Oltre la rivascolarizzazione
L’ulcera ischemica, come e più degli altri tipi di ulcera, espone il Clinico ad un doppio rischio: preoccuparsi del trattamento della lesione, perdendo tempo prezioso per la terapia eziopatogenetica, o trattare la causa dell’ulcera e abbandonare la cura locale.
Nella gestione dell’ulcera ischemica vanno sempre considerate una serie di procedure che vanno oltre la rivascolarizzazione: correzione di alterazioni osteoarticolari e presidi di scarico, debridement dei tessuti necrotici o infetti, corretta preparazione del fondo della lesione.
L’importanza di tale atteggiamento terapeutico è largamente condivisa e rientra nel concetto della preparazione del letto dell’ulcera (Wound bed preparation), che consiste nella “gestione globale e coordinata della lesione volta ad accelerare i processi endogeni di guarigione e a promuovere l'efficacia di altre misure terapeutiche”1-3. Prende in esame carica necrotica, carica cellulare e quota di essudato al fine di valutare l’efficacia di un iter terapeutico.
Questo approccio è stato caratterizzato con l’acronimo TIME (T = debridement tessutale, I = trattamento dell’infiammazione e dell’infezione, M= gestione dell’essudato, E= stimolo alla riepitelizzazione a partenza dai margini della lesione)4.
La storia insegna
L’esigenza di curare ferite, piaghe, ulcere appartiene alla storia dell’uomo. Già nelle tavole sumeriche, risalenti al 2100 a.C., si descrivono “tre gesti per la guarigione” per la guarigione di una lesione cutanea: lavare la ferita con acqua calda e birra; formare lamine con erbe miste, unguenti e oli profumati; fasciare la ferita5. In fondo sono tre gesti che mantengono ancora la loro validità.
Una vera rivoluzione nel trattamento delle ulcere cutanee si deve a Cesare Magati, chirurgo presso l’Ospedale di Ferrara, successivamente ritiratosi in un convento di Cappuccini con il nome di padre Liberato da Scandiano. Magati sostenne che la medicazione deve essere ripetuta raramente (De rara medicatione vulnerum, Venezia 1616) per non disturbare il normale processo di cicatrizzazione.
In seguito furono pubblicati diversi libri dedicati al trattamento delle ulcere delle gambe, che mettevano in guardia dall’abuso di unguenti e cerotti6.
I moderni concetti: l’ambiente umido
Un contributo fondamentale allo sviluppo delle moderne medicazioni viene dalle osservazioni di George Winter (1927-1981), inglese, che, mentre lavora al Department of Biomechanics and Surgical Materials della Università di Londra, pubblica sulla prestigiosa rivista scientifica Nature un lavoro sperimentale intitolato “Formation of the scab and the rate of epithelisation of superficial wounds in the skin of the young domestic pig”7. Egli, coprendo una lesione superficiale indotta su cute di due maiali domestici con una pellicola di materiale occlusivo in polietilene, ottiene al di sotto di essa un ambiente caldo e umido in grado di garantire una riepitelizzazione due volte più rapida se confrontata con la guarigione di un’analoga lesione ma esposta all’aria. Tale studio ha stabilito il principio della guarigione in ambiente umido e ha introdotto il concetto di interazione fra medicazione e lesione con lo scopo finale di creare un ambiente idoneo all’accelerazione del processo riparativo. L’esperienza di Winter fu confermata sull’uomo l’anno successivo, sempre su Nature, dai dermatologi Cameron Hinman e Howard Maibach8.
La fisiopatologia della riparazione tessutale
La conoscenza dei complessi meccanismi della riparazione tessutale e delle interazioni tra cellule ha permesso di capire il ruolo centrale dei macrofagi nel blocco, alla fase di infiammazione, del processo di guarigione e l’importanza di ricostituire un adeguato tessuto di sostegno alle cellule che, dai bordi della lesione, devono scivolare verso il centro per completare la riepitelizzazione.
