Anno Accademico 2022-2023

Vol. 67, n° 1, Gennaio - Marzo 2023

Simposio: Impatto del lockdown e dell’isolamento: ciò che resta del COVID-19 nell’anziano

13 dicembre 2022

Copertina Atti Primo Trimestre 2023 per sito.jpg

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Le conseguenze nell’anziano in assistenza domiciliare

F. Caserta, N. Silvestri

Il 31 dicembre 2019 la Commissione Sanitaria Municipale di Wuhan (Cina) ha segnalato all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) un cluster di casi di polmonite ad eziologia ignota nella città di Wuhan, nella provincia cinese di Hubei. Il 9 gennaio 2020 il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie della Cina (CDC) ha riferito che è stato identificato un nuovo coronavirus (SARS-CoV-2) come agente causale della malattia respiratoria poi denominata COVID-19. La Cina ha reso pubblica la sequenza genomica che ha permesso la realizzazione di un test diagnostico. Il 30 gennaio l'OMS ha dichiarato l'epidemia di Coronavirus in Cina Emergenza Internazionale di salute pubblica. L'OMS ha elevato la minaccia per l'epidemia di coronavirus al livello mondiale come "molto alto" il 28 febbraio 2020. L'11 marzo 2020 il Direttore Generale dell'OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus ha definito la diffusione del COVID-19 non più un’epidemia confinata ad alcune zone geografiche, ma una pandemia diffusa in tutto il pianeta. I dati dell’OMS aggiornati al 18 novembre 2022 ci dicono che, dall’inizio della pandemia, abbiamo avuto nel mondo 633.601.048 casi confermatidi cui 6.596.542 morti. Alla data del 6 novembre sono state somministrate 12.943.741.540​ dosi di vaccino. In Europa i casi confermati sono stati 264.175.987 con 2.132.478 morti. La prevalenza nella comunità è, comunque, in parte incerta a causa dei molti casi asintomatici o non diagnosticati. Tutti i gruppi anagrafici sembrano essere stati ugualmente colpiti, ma, di sicuro, la popolazione anziana è quella a maggior rischio di andare incontro ad esiti negativi con un tasso elevato di mortalità che è risultato essere cinque volte superiore alla media globale per le persone di età superiore agli 80 anni (World Health Organization 2021). Oltre il 95% dei decessi dovuti a Covid-19 in Europa e circa l’80% in Cina ha riguardato persone di età superiore ai 60 anni1, negli Stati Uniti l’80% dei decessi ha riguardato la popolazione con più di 65 anni.

Per evitare la diffusione del Coronavirus e per la salvaguardia della salute della popolazione sono state attuate dai diversi Governi in tutto il mondo varie strategie che prevedevano: lockdown, quarantena ed isolamento. Termini spesso utilizzabili in modo interscambiabili, ma di fatto con significati diversi in quanto per lockdown intendiamo un “confinamento” ovvero restrizione alla libera circolazione delle persone in buona salute; la “Quarantena” indica la separazione e la limitazione del movimento di persone che, pur non essendo malate, sono state esposte ad un agente infettivo, riducendo così il rischio di infezioni altrui; mentre il termine “Isolamento” si riferisce all’allontanamento di persone alle quali è stata diagnosticata una malattia contagiosa da coloro i quali non sono malati2, 3.

Ma l’OMS ha più volte evidenziato come ci sia una stretta relazione fra il livello di partecipazione sociale nella comunità e le funzioni fisiche e mentali degli anziani, dove per partecipazione sociale si intende coinvolgimento nelle attività religiose, culturali, politiche, sportive e di volontariato della propria comunità. Diversi studi hanno evidenziato gli effetti protettivi di tale impegno sociale sulla salute della popolazione anziana, considerato uno stimolo importante per aumentare il livello di attività fisica4 e mantenere le funzioni cognitive5. La partecipazione sociale è stata associata ad una migliore qualità della vita, una maggiore massa muscolare, migliori funzioni cognitive e ad una riduzione delle comorbidità e disabilità nella popolazione anziana6, mentre l’isolamento sociale risulta essere un fattore predittivo di mortalità alla pari del fumo, obesità, ipertensione, dislipidemia e diabete7.

