Anno Accademico 2023-2024
Vol. 68, n° 3, Luglio - Settembre 2024
Settimana per la Cultura
09 aprile 2024
Settimana per la Cultura
09 aprile 2024
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Introduzione
La parodontite è una malattia infiammatoria cronica multifattoriale associata all’accumulo di biofilm disbiotico in corrispondenza e al di sotto del margine gengivale. È caratterizzata da una risposta immunitaria-infiammatoria diretta contro il biofilm che, in maniera proporzionale alla suscettibilità dell’ospite, esacerba la disbiosi e provoca la progressiva distruzione dei tessuti di sostegno del dente fino alla completa avulsione di uno o più elementi dentali1, 2.
Si tratta della sesta malattia più diffusa al mondo e riguarda più di 1 miliardo di persone3 tra uomini e donne, con un picco di prevalenza attorno ai 38 anni4. L’alta prevalenza di tale patologia, le comorbidità e le patologie sistemiche ad essa correlate la identificano come uno dei maggiori problemi di salute pubblica5 con un grande impatto sia a livello sociale sia sulla qualità della vita dei pazienti che ne sono affetti6.
L’interesse crescente della comunità scientifica nell’ambito della parodontologia nasce dalle numerose correlazioni della parodontite a una vasta gamma di patologie sistemiche come il diabete, l’aterosclerosi, l’artrite reumatoide, i parti prematuri, il cancro del colon-retto e le malattie croniche intestinali7. Per di più si denota come tutte queste condizioni patologiche siano state associate a un’alta frequenza di ritrovamento di parodontopatogeni in siti extraorali specifici e settoriali a seconda della patologia. Ad oggi per quanto riguarda la patogenesi della parodontite si fa riferimento al modello PSD “Polymicrobial synergy and disbiosis”8-11 che ha consentito l’implementazione dei gruppi di Socransky in tre grandi categorie: keystone pathogens, accessory pathogens e pathobionts. In particolare, proprio i patobionti, meglio definiti come “commensali potenzialmente patogeni” sono stati identificati come microrganismi con un ruolo cruciale nell’eziopatogenesi, perché hanno il compito di collegare i primi colonizzatori ai colonizzatori tardivi ed il loro ruolo ambivalente in eubiosi e disbiosi non è stato ancora opportunatamente indagato.
Di grande rilievo tra i patobionti è il Fusobacterium nucleatum un batterio anaerobio Gram negativo tra i più abbondanti del microbiota orale con grandissime capacità di modulazione del sistema immunitario12. Il presente lavoro di tesi si pone l’obiettivo di valutare quanto le variazioni quantitative di F.nucleatum stesso possano essere di impatto rispetto alle comunità sinergiche disbiotiche. Non è ancora chiaro, difatti, quali siano i meccanismi precisi che portino alla coaggregazione con specie benefiche piuttosto che ai parodontopatogeni né il perché in alcuni pazienti la sola presenza di F.nucleatum sia sufficiente a causare danno parodontale anche in assenza di patogeni chiave.
Fusobacterium Nucleatum
Il nome Fusobacterium deriva dalla forma affusolata di cui è dotato12 che esso sfrutta per interfacciarsi fisicamente e stabilire relazioni strutturali e interscambi metabolici tra i vari microrganismi, sia in eubiosi che in disbiosi13.
In accordo con la classificazione di Socransky il F.nucleatum è un microrganismo appartenente all’“Orange complex” di cui fanno parte anche Prevotella intermedia, Prevotella nigrescens e Campylobacter rectus14.
Esso agisce come ponte tra i colonizzatori precoci e tardivi nella placca dentale ed espleta un ruolo cruciale tanto nella struttura ed ecologia del biofilm orale15 quanto nei meccanismi di disbiosi e patogenesi parodontale.
