Prof. Marco Cavallini

Professore Associato di Chirurgia, Direttore Master Universitario Gestione delle Lesioni Cutanee (Wound Care); Dipartimento di Scienze Medico-Chirurgiche e di Medicina Traslazionale, “Sapienza” Università di Roma

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2022-2023

Vol. 67, n° 4, Ottobre - Dicembre 2023

ECM: Ulcere vascolari degli arti inferiori: nuovi approcci ad una patologia antica

23 maggio 2023

Copertina Atti Quarto Trimestre 2023 per sito.jpg

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Il Diabete: una sfida ulteriore

M. Cavallini

Il piede diabetico rappresenta una delle complicanze più severe del diabete mellito (DM) oltre che la prima causa di amputazione non traumatica degli arti inferiori; si stima, infatti, che ogni anno più di un milione di persone con DM siano sottoposte a trattamento demolitivo come conseguenza di questa condizione. Il management del piede diabetico è oggetto di Linee Guida che, tuttavia, lasciano aperte questioni di gestione delle lesioni per le quali le raccomandazioni relative ad alcuni aspetti non raggiungono un forte livello di evidenza. Ciò rappresenta, oltre che una potenziale fonte di incertezza decisionale, uno spunto da cui partire per chiarire aspetti legati al management di questi pazienti nella realtà italiana.


Diabete mellito: inquadramento della patologia e complicanze ad essa associate

Il diabete mellito (DM) comprende un gruppo di disturbi metabolici, causati da una complessa interazione di fattori genetici, immunologici ed ambientali, che condividono il fenotipo dell’iperglicemia a larghissima diffusione nel mondo ed è caratterizzato da complessità nosografica, patogenetica (distruzione delle cellule beta pancreatiche e carenza insulina nel tipo 1, insulino-resistenza, anomala increzione insulinica ed eccessiva produzione epatica di glucosio nel tipo 2) e clinica.

La patologia si rende, infatti, responsabile di modificazioni fisiopatologiche sistemiche, talvolta severe e disabilitanti,note come complicanze micro- e macro-vascolari, che impattano notevolmente sul paziente e sul Sistema Sanitario Nazionale, rappresentando la causa principale di insufficienza renale terminale, neuropatia sensitiva, cecità ed amputazioni non traumatiche degli arti inferiori, nonché la concausa nel 40-50% dei casi di infarto ed ictus. L’incidenza di DM è in aumento a livello mondiale, con circa 250.000 nuovi caso/anno, riconducibile prevalentemente all’invecchiamento della popolazione ed all’incremento di fattori predisponenti (tra cui sovrappeso, obesità e sedentarietà) rappresentando, quindi, una delle principali cause di morbilità e mortalità. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) la prevalenza di DM è pari a 52 milioni di persone affette in Europa e 346 milioni nel mondo, con una notevole variabilità in funzione dell’area geografica. In Italia, i dati ISTAT 2015 affermano che ad essere diabetico è il 5.4% della popolazione1, 2, di cui il 90% è rappresentato dal DM tipo 2 ed il 10% dal DM tipo 1. Le complicanze croniche del DM sono responsabili della maggior parte dei casi di morbilità e mortalità dovuti alla patologia e vengono suddivise in complicanze vascolari, ulteriormente classificate in microvascolari (retinopatia, nefropatia e neuropatia) e macrovascolari (coronaropatia, arteriopatia periferica e malattia cerebrovascolare) e non vascolari, che annoverano alterazioni cutanee ed infezioni.