Durante la pandemia tutto ciò è venuto meno, molte strutture ed organizzazioni comunitarie sono state chiuse come misura cautelare e molte persone anziane sono state costrette, per lungo tempo, a non ricevere più visite dai loro familiari. Di conseguenza la partecipazione sociale è stata drasticamente ridotta se non annullata del tutto. Si può, quindi, ipotizzare che la diminuzione dell’interazione sociale abbia potuto causare un impatto negativo sulla salute mentale e fisica delle persone anziane.

Ma il distanziamento sociale, ha prodotto di conseguenza una riduzione dell’attività fisica che sappiamo essere un elemento indispensabile per la salute e la qualità della vita dell’anziano in quanto è in grado di ridurre il decadimento fisico e cognitivo, il rischio di cadute e fratture, la depressione e le sindromi geriatriche, l’ospedalizzazione e la mortalità8. I benefici dell’attività fisica sono rappresentati da un lato dall’aumento della sopravvivenza e della indipendenza funzionale, dall’altro dal miglioramento della qualità della vita sia fisicamente, per il miglior controllo della pressione arteriosa, del profilo lipidico, della sensibilità all’insulina, della densità ossea e dell’aumento della forza e della resistenza, che psicologicamente per il miglioramento della qualità del sonno, del tono dell’umore e delle funzioni cognitive. In sintesi, l’esercizio fisico è uno dei modi più sicuri per migliorare la salute a qualunque età esso si effettui. Precedenti ricerche condotte in occasione di altre quarantene/isolamento hanno documentato gli effetti dell’isolamento sociale sulla salute mentale come l’incremento di depressione, disturbi emotivi, stress ed insonnia9 che hanno indotto ad una maggiore incidenza di suicidi nella popolazione più anziana10. Tuttavia gli effetti del distanziamento sociale causati dal COVID-19 sulla salute della popolazione anziana non sono stati ancora documentati con certezza. Una review di 41 articoli pubblicati fra il 2019 ed il 2020 che includeva solo articoli riguardanti soggetti geriatrici ha approfondito due aspetti importanti:

  1. gli effetti potenziali dell’isolamento sociale causato dalla pandemia da COVID-19 sulla salute fisica e mentale della popolazione anziana;
  2. le raccomandazioni e le attività consigliate da svolgere a casa, per contrastare il declino cognitivo e funzionale.

I risultati emersi dalle ricerche effettuate hanno evidenziato un effetto negativo generale sulla salute mentale nella popolazione anziana studiata durante il periodo d’isolamento ed oltre.

Si sono riscontrati livelli più alti di ansia, depressione, disturbi del sonno11 e rischio di demenza12.

La prevalenza dell’ansia e della depressione varia tra i diversi Studi, con tassi che vanno dall’8,3% al 49,7% per l’ansia e dal 14,6% al 47,2% per la depressione e Santini et al. nel 2020 hanno dimostrato come il distanziamento sociale metta gli anziani a maggior rischio di depressione ed ansia, amplificando, così, il grado di disturbi affettivi già presenti per l’avanzare dell’età. I dati del loro studio sembrerebbero indicare un andamento di reciproco rinforzo fra disturbi affettivi e ritiro sociale. I disturbi affettivi nell’anziano possono, infatti, innescare alla lunga comportamenti di ritiro sociale, pensieri autoreferenziali disfunzionali e peggioramento dei sintomi psichiatrici e questi, a loro volta, tenderebbero ad aggravare i disturbi affettivi e l’ansia preesistente13.

Dagli studi effettuati è emerso anche che potenziali fattori di rischio per l’insorgenza di tali patologie sono:

  • il sesso femminile14;
  • avere una percezione negativa della propria età (ageismo)15;
  • essere un operatore sanitario16;
  • avere scarse risorse economiche personali e familiari15;
  • il tempo trascorso alla ricerca di notizie e informazioni sul COVID-1915;
  • avere o aver avuto un familiare/conoscente ammalato di COVID-19 o una storia pregressa di problemi di salute14.