Secondo il modello PSD, illustrato precedentemente, la definizione più corretta è quella di “patobionte” o commensale potenzialmente patogeno. Sono le caratteristiche metaboliche e strutturali a permettere al F.nucleatum una grande capacità adattativa: nonostante sia definito come anaerobio, presenta delle caratteristiche uniche che, pertanto, gli permettono di aggregarsi e coaggregarsi sia con le proprie subspecies sia con altri microrganismi differenti tra loro e di avere una maggiore resilienza anche in ambiente aerobio.
Il metabolismo di F.nucleatum si basa principalmente sui processi di fermentazione, in cui il principale prodotto è l'acido butirrico. F.nucleatum sembra essere uno dei pochi anaereobi in grado di ricavare energia anche dagli aminoacidi, la sua sopravvivenza dipende dalla degradazione dell’L-glutammato, una reazione catalizzata dalla 2-idrossiglutammasi che solo F.nucleatum, tra i Gram negativi, è in grado di effettuare16.
Ruolo e sinergie polimicrobiche di F.nucleatum nel mantenimento dell’eubiosi
All’interno del biofilm della placca, il F.nucleatum si trova alla base di importanti processi metabolici e relazioni intraspecie e interspecie che contribuiscono significativamente al mantenimento dell’eubiosi.
Tra le principali attività immunomodulatorie si evidenzia come F.nucleatum sia in grado di:
Per quanto riguarda le interazioni polimicrobiche, con la sua forma allungata F.nucleatum può interagire con molte altre cellule microbiche.
F.nucleatum media le interazioni con le cellule attraverso l'espressione di numerose adesine: RadD, FadA, Fap2. Quando viene coltivato insieme a S.gordonii, F.nucleatum aumenta la disponibilità di aminoacidi per migliorare la produzione di butirrato e putrescina, una poliammina prodotta dalla decarbossilazione dell'ornitina.
Con S.gordoni ingaggia, quindi, non solo un’interazione fisica tramite RadD ma anche metabolica. Nel dettaglio si osserva la produzione da parte di S.gordoni di ornitina che viene poi utilizzata da F.nucleatum per produrre poliammine tramite l’ODC (ornitina decarbossilasi). A sua volta l’arginina prodotta da F.nucleatum viene utilizzata da S.gordoni per produrre CO2 e ATP grazie al sistema di arginina deaminasi (Fig. 1).
Recenti studi dimostrano come, al pari di P.gingivalis anche F.nucleatum sia in grado di instaurare una interazione fisica diretta con C.albicans. Tale relazione è benefica nei confronti del microbiota eubiotico poiché riduce la capacità di produrre ife di C.albicans, associate alla crescita invasiva e ne aumenta la sopravvivenza in presenza di macrofagi riducendo, inoltre, la produzione di citochine proinfiammatorie dai macrofagi co-infettati. Pertanto, l'interessante tesi è che C.albicans e F.nucleatum lavorino insieme per evitare che la propria crescita attiri un'attenzione eccessiva dal sistema immunitario dell'ospite, promuovendo uno stile di vita commensale invece di uno disbiotico e patogeno18.
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Ruolo e sinergie polimicrobiche di F.nucleatum nell’innesco della disbiosi
Le grandi capacità adesive di F.nucleatum nascondono un enorme potenziale adattativo che gli permette, anche in situazioni di disbiosi, di tutelare la propria sopravvivenza e proliferazione.
Una delle triadi sinergiche più rappresentative che si vengono a creare nel processo patologico parodontale è quella tra P.Gingivalis e F.nucleatum e S.gordoni (Fig. 1).
Si tratta di una sinergia che permette di massimizzare la fitness batterica creando un ambiente metabolico di supporto per ciascun membro.
