Normanni nella seconda metà dell’XI secolo e al contempo di Toledo da parte dei cristiani, hanno favorito lo svilupparsi di scambi tra cultura latina e cultura greca o musulmana, determinando nelle aree geografiche interessate lo sviluppo di importanti centri di vita intellettuale nei quali fiorì un intenso fenomeno di traduzioni in latino54. Nel secolo XII l’arabo era considerata la lingua della scienza55 e attraverso l’opera di traduzione in latino, l’Occidente scoprì i classici del pensiero filosofico-scientifico del mondo islamico, rappresentato inoltre dalle opere di Avicenna le quali, esercitando notevole influenza in Europa, stimolarono la traduzione di ulteriori filosofi56. A Toledo ebbe grande fortuna un «collège de traducteurs»57, grazie all’attività di Raimondo di Sauvetât, arcivescovo di Toledo, e dell'arcidiacono di Segovia, Domenico Gondisalvi58, dove l’opera di traduzione dall’arabo al latino non avveniva direttamente, bensì in due tempi, in cui il primo traduttore volgeva al vernacolare il testo arabo, mentre il secondo traduceva in latino il testo narrato oralmente dal primo59.

«Gerardo vi è detto Lombardo, di patria cremonese, e morto nell’anno 1187 in età di ben 73 anni, regnante Federigo II Imperatore dell’imperio suo il trentesimo quarto anno»60. Curzio Sprengel menziona Gerardo da Cremona, nella Storia prammatica della medicina, con l’intento di sciogliere ogni dubbio circa una «quistione» che si sollevò nel XIX secolo in merito al luogo di nascita del «traduttore», se la città spagnola di Carmona oppure l’italiana Cremona, basandosi su documenti d’archivio61.  Gerardo nacque a Cremona nel 1114 e dopo aver frequentato la «Scuola Capitolare»62 nella città natale, dedicandosi a studi filosofici63, attratto dall’opera tolemaica Almagesto, che lui stesso tradusse64, si spostò nella città di Toledo, in Spagna, che nel XII secolo, insieme alla Sicilia, rappresentava il luogo di maggiore sviluppo del «movimento di traduzione» dal greco e dall’arabo65. Tuttavia Gerardo, oltre a operare presso la scuola di Toledo, svolse parallelamente un’attività formativa nelle vesti di docente nell’ambito di una istituzione, da lui guidata, presso la cattedrale di Toledo66 di cui era canonico67. Una lista delle opere tradotte dal «maestro» Gerardo, fu redatta dai suoi discepoli o «socii»68, dopo la sua morte, avvenuta a Toledo nel 1187, e pubblicata per la prima volta nel 1851 da Baldassarre Boncompagni Ludovisi nell’opera Della vita e delle opere di Gherardo Cremonese69.

Attraverso la traduzione dall’arabo al latino di numerose opere a carattere prevalentemente scientifico, il canonico cremonese contribuì notevolmente alla trasmissione del pensiero scientifico greco-arabo nell’Europa medievale. 

Ritengo utile mettere in evidenza che dopo l'invenzione dei caratteri mobili, del Canone si ebbero, anteriormente al XVI secolo, undici edizioni a stampa complete e due parziali, mentre tra il 1500 e il 1674 ne apparvero almeno altre sessanta, anche in lingua ebraica70. Nel 1877 esso venne stampato in arabo, al Cairo, in tre volumi71. La Biblioteca Lancisiana infatti conserva interessanti pubblicazioni a stampa dei secoli XVI e XVII inerenti versioni parziali del Canone di Avicenna, commentari e disputazioni72.

Gli Avicenna di ambito francese mostrano scelte iconografiche simili nell’elaborazione di loro progetti illustrativi, ma il manoscritto 121 spicca per diversi dettagli ripresi dalla pratica reale che lo rendono particolarmente interessante.

Per questo motivo si è deciso di affrontare lo studio del suo progetto illustrativo, per individuare e descrivere le iconografie utilizzate agli incipit dei diversi libri.

Il codice è stato inoltre sommariamente descritto per sottolineare i suoi caratteri peculiari di libro destinato allo studio.

Una caratteristica originale del codice, di cui in questa sede non si è affrontato uno studio approfondito, è la presenza di scudi araldici e drôleries, entrambi elementi caratteristici della miniatura francese nella seconda metà del XIII secolo.

Il manoscritto lancisiano in esame, è ricco di decorazioni marginali, che lo rendono certamente molto interessante. Le drôleries definite da una studiosa73 «popolazioni favolose» per la presenza di numerose specie di esseri viventi immaginari, sono apparse per la prima volta nei codici scientifici, tra il XII e XIII secolo, contemporaneamente all’affermarsi della tradizione enciclopedica74. Le drôleries visibili ai margini del manoscritto 121, confrontate con quelle presenti in alcuni manoscritti, selezionati dal repertorio della Stones75, hanno mostrato diverse similitudini nella raffigurazione di animali, fregi, antenne e ibridi76.

La presenza degli scudi miniati all’interno di manoscritti medievali può aiutare a stabilirne il proprietario, fornendo ulteriori elementi utili alla datazione del codice77. Poiché la maggior parte degli scudi presenti nel codice 121 è stato eraso, non è stato possibile identificarli. La presenza di numerosi stemmi diversi, tuttavia, induce a pensare a una committenza di gruppo e studi ulteriori potranno procedere in questo senso, nel tentativo di identificare almeno alcuni degli stemmi visibili.

Il lavoro della tesi, dopo un inquadramento generale degli studi sul Canone di Avicenna e sui codici illustrati che trasmettono quest’opera, si è dunque concentrato sul corredo illustrativo e in particolare sui riquadri miniati che introducono ogni libro.

Il progetto illustrativo è stato analizzato minutamente, mettendo in luce il rapporto testo- immagine e individuando con precisione scene, azioni, oggetti e personaggi raffigurati in tali miniature.

Tra le particolarità dell’esemplare lancisiano sono emersi diversi dettagli che rimandano alla pratica concreta, come ad esempio la tavola uroscopica e il secchio di vimini per la matula. Possiamo affermare che le scene illustrate del manoscritto 121 riflettano la medicina scientifica dell’epoca; le scene di insegnamento e quelle ambientate nei campi possono ritenersi un riferimento alla pratica medica, trasmessa anche attraverso lo studio e l’uso dei testi. Infatti un ruolo decisivo fu svolto dalle Università di Montpellier, Parigi e Bologna nell’organizzazione degli studi, che si è andata affermando nel XIII secolo.

Inoltre, nel manoscritto lancisiano 121, la «cristianizzazione» dell’autore, è accentuata e chiarita dall’inserimento dello Spirito Santo come fonte di ispirazione. Sebbene tale scelta iconografica sia attestata anche in altri esemplari, la soluzione adottata nel codice lancisiano costituisce un unicum, per quanto ad oggi conosciuto, e rende il manoscritto particolarmente interessante nell’ambito della produzione di codici universitari della Francia meridionale, nella seconda metà del XIII secolo.


Scheda di descrizione del manoscritto 121


1. Descrizione del codice.


Roma, Biblioteca Lancisiana, Ms 121
Avicenna, Libri quinque canonis medicinae.
Traduzione di Gerardo da Cremona.
Membranaceo, guardie miste (sono cartacee la prima e la quinta)
Misure mm 400 x 245, cc. II + 353 + III.
Francia meridionale (Tolosa o Montpellier?), ultimo quarto secolo XIII.