Ma il distanziamento sociale dovuto alla pandemia induce conseguenze negative anche sulla salute fisica dell’anziano. Come dimostrato in due ricerche di Castaneda-Babarro e Goethals nel 2020 dalle quali è emerso che essi sono legati alla ridotta attività fisica come conseguenza delle restrizioni imposte. Durante il confinamento ed ancor oggi il numero di anziani che frequentano programmi di attività fisica di gruppo ed attività fisica in generale, come il tempo dedicato alle passeggiate, è fortemente diminuito. Gli effetti positivi della partecipazione sociale rappresentati dalla migliore forza muscolare, un apparato respiratorio e polmonare più sano, minori infiammazioni croniche e disabilità rispetto a coloro che non vi partecipano sono venuti a mancare17. La relazione fra l’interazione sociale e la salute fisica opera attraverso meccanismi diversi: stimola il sistema muscolo scheletrico, cardiovascolare, respiratorio e nervoso mediante l’attività fisica necessaria all’espletamento delle funzioni intraprese e il mantenimento dei rapporti sociali18. L’attività fisica genera benefici sulla salute fisica stimolando la contrazione muscolare, il dispendio energetico, diminuendo il sistema infiammatorio e lo stress ossidativo e riducendo la prevalenza dei vari disturbi cronici (diabete, ipertensione, dislipidemia, osteoporosi, depressione ecc.) e di sindromi geriatriche (sarcopenia)19. Da quanto detto conseguono le seguenti raccomandazioni e linee guida per preservare il più possibile la salute mentale e fisica della popolazione anziana costretta a domicilio.

  1. Rafforzare le connessioni sociali utilizzando la tecnologia (video chiamate, applicazioni telefoniche) o tramite la partecipazione a gruppi di supporto telefonici (ove esistenti).
  2. Correggere il proprio stile di vita: applicando delle routine quotidiane, regolarizzando il ritmo sonno-veglia, le abitudini alimentari e l’attività fisica (ginnastica a corpo libero, utilizzo di tapis roulant, cyclette, pedaliere da pavimento).
  3. Impiegare tecniche di rilassamento (respirazione diaframmatica e rilassamento muscolare).
  4. Intraprendere la stimolazione cognitiva (esercizi di stimolazione cognitiva mediante anche l’utilizzo di applicazioni ad hoc) soprattutto per quei soggetti già affetti da deterioramento cognitivo.

In particolare, per quanto riguarda l’attività fisica vengono raccomandati: 150-300 minuti a settimana di attività fisica aerobica di moderata intensità e due sessioni a settimana di allenamento per la forza muscolare, cicli misti di esercizi cardio e di potenziamento da eseguire a casa ed esercizi di coordinazione e di mobilità. Possono essere impiegati a tale scopo applicazioni telefoniche o piattaforme digitali. I caregivers in questo ambito possono avere un ruolo cruciale nel super-visionare ed incentivare le attività svolte al fine di promuovere il benessere fisico e mentale dell’anziano costretto a domicilio. Per ridurre gli stati d’ansia e la sensazione di essere “poco utile”, si raccomanda di far partecipare l’anziano, nei limiti delle sue possibilità, ad adeguate attività quotidiane20, che comprendano il corretto utilizzo dei media evitandone gli eccessi o l’utilizzo di fonti non ufficiali. Occorre spiegare le notizie provenienti dai media in modo chiaro utilizzando anche illustrazioni semplici che possono tornare molto utili soprattutto per la popolazione affetta da decadimento cognitivo. Per aumentare la resilienza della popolazione geriatrica è fondamentale una giusta combinazione tra educazione alla salute e counselling psicologico. Occorre far comprendere all’anziano l’utilità della quarantena per la loro e l’altrui sicurezza adottando un linguaggio semplice e chiaro.