La Sindrome del Piede Diabetico: prevalenza, patogenesi e relative complicanze

Il piede diabetico, una delle complicanze più severe del DM, è definito dalla presenza di aree di ulcerazioni e/o distruzione dei tessuti profondi associate ad un grado variabile di neuropatia ed arteriopatia periferica. Rappresenta la prima causa di amputazione non traumatica degli arti inferiori (che nell’85% dei casi è preceduta da ulcerazioni) nonché un frequente motivo di ricovero in questi pazienti34 ed un fattore indipendente prognostico negativo nell’aspettativa di vita5. Prevalenza ed incidenza delle ulcere nel piede diabetico sono variabili e spesso discordanti. Complessivamente, si stima che in Europa la prevalenza di lesioni ulcerative al piede in pazienti diabetici sia pari al 5.5% di cui circa il 70% va incontro a guarigione mentre poco meno del 30% esita in amputazione6. Si stima che globalmente, ogni 20 secondi, un paziente perda una porzione maggiore di arto od una più distale e periferica a causa di tale patologia4. I fattori di rischio per lo sviluppo di lesioni ulcerative al piede includono in generale il sesso maschile, tabagismo, DM tipo 2, età avanzata, durata di malattia superiore a 10 anni, neuropatia periferica e/o arteriopatia obliterante a carico degli arti inferiori, ipertensione, retinopatia, nefropatia diabetica, scarso controllo glicemico, anamnesi positiva per precedenti ulcerazioni, morfologia e struttura anomala del piede (presenza di anomalie ossee, callosità, ispessimenti ungueali), uso di calzature inappropriate, basso livello economico e culturale. Le complicanze a carico degli arti inferiori nei pazienti diabetici hanno una patogenesi multifattoriale che coinvolge diversi aspetti; tra questi la neuropatia e vasculopatia periferica rivestono un ruolo fondamentale. La neuropatia periferica, interferendo con la nocicezione, determina ipoestesia predisponendo, quindi, a traumi senza che il paziente avverta dolore. Inoltre, l’alterazione della capacità propriocettiva, causando un’anomalia di carico in fase di deambulazione, determina stress biomeccanico, sofferenza a livello dermico con conseguente ipossia cellulare, emorragie sottocutanee ed ulcerazioni tissutali; infine, la neuropatia autonomica, che si manifesta con anidrosi ed alterazioni della circolazione superficiale, predispone a secchezza cutanea e fissurazioni. La sofferenza muscolare più periferica, inoltre, comporta una prevalenza della muscolatura più prossimale che favorisce lo sviluppo di atteggiamenti strutturali a rischio di lesione quali il dito a martello, il piede cavo e la sub-/lussazione metatarso falangea. In alcuni casi di piede neuropatico la fragilità delle strutture ossee espone alla frattura di zone del mesopiede o del retropiede (il piede di Charcot). L’arteriopatia periferica è presente nel 50% dei pazienti con ulcera del piede diabetico ed è generalmente causata da aterosclerosi con diminuzione od interruzione del flusso ematico in una o più delle principali arterie dell’arto inferiore7. Tuttavia, un tasso ristretto di tali ulcerazioni (<1/5) è puramente su base ischemica, essendo la maggior parte di esse neuropatiche o neuro-ischemiche (ovvero causate da neuropatia ed ischemia combinate)8. Le ulcerazioni neuropatiche si caratterizzano per sede (in zone di ipercarico o di frizione come le teste metatarsali), morfologia (margini irregolari con margini perilesionali ipercheratosici) e mancanza di dolore. Differente è, al contrario, l’aspetto dell’ulcerazione su base vascolare che tipicamente ha sede in zone come il tallone o le estremità delle dita e presenta margini regolari, ben definiti con cute perilesionale atrofica, desquamante ed il più delle volte è accompagnata da dolore intenso o che si esacerba con il decubito supino9. L’inquadramento della patologia è indispensabile per un’adeguata gestione delle lesioni ulcerative e delle complicanze ad esse associate. L’infezione dell’ulcera è, infatti, una grave condizione che aumenta notevolmente il rischio di amputazione. La diagnosi clinica di infezione acuta può essere posta in presenza di almeno 2 classici segni di infiammazione locale tra cui rossore, gonfiore, dolore, indurimento/edema, calore al termotatto o essudato purulento. Non meno insidiosa la progressione di questa fase acuta in quella cronica, dove la presenza di biofilm rappresenta una condizione da trattare con attenzione perché in grado di ostacolare e ritardare per mesi i fisiologici processi della guarigione tessutale.