 

Il codice è vergato in scrittura gotica su due colonne di 67 linee78. Alle cc 1r, 114r e 350r, si trova, invece, una mise-en-page a tre colonne, mentre alle cc. 2r, 113r, 351r, 352r e 353r, il testo è disposto su tre colonne; Al centro della prima carta di guardia è presente una filigrana di un giglio inscritto in un ovale (mm 500 x 450).

Il manoscritto è composto da 32 fascicoli prevalentemente senioni eccetto quattro quinioni (fasc. I, II, XXI, XXIII), due ternioni (fasc. XXXI, XXXII), un binione (fasc. XVII). La numerazione è recente, a penna e in cifre arabe, apposte nel margine inferiore esterno del recto di ogni carta. La rigatura è a piombo, lo specchio rigato misura mm 280 x 15579 e la scrittura inizia sotto il primo rigo. I richiami in inchiostro nero non sono sempre presenti, quelli visibili sono apposti nel margine inferiore destro80 e talvolta sono decorati con piccole linee e puntini rossi81.

La foratura non è visibile poiché il codice è stato rifilato, probabilmente in occasione della rilegatura settecentesca.

La coperta del codice con assi in cartone è in pergamena tinta di verde; la decorazione presente sul dorso e dorata a motivi fitoformi.

I materiali e gli strumenti utilizzati sono pennello, inchiostro, e tempera; la gamma cromatica è incentrata su toni del rosso, del blu e del rosa, com’è caratteristico della miniatura francese del XIII secolo; sono utilizzati anche il giallo, il verde acqua, il marrone e talvolta l’arancio.

Il corredo illustrativo è composto da riquadri miniati, da iniziali istoriate e da numerose iniziali decorate.

I riquadri miniati sono posti all’incipit dei libri dal II al V: c. 62v, Libro II: mm750 x 500; c. 114r Libro III: mm 750 x 450; c. 260r Libro IV: mm 750 x 500; c. 329v Libro V: mm 850 x 350.

Le Iniziali istoriate di dimensioni maggiori sono poste all’incipit del Prologo, del Libro I, e del Libro III82 rispettivamente: l’iniziale «I(n)» nel recto della carta 1, sull’intera colonna di testo, (mm 150 x 3400) per il Prologo; l’iniziale «D(ico)» a c. 2v, su nove linee di testo, (mm 250 x 400) per il Libro II; l’iniziale «I(n)» a c. 114r, su trenta linee di testo, (mm 300 x 1005) per il Libro III.

Il codice presenta numerose iniziali figurate, istoriate e decorate di dimensioni inferiori variabili, a tre, sette, otto linee di testo83 poste, ciascuna all’inizio di ogni Fen, Dottrina, Trattato e Summa.

Inoltre sono poste all’inizio di ogni capitolo molteplici iniziali decorate, con il corpo in rosa e blu, contenenti motivi fitoformi, zoo-fitoformi e ibridi, di dimensioni variabili, su tre e sette linee di testo84.

La decorazione secondaria è composta da numerose iniziali filigranate oro e blu, rosse e blu, argento e blu, poste nel margine superiore e inferiore del recto e del verso di ogni carta, per indicare l’apertura delle Fen, Doctrine, Tractati e Summae dei Libri.

La decorazione secondaria è inoltre composta da riempilinea disegnati con motivi decorativi comprendenti animali e piccoli volti di colore marrone chiaro; in modo analogo, numerose faccine sono disegnate nelle lettere che compongono le linee di scrittura distribuite dopo le iniziali miniate e ai margini del testo.

La decorazione marginale presenta inoltre drôlerie, uccelli, cacciatori, cavalieri, cicogne, antenne e scudi araldici; questi ultimi corrispondono alla tipologia scudo gotico e sono presenti sul recto della carta 1, e sul verso della carta 329.

Nel margine superiore della c. 1r sono presenti quattro scudi. Partendo da sinistra, il primo, appeso a un ramo, è d’azzurro allo scaglione rovesciato; il secondo è sorretto da una figura in armatura di cavaliere, è di colore rosso ma non rivela il disegno; il terzo, sorretto da un ulteriore figura di cavaliere, è d’azzurro a croix pattée; il quarto scudo, rosso, crociato, è appeso a un ramo.

Sempre a c. 1r, nel margine superiore sinistro, sono presenti tre scudi quasi totalmente erasi. Partendo dall’alto, il primo mostra tracce di colore azzurro e un piccolo giglio bianco, nell’angolo destro del capo; il secondo mostra tracce di colore rosso; il terzo è totalmente eraso nella parte centrale, tranne il bordo che mostra tracce di colore rosso.

Nel bas-de-page della carta 329v sono presenti due scudi, appesi al fregio decorativo, i quali, nella parte centrale, sono totalmente ricoperti da un pigmento di colore scuro, mentre i bordi, ancora visibili, sono di colore rosso.


2. Descrizione delle illustrazioni dei cinque Libri del Canone.

 

Fig. 1. Roma, Biblioteca Lancisiana, ms 121, c 1r.
 

Fig. 2. Roma, Biblioteca Lancisiana, ms 121, c 1r, particolare.

Prologo (c 1r). L’iniziale istoriata I(n) primo Deo gratias agemus, mostra al suo interno l’autore, come un uomo canuto, barbato, con in mano un cartiglio.

Avicenna è abbigliato con lunga tunica di colore grigio, mantello rosso, calze e scarpette rosse; la figura, che con una mano sorregge un rotolo, porta l’altra al petto in segno di stupore, mentre con il volto, di profilo, rivolge lo sguardo in alto verso una colomba nimbata che fa capolino da un’architettura ad arco trilobato.

La scena è ambientata sotto un’architettura stilizzata costituita da un arco acuto. L’iniziale, chiusa in alto, termina superiormente con un ibrido nell’atto di tendere l’arco. In basso, la parte inferiore dell’iniziale si sviluppa con motivi fitoformi, con diversi ibridi, di cui due musicisti nell’atto di suonare uno strumento a percussione, la darbuka, e uno strumento a fiato, la tromba. Sotto una seconda arcata, è raffigurato un piccolo uomo con tunica di colore rosso con copricapo blu, circoscritto da un arco trilobato. L’iniziale prosegue nel verso in basso, con ulteriori figure di ibridi abbigliati con curiosi copricapo e termina nel bas-de-page con una figura di ibrido con un copricapo blu nell’atto di sorreggere una lancia.

Nel margine superiore esterno, a sinistra, sono presenti tre scudi, di cui uno blu e due rossi, dei quali è rimasta traccia del colore. Nel margine superiore, un fregio decorativo composto da due cavalieri armati di lancia, rispettivamente vestito con abito di colore blu, armatura di colore grigio e scudo rosso, seduto su un cavallo grigio il primo; il secondo abbigliato di rosso con armatura di colore grigio e scudo blu, seduto su un cavallo nero, nell’atto di sfidarsi in torneo. Il fregio decorativo si estende a sinistra con motivi vegetali e foglie stilizzate, mostra uno scudo gotico di colore blu, appeso ad un ramo, e termina con un ibrido che sorregge uno scudo rotondo. A destra si estende fino alla metà del margine esterno, con motivi fitomorfi di colore rosso e blu; un volatile è poggiato su un ramo e uno scudo è appeso ad un tralcio vegetale.

Nel margine superiore dell’intercolumnio, un altro fregio di piccole dimensioni delimita il testo. Esso è composto da motivi vegetali stilizzati di colore rosso e blu, con tre cani che inseguono un cervo, un piccolo uomo vestito con una tunica di colore blu, ritratto nell’atto di camminare, e mentre con un braccio sorregge un corno, con l’altra mano tiene un bastone. Il fregio si estende a destra, lungo l’intercolumnio con foglie stilizzate fino a metà; a sinistra termina con un ibrido che suona uno strumento musicale a corda, la lira da braccio.