Nel dettaglio F.nucleatum aderisce a S.gordoni tramite RadD o FadA e a P.gingivalis tramite FadA o più specificatamente con Fap2. Con S.gordoni c’è uno scambio di amminoacidi, in quanto il F.Nucleatum fornisce a S.gordoni l’arginina che quest’ultimo utilizza per produrre ornitina anch’essa adoperata sia da F.nucleatum che da P.gingivalis per l’accrescimento in biofillm. Allo stesso tempo il legame tra Fim A di P.gingivalis e GAPDH e SspA/B di S.gordoni finalizza l’adesione e dà inizio a una cascata di segnale in P.gingivalis che porta quest’ultimo a svilupparsi in biofilm e a produrre proteasi.
Fusobacterium nucleatum nella patogenesi e nella progressione delle malattie sistemiche
Le sinergie polimicrobiche appena descritte non si realizzano soltanto a livello del cavo orale, ma sono uno dei principali meccanismi con cui F.nucleatum riesce a colonizzare gli ambienti extraorali. Differenti studi documentano un’associazione del F.nucleatum a processi patologici sistemici7, 12, 20 tra cui:
- parti pretermine21;
• Parti pretermine
Le infezioni intra-amniotiche e le infiammazioni sono una delle maggiori cause di nascite pretermine21.
Secondo il consensus report 3 proveniente dal workshop congiunto tra European Federation of Perioddontology (EFP) e American Academy of Periodontology (ADA) su parodontite e malattie sistemiche sono 2 i meccanismi che possono portare a esiti avversi durante la gravidanza: il primo è la traslocazione ematogena, il secondo è un meccanismo indiretto tramite cui i batteri parodontali innescano una cascata di citochine che, entrando a far parte del torrente circolatorio, causano infiammazione anche a livello placentare30.
Si denota come, nei prelievi di liquido amniotico e nel sangue del cordone ombelicale di neonati nati prematuramente, sia stato possibile rilevare diversi ceppi di F.nucleatum associato ad altri patogeni parodontali che sembrano corrispondere a quelli presenti nei siti subgengivali della madre o del padre del neonato31.
Questo ha permesso di fornire prove consistenti sulla circolazione sistemica di tali batteri che dal cavo orale possono arrivare fino alla placenta e al feto. La traslocazione per via ematogena è stata avvalorata anche da studi su modelli murini in cui l’iniezione venosa di campioni di saliva o placca contenenti F.nucleatum nei topi gravidi ha comportato la colonizzazione della placenta del topo simulando la corioamnionite presente nell’uomo7, 32.
• Malattie infiammatorie croniche intestinali
Le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) o Inflammatory Bowel Disease (IBD) includono il Crohn e la colite ulcerosa.
Sono stati identificati diversi fattori di rischio tra cui la suscettibilità genetica individuale, i fattori ambientali, l’alterata omeostasi immunitaria33 e si ritiene che anche la disbiosi del microbiota intestinale possa contribuire all’origine delle recidive nelle IBD23.
Considerando la stretta relazione che c’è tra microbiota orale e microbiota intestinale sono numerose le evidenze scientifiche di correlazione delle MICI alle malattie parodontali.
Recenti studi microbiologici hanno permesso di identificare vari ceppi di batteri parodontali tra cui P.gingivalis e F.nucleatum nel campione di feci di pazienti affetti da MICI o a livello delle lesioni ulcerose. Anche il recente premio Goldman vinto dal Dr. Giacomo Baima nel 21° Congresso Internazionale SidP conferma come microbiota orale e microbiota intestinale siano compartimenti interdipendenti17, 34.
La traslocazione avviene sia per via enterica, dalla saliva verso l’intestino, sia a livello epiteliale e ciò è stato dimostrato tramite esperimenti su topi germ-free in cui l’inoculazione di specie parodontopatogene o potenzialmente patogene ha causato un’esacerbazione della patologia intestinale. Inoltre, dai prelievi bioptici endoscopici è stata riscontrata una capacità significativamente maggiore di invadere le cellule epiteliali intestinali da parte di specie come F.nucleatum rispetto ai ceppi di tessuto sano o di controlli sani. Allo stesso modo è altresì possibile osservare come l’incidenza e la prevalenza di parodontite nei pazienti affetti da colite ulcerosa e morbo di Crohn sia molto alta35.
