Anno Accademico 2023-2024

Vol. 68, n° 2, Aprile - Giugno 2024

Simposio: Donna e Prevenzione

08 marzo 2024

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Il cuore della donna e la prevenzione

A. Boccanelli

Le cardiopatie non discriminano tra generi e sono il principale killer sia degli uomini che delle donne. È comunque assodato il preconcetto a danno delle donne riguardo le malattie cardiovascolari. La tendenza infatti è quella di relegare ogni patologia cardiovascolare al mondo maschile: un retaggio culturale conosciuto come sindrome di “Yentl”. Questo termine deriva dal personaggio del racconto “Yentl The Yeshiva Boy” di Isaac Bashevis Singer. Narra la storia di una ragazza ebrea costretta a vestirsi da uomo, radersi i capelli e farsi passare per un maschio per riuscire a studiare nella scuola.

Analogamente, molti sintomi di cardiopatie sono ritagliati sul racconto maschile: si pensi per esempio al dolore toracico di origine ischemica miocardica. La narrazione più accreditata è quella del dolore toracico forte, costrittivo, retrosternale, irradiato al giugulo e al braccio sinistro. Spesso i sintomi della cardiopatia ischemica sono più sfumati nella donna, ma si tende a non accreditarli proprio perché la descrizione è tarata sul racconto maschile.

Per quanto riguarda l’anatomia e la fisiologia, il cuore della donna è di minor peso rispetto a quello maschile, ha una diversa composizione proteica e un differente funzionamento delle arterie. Inoltre, con l’avanzare dell’età, sviluppa in maggiore misura tessuto connettivo, che ne rende più rigide le pareti. Le ripercussioni dal punto di vista patologico riguardano principalmente le arterie coronarie che, nel cuore femminile, entrano in spasmo più facilmente. La maggiore rigidità di parete predispone alla disfunzione diastolica.

Relativamente alla distribuzione dei fattori di rischio, alcuni possono essere catalogati come sesso-specifici (menopausa precoce, diabete in gravidanza, ipertensione in gravidanza, ovaio policistico, disordini autoimmuni). Sono fattori di rischio condivisi con l’altro sesso l’ipertensione, la dislipidemia, il diabete, l’obesità, una dieta non sana, uno stile di vita sedentario, il fumo di sigaretta. Alcuni fattori di rischio non vengono abitualmente riconosciuti, di origine psico-sociale, spesso legati a violenza del partner, deprivazione socio-economica, un basso livello culturale e fattori di rischio ambientale.

In generale gli estrogeni riducono l’attività reninica e la produzione di aldosterone, hanno un effetto vasodilatatore e riducono la fibrosi e raggiungono il loro picco nella donna intorno ai 30 anni per poi andare incontro ad un calo progressivo. Analogamente, il testosterone, che ha effetti opposti rispetto agli estrogeni, raggiunge nell’uomo il picco tra i 20 e i 40 anni per poi calare, per cui, andando avanti con gli anni, molte delle differenze legate al genere vanno attenuandosi.

Relativamente alla diagnosi, generalmente si può dire che il rischio di morte per le donne a causa di mancata diagnosi è 1,7 volte maggiore di quello degli uomini. In uno studio di Washington1 su 1.078 soggetti esaminati per idoneità a trombolisi, il 39% delle donne erano troppo vecchie, il 59% aveva elettrocardiogrammi non diagnostici e il 30% arrivava in Ospedale troppo tardi. Delle donne eleggibili, il 55% ricevette effettivamente il farmaco confrontato con il 78% degli uomini.

Per quanto riguarda l’elettrocardiogramma da sforzo, un risultato equivoco lo si può osservare nel 35% delle donne. Quando si combina la prova da sforzo con l’imaging nucleare, il tasso di accuratezza migliora, purché l’esaminatore sia preparato a tener conto degli artefatti legati al tessuto mammario. Nella donna può esser preferibile uno stress test farmacologico piuttosto che da sforzo. Lo stress combinato con ecocardiografia è più accurato nella diagnosi delle cardiopatie nelle donne.