Fig. 3. Roma, Biblioteca Lancisiana, ms 121, c 2v,  particolare.

Libro I (c 2v). Iniziale istoriata, su nove linee di testo, D(ico) que medicina est scientia quais umani corporis dispo(sitio)nes, mostra Avicenna abbigliato con tunica di colore blu, mantello e copricapo rosso, mentre insegna. L’autore con una mano sorregge un libro poggiato sopra un leggio, con l’altra leva l’indice nel gesto della parola. All’interno dell’iniziale vi sono altre tre figure che rappresentano giovani studenti abbigliati con tuniche, di cui una di colore rosso, e due blu. Essi sono posti in ascolto innanzi al docente con un libro poggiato su un banco. Nella parte centrale dell’intercolumnio, un fregio decorato è composto da motivi fitoformi, e si sviluppa superiormente con un drago di colore rosso e un piccolo uomo con lunga tunica rossa e calze nere nell’atto di suonare una zampogna.

 


Fig. 4. Roma, Biblioteca Lancisiana, ms 121, c 62v.

 


Fig. 5. Roma, Biblioteca Lancisiana, ms 121, c 62v, particolare.


 

Libro II (c 62v). Seguito dalla rubrica Incipit liber canonis avicenne II, il riquadro miniato è incorniciato da una doppia fascia dorata, decorata con motivi geometrici di colore rosso e bianco; ai quattro angoli sono disposti i disegni di piccoli volti. Il riquadro mostra in primo piano un ruscello d’acqua, un campo coltivato e alcuni alberi. Un uomo abbigliato con lunga tunica, mantello e copricapo di colore rosso e scarpette nere, da identificare con Avicenna, indica verso il basso, un gruppo di figure maschili, dove un uomo, abbigliato con tunica rossa, calze e scarpette grigie, è chino sul campo intento a raccogliere qualcosa mentre ha il volto rivolto verso di esso. In secondo piano tre figure maschili di cui, uno con tunica blu e mantello rosso è chino sul campo, e due, rispettivamente abbigliati con lunghe tuniche e mantelli con cappuccio di colore blu, dialogano tra loro scambiandosi alcune piante; uno dei due uomini indossa un copricapo di colore blu. Sul lato destro della scena, in lontananza, spicca un edificio perimetrato da mura merlate di una città. La scena è posta su un quadrettato di colore blu, ed è ambientata sotto una serie di archi trilobati di colore rosa, disposti in successione. Al margine esterno destro del riquadro miniato sono presenti due ibridi, abbigliati rispettivamente di rosso e blu, entrambi nell’atto di sorreggere un bastone. A occupare l’intero margine superiore della carta, è presente un fregio di colore rosso e blu composto da motivi fitoformi stilizzati. Al centro del fregio due volatili, e ai loro lati una scimmia e un coniglio che suonano la tromba, mentre un ibrido avanza, a larghi passi, verso un cane che suona la zampogna.

L’intercolumnio è percorso da un’antenna di colore rosso e blu con sottili decorazioni di colore bianco e bottoni dorati. Ad essa è connessa una grande iniziale decorata, N, su nove linee di testo. Il bas-de page è occupato da un fregio decorato che ha origine dalla parte terminale dell’antenna; di colore rosso e blu, esso è composto da elementi vegetali stilizzati e mostra nella parte centrale una figura barbuta di ibrido.

 


Fig. 6. Paris, BNF lat. 14023, c 123r.

 


Fig. 7. Roma, Biblioteca Lancisiana, ms 121, c 114r.

 


Fig. 8. Roma, Biblioteca Lancisiana, ms 121, c 114r, particolare.

Libro III (c 114r). Il riquadro miniato è incorniciato: esternamente da una fascia dorata, internamente da una fascia, per metà di colore blu con decorazioni geometriche di colore bianco, e, per metà, di bianco con decorazione geometrica di colore rosa. Il riquadro è bipartito da una colonna con capitello che divide due scene diverse; nella parte sinistra, un uomo, forse uno speziale abbigliato con lunga tunica e cappuccio di colore blu, è seduto mentre, con un pestello in ogni mano, compie il gesto di mescolare qualcosa in un mortaio. Di fronte a questo, un uomo sta in piedi, abbigliato con una lunga tunica rossa, copricapo di colore grigio e scarpette nere, ritratto nell’atto di sorreggere una bilancia. Sul fondo della scena, una sequenza di archi trilobati di colore rosso bordato di nero, spicca su un fondale piastrellato di colore rosa. Nella parte destra tre uomini abbigliati, uno con lunga tunica e cappuccio di colore grigio scuro e scarpette nere, gli altri due con lunga tunica e mantello con cappuccio di colore rosa chiaro e scarpette nere. L’uomo posizionato al centro, tra i due, è barbuto, ha un copricapo di colore grigio scuro e sorregge con una mano una grossa sciabola, mentre con l’altra gesticola. La scena è inquadrata da archi trilobati di colore rosso, bordati di nero, e spicca su un fondale piastrellato di colore blu. Subito sotto il margine inferiore del riquadro miniato, è presente una iniziale istoriata, su 26 linee di testo, ad asta, all’incipit di In quit, incorniciata con una fascia dorata bipartita in due scene; in quella superiore due figure di uomini, abbigliati con lunghe tuniche con cappuccio di colore rosa, dialogano tra loro. Uno di loro indossa un copricapo bianco e sorregge un contenitore con coperchio di colore grigio. La scena delimitata superiormente da un arco trilobato di colore rosso, bordato di nero, mostra un fondo piastrellato blu. Nella scena inferiore, su un fondo piastrellato rosa, sotto un arco trilobato, sono posizionate due figure di uomini uno di fronte all’altro. Uno è abbigliato con lunga tunica, mantello grigio, e ha il capo fasciato con una benda di colore bianco; l’altro con lunga tunica di colore blu, mantello con cappuccio e copricapo grigio, nell’atto di indicare il capo fasciato. Nel margine superiore della carta è presente un fregio di colore blu, bianco e rosso, composto da motivi fitoformi che termina, a destra, con una piccola testa barbuta con copricapo blu, a sinistra, con la figura di uomo in armatura grigia e veste rossa nell’atto di sorreggere, con una mano una lancia e con l’altra uno scudo di colore grigio. Nella parte superiore e centrale dell’intercolumnio sono presenti una figura di volatile e due animaletti, mentre nella parte inferiore si diparte un’antenna di colore rosso, bianco e blu a motivi vegetali con foglie stilizzate e bottoni argentati, che corre verso il margine inferiore e si riparte in quattro racemi a occupare l’intero bas-de page.


Fig. 9. Roma, Biblioteca Lancisiana, ms 121, c 260r.
 


Fig 10. Roma, Biblioteca Lancisiana, ms 121, c 260r, particolare.