In condizioni aberranti la colonizzazione ectopica dei batteri orali potrebbe indurre lo sviluppo di IBD attraverso diversi meccanismi. Il primo è rappresentato dalla distruzione della barriera epiteliale intestinale, mediato da P.gingivalis che downregola l’espressione di occludine di tipo 1 e F.nucleatum che stimola il cambio di funzione da parte delle mucine di tipo 2 (MUC2). Il secondo è rappresentato dalla secrezione di citochine infiammatorie come il TNF- α tramite l’induzione da parte di F.nucleatum che inibisce l’uso del butirrato anti-infiammatorio da parte dei colonociti23 ed infine vi è l’elusione della risposta immunitaria da parte di P.gingivalis che, per motivi metabolici visti precedemente, manipola lo stesso sistema immunitario per nascondere F.nucleatum36.
• Cancro colon retto
Il cancro del colon-retto (CRC) è uno dei tumori a più alta morbidità e mortalità e la sua incidenza è in aumento37.
Ci sono recenti conferme che mostrano come Fusobacterium nucleatum possa favorire l'avanzamento del carcinoma del colon reclutando cellule soppressorie di derivazione mieloide che sono in grado di inibire la proliferazione e favorire l’apoptosi dei linfociti T23.
È altresì presumibile che F.nucleatum sia un elemento chiave nell’eziopatogenesi di tale neoplasia poiché con la sua attività viene meno l'immunità adattativa mediata dalle cellule T antitumorali rivolta contro le cellule neoplastiche e ne agevola la proliferazione incontrollata38.
F.nucleatum tramite il suo stesso LPS può anche attivare la via TLR4/MyD88/NF-κB tramite cui si innesca una serie di reazioni che permettono alle cellule di rilevare i segnali patogeni e avviare la risposta immunitaria innata. Questa via induce un’elevata espressione miR21, un microRNA oncogeno che permette l’attivazione del TLR4 a cui segue la riduzione di RASA1, proteina fondamentale nel controllo del ciclo cellulare e l’attivazione finale di MAPK che regola la proliferazione cellulare e l’infiammazione. Nell’insieme anche questo meccanismo è ritenuto importante nella progressione e nell’eziologia del CRC7, 24.
• Artrite reumatoide
L’artrite reumatoide (AR) è una malattia infiammatoria cronica autoimmune che causa infiammazione e progressivo danno a livello delle membrane sinoviali di molteplici articolazioni fino ad arrivare alla distruzione della cartilagine articolare, a deformità e disabilità funzionale. Uno dei fattori di rischio per lo sviluppo dell’artrite reumatoide è rappresentato dalla parodontite. Il legame è un legame sia di tipo genetico, poiché condividono un background genetico comune e sia batterico poichè P.gingivalis, grazie alla peptidilarginina deaminasi riesce a catalizzare la produzione gli anticorpi ACPA ampiamente riconosciuti come biomarker diagnostici e prognostici dei pazienti con AR39.
Evidenze recenti hanno però dimostrato come P.gingivalis non sia l’unico batterio parodontale in grado di determinare la citrullinazione delle proteine ma anche T.Forsythia e F.nucleatum potrebbero essere coinvolti nella maggiore espressione degli ACPA. La loro inoculazione va, infatti, a potenziare la progressione dell’artrite27, 40.