È meno probabile che le donne con attacco cardiaco e angina instabile o stabile vengano indirizzate a coronarografia a parità di diagnosi con l’uomo. Non si sa se questo rifletta un sottouso dell’angiografia nelle donne o un sovrauso nell’uomo.

Relativamente alla rivascolarizzazione, la mortalità da complicazioni per angioplastica nella donna è superiore a quella dell’uomo (circa 4 volte): le donne che vanno incontro ad angioplastica sono generalmente più anziane degli uomini e più probabilmente hanno più di frequente altre condizioni come diabete e ipertensione. Comunque il tasso di mortalità per by-pass aorto-coronarico nelle donne è significativamente maggiore in tutti i gruppi di età. Una possibile spiegazione è la minore taglia delle donne. In uno studio della Cleveland Clinic il tasso di mortalità delle donne rispetto a quello dell’uomo era approssimativamente 3:1.

Per lo Scompenso Cardiaco (SC) possiamo considerare le diverse espressioni di genere (Tab. 1) e lo SC ad eziologia sesso-specifica. Le donne sono rappresentate nei trial sullo SC in misura decisamente inferiore rispetto agli uomini e rappresentano circa il 27% dei partecipanti2. Gli estrogeni hanno un’azione protettiva sul miocardio e sull’endotelio e rallentano lo sviluppo di ipertrofia e SC durante l’età fertile, in quanto riducono la massa, la fibrosi ventricolare e i livelli di renina e aumentano la vasodilatazione. Le donne sviluppano lo scompenso cardiaco più tardi, con una migliore frazione di eiezione del ventricolo sinistro ed è più frequente lo SC a funzione sistolica conservata. La diagnosi spesso è più tardiva in quanto i sintomi sono più sfumati ed ambigui. C’è un elevato livello di comorbilità confondente, la componente emotiva femminile è più spiccata e spesso questa influenza il medico e lo induce a sottovalutare3. I fattori di rischio per SC sono simili nei due sessi, ma i rischi relativi sono differenti. Verificando i dati derivanti dallo studio PARADIGM-HF e ATMOSPHERE4 i sintomi femminili dello SC sono peggiori, la qualità della vita è peggiore ma la sopravvivenza è migliore e più lunga ma con minore tasso di ospedalizzazione. Per quanto riguarda le comorbosità che accompagnano lo SC nelle donne sono più frequenti ipertensione arteriosa, distiroidismo, depressione, fibrillazione atriale, mentre negli uomini prevalgono la BPCO, la coronaropatia, la vasculopatia periferica e l’insufficienza renale.

L’ipertensione arteriosa precede lo SC nel 59% delle donne a confronto col 39% degli uomini. Più donne che uomini con SC avrebbero malattie valvolari.

Diabete e obesità: l’incidenza di SC in giovani donne diabetiche è doppia rispetto ai maschi e il diabete aumenta di 2-4 volte il rischio di sviluppare la malattia (la cardiomiopatia diabetica). Il beneficio legato al genere femminile viene meno in presenza di diabete mellito. Le donne in sovrappeso inoltre hanno il 50% in più di rischio di SC delle normopeso e un rischio di morte aumentato rispetto agli uomini in corso di infarto miocardico acuto.

La malattia coronarica come causa di SC è meno frequente nelle donne che negli uomini ma è un importante fattore di rischio in quanto le donne con cardiopatia ischemica hanno più probabilità di sviluppare SC rispetto alle donne affette da sola ipertensione arteriosa.

 


Tab. 1. Differenze di genere nello scompenso cardiaco.

 

Nello SC ad eziologia sesso-specifica le tre condizioni principali sono la Sindrome di Takotsubo, lo scompenso legato alla chemioterapia e la cardiomiopatia peripartum.

La cardiomiopatia di Takotsubo è presente in circa il 90% nel sesso femminile generalmente sopra i 50 anni. È favorita dalla disfunzione endoteliale derivante dai ridotti livelli di estrogeni durante la menopausa, con disorientamento dell’asse neurosimpatico con disfunzione della vasoreattività coronarica. Consiste in una discinesia transitoria dell’apice ventricolare sinistro, accompagnata da alterazioni elettrocardiografiche ed enzimatiche che possono simulare l’infarto miocardico acuto. Tipicamente c’è assenza di coronaropatia ed è attribuibile ad uno spasmo coronarico indotto da aumentato rilascio di catecolamine. Gli ormoni sessuali femminili influenzano l’asse neurosimpatico e la vasoreattività coronarica e la loro carenza favorisce disturbi che portano alla sindrome di Takotsubo.

La cardiomiopatia peripartum si può verificare in assenza di cardiopatia pre-esistente nell’ultimo mese di gravidanza e nei 5 mesi successivi al parto. L’incidenza è di circa di 1 su 3000-4000 parti. Sono fattori di rischio per lo sviluppo di questa cardiomiopatia la multiparità, l’età avanzata della madre, la gravidanza gemellare, la preeclampsia, l’ipertensione gravidica ed è più frequente nelle donne africane. L’eziologia è incerta (miocardite virale, riduzione delle difese immunitarie, reazione autoimmune, malnutrizione, aumento dello stress ossidativo, anomalie genetiche della STAT 3 responsabile della produzione di una forma di prolattina antiangiogenica e pro-apoptotica). È probabile che il trattamento con inibitori dei recettori della prolattina possa essere efficace5.

Qualche considerazione a parte merita il legame tra tumore del seno e SC. Il Cardiologo gioca un ruolo importante nella prevenzione, diagnosi, terapia della disfunzione cardiaca e delle altre complicazioni cardiovascolari che possono essere causate dal trattamento del tumore del seno. L’approccio deve essere necessariamente multidisciplinare a cura di un team cardio-oncologico con l’obiettivo di aumentare l’attesa di vita e migliorarne la qualità.

Le sopravvissute al tumore della mammella hanno una probabilità di andare incontro a SC a 5 anni dalla diagnosi 3 volte superiore ed il 7% sviluppa SC in un follow up medio di 8,5 anni. Lo SC in questi soggetti ha una prognosi peggiore rispetto alle altre cause. I principali trattamenti del tumore del seno associati a disfunzioni cardiache sono le Antracicline, il Trastuzumab (terapie mirate HER2) e la radioterapia. Sono a maggior rischio le pazienti anziane, quelle con fattori di rischio cardiovascolari preesistenti e precedente esposizione a chemio o radioterapia.

La valutazione in serie della troponina, dell’ecocardiogramma e della risonanza contribuiscono in modo fondamentale alla diagnosi precoce prima che si manifesti uno SC conclamato.

Le pazienti possono essere considerate ad alto rischio di disfunzione cardiaca in relazione alle dosi, alla combinazione di trattamenti e ai fattori di rischio cardiovascolare presenti. Le possibili strategie preventive per minimizzare il rischio di danno cardiaco durante la somministrazione della chemioterapia nel cancro del seno sono i β-bloccanti, gli ace-inibitori, i bloccanti recettoriali dell’angiotensina e le statine. È pertanto ragionevole iniziare con β-bloccanti o Ace-inibitori nelle pazienti programmate a doxorubicina o trastuzumab, in particolare se è presente ipertensione (carvedilolo o ACE-Inibitori) o diabete (ACE-Inibitori).

Un altro capitolo importante è quello delle differenze di genere nella farmaco-cinetica. Sono differenti la biodisponibilità, il peso corporeo e il volume plasmatico, la distribuzione e la quantità del grasso corporeo sesso-specifiche, il metabolismo mediato da citocromo, la clearance renale. Con la stessa dose le concentrazioni massime plasmatiche di Ace-inibitori, bloccanti recettoriali dell’angiotensina e β-bloccanti sono fino a 2,5 volte più alte nella donna che nell’uomo. Nelle donne c’è un rischio di eventi avversi da farmaci del 50-70% superiore rispetto all’uomo6. Generalmente gli eventi avversi sono più gravi nelle donne che nell’uomo. Gli Ace-inibitori inducono tosse secca in misura 2-3 volte superiore nella donna che nell’uomo e ci sono più alti tassi di ospedalizzazione legata a ipo-osmolarità a ipokaliemia e iponatriemia utilizzando i diuretici.

La terapia di resincronizzazione cardiaca è meno utilizzata nella donna nonostante che si sia dimostrata più efficace nel genere femminile.

Da un’analisi7 è emerso che le donne trattate con terapia di resincronizzazione traggono maggior beneficio rispetto agli uomini in termini di riduzione di mortalità, in particolare se affette da cardiomiopatia di eziologia non ischemica.

Le donne costituiscono una minoranza dei pazienti sottoposti a trapianto cardiaco o ad impianto di sistemi di assistenza ventricolare (circa il 20%). Le donne generalmente arrivano al trapianto più anziane, hanno più comorbosità e forme terminali di SC (minore incidenza di cardiopatia ischemica, migliore risposta alla terapia di resincronizzazione). Vengono valutate meno frequentemente per le terapie non convenzionali, e hanno il loro peso differenze economiche e sociali, con minore autonomia economica, e psicologiche. Una volta candidate a trapianto cardiaco comunque le donne aspettano meno, a causa di una maggiore gravità.

L’esito delle pazienti trapiantate o con sistemi di assistenza ventricolare è simile a quelle dei pazienti maschi sia in termini di sopravvivenza che di complicanze.

Nella Tab. 2 sono elencate le principali diseguaglianze di genere nello SC della donna da correggere.

 


Tab. 2. Le ingiustizie da correggere nello scompenso cardiaco nella donna.

 

Nella Tab. 3 sono elencate in generale le azioni da mettere in atto per correggere le principali ingiustizie di genere8.

 


Tab. 3. Messaggi chiave e raccomandazioni da “The Lancet women and cardiovascular disease Commission: reducing the global burden by 2030”.

 
Prevenzione dei fattori di rischio modificabili

Le malattie cardiovascolari rappresentano ancora la principale causa di morte nel nostro Paese e sono responsabili di circa il 35% di tutti i decessi e oltre il 50% delle malattie cardiovascolari e oltre il 20% dei decessi per qualsiasi causa possono essere attribuibili a fattori di rischio modificabili.

L’ipertensione arteriosa è definita il killer silenzioso per le sue complicanze e la scarsità e aspecificità dei sintomi, per cui la raccomandazione è quella di controllare periodicamente la pressione arteriosa per una diagnosi precoce. Il 95% delle forme di ipertensione arteriosa sono essenziali, mentre il 5% sono secondarie. La Società Europea per l’Ipertensione definisce i livelli di pressione arteriosa come elencato nella Tab. 49.

 


Tab. 4. Definizione e classificazione dei valori pressori (mmHg) secondo la Società Europea per l’Ipertensione.

 

Tra i fattori di rischio modificabili il fumo di sigaretta, un consumo eccessivo di alcolici, la vita sedentaria, una dieta ricca di grassi di origine animale e di sodio e povera di potassio, sovrappeso, obesità, stress.

Per il diabete mellito si raccomanda lo screening sistematico per diabete in tutti i pazienti con malattie cardiovascolari utilizzando la glicemia a digiuno e/o l’emoglobina glicosilata. Inoltre si raccomanda la valutazione del rischio cardiovascolare in tutti i pazienti diabetici e la ricerca di danno d’organo (utilizzando lo SCORE 2 diabete per la stima del rischio cardiovascolare delle ultime Linee Guida Europee).

Il controllo del peso corporeo, la corretta alimentazione ed una regolare attività fisica migliorano il controllo metabolico e il profilo di rischio. Uno stretto controllo glicemico (emoglobina glicata inferiore al 7%) riduce le complicanze microvascolari.

Per quanto riguarda le dislipidemie, un elevato livello di colesterolo LDL nel sangue è uno dei principali fattori di rischio per le malattie cardiovascolari. Il colesterolo LDL predispone alla formazione di placche nelle pareti delle arterie danneggiandole (aterosclerosi). Tutti dall’età adulta in poi dovrebbero effettuare una determinazione del profilo lipidico nel sangue e ripeterlo ogni 5 anni.

In base ad ampie e solide evidenze scientifiche relative al ruolo del colesterolo come causa dell’aterosclerosi, negli ultimi anni sono stati abbassati i target di colesterolo da raggiungere per ridurre il rischio di malattie cardiovascolari. I livelli di LDL del colesterolo da raggiungere non sono uguali per tutti, ma dipendono dalla presenza o meno di vari fattori di rischio come ipertensione arteriosa, fumo, diabete, etc. e dalla storia personale (eventuali precedenti infarti, ictus, interventi di rivascolarizzazione, etc.). Il target di LDL varia da un massimo di 116 mg/dl nelle persone a basso rischio cardiovascolare fino a valori inferiori a 55 mg/dl nei soggetti ad alto rischio cardiovascolare.

I livelli di colesterolo sono riducibili attraverso un’alimentazione adeguata che vede ridotto il contenuto di grassi saturi e cibi ricchi in colesterolo come grassi animali, formaggi, dolci; uno stretto controllo del peso corporeo; attività fisica regolare per almeno 30 minuti al giorno per 5 giorni a settimana. A questo si può associare quando necessario la terapia farmacologica.

È raccomandata una dieta ricca di fibre e povera di carboidrati e grassi saturi (specie di origine animale) con adeguato apporto di proteine vegetali, fibre, grassi polinsaturi che provengono dal pesce azzurro. È fondamentale ridurre l’assunzione di sale a meno di 5g al giorno incluso quello già presente in conserve, formaggi, salumi e insaccati. Dimezzare la quantità di sale assunta eviterebbe ogni anno circa 25.000 morti. Le bevande alcoliche vanno evitate: non più di 2 bicchieri di vino al giorno per gli uomini e 1 bicchiere per le donne.

L’attività fisica è fondamentale. I benefici derivanti dall’attività fisica regolare sono elencati nella Tab. 5.

 


Tab. 5. Benefici derivanti dall’attività fisica.

 

È molto importante controllare l’indice di massa corporea (BMI) che deve rientrare nella fascia normopeso compresa tra 18,5 e 24,9. La riduzione del peso corporeo è importante specialmente se coesistono altri fattori di rischio metabolici e nel caso in cui l’eccesso di peso si manifesti con valori elevati della circonferenza addominale (oltre 94 cm per gli uomini e 80 cm per le donne).

Il fumo è direttamente responsabile di un aumentato rischio di morte per malattie cardiache, ictus cerebrale, broncopatie e cancro. Nel mondo, ogni anno, muoiono per malattie dovute al fumo 4 milioni di persone (7 persone ogni minuto). I vantaggi della sospensione del fumo consistono nel miglioramento della qualità di vita (olfatto, gusto, aspetto della pelle, denti, alito, meno tosse, respiro); il rischio di avere un infarto si riduce del 50% dopo un anno; il rischio di avere un ictus regredisce in circa 10 anni; la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca diminuiscono e tornano ai livelli precedenti ed il rischio di cancro si riduce notevolmente. Per smettere di fumare si può ricorrere a tecniche di supporto individuale, a terapie di gruppo, a trattamenti farmacologici con sostanze che attenuano i sintomi da astinenza (nicotina e bupropione) da assumere sotto controllo medico. Ovviamente gli interventi possono essere combinati.


Prof. Alessandro Boccanelli, Unicamillus Saint Camillus International University of Health Sciences – Roma

Per la corrispondenza: boccanelli.alessandro@gmail.com

 

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