Libro IV (c 260r). Il riquadro miniato che precede la rubrica Liber canonis q(u)artus incipit, è incorniciato esternamente, da una fascia argentata ossidata e internamente da una fascia di colore rosa decorata con motivi geometrici bianchi. La scena mostra una figura femminile abbigliata con veste di colore rosso e copricapo bianco, coricata in un letto sotto una coperta di colore blu. Accanto a lei, una figura maschile, con indosso una tunica con cappuccio di colore marrone, è raffigurata nell’atto di rilevare i battiti del polso; ai piedi del letto due figure, rispettivamente: una donna con i capelli acconciati, abbigliata con una lunga veste di colore marrone chiaro e scarpette nere, con una mano sorregge un piccolo secchio di vimini, mentre con l’altra tiene una matula. Al fianco della donna, una figura maschile, abbigliata con tunica di colore rosso e scarpette nere, sorregge con entrambe le mani un oggetto di forma circolare, identificabile con una tavola uroscopica. Sul fondo della scena, una quinta architettonica di archi trilobati di colore rosso bordati di nero, spicca su un quadrettato di colore blu. Il margine superiore della carta è percorso da un fregio composto da motivi fitoformi stilizzati di colore rosso e blu e si sviluppa sia a destra che a sinistra, fino a occupare il margine superiore esterno. Sono presenti figure di animali, un levriero grigio, una lepre marrone e un leone in foglia d’argento ossidata. All’interno dell’intercolumnio si sviluppa un’antenna di colore rosso e blu che corre inferiormente fino a ripartirsi in due, per occupare l’intero bas-de-page, mostrando, nella parte centrale, una importante decorazione di foglie stilizzate. Ai lati due racemi con animali, un cervo di colore marrone inseguito da un levriero grigio, e una lepre inseguita da un altro levriero di colore grigio. I racemi terminano, sia a destra che a sinistra, con una voluta inglobante un animale fantastico in foglia d’argento ossidato.

 


Fig. 11. Paris, Bibliothèque de l’Arsenal, ms 702, c 143v.


Fig. 12. Paris, BNF lat. 6918, c 356v.

 


Fig. 13. Oxford, University Bodleian Libraries, MS Ashmole 789, c 364v.

 


Fig. 14. Roma, Biblioteca Lancisiana, ms 121, c 329v.

 


Fig. 15. Roma, Biblioteca Lancisiana, ms 121, c 329v, particolare.

Libro V (c 329v). Il riquadro miniato che segue la rubrica Incipit lib(er) quintus canonis de me(dicina) et est antidot(um), è incorniciato da una fascia dorata superiormente e inferiormente, mentre lateralmente è doppia, profilando una fascia decorata con motivi fitomorfi stilizzati di colore blu e rosso. La scena mostra una figura con capelli raccolti in un copricapo di colore ocra, abbigliata con lunga tunica di colore rosso e scarpette nere, assisa su una panca nell’atto di mescolare con due pestelli in un mortaio. Di fronte alla figura, due uomini dialogano e sono rispettivamente abbigliati: l’uno con lunga tunica di colore ocra, mantello di colore rosso e copricapo nero, l’altro con veste di colore rosso e ocra e calzette nere. Lateralmente, una figura maschile, abbigliata con abito di colore rosso e calzette nere, è chinata su un campo nell’intento di raccogliere qualcosa. La scena è inquadrata da una sequenza di archi abbassati di colore rosso, su un fondo piastrellato di colore blu. Il margine superiore della carta è occupato da un fregio a motivi fitoformi stilizzati con volute contenenti foglie stilizzate, un ibrido e animaletti fantastici. All’interno dell’intercolumnio si sviluppa un’antenna di colore rosso e blu, alla quale è connessa una grande lettera decorata su nove linee di testo, all’incipit di Postq(ua)m. L’antenna corre lungo l’intero intercolumnio, fino a raggiungere il bas-de-page, che occupa interamente con una importante decorazione fitoforme a volute, comprendenti foglie stilizzate, animaletti fantastici e bottoni dorati. Dalla decorazione si diparte un fregio di colore blu, bordato di rosso con volute e animali fantastici. Sotto al fregio sono appesi due scudi (erasi) che presentano tracce di colore rosso. L’intero margine esterno destro è occupato da una ulteriore antenna di colore rosso e blu, alla quale sono connesse diverse iniziali a tre e due linee. L’antenna, in alto, si chiude con racemi a volute, contenenti foglie stilizzate e animali fantastici. Nel margine inferiore sinistro, è presente una piccola figura maschile con veste color ocra, e un’ascia in spalla.


3. Storia del Ms 121

La storia del codice è in parte ricostruibile sulla base delle informazioni desunte da cataloghi, inventari e documentazione d’archivio, conservati presso la Biblioteca Lancisiana e su altre notizie ricavabili dal manoscritto stesso.

Il Ms 121 è stato menzionato per la prima volta nel XVIII secolo, dal bibliotecario della Biblioteca Lancisiana di Roma, Cristoforo Carsughi, che descrive il manufatto come «un volume antichissimo in foglio delle opere d’Avicenna, manoscritte in Pergamena avanti l’uso della stampa»85. Nel 1731, Giovanni Crescimbeni86 attribuisce la provenienza del codice al Granduca di Toscana, in seguito a una donazione da questi elargita al fondatore della Biblioteca Lancisiana, Giovani Maria Lancisi87. Il Ms 121 è stato menzionato, poi nel 1770 nell’«Indice Potenziani» con il titolo di Avicennae opera Latina88.

Nel 183789 il medico e bibliotecario Alessandro Canezza90 fa menzione del codice di Avicenna, nell’Inventario dei manoscritti e in quello a schede mobili91. Ada Caputi Moricca92 indica il Ms 121 con il titolo «Avicenna - Libri in re medica omnes lat. redditi» nell’Inventario dei manoscritti da lei redatto. Infine Pietro De Angelis, lo indica nell’Elenco dei manoscritti93 pubblicato nel 1965.

Il Ms 121 conserva al suo interno alcuni importanti informazioni circa la sua storia.

Nel margine inferiore del recto della prima carta, sono visibili tre timbri ovali, dei quali, uno è posto al centro, a inchiostro nero, e reca la legenda «Bibliotheca Lancisiana» con lo stemma di Giovanni Maria Lancisi: due lance di Sant’Andrea accompagnate in capo da tre stelle e in basso dal trimonte. Lo stemma è inoltre qualificato da un cappello di prelato con due ordini di nappe. Gli altri due timbri a inchiostro blu, recano la legenda «Bibliotheca Lancisiana S. Spiritus in Saxia» con l’identico scudo partito, dove a destra è visibile l’arma di Giovanni Maria Lancisi e, a sinistra, l’insegna dell’Ospedale Santo Spirito con la croce di Lorena e la colomba dello Spirito Santo.

Inoltre, sul dorso del manoscritto sono presenti diverse segnature di epoche differenti. Nella prima casella di testa è visibile un’etichetta cartacea di colore bianco, bordata di blu, recante la segnatura Cod.I.LXXV.I. Nella seconda casella è visibile un tassello di pelle color rosso, con bordo e scritta dorati, recante la dicitura AVICENNAE OPER. LAT. MM. SS.

In corrispondenza del quinto nervo, sul dorso, è visibile un frammento di etichetta cartacea, di colore bianco, bordata di blu, recante la segnatura 12194. All’interno dell’ultima casella è presente un’etichetta cartacea di colore bianco, recante la segnatura Biblioteca Lancisiana LXXV.1.5. Nel margine inferiore del piatto esterno, sulla coperta, un’etichetta cartacea dentellata, di colore bianco bordata di blu, reca la segnatura 12333 (depennata con un pastello di colore blu). Sul contropiatto, nel margine inferiore, una mano ha apposto (con pastello di colore blu) la segnatura 75.1.5, mentre nel margine superiore una mano, più antica, ha segnato (con inchiostro nero) LXXV.1. successivamente è stata aggiunta la cifra «5» (con pastello di colore blu).