Il microambiente con il giusto grado di umidità, l’assenza di infezione, il tessuto che riproduca le caratteristiche biomeccaniche e biochimiche della matrice extracellulare, distrutta dall’evento che ha portato alla formazione dell’ulcera, sono gli obiettivi delle medicazioni avanzate e dei sostituti dermici.
Le medicazioni avanzate
Nel corso del tempo sono state proposte varie classificazioni delle medicazioni avanzate, in relazione alla loro composizione, funzione e modalità di azione. I costituenti principali sono rappresentati da idrocolloidi, idrogel, schiume di poliuretano, idrofibre, film semipermeabili6.
Le medicazioni a base di idrocolloidi si presentano generalmente con uno strato esterno costituito da un film di poliuretano ed uno interno costituito da una miscela di idrocolloidi Data la loro impermeabilità favoriscono la reidratazione e lo sbrigliamento autolitico delle lesioni secche con asportazione del tessuto necrotico; favoriscono inoltre la granulazione esercitando un’azione di assorbimento e controllo dell’essudato, la cui componente acquosa viene rilasciata nell’ambiente esterno, attraverso lo strato di poliuretano, sotto forma di vapore acqueo. Presenti in una serie di formati e preparazioni (adesive, paste, polveri) sono utilizzate in caso di essudazione medio-bassa.
Gli idrogel sono gel sterili costituiti da idrocolloidi naturali dispersi in un substrato trasparente e viscoso. Presenti in forma fluida e di garza, creano un ambiente umido che aiuta a promuovere i naturali processi autolitici per la rimozione del tessuto necrotico. Sono utilizzati per il trattamento di lesioni con presenza di necrosi o escara.
Le schiume di poliuretano presentano uno strato esterno impermeabile ed idrorepellente, vera barriera per batteri e fluidi, ed uno strato interno, particolarmente assorbente, a struttura alveolare tridimensionale o a celle idropolimeriche che intrappola l’essudato impedendone il rilascio anche sotto terapia elastocompressiva. Permettono la formazione ed il mantenimento di un ambiente umido sulla superficie della ferita, impedendo la formazione dell’escara e promuovendo una guarigione rapida e indolore. Si conformano perfettamente al letto della lesione mantenendo l’ambiente umido ideale per il processo di guarigione. Presenti sotto forma di medicazione, cuscinetti per le cavità e sagomate, sono indicate nelle lesioni ad essudato medio o abbondante.
Le idrofibre sono costituite da fibre idrocolloidali caratterizzate da un’eccezionale capacità di assorbenza e ritenzione dei fluidi. A contatto con l’essudato della lesione, formano un gel soffice e compatto che, mantenendo l’ambiente umido, stimola una pronta riparazione tissutale. La particolare struttura garantisce un rapido assorbimento verticale dell’essudato, evitando la macerazione della cute perilesionale. Sono particolarmente indicate nel trattamento di lesioni ad essudato abbondante.
Gli alginati costituiscono medicazioni soffici in tessuto non tessuto, costituite da fibre di alginato di calcio-sodio. Inglobano l’essudato e ne permettono, come per l’idrofibra, la diffusione solo in senso verticale, proteggendo la cute perilesionale. Facilmente adattabili al fondo della lesione, hanno una buona capacità di assorbimento ed una buona azione emostatica. Vengono utilizzati in lesioni con essudato da moderato ad abbondante, anche infette.
I film semipermeabili sono pellicole trasparenti di poliuretano permeabili al vapor acqueo e all’ossigeno e impermeabili all’acqua e ai microorganismi. Disponibili in forme adesive e non adesive, mantenendo un ambiente umido, sono utilizzati negli stadi terminali del processo di guarigione o come medicazioni secondarie.
Altri presidi fondamentali nella gestione delle lesioni ulcerative sono rappresentate dalle medicazioni biologiche, costituite da varie componenti della matrice extracellulare (collagene, acido ialuronico), che stimolano la guarigione fornendo uno scaffold strutturale e favorendo le interazioni cellulari.