Ma fondamentale per il benessere fisico e psichico dell’anziano è garantire una continuità nei controlli medici e terapeutici anche in piena pandemia e lì dove non sono possibili in presenza anche utilizzando la telemedicina con consulti medici on line21. I trattamenti terapeutici ed i contatti informali online, ma anche telefonate ed SMS, possono essere adottati dagli enti locali e dai familiari stessi per fornire reti di sostegno sociale e un senso di appartenenza, oltre che da professionisti della salute mentale e dal Geriatra per contenere e regolare gli stati ansiosi e depressivi, il senso di impotenza, allarme e panico. I familiari possono comunicare con loro, condividere emozioni, pensieri ed azioni, così come renderli partecipi della vita quotidiana, ascoltarli e fare piccoli progetti per guardare al futuro con un minimo di progettualità. I contatti sociali devono essergli garantiti più che da messaggi, anche se frequenti, meglio da telefonate o videochiamate. Le chat video riducono il rischio di depressione come dimostrato in uno studio longitudinale a cui hanno partecipato più di 1400 soggetti in cui l’uso di chat video riduce di circa la metà l’insorgenza di depressione anche a distanza di anni22 e le chiamate video di facile utilizzo migliorano la funzionalità del cervello, come dimostrato in uno studio del 2015 dove le conversazioni video quotidiane, a differenza delle comunicazioni non-video, mostrano un miglioramento dei soggetti arruolati nei test delle funzioni esecutive basate sul linguaggio23. Le nuove tecnologie, dai telefoni cellulare con l’uso di WhatsApp alle piattaforme video come Skype possono aiutare a limitare i danni che insorgono dalle limitazioni dei contatti relazionali, garantendo il mantenimento dei supporti psicologici già avviati o l’opportunità di attivarne di nuovi se necessario. Queste sono le cose necessarie per non farli sentire soli in questi momenti di chiusura verso l’esterno. Per tutti questi motivi, la nostra ASL Napoli 1 Centro ed in particolare il distretto dove lavoro ha cercato di garantire sempre l’assistenza domiciliare anche nei periodi più difficili del lockdown. Anche nei mesi di chiusura totale ovvero marzo, aprile e maggio 2020, si sono indubbiamente ridotte le visite effettuate in ambulatorio per l’impossibilità dei pazienti di raggiungere la sede ASL, ma non si è ridotta l’assistenza del paziente geriatrico a domicilio, garantendo la continuità assistenziale per tutte le altre patologie croniche sofferte dai pazienti anziani e, con le dovute precauzioni necessarie al periodo, anche per le riacutizzazioni che non presentavano i segni del COVID-19. Un servizio dedicato è stato istituito per i soli pazienti affetti da COVID-19. Questo ha fatto sì che non abbiamo avuto eccessivi peggioramenti delle patologie croniche dei nostri pazienti e, soprattutto dei pazienti con demenza come si può anche evidenziare dal corretto recupero delle visite ambulatoriali nel post-lockdown. Ed abbiamo anche attivato un servizio di ginnastica domiciliare tramite piattaforma digitale per i pazienti in grado di utilizzare tali tecnologie e di eseguire gli esercizi con la guida di fisioterapisti dedicati. Ricordo a tal proposito che oltre 14 milioni di persone in Italia convivono con una patologia cronica e di questi 8,4 milioni sono ultra 65enni. 5 milioni e mezzosono affetti da almeno 3 malattie croniche e 4 milioni presentano disabilità gravi. Già dopo i 65 anni più della metà delle persone convive con una o più malattie croniche e questa quota aumenta con l’età fino ad interessare i 3/4 degli ultra 85enni ed i malati cronici sono quelli più a rischio di sviluppare forme gravi di COVID-19. Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), infatti, le più comuni malattie croniche diagnosticate prima di contrarre l’infezione da COVID-19 nei pazienti deceduti sono:

  • Ipertensione arteriosa (66%);
  • Diabete mellito di tipo II (29,2%);
  • Cardiopatia ischemica (27,8%);
  • Fibrillazione atriale (24,2%);
  • Demenza (23,1%);
  • Insufficienza Renale Cronica (21,1%);
  • Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (17,3%);
  • Tumori attivi negli ultimi 5 anni (17%).

Ma, purtroppo, l’assistenza domiciliare non è stata garantita allo stesso modo su tutto il territorio nazionale. La pandemia ha fatto da stress test al nostro Sistema Sanitario, evidenziando le innumerevoli carenze se non addirittura assenze della rete territoriale di cura ed assistenza socio-sanitaria ed una discutibile resilienza dell’Ospedale non adeguatamente supportato dai servizi di assistenza domiciliare. Tutto questo obbliga ad una riorganizzazione e potenziamento dei servizi sanitari territoriali a partire dagli interventi di cura e l’utilizzo di strumenti di valutazione standardizzati per riconoscere, misurare e trattare la fragilità ed i bisogni delle persone, specialmente quelle con pluripatologie. Dopo oltre un decennio di politiche di contenimento della crescita della spesa che ha visto la sanità fortemente penalizzata, i provvedimenti straordinari per affrontare l’emergenza COVID-19 hanno aperto margini per lo sviluppo delle risorse per la sanità, ben oltre i livelli precedentemente definiti nelle sessioni di programmazione economica dei diversi governi che si sono succeduti nella nostra nazione. Il post-pandemia dovrebbe rappresentare un’assoluta novità, non soltanto in termini quantitativi, ma anche qualitativi ed organizzativi dei servizi sanitari, in genere, e territoriali, in particolare. Il 2020 avrebbe dovuto essere l’anno dell’avvio del potenziamento dell’assistenza a domicilio, con un rafforzamento degli investimenti del Sistema Sanitario Regionale (SSR) di 734 milioni (Decreto Legislativo Rilancio) che avrebbero dovuto consentire il recupero dello storico ritardo dell’Italia nei servizi di assistenza domiciliari.

Ma, rispetto a quanto annunciato, l’implementazione delle risorse per far diventare il domicilio luogo principale dove concentrare gli interventi assistenziali è stata molto più modesta di quella attesa. Nel complesso dal 2019 al 2020 la spesa per le cure domiciliari (incluse quelle palliative) è aumentata soltanto di circa 100.000 euro. Seppur rivelatosi il setting assistenziale dove la spesa è aumentata di più a seguito della pandemia, l’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) continua ad assorbire una quota molto esigua della spesa delle regioni (1,3% nel 2020), ovvero non abbiamo assistito ad un significativo cambiamento del ruolo di questi servizi nel complesso del Sistema Sanitario. Nel corso del 2021, poi, è stata riconosciuta la possibilità per le regioni di utilizzare in maniera flessibile le risorse del Decreto Legislativo Rilancio e ciò ha ulteriormente ridotto l’efficacia della realizzazione degli obiettivi iniziali in quanto le regioni hanno concentrato le loro risorse su altre attività strettamente emergenziali (Terapie Intensive, dispositivi di prevenzione, tamponi ecc.) a discapito dell’auspicata riorganizzazione dei servizi territoriali. Pertanto, secondo un’indagine del 2021, il numero degli over 65enni assistiti in ADI è passato da 391.000 del 2019 a 385.000 del 2020. Le prospettive future non ci consentirebbero di essere ottimisti in quanto il documento di Economia e Finanza 2022 prevede una riduzione della spesa sanitaria sul PIL dal 7% del 2022 al 6,2% del 2025 facendoci intuire che, una volta usciti dal post emergenza, la spinta espansiva tenderebbe ad esaurirsi. Qualche speranza possiamo mantenerla soltanto per il fatto che il 13 luglio 2021 è stato definitivamente approvato il PNRR dell’Italia per decisione di esecuzione del Consiglio dei Ministri, che ha recepito la proposta della Commissione Europea. Il PNRR per la Sanità (missione 6) prevede un efficace miglioramento del Sistema Sanitario Nazionale per rendere le strutture più moderne, digitali e inclusive, garantire equità di accesso alle cure, rafforzare la prevenzione e i servizi sul territorio promuovendo la ricerca ed avviare lo sviluppo di strutture di prossimità, come le Case della Comunità, come punto di riferimento per la risposta ai bisogni di natura a rilevanza sanitaria e sociosanitaria e promuove il potenziamento delle cure domiciliari, affinché la casa possa diventare il luogo privilegiato dell'assistenza, anche se allo stato attuale delle cose ancora non sono stati definiti i passaggi operativi con conseguente slittamento temporale dei benefici attesi. Ma per tali obiettivi sono stati stanziati ingenti somme per la componente 1 della missione 6 per rafforzare le strutture ed i servizi sanitari di prossimità, nonché i servizi di assistenza a domicilio e garantire a tutti i cittadini le stesse possibilità di assistenza indipendentemente dal loro contesto sociale e geografico. Per cui l’obiettivo da perseguire nei prossimi anni è di veder finalmente realizzata una rete di assistenza sanitaria in genere e geriatrica in particolare che garantisca al cittadino la fruizione del miglior setting assistenziale per le sue problematiche facendo sì che tutti i nodi della rete siano giustamente rappresentati. La Centrale Operativa Territoriale deve essere lo strumento organizzativo innovativo che svolge una funzione di coordinamento della presa in carico del cittadino/paziente e di raccordo tra servizi e soggetti coinvolti nel processo assistenziale nei diversi setting: attività territoriali, sanitarie e sociosanitarie, ospedaliere e della rete di emergenza-urgenza, in modo tale da garantire la continuità, la facile accessibilità e la integrazione della assistenza sanitaria e sociosanitaria.


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