Nel verso della seconda carta di guardia posteriore, tra le altre annotazioni, è presente la nota «applicuit Montempesolanum in principio Ianuari ano MºCCCºLXVI unde recessit 8º Martii anno MºCCCºLXVIII»95. Nel verso della prima carta di guardia posteriore è altresì presente una nota: «Dominus Marioctus Virginius de Maceratis - Ser Iohannes Iannis de Maceratis»96. Infine, il Ms 121 è stato conservato, in deposito, per un periodo di tempo limitato, presso l’Istituto Centrale di Patologia del Libro97.


Analisi iconografica e corredo illustrativo del Manoscritto 121

In questa sezione dell’elaborato, prenderò in considerazione unicamente il contenuto iconografico relativo alle miniature che introducono i cinque libri del Canone. L’analisi verterà sul confronto delle miniature esaminate con quelle presenti in un campione di manoscritti, databili all’ultimo quarto del XIII secolo, che rispecchiano la tradizione illustrativa della Francia meridionale98.


1. Prologo al Libro I

Il prologo al primo Libro del Canone di Avicenna, tradotto da Gerardo da Cremona, inizia con l’invocazione In primis Deo gratias agamus sicut sui ordinis celsitudo et beneficij ipsius multitudo meretur, cuius misericordie super omnes prophetas exsistunt99. La prima carta del Ms 121 (c.1r) ospita una importante iniziale istoriata I(n) che ha la funzione di introdurre il Prologo al Libro I.

L’iniziale, suddivisa in quattro sezioni, mostra in alto, una scena ambientata sotto l’architettura stilizzata di un arco acuto trilobato. All’interno della scena è raffigurato l’autore, di profilo, come un uomo canuto e barbato, con in mano un cartiglio, abbigliato con lunga tunica di colore grigio, mantello, calze e scarpette rosse, mentre rivolge lo sguardo in alto verso una colomba nimbata. Sotto una seconda arcata, un’altra scena mostra un piccolo uomo con tunica di colore rosso, circoscritto da un arco trilobato.

L’iniziale esaminata è stata confrontata con l’iniziale istoriata I(n), del Prologo nel manoscritto Paris Bibliothèque de l’Université ms 129; inoltre è stata comparata con l’iniziale posta all’incipit del Canone di Avicenna del manoscritto Besançon, Bibliotheque municipale, 457, c. 1r (anno 1260)  e con l’iniziale istoriata I (usque) posta a carta 133v del codice Santa Barbara, UCSB Bibbia BS 75 1250; infine è stata confrontata con l’iniziale istoriata visibile nel manoscritto Bordeaux, Bibliotheque municipale, Bibbia (c. 213v).

La raffigurazione di Avicenna richiama l’immagine di un profeta dell’Antico Testamento, con in mano un rotolo di scritti profetici, ed evidenzia la volontà, del miniatore, di dare all’autore una interpretazione religiosa, influenzata dal testo dell’incipit. Il confronto dell’iniziale istoriata in esame, con la miniatura presente nell’incipit del codice Paris Bibliothèque de l’Université ms 129, già proposto da Marie Thèrese D’Alverny100, mostra alcune similitudini nella rappresentazione di Avicenna: entrambe di profilo, guardano verso il cielo in evidente stato di ispirazione spirituale. Ulteriori elementi che rafforzano l’ipotesi di «cristianizzazione» di Avicenna, sono: una colomba ninbata e un frate, posti all’interno dell’iniziale istoriata visibile all’incipit del Prologo, nel Ms 121. La colomba aureolata, riconducibile allo Spirito Santo, confrontata con quella presente nell’iniziale istoriata visibile nella Bibbia di Bordeaux (c. 213v), mostra similitudini nella raffigurazione. Entrambe di profilo, emergono da una nube mentre «scendono» dalla parte superiore della scena. La sezione centrale dell’iniziale istoriata, è occupata da una scena che mostra sotto un arco trilobato, una figura abbigliata con veste rossa, probabilmente un medico. La raffigurazione del medico, confrontata con quella presente nell’iniziale istoriata, posta all’incipit del Canone del manoscritto Besançon, Bibl. Mun. 457 (c. 1r) mostra similitudini, evidenziando anche in questa occasione, la volontà del miniatore di conferire sacralità al medico, abbigliato da frate. Le restanti sezioni dell’iniziale mostrano elementi a volute che richiamano la stessa tipologia di decorazione riscontrabile nel Besançon 457. L’elemento architettonico, rappresentato dall’arco gotico trilobato, ha la funzione di «sottolineare le cesure e le legature tra gli elementi figurativi, evidenziando il senso della composizione»101. Gli archi gotici presenti all’interno dell’iniziale del Ms 121, richiamano la stessa tipologia di arco raffigurato nell’iniziale istoriata del Besançon 457 (c. 1r), e quello posto sopra al re Assuero, nell’iniziale istoriata della Bibbia BS 75 1250 (c. 133v).


Libro I

Il verso della seconda carta del Ms 121, ospita un’iniziale istoriata, su nove linee di testo, D(ico) que medicina est scientia quais umani corporis dispo(sitio)nes. La scena mostra Avicenna abbigliato con tunica di colore blu, mantello e copricapo rosso, mentre insegna. L’autore con una mano, sorregge un libro poggiato sopra un leggio, con l’altra, leva l’indice nel gesto della parola. All’interno dell’iniziale vi sono altre tre figure che rappresentano giovani studenti abbigliati con tuniche, di cui una di colore rosso, e due blu. Essi sono posti in ascolto innanzi al docente con un libro poggiato su un banco.

L’iniziale istoriata esaminata, è stata confrontata con miniature presenti all’interno dei seguenti manoscritti: Paris, BNF, lat. 14023, c. 2r, (1315-1320); Paris, Biblioteque de l’Arsenal, Ms 702 (c. 61v); Cambrai, Médiathèque Municipale, Ms 619, c. 1r (1285) e Paris, BNF lat. 6918, c. 5r (1313-1316).

L’iniziale istoriata in esame è strettamente correlata con il testo in quanto Avicenna, come docente, illustra ai suoi discepoli l’«universalia scientiae medicae theoremata»102 contenuta nel testo del Canone. Confrontata con il riquadro miniato, posto all’apertura del primo libro del Canone, visibile nel manoscritto Paris BNF lat. 14023 (c. 2r), la scena appare simile. Entrambe le raffigurazioni, mostrano Avicenna abbigliato nello stesso modo e mentre nell’immagine del Ms 121 si trova in piedi, in quella del BNF lat. 14023 è assiso su una cattedra importante. Entrambe le immagini mostrano il libro del maestro, appoggiato su un leggio, che risulta essere ben ben visibile sia nel BNF lat. 14023 che nel Ms 121. Anche i discepoli mostrano similitudini, a un confronto tra i due manoscritti sinora menzionati. In entrambe le miniature gli allievi sono tre, intenti ad apprendere; innanzi a loro è posto un libro appoggiato sulle ginocchia, nel manoscritto BNF lat. 14023, e posto su un banco nel Ms 121. Un ulteriore confronto è stato fatto con l’iniziale posta all’apertura del testo del Libro IV, della Metaphisica di Aristotele, (Paris, Bibliothèque de l’Arsenal, Ms 702, c. 61v). L’iniziale dell’Arsenal 702 mostra similitudini con quella in esame, circa la raffigurazione dell’«autore» come docente come pure lo sfondo quadrettato. Un altro interessante confronto circa la raffigurazione di Avicenna come docente, è quello tra l’iniziale esaminata e il riquadro posto all’incipit del primo Libro delle Decretali di Gregorio IX, contenuti nel manoscritto Cambrai, Médiathèque Municipale, Ms 619 (c. 1r). Anche nella miniatura del manoscritto di Cambrai, l’autore è raffigurato come docente, assiso su una importante seduta, con libro posto sul leggio, nell’atto della parola, di fronte a tre scolari intenti ad ascoltare la sua lectio.