Il Team multidisciplinare

Le cause responsabili delle ulcere al piede nei pazienti diabetici sono complesse, tanto da parlare oggi di Sindrome del piede diabetico, e richiedono l’impegno di molteplici figure, con vari interventi da realizzare nell’ambito di un periodo di assistenza prolungato. Gli operatori sanitari esperti in differenti specialità devono, quindi, essere coinvolti nella gestione del piede diabetico, al fine di dare un contributo specifico in relazione al proprio settore di esperienza. Il management del piede diabetico ha come obiettivo primario la prevenzione di ulcere e come secondario quello di evitare estensione del quadro infettivo locale, della progressione della sofferenza tessutale e del ricorso all’amputazione minore o maggiore (conseguenti alla presenza di un’ulcera nell’85% dei casi) al fine di ridurre l’inevitabile impatto economico e psicosociale. A fronte dell’eterogenea complessità della patologia, quindi, si rende necessaria una gestione multidisciplinare che garantisca un’efficace collaborazione tra le numerose figure professionali coinvolte10, 11, a cui si aggiunge la necessità di responsabilizzare ed educare il paziente all’autogestione mediante cura del piede e l’uso di calzature adeguate. L’aderenza alle indicazioni terapeutiche e di medicazione, del paziente, dei familiari e del caregiver a domicilio, infatti, rappresentano un punto critico e nodale per la riuscita del programma terapeutico. Il modello assistenziale deve, quindi, prevedere la cooperazione tra diversi professionisti a livello ospedaliero e sul territorio nelle diverse fasi della prevenzione o di cura dell’ulcera (medico di Medicina Generale, diabetologo, infettivologo, radiologo, neurologo, chirurgo generale, chirurgo vascolare, ortopedico, infermiere, dietista, podologo, tecnico ortopedico, psicologo e/o psichiatra e farmacista) che operino al fine di garantire la presa in carico del paziente in una visione olistica che contempli modalità comunicative e relazionali adeguate12. La presenza di un team multidisciplinare per la cura del piede diabetico ha dimostrato un 49-85% di riduzione nel tasso di amputazione12, 13.

La corretta gestione di una lesione periferica più grave, poi, è condizionata da due principali criticità: da un lato i costi sanitari10, correlati al trattamento conservativo che spesso richiede l’ospedalizzazione del paziente, dall’altro i dati della letteratura che evidenziano, oltre alle spese relative alla fase di protesizzazione e di riabilitazione psico-fisica, un aumentato tasso di mortalità tra i pazienti di età più avanzata sottoposti ad amputazione maggiore. In questo contesto, proprio per la disomogeneità di approcci e risorse disponibili sul territorio, si sottolinea la necessità di attenersi alle Linee Guida, che rappresentano, comunque, uno strumento di buona pratica clinica convalidato da panel di esperti, oltre che di tutela per il clinico chiamato a gestire situazioni complesse non scevre di risvolti medico-legali.

Tuttavia, nonostante il management del piede diabetico sia oggetto di specifiche raccomandazioni, restano aperte questioni di gestione delle lesioni dove le linee di indirizzo non raggiungono un forte livello di evidenza mentre l’esperienza del singolo operatore può risultare determinante nell’adottare soluzioni consolidate e più efficaci per il singolo paziente.

Un potenziale obiettivo futuro è l’organizzazione di trial che si focalizzino sulle criticità per le quali, al momento, i dati in letteratura risultano insufficienti.

La gestione clinica di questi pazienti deve pertanto essere supportata da una adeguata organizzazione del territorio attraverso l’individuazione di PDTA specifici, della diffusione capillare ed utilizzo della telemedicina e di operatori sul territorio competenti e qualificati a svolgere le necessarie attività cliniche di prevenzione diagnosi e cura delle lesioni. In questo contesto il Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale per i pazienti diabetici con problemi del piede dovrà confrontarsi con la realtà degli operatori presenti, l’organizzazione e la modulistica già presenti nelle strutture del territorio e di terzo livello oltre che essere inquadrata nell’ambito delle indicazioni del documento Finanziato dall’Unione Europea Nextgeneration E1J, Modelli e standard per lo sviluppo dell’Assistenza Territoriale nel Servizio Sanitario Nazionale tra cui:
“2.  SVILUPPO DELL'ASSISTENZA TERRITORIALE NEL SSN”.

Il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), uno dei primi al Mondo per qualità e sicurezza, istituito con la legge n. 833 del 1978, si basa su tre principi fondamentali: universalità, uguaglianza ed equità. Il perseguimento di questi principi richiede un rafforzamento della sua capacità di operare come un sistema vicino alla comunità, progettato per le persone e con le persone.