Nel corso dell’ultima revisione dei livelli essenziali di assistenza (LEA), eseguita dal Ministero della sanità 6 anni fa e pubblicata sulla gazzetta ufficiale il 18/3/2017, sono stati presi in considerazione i principali principi attivi con le relative indicazioni per la medicazione delle ulcere (Tab. 1).
Tab. 1. I nuovi LEA in G.U. del 18/03/2017.
I sostituti dermici
I sostituti dermici sono prodotti di ingegneria tessutale, di origine umana o animale, decellularizzati che posseggono la capacità di riprodurre le funzioni strutturali, biomeccaniche e biochimiche della matrice extracellulare e quindi costituire un substrato idoneo per una rapida colonizzazione da parte delle cellule dell’ospite. Si basano su componenti della matrice extracellulare, principalmente collagene, processati in una strutturale tridimensionale porosa, per ottenere prodotti che presentino una microarchitettura (porosità e diametro dei pori), carica di superficie ed elasticità ottimali. L’obiettivo è ottenere un ambiente che riproduca il naturale tessuto di sostegno alle cellule deputate alla riepitelizzazione. Il loro utilizzo trova indicazione per quelle ulcere cutanee croniche che non guariscono con la terapia convenzionale sia perché sono insorte da tempo, sia perché interessano strutture profonde, sia perché hanno raggiunto notevoli dimensioni.
Le percentuali di attecchimento e guarigione delle lesioni possono essere aumentate dall’applicazione della pressione negativa. Dopo un innesto di sostituto dermico si può ricorrere ad un innesto epidermico autologo o ottenere la guarigione con la riepitelizzazione cellulare dai bordi della lesione.
Studi sono in corso per migliorare l’efficacia delle medicazioni, in particolar modo per combattere il pericolo di infezioni e formazione di biofilms. Per le matrici dermiche acellulari vantaggi potranno venire da processi di ingegneria tessutale che ne permettano una vascolarizzazione o una loro popolazione con cellule staminali.
Terapie cellulari
Si basano sull’impiego di cellule staminali, prelevate dal midollo osseo o dal tessuto adiposo, e in grado di differenziarsi per un particolare tipo di tessuto. Possono essere inoltre utilizzate altre cellule terapeuticamente attive, come cheratinociti e fibroblasti, derivati da biopsie cutanee, o cellule del sangue come piastrine e leucociti, ricche in fattori di crescita, e monociti, che accelerano la neovascolarizzazione9.
Innovazioni tecnologiche
Appartengono già al presente metodiche innovative che si basano sulle onde d’urto, i campi elettromagnetici, la fotobiomodulazione, il rilascio continuo di ossigeno. Grandi potenzialità provengono dalle nanotecnologie, in grado di agire sulla complessità del processo di guarigione, su cellule e molecole coinvolte nella fisiopatologia della riparazione tessutale10.
La telemedicina offre un ulteriore supporto che, nella esperienza di molti Autori, può migliorare la qualità delle cure e accelerare la guarigione delle lesioni9.
Uno sguardo al futuro
Viviamo in una epoca di alto sviluppo tecnologico e la bioingegneria tessutale e la nanotecnologia offrono soluzioni terapeutiche affascinanti, come equivalenti cutanei popolati di cellule attive, medicazioni con cellule staminali, medicazioni con macrofagi polarizzati verso la fase di induzione della riepitelizzazione, stampa tridimensionale tessuti, utilizzando un bioinchiostro contenente cellule viventi coltivate in vitro o attraverso idrogel in grado di incapsulare le cellule e favorire la diffusione di ossigeno e sostanze nutritive11.
È auspicabile che tali progressi si manifestino sempre in un contesto culturale, basato su studi di alta qualità ed evidenza, e socioeconomico, basato su un rapporto costo-beneficio ottimale.