Libro II

Posto all’apertura del Libro II del Canone, nel verso di carta 62 del Ms 121, un riquadro miniato, mostra in primo piano un ruscello d’acqua e un campo coltivato ed alberi. Avicenna abbigliato con lunga tunica, mantello e copricapo di colore rosso, indica nel gesto della parola, un campo dov’è chinato un uomo, abbigliato con tunica rossa, intento a raccogliere le erbe medicamentose in esso coltivate. In secondo piano tre figure maschili di cui, uno con tunica blu e mantello rosso è chino sul campo, e due, rispettivamente abbigliati con lunghe tuniche e mantelli di colore blu, dialogano tra loro scambiandosi alcune erbe; sul lato destro della scena, in lontananza, spicca una città perimetrata da mura merlate. La scena è posta su un quadrettato di colore blu, ed è ambientata sotto una serie di archi trilobati di colore rosa, disposti in successione.

Il riquadro miniato in esame è stato confrontato con le miniature poste all’interno del manoscritto Paris, BNF, lat. 14023, c. 123v (1315-1320) e con il codice Tours, Bibliothèque municipale, Ms 558 (c. 93).

La miniatura che segue la rubrica Incipit liber canonis avicenne II, mostra Avicenna, come medico e sapiente «simplicium medicamentorum vires explicat»103, ai suoi discepoli durante una esercitazione pratica, sul riconoscimento e utilizzo delle erbe medicamentose. Confrontando il riquadro miniato in esame, con quello presente nel codice Paris, BNF lat. 14023 (c. 123), immediatamente ci si accorge di come entrambi i miniatori sono stati influenzati dal testo del Libro. Avicenna infatti ha dedicato il contenuto del Libro II, alla descrizione delle droghe e piante medicinali. Tuttavia, i miniatori hanno restituito una differente interpretazione del testo, ambientando la scena, di identico significato, in contesti diversi. Nel BNF lat. 14023, la scena si svolge in un ambiente chiuso; Avicenna è raffigurato assiso su un’importante seduta sopraelevata, mentre in basso due discepoli posti di fronte a una cassa di piante medicinali, dialogano con lui. Nel Ms 121 la scena si svolge all’aperto, in campagna, lontano dalla città; Avicenna è posto in piedi e si trova in un campo coltivato insieme ai suoi discepoli, in un contesto che non denota solennità. Lo sfondo quadrettato, del riquadro miniato esaminato, confrontato con quello presente nel manoscritto Tours, Bibliotheque municipale 558 (c. 93), mostra evidenti similitudini come pure il disegno dei volti e le acconciature dei personaggi.


Libro III

Il riquadro miniato posto all’apertura del Libro III, mostra una scena ambientata su uno sfondo per metà di colore blu con decorazioni geometriche bianche e rosa e, per metà, bianco con decorazione geometrica rosa. Il riquadro è bipartito da una colonna con capitello che divide due scene diverse; nella parte sinistra, uno speziale è seduto mentre, con un pestello in ogni mano, compie il gesto di mescolare qualcosa in un mortaio. Di fronte a questo, un uomo sta in piedi, abbigliato con una lunga tunica rossa e copricapo di colore grigio, nell’atto di sorreggere una bilancia. La scena è incorniciata, in alto, da una sequenza di archi trilobati di colore rosso. Lo sfondo è piastrellato di colore rosa. Nella parte destra tre uomini con lunghe tuniche di colore grigio scuro, gli altri due con lunga tunica di colore rosa chiaro. L’uomo posizionato al centro, tra i due, è barbato, ha un copricapo di colore grigio scuro e sorregge con una mano una grossa sciabola. La scena è inquadrata da archi trilobati di colore rosso, su uno sfondo quadrettato blu.

Il riquadro miniato in esame è stato confrontato con il manoscritto Paris, BNF, lat. 14023 (c. 769 v), con il manoscritto Besançon, Bibliothèque municipale 457 (c. 51) e con il codice San Marino, CA, Huntington Library HM 19999, (c. 121v) e con il manoscritto Paris, Biliothèque Mazarine, 3873 (c. 12v). 

La miniatura, restituisce l’argomento del testo contenuto nel Libro III «affectus declarat, qui singulis corporis partibus obueniunt, a summo capite ad imos usque pedes, tam cospliquos, quam abditos»104. Nel lato destro della miniatura, tre uomini dialogano su uno sfondo quadrettato blu. Con ogni probabilità l’uomo situato al centro, armato di sciabola, ha procurato una ferita all’uomo vestito di bianco, posto al suo fianco, il quale mostra l’evidente segno rosso della ferita sanguinante. A sinistra della scena, un medico ascolta quanto riportato dai due interlocutori posti innanzi a lui. Sul lato sinistro del riquadro miniato, uno speziale è assiso su una panca, ed è riconoscibile dai pestelli che sorregge e dal mortaio ai suoi piedi; di fronte al droghiere, un uomo tiene una bilancia, quasi certamente, in attesa di un medicamento per la sua malattia. La miniatura, confrontata con quella presente nel manoscritto Paris, Bibliothèque Mazarine, 3873 (c. 12v) mostra evidenti similitudini nell’impostazione del riquadro. Entrambe le miniature, sia quella del manoscritto San Marino HN 19999 che quella del Ms 121, sono bipartite in due riquadri di colori diversi. Un ulteriore elemento di confronto tra la miniatura in esame e quella presente nel manoscritto San Marino, CA, Huntington Library HN 19999 (c. 121v), è rappresentato dalla colonna, posta al centro tra le due differenti scene.


Libro IV

Il riquadro miniato posto all’apertura del Libro IV, mostra una scena relativa alla visita ad un malato. I personaggi si muovono su uno sfondo quadrettato blu. Nel lato sinistro una figura femminile è sdraiata in un letto, coperta da un telo blu con i bordi ricamati di banco. Accanto a lei, un medico rileva la frequenza del polso; ai piedi del letto una donna con una mano sorregge un piccolo secchio di vimini mentre con l’altra sorregge una matula. Al fianco della donna, un altro medico, forse un assistente, sorregge con entrambe le mani una tavola uroscopica.

Il riquadro miniato in esame è stato confrontato con i seguenti manoscritti: Besançon, Bibliothèque municipale, 457, c. 221v, c. 260v, (1260); con il codice Paris, Bibliotéque Arsenal 702, (c. 143v); con il manoscritto Paris, BNF lat. 6918 (c. 356v).

Il riquadro miniato risponde al contenuto del testo conservato nel Libro IV «agit de morbis, quorum non certae sedes assignari possunt: itemque de ornatu, seupolitura». L’iconografia della donna malata coricata nel letto rimanda alla figura femminile sdraiata, anch’ella nel letto, visibile nella miniatura che apre il Libro III del manoscritto Besançon Bibliothèque municipale, 457, c. 221v, c. 260v. I miniatori di entrambi i codici hanno raffigurato la malata sdraiata nel letto, abbigliata con una veste rossa e copricapo bianco. Il medico che rileva la frequenza del polso visibile nel Ms 121 è del tutto simile a quello presente nel codice Paris, Bibliotèque de l’Arsenal 702, (c. 143v). La donna ai piedi del letto con una mano solleva una matula mantre con l’altra sorregge un secchiello di vimini. Il gesto di sollevare l’ampolla contenente urine rimanda ad una iconografia ricorrente in manoscritti raffiguranti personaggi intenti ad osservare le urine dei pazienti. Confrontando la miniatura in esame con quella posta nel codice Paris, BNF lat. 6918 (c. 356v) si riscontrano puntuali similitudini nell’atto del sollevare la matula per permettere una migliore osservazione delle urine.

Un ulteriore elemento interessante è rappresentato dall’oggetto circolare, sorretto dal medico nel lato desto della scena che è stato identificato essere una tavola uroscopica dopo averlo confrontato con un disegno presente nel manoscritto Oxford, University Bodleian Libraries, MS Ashmole 789, c. 364v. Un altro elemento di confronto è identificabile nel piede sinistro del medico che sorregge la tavola uroscopica, posizionato in prospettiva, diversamente dal resto della scena. L’elemento del piede in prospettiva rimanda a un esempio simile riscontrato nel Besançon Bibliothèque municipale 457, cc. 221v, 61v.


Libro V

Il riquadro miniato, posto all’apertura del Libro V, mostra una scena in cui uno speziale con copricapo ocra, abbigliato con una lunga tunica rossa è assiso su una panca, nell’atto di triturare con due pestelli in un mortaio, le erbe medicinali raccolte da un suo collaboratore chinato su un campo coltivato. Di fronte alla figura, due uomini abbigliati con tuniche di diverso colore si rivolgono allo speziale per ottenere da lui un rimedio per la cura delle malattie.

Confrontando la miniatura in esame con quella presente nel manoscritto Paris, BNF lat. 14023 (c. 769 v) si riscontrano similitudini nell’iconografia dello speziale, anch’egli assiso su una panca nel gesto di triturare le erbe nel mortaio con due grossi pestelli tra le mani. A un confronto tra la miniatura del Ms 121 e quella presente nel Besançon 457 (c. 51) si riscontra, immediatamente, una similitudine con lo speziale seduto in primo piano, intento a triturare, con il pestello, le erbe in un mortaio, al fine di ricavarne medicamenti utili alla cura delle malattie. Il gesto di mescolare le erbe medicinali è stato riscontrato altresì nel manoscritto Besançon, Bibliothèque municipale 457, c. 51 (anno 1260). Di fronte allo speziale del Besançon 457 (c. 51) è posto un malato nel gesto di bere un infuso medicamentoso appena preparato dal droghiere. Un ulteriore confronto tra la miniatura visibile nel Ms 121 e quella presente nel Besançon 457 (c. 365) mostra similitudini interpretative del testo contenuto nel Libro V da parte dei due miniatori. Entrambi hanno raffigurato uno speziale al lavoro, in compagnia di un collaboratore, e un malato posto di fronte ad essi in cerca di un rimedio medicamentoso. Un altro elemento confrontato con la miniatura del Besançon 457 (c. 365) è rappresentato dalla sequenza di archi. Entrambe le miniature mostrano la stessa tipologia di archi abbassati.

 

INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI


1. Roma, Biblioteca Lancisiana, ms 121, c 1r.
2. Roma, Biblioteca Lancisiana, ms 121, c 1r, particolare.
3. Roma, Biblioteca Lancisiana, ms 121, c 2v,  particolare.
4. Roma, Biblioteca Lancisiana, ms 121, c 62v.
5. Roma, Biblioteca Lancisiana, ms 121, c 62v, particolare
6. Paris, BNF lat. 14023, c. 123r.
7. Roma, Biblioteca Lancisiana, ms 121, c 114r
8. Roma, Biblioteca Lancisiana, ms 121, c 114r, particolare
9. Roma, Biblioteca Lancisiana, ms 121, c 260r.
10. Roma, Biblioteca Lancisiana, ms 121, c 260r, particolare.
11. Paris, Bibliothèque de l’Arsenal, ms 702, c. 143v.
12. Paris, BNF lat. 6918, c. 356v.
13. Oxford, University Bodleian Libraries, MS Ashmole 789, c. 364v.
14. Roma, Biblioteca Lancisiana, ms 121, c 329v.
15. Roma, Biblioteca Lancisiana, ms 121, c 329v, particolare.

 