• Aterosclerosi
L’aterosclerosi è una malattia multifattoriale che colpisce le arterie di medio e grosso calibro, è causata dalla formazione di placche contenenti LDL, monociti e linfociti con conseguente irrigidimento e ostruzione dei vasi sanguigni41, 42. Nelle biopsie delle arterie coronarie, a livello delle placche ateromasiche si è riscontrato un alto tasso di batteri parodontali tra cui F.nucleatum e la sua frequenza di rilevamento nei vasi è direttamente correlata alla severità della parodontite. Studi su modelli animali hanno confermato non solo che F.nucleatum promuove l’aterosclerosi ma, aumentando la permeabilità endoteliale, agisce sinergicamente con altri microrganismi al pari del modello PSD parodontale7. Nella formazione delle placche ateromasiche i batteri contribuiscono direttamente con il proprio LPS favorendo l’accumulo di lipoproteine nella tonaca intima43.
Studio sperimentale
Primary outcome: comparare e ricercare differenze statisticamente significative e non tra le frequenze assolute e relative di Fusobacterium nucleatum rispetto ai parodontopatogeni del “Red complex” e dell’“Orange complex” prima e dopo la terapia parodontale non chirurgica.
Secondary outcome: valutare l’utilizzo dei test microbologici come ausilio alla terapia parodontale.
Ipotesi nulla: nessuna differenza statisticamente significativa nei campioni microbiologici prima e dopo lo step 1 e 2 della terapia parodontale.
Lo studio si è svolto in accordo con i principi della Dichiarazione di Helsinki del 1975 come rivisti nel 2008.
Materiali e metodi
Lo studio è stato disegnato come studio retrospettivo caso controllo. Si tratta di un’analisi preliminare microbiologica che ha coinvolto un campione di 23 pazienti affetti da parodontite di stadio 2-3-4.
La prima selezione è avvenuta tramite visita specialistica con anamnesi e screening parodontale. Negli appuntamenti seguenti i pazienti sono stati sottoposti alla compilazione della cartella parodontale e a indagini radiografiche opportune (full endorale) ai fini di una corretta diagnosi, progettazione del piano di trattamento e follow up.
In accordo con le linee guida per il trattamento dei pazienti stadio 1-344 e dei pazienti stadio 45 i pazienti sono stati primariamente sottoposti a step 1 e step 2.
Nello step 1 si è provveduto a:
• motivare ed educare il paziente a una corretta igiene orale e domiciliare;
• rimozione e controllo del biofilm sopragengivale;
• PMPR rimozione professionale meccanica della placca e intercettazione dei possibili fattori ritentivi di placca;
• valutazione dei fattori di rischio e correzione o motivazione alla modulazione degli stessi.
Nello step 2 si è provveduto a:
• controllare/eliminare il biofilm e il tartaro sottogengivale tramite Scaling and Root planning.
In aggiunta a ciò, grazie anche alla consultazione dei risultati dei test microbiologici effettuati prima della terapia causale, si è valutato, ove necessario la somministrazione di una terapia aggiuntiva antimicrobica sistemica.
Prima e dopo la terapia parodontale non chirurgica si è provveduto a effettuare un prelievo di fluido gengivale crevicolare a livello di tasche con una PPD ≥4 mm per analizzarne le variazioni tramite PCR real time (Polymerase chain reaction).
La sperimentazione è stata approvata dal Comitato Etico dell’Università di Roma “Sapienza” e condotto secondo i principi della Dichiarazione di Helsinki nel 1975, come rivisto nel 2009. Tutti i pazienti hanno firmato il consenso informato.
Criteri di inclusione:
• età>18 anni, ambosessi;
• presenza di parodontite attiva di stadio 2-3-4;
• presenza di almeno 3 denti per quadrante con almeno 1 sito con PPD ≥4 mm in ogni quadrante;
• disponibilità ad effettuare test microbiologici;
• presenza di consenso informato scritto.
Criteri di esclusione:
• presenza di dati incompleti (solo test microbiologico in entrata e non in uscita);
• assunzione di antibiotici o antisettici nei 6 mesi precedenti alla terapia causale.
Visita parodontale
Ogni paziente, successivamente all’anamnesi e alla valutazione dei fattori di rischio, è stato sottoposto alla compilazione della cartella parodontale con analisi e registrazione dei seguenti indici clinici sia al baseline sia al follow up dopo 4-8 settimane come previsto dalle linee guida della Società italiana di Parodontologia45.
• FMPS (Full Mouth Plaque Score) 6 siti per ogni dente;
• FMBS (Full Mouth Bleeding Score) 6 siti per ogni dente;
• PPD (Probing Pocket Depth) 6 siti per ogni dente;
• REC (recessione) 6 siti per ogni dente;
• CAL (clinical attachment level) 6 siti per ogni dente, corrispondente a REC+PPD;
• Mobilità in accordo con la classificazione di Miller (1950).
Le misurazioni cliniche sono state condotte dallo stesso operatore tramite l’uso di una sonda parodontale calibrata (PCP UNC 15 Hu Friedy).
Integrando i dati clinici ottenuti alle indagini radiografiche (full endorale) si è provveduto ad assegnare ad ogni paziente uno stadio e un grado come previsto dai criteri di diagnosi e prognosi della Nuova Classificazione delle malattie parodontali e perimplantari2, 45, 46.
Raccolta dei campioni microbiologici
Prima e dopo la terapia non chirurgica il primo operatore ha selezionato i siti parodontali più rappresentativi per ogni caso clinico e ha prelevato un campione di fluido gengivale crevicolare (GCF) per ogni sito.
Due coni di carta sterili sono stati posizionati nella porzione più apicale della tasca parodontale per circa 60 secondi e successivamente inseriti in una provetta per l’invio al laboratorio di competenza47, 48.
Il DNA è stato estratto e purificato utilizzando protocolli standard che includono due tempi di incubazione con lisozimi proteinasi K, seguiti da purificazione tramite colonna di centrifugazione.
La predilizione in analisi del GCF rispetto alla saliva avviene poiché nonostante entrambi i fluidi siano validi nel differenziare i pazienti parodontali, il fluido gengivale crevicolare risulta più sensibile e affidabile per riflettere i cambiamenti batterici in termini di abbondanza prima e dopo la terapia causale rispetto ai campioni al fluido salivare49.
Raccolta dati e analisi statistica
Le cartelle cliniche dei pazienti sono state revisionate in maniera retrospettiva e i dati raccolti sono stati analizzati con il programma SPSS versione 25.0 per le analisi statistiche. Per la verifica dell’assunzione di normalità in relazione a: FMPS, FMBS, PPD, quantità assoluta e relativa di batteri è stato eseguito il test di Shapiro e sono stati calcolati i punteggi di asimmetria e curtosi. Le variabili i cui punteggi non risultavano normalmente distribuiti (quantità assoluta e relativa dei batteri) sono state analizzate con il test di Wilcoxon, mentre quelle con distribuzione normale (FMPS, FMBS, PPD) sono state analizzate con il T-test per campioni dipendenti. I risultati sono stati considerati statisticamente significativi in corrispondenza di un p-value < .05.
Risultati
A seguito dell’analisi della cartella clinica, della cartella parodontale e delle immagini radiografiche si è potuto assegnare ai pazienti oggetto di studio uno stadio e un grado secondo i criteri proposti dalla “Nuova classificazione delle malattie parodontali e perimplantari”45.
Per quanto riguarda lo staging: (grafico 1)
- il 59% (14 pz) è affetto da parodontite di stadio 4;
- il 33% (8 pz) è affetto da parodontite di stadio 3;
- l’8% (2 pz) è affetto da parodontite di stadio 2.
Per quanto riguarda il grading (grafico 2):
- il 78% (18) è affetto da parodontite di grado C;
- il 22% (5) dei pazienti è affetto da parodontite di grado B.
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Confronto indici parodontali di interesse prima e dopo la terapia causale
I risultati dei t-test mostrano come a seguito dello step 1 e dello step 2 della terapia parodontale si verifichi una riduzione di FMPS (t = 4.79; p <.001), FMBS (t = 8.58; p <.001) e PPD (t = 6.76; p <.001). In particolare, i punteggi di FMPS mostrano un decremento da 36±22.94 a 12.67±8.28, i punteggi di FMBS si riducono da 48.23±24.49 a 11.59±8.28 e i punteggi di PPD passano da 4.14±1.21 a 2.50±0.67 (Grafico 3) (Tab. 1).
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Risultati microbiologici: frequenze assolute e relative prima e dopo la terapia causale
I risultati del test di Wilcoxon hanno permesso di osservare come a seguito dello step 1 e dello step 2 della terapia parodontale si verifichi una riduzione della quantità dei seguenti batteri: T.forsythia (Z=-2.43; p=.015) da 80374,1 a 29978,3, P.gingivalis (Z = -2.10; p=.035) da 178900,6 a 632,45, F.nucleatum (Z=-2.02; p=.044) che si riduce da 130764,65 a 75668,85 e C.rectus (Z=-2.20; p=.028) da 35874,75 fino a 8052,8. Anche il numero assoluto di batteri A.A. e T.denticola si riduce anche se non in maniera statisticamente significativa: nello specifico A.A passa da 2238,2 a 0 (p=.317) mentre T.denticola varia da 79754,75 a 40936,55 (p=.088) (Grafico 4) (Tab. 2).
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In riferimento ai valori percentuali si osserva una riduzione di P.gingivalis da 1.55% a 0%, di T.forsythia da 1.05% a 0.7% , di A.A. da 0.05% a 0%, di T.denticola 1.15% a 0.85% ,di F.nucleatum da 9.05% a 5.05% e C.rectus da 1.95% a 0.80% (Grafico 5).
F.nucleatum mostra le più elevate frequenze di rilevamento anche dopo la terapia. In particolare in una serie di pazienti (Grafico 6-7-8), nonostante ci sia una riduzione significativa di quasi la totalità dei batteri, per quanto riguarda F.nucleatum le frequenze relative e assolute si riducono significativamente ma rimangono elevate rispetto al totale e si mostrano ancora più elevate quando F.nucleatum si trova associato ad altri patogeni chiave come P.gingivalis, T.forsythia e T.denticola.
Grafico 5: Confronto pre-post terapia causale, valori %. |
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Discussione e conclusioni
I risultati del presente studio retrospettivo hanno confermato la validità del modello PSD e del ruolo di F.nucleatum come patobionte. La persistenza di livelli elevati di F.nucleatum, tuttavia, potrebbe essere influenzata da preesistenti condizioni mediche quali:
• presenza di perimplantite oltre che di parodontite50;
• diabete51;
• cancro colon-retto, IBD24;
• malattie cardiache43;
• ipercolesteremia12.
Riguardo alle specie studiate, si è deciso inizialmente di quantificarle secondo i gruppi di Socransky e poi analizzare il comportamento del singolo patobionte, F.nucleatum, rispetto agli altri parodontopatogeni, confrontando i siti controllo ai siti parodontali. Questo modello clinico è supportato dagli studi riportati in letteratura52-54, dove la PCR Real Time è stata utilizzata come strumento clinico predittivo dell’andamento terapeutico.
Il miglioramento dei parametri clinici parodontali, coerentemente con quanto riportato in letteratura, si è mostrato correlato alla riduzione statisticamente significativa della coorte batterica disbiotica55-57.
In particolare alla riduzione statisticamente significativa di quasi la totalità dei batteri corrisponde una diminuzione del FMBS, del FMPS e della PPD di tutti i soggetti trattati a conferma dell’efficacia del trattamento eziologico sia dal punto di vista clinico che dal punto di vista microbiologico58-60.
Nonostante la guarigione parodontale non sia valutata sotto il piano microbiologico, questo studio e gli altri precedentemente menzionati dimostrano come l’utