Anno Accademico 2023-2024
Vol. 68, n° 3, Luglio - Settembre 2024
Simposio: Il tromboembolismo venoso
19 marzo 2024
Simposio: Il tromboembolismo venoso
19 marzo 2024
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Questo Simposio vuole essere un aggiornamento su una patologia ben nota e per la quale esistono linee guida codificate, anche se, come vedremo, in Medicina possono esserci sempre sorprese dettate da nuove situazioni cliniche.
Il tromboembolismo venoso (TEV) comprende la trombosi venosa profonda (TVP) e l’embolia polmonare (EP). Si tratta di patologia piuttosto comune nella popolazione globale, soprattutto per quanto riguarda la TVP, situazione che il più delle volte è causa dell’EP, condizione clinica più grave e dagli esiti potenzialmente letali.
È patologia nota fin dall’antichità, ma la prima definizione di EP si deve al medico francese Jean Hélie che nel 1837 descrisse il primo caso di EP in letteratura: una lavandaia di 65 anni di bassa statura e sovrappeso era ricoverata in ospedale per una distorsione dell’arto inferiore e dopo due settimane, presentò improvvisamente una cianosi del volto, regredita dopo pochi minuti, ma morì poco dopo durante un analogo episodio. All'autopsia vennero riscontrati “un cuore ingrandito e coaguli scuri ben organizzati nel ventricolo destro e nell'arteria polmonare”1.
EP e TVP costituiscono quindi le due manifestazioni cliniche del TEV, e condividono i medesimi fattori di rischio. EP è una delle patologie del distretto vascolare più frequente, spesso in conseguenza di ipertensione polmonare cronica e di sindrome post-trombotica.
TEV è patologia sia dei pazienti ospedalizzati che dei pazienti non-ospedalizzati, e molti dei pazienti con diagnosi certa di TVP presentano un quadro di EP ancora silente. TEV colpisce circa 10 milioni di persone ogni anno, ed è la terza malattia cardiovascolare più frequente dopo la sindrome coronarica e l’infarto del miocardio. L’incidenza annuale di TEV acuta è stimata mediamente in 1-2 casi ogni 1000 soggetti, aumentando fino a quattro volte nelle popolazioni più sviluppate, e con l’avanzare dell’età, in cui aumentano i fattori di rischio cardiovascolare. In Italia sono diagnosticati 55 casi di EP ogni 100.000 abitanti per le donne, 40 casi ogni 100.000 per gli uomini, con una mortalità di circa 21% nei pazienti con età > 65 anni.
Le donne mostrano rischio di TEV quasi sovrapponibile a quello degli uomini, ma il rischio aumenta tra i 20 e i 40 anni di età, tenendo conto degli altri fattori di rischio legati alla fertilità e alla riproduzione.
Pazienti con patologia neoplastica hanno un rischio concretamente più alto di presentare TEV: ad esempio circa il 15% dei pazienti con cancro del pancreas o pancreatite va incontro a questa patologia. In particolari situazioni di patologia neoplastica, o in corso di chemioterapia, la terapia con eparina a basso peso molecolare (EBPM) viene prescritta a scopo profilattico, e alcune volte la TVP costituisce la prima manifestazione clinica di un processo neoplastico misconosciuto.
TEV è patologia multifattoriale, dipendente dall’interazione tra diversi fattori di rischio, alcuni dei quali possono essere direttamente predisponenti, oppure aggravanti il quadro patologico. Spesso non viene diagnosticata all’esordio e rimane silente per un certo periodo di tempo, fino a quando uno o più fattori di rischio si sommano alla situazione in atto, slatentizzando la patologia.
All’origine del TEV dobbiamo sicuramente considerare la nota Triade di Virchow, la quale descrive perfettamente le condizioni predisponenti all’insorgenza della TVP che qui ricordiamo:
- lesione endoteliale;
- alterazione del flusso ematico;
- ipercoagulabilità.
Lesione endoteliale si può sviluppare per danno delle cellule endoteliali delle arterie causato da stress meccanico, come nel caso di ipertensione arteriosa, per danno da fumo di sigaretta o uso di droghe, per stati flogistici, per accumulo parietale di colesterolo, in portatori di CVC: tutti questi fattori provocano attivazione dell’endotelio in senso pro-coagulante e pro-infiammatorio. Alterazione del flusso ematico viene a determinarsi per rallentamento o interruzione del flusso laminare con attivazione degli eventi della coagulazione che permettono anche l’adesione piastrinica; può verificarsi in caso di mantenimento della stessa posizione a lungo (posizioni di lavoro, sedentarietà, viaggi in auto/aereo, allettamento per patologie/fratture). Lo stato di ipercoagulabilità è conseguenza di aterosclerosi, patologie neoplastiche ematologiche (linfomi, malattie mieloproliferative in particolare policitemia vera e trombocitemia essenziale), neoplasie solide (pancreas, ovaio, cervello, polmone), infezioni (HIV, SarsCov2!), età avanzata, obesità, stile di vita sedentario, variazioni ormonali in gravidanza, cause genetiche (deficit di antitrombina III; carenza proteina C e S), patologie autoimmuni (s. anticorpi antifosfolipidi). La terapia del TEV è oggi abbastanza codificata, sia dal punto di vista medico che chirurgico, in quest’ultimo ambito ascolteremo quali sono le nuove tecniche chirurgiche di cui disponiamo. In primo luogo è comunque sempre indispensabile una valutazione del rischio del paziente, soprattutto a scopo preventivo. La terapia medica prevede l’impiego delle EBPM, sia a scopo preventivo che terapeutico, e con i nuovi anticoagulanti orali diretti (DOACs) che hanno ormai trovato collocazione anche nella terapia di prima linea. Comunque poiché la Medicina non smette mai di sorprenderci anche quando pensiamo che sia tutto codificato da linee guida, vorrei ricordare le incertezze che tutti abbiamo avuto durante la pandemia COVID-19 sull’uso delle EBPM a scopo preventivo e/o terapeutico, in mancanza di linee guida sull’argomento. Le Società scientifiche si sono poi affrettate ad includere la profilassi del TEV in corso di COVID-19 nei pazienti a rischio non appena disponibili le evidenze2.
Dott.ssa Laura Gasbarrone, Presidente dell’Accademia Lancisiana
Per la corrispondenza: gasbarronelaura@gmail.com
BIBLIOGRAFIA