In tale ottica e contesto si inserisce la necessità di potenziare i servizi assistenziali territoriali per perseguire la garanzia dei LEA, riducendo le disuguaglianze, e contestualmente costruendo un modello di erogazione dei servizi condiviso ed omogeneo sul territorio nazionale.

L'Assistenza Primaria rappresenta la prima porta d'accesso ad un servizio sanitario. Essa rappresenta infatti l'approccio più inclusivo, equo, conveniente ed efficiente per migliorare la salute fisica e mentale degli individui, così come il benessere della società. La Direzione Generale della Commissione Salute Europea (DG SANCO), nel 2014, definisce l'Assistenza Primaria come: “l'erogazione di servizi universalmente accessibili, integrati, centrati sulla persona in risposta alla maggioranza dei problemi di salute del singolo e della comunità nel contesto di vita. I servizi sono erogati da équipe multiprofessionali, in collaborazione con i pazienti e i loro caregiver, nei contesti più prossimi alla comunità e alle singole famiglie, e rivestono un ruolo centrale nel garantire il coordinamento e la continuità dell'assistenza alle persone”.

Il SSN persegue, pertanto, questa visione mediante le attività distrettuali, la pianificazione, il rafforzamento e la valorizzazione dei servizi territoriali, in particolare:
•  attraverso lo sviluppo di strutture di prossimità, come le Case della Comunità, quale punto di riferimento per la risposta ai bisogni di natura sanitaria, sociosanitaria a rilevanza sanitaria per la popolazione di riferimento;
• attraverso il potenziamento delle cure domiciliari affinché la casa possa diventare il luogo privilegiato dell'assistenza;
•  attraverso l'integrazione tra assistenza sanitaria e sociale e lo sviluppo di équipe multiprofessionali che prendano in carico la persona in modo olistico, con particolare attenzione alla salute mentale e alle condizioni di maggiore fragilità ("Planetary Health"); con logiche sistematiche di Medicina di iniziativa e di presa in carico, attraverso la stratificazione della popolazione per intensità dei bisogni;
•  con modelli di servizi digitalizzati, utili per l'individuazione delle persone da assistere e per la gestione dei loro percorsi, sia per l'assistenza a domicilio, sfruttando strumenti di telemedicina e telemonitoraggio, sia per l'integrazione della rete professionale che opera sul territorio e in ospedale; attraverso la valorizzazione della co-progettazione con gli utenti;
•  attraverso la valorizzazione della partecipazione di tutte le risorse della comunità nelle diverse forme e attraverso il coinvolgimento dei diversi attori locali (Aziende Sanitarie Locali, Comuni e loro Unioni, professionisti, pazienti e loro caregiver, associazioni/organizzazioni del Terzo Settore, ecc.).

In questo ambito le farmacie convenzionate con il SSN, ubicate uniformemente sull'intero territorio nazionale, costituiscono presidi sanitari di prossimità e rappresentano un elemento fondamentale ed integrante del Servizio sanitario nazionale.

In particolare, la rete capillare delle farmacie convenzionate con il SSN assicura quotidianamente prestazioni di servizi sanitari a presidio della salute della cittadinanza: in tale ambito vanno inquadrate la dispensazione del farmaco, per i pazienti cronici la possibilità di usufruire di un servizio di accesso personalizzato ai farmaci, la farmacovigilanza, le attività riservate alle farmacie dalla normativa sulla C.d. "Farmacia dei Servizi" (D. Lgs. 153/2009) e l'assegnazione delle nuove funzioni, tra le quali le vaccinazioni anti-Covid e antinfluenzali, la somministrazione di test diagnostici a tutela della salute pubblica. Quanto appena descritto, circa le attività svolte dalle farmacie, si innesta integralmente con le esigenze contenute nel PNRR riguardanti l'assistenza di prossimità, l'innovazione e la digitalizzazione dell'assistenza sanitaria. Il presente documento definisce modelli organizzativi, standard e le principali tematiche connesse agli interventi previsti nell'ambito della Missione 6 Component I "Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l'assistenza sanitaria territoriale" del PNRR, che sono considerate in una ottica più ampia ed integrata anche attraverso l'analisi di strumenti e ruoli trasversali propedeutici al potenziamento dell'assistenza territoriale.


BIBLIOGRAFIA

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