1 CARSUGHI 1718, p. 8.
2 «Distesasi non pur per l’Italia ma anche fuori da essa la fama di questa insigne azione di Monsigor Lancisi, siccome egli era dappertutto cognitissimo, ed aveva Protettori, ed Amici; così non solo n’esigè applauso, e loda universale; ma vari Principi fautori delle lettere vollero dimostrargli il lor godimento, e l’approvazione di si bel genio, regalandogli, in accrescimento della Biblioteca, pregiatissimi libri; e in particolare il Regnante Gran Duca di Toscana gli fece dono di alcuni scelti Codici, cioè di Evangeli, la Gramatica, e le Opere di Avicenna»
3 CARUSI 2015, p. 1.
4 I codici miniati conservati presso la Biblioteca Lancisiana sono tre. Oltre al nostro, sono presenti due manoscritti datati: il Ms 329 “Avicenna” del 1471 e il Ms 328 “Liber Fraternitatis Sancti Spiritus et Santa Mariae in Saxia de Urbe”, iniziato nel 1446.
5 Il Ms 121 non è menzionato nel preesistente “Catalogus Librorum Bibliothecae domus Romae S. Spiritus in Saxia, in abaculos XII literis alphabeti signatos, alphabetico ordine digestus. 1652”, conservato presso l’Archivio di Stato di Roma (n inv.)
6 DE ANGELIS 1965, p. 176.
7 Cristoforo Carsughi fu il primo bibliotecario della biblioteca Lancisiana, egli si occupò dell’ordinamento della stessa.
8 Si tratta dell’Indice delle scanzie, ossia inventario de’ libri esistenti nella Biblioteca Lancisiana fatto per ordine di Monsignor illustrissimo e reverendissimo Giovani Potenziani, MDCCLXX, conservato preso la Biblioteca Lancisiana di Roma.
9 Bibliothecae Lancisianae index ant.ex Marchio. Cioajae praceptories etc.., tom. I, anno MDCCCXXXVII.
10 CANEZZA 1926-1945.
11 Catalogo a schede mobili: «Cataloghetto dei manoscritti», conservato presso la Biblioteca Lancisiana.
12 Ada Caputi Moricca è stata bibliotecaria presso la Biblioteca Lancisiana tra il 1924 e il 1925.
13 Una nota aggiunta all’inventario, con ogni probabilità dalla stessa Ada Caputi Moricca, precisa: «v’è annotazione in fine che dice: Montpellier 1366».
14 Pietro De Angelis è stato bibliotecario della Biblioteca Lancisiana di Roma, successe ad Alessandro Canezza nel 1945.
15 DE ANGELIS 1965, p. 155
16 Ibidem.
17 Negli anni 1961-1972 Marie-Therese d'Alverny ha pubblicato nella rivista "Archivi d'Histoire et Doctrinale Litteraire du Moyen Age" 11 fascicoli inerenti lo studio della tradizione codicologica dell’Avicenna latino. Ella descrive più di 150 manoscritti latini del “corpus Avicennan” conservati in biblioteche europee, gettando così le basi per il lavoro poi pubblicato nella collana "Avicenna Latinus", menzionando tra gli altri, un codice di Avicenna appartenente al fondo della Biblioteca Lancisiana (Roma Lancisiana, Ms 329). Un richiamo al nostro manoscritto (Roma Lancisiana, Ms 121) è presente in D’Alverny 1969, p. 130.
18 C. B. SCHMITT 1970, p. 290.
19 P. O. KRISTELLER 1992, p. 173.
20 Francesca Manzari, è stata invitata a tenere una prima presentazione dei tre codici miniati della Biblioteca Lancisiana in occasione di una giornata di studi dedicata al Polo Museale. La studiosa ha proposto confronti stilistici con manoscritti di produzione tolosana nella sua relazione, dal titolo Medicina illuminata. Codici miniati nelle collezioni della Biblioteca Lancisiana, presentata nella giornata di Studi Santo Spirito in Sassia. Verso il polo museale della ASL Roma E, (Roma, Santo Spirito in Sassia, 27.10.2015) F.Manzari, P.Ricca, Medicina illuminata. La Biblioteca Lancisiana di Roma. Alumina. pp. 30-31
21 Desidero ringraziare la studiosa, autrice di un monumentale repertorio sui codici miniati in Francia nella fascia cronologica 1260-1320 (Stones 2013-2014), per aver esaminato il codice con me, in occasione di una visita alla Biblioteca Lancisiana, e per i suoi preziosi consigli.
22 CALIFANO 2015, p. 26.
23 Nonostante che il manoscritto (Roma, Biblioteca Lancisiana, Ms 121) oggetto del presente studio, è un codice latino, per ragioni editoriali, in questa sede non sono state inserite le diverse interpretazioni degli studiosi circa la componente iconografica delle miniature delle opere latine di Avicenna.
24 D’ANGELO 2011, p. 175
25 Per quanto riguarda la traduzione del Canone è necessario evidenziare che tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo, il medico e arabista italiano Andrea Alpago intervenne con una revisione sul testo medievale tradotto da Gerardo da Cremona: VERCELLIN GIORGIO, Il Canone di Avicenna fra Europa e Oriente nel primo Cinquecento,Torino 1991, p.15.
26 RIZZO, 2013, p.31.
27 CARUSI 2015.
28 CRACOLICI 2011, p 155.
29 CALIFANO 2015, p. 26.
30 VERCELLIN 1991, p. 15.
31 VERCELLIN 1991, p. 15
32 CARUSI 2015.
33 CALIFANO 2015, p. 26.
34 ARUSI 2015.
35 VERCELLIN 1991, p. 15
36 D’ALVERNY 1969, p. 122.
37 D’ANGELO 2015, p. 175.
38 Deformazione latina della parola araba funūn (plurale di disciplina scientifica).
39 VERCELLIN 1991, p. 15.
40 CARUSI 2015.
41 NALLINO 1930.
42 LA SALANDRA 2013, p. 16
43 BERTOLACCI 2005, p. 496
44 WINOVSKY 2005, p. 94.
45 BERTOLACCI 2005, p. 516.
46 BERTOLACCI 2005, p. 495.
47 BERTOLACCI 2005, p. 499.
48 BERTOLACCI 2005, p. 503.
49 BERTOLACCI 2005, p. 503.
50 BERTOLACCI 2005, p. 496.
51 VERGER 2008, p. 130
52 VERGER 2008, p. 130
53 RIZZO, 2013, p. 8.
54 VERGER 2008, p. 131
55 LA SALANDRA 2013, p. 160.
56 RODINSON 1988, p. 32.
57 RIZZO, 2013, p. 31.
58 VERCELLIN 1991, p. 15.
59 POLLONI 2013, p. 6.
60 SPRENGEL 1840, p. 342.
61 SPRENGEL 1840, p. 342.
62 TRECCANI,2000.
63 PASSERINI 1825, p. 54.
64 TRECCANI, 2000.
65 POLLONI 2013, p. 1.
66 POLLONI 2013, p. 5; D’ALVERNY 1971, p. 119; D’ALVERNY 1971, p. 118.
67 RIZZO 2013, p.28.
68 RIZZO 2013, p. 27.
69 RIZZO 2013, p. 26.
70 VERCELLIN 2013, p. 15.
71 VERCELLIN 2013, p. 15.
72 Mi sembra utile ricordare alcuni riferimenti bibliografici delle pubblicazioni menzionate,appartenenti al fondo della  Biblioteca Lancisiana ANDREA GRATIOLO, Principis Avicennae Liber primus. De Universalibus Medicae Scientiae Praeceptis, Venezia 1580. JACOBI FOROLIVENSIS, Expositio et quaestiones in primum canonem Avicennae, Venezia 1547.  Auicennae operum in re medica tomus secundus, idest liber canonis quartus, cum IOANNIS COSTAEI LAUDENSIS & IONNIS PAULI MONGIJ HYDRUNTINI annotationibus, Venezia 1564.
73 CARRARA 1998, p.647.
74 Ibidem.
75 STONES 2013-2014.
76 Il confronto è stato effettuato tra il Ms 121 e i seguenti manoscritti: Besançon, Bibliotèque municipale, MS 457;
77 BASCAPE’, DEL PIAZZO 1983, p. 11.
78 Rilevazione effettuata a c 6r.
79 Rilevazione effettuata a c 260r.
80 Rilevazione effettuata a c 274v.
81 Rilevazione effettuata a c 287v
82 L’iniziale istoriata «I»nquit posta all’incipit del Libro III affianca il riquadro miniato.
83 Rilevazione effettuata a c 19r, c 20r.
84 Rilevazione effettuata a c 158r, c 163r.
85 CARSUGHI, 1718, p.8
86 Giovanni Mario Crescimbeni, (Macerata 1663 - Roma 1728) fu il principale fondatore dell'Arcadia (1690), di cui fu custode generale fino alla morte. Fu inoltre il biografo di Giovanni Maria Lancisi, anch’egli membro dell’Arcadia con il nome di Ersilio Macariano. (Amato Bacchini, La vita e le opere di Giovanni Maria Lancisi (1654-1720), Roma, 1920. p. 23).
87 CRESCIMBENI 1721, p. 104.
88 INDICE, 1887, p. 1063.
89 INDICE, 1837.
90 CANEZZA, 1926-1945.
91 CANEZZA,1926-1945.
92 Ada Caputi Moricca è stata bibliotecaria presso la Biblioteca Lancisiana tra il 1924 e il 1925; ella ha redatto altresì il Catalogo dei libri esistenti nella Biblioteca Lancisiana. [s.d.]
93 DE ANGELIS, 1965, p. 155.
94 Della segnatura 121, sono visibili le ultime due cifre (21) poiché l’etichetta non è integra.
95 Marie Therèse D’Alverny, attribuisce questa annotazione ad antichi studenti universitari (D’ALVERNY 1969, p. 130)
96 D’Alverny, ritiene questa annotazione sia un ex libris del XVI secolo, che indica due medici italiani (D’ALVERNY 1969, p. 131.)
97 Nell’anno 2003 La Biblioteca Lancisiana di Roma ha subito gravi danni strutturali. Pertanto è stato necessario trasferire l’intero patrimonio bibliografico presso un deposito temporaneo, predisposto per la circostanza. In quell’occasione, gli unici tre codici miniati presenti nel fondo Lancisiano (Ms 328, Ms 329 e Ms 121) per ragioni di tutela, sono stati trasferiti presso l’allora Isituto Centrale per la Patologia del Libro e ivi custoditi per un periodo di due anni, prima di essere collocati nel deposito temporaneo.  
98 La selezione di manoscritti per l’analisi stilistica, è stata scelta da citazioni di Marie Thèrese D’alverny e dal vasto repertorio contenuto nell’opera monumentale di Alison Stones.
99 FOROLIVENSIS 1547, p. 1.
100 D’ALVERNY 1969, p. 130.
101 ALEXANDER 2003, p. 190.
102 GRATIOLO 1580, p. 1v.
103 GRATIOLO 1580, p. 1v
104 GRATIOLO 1580, p. 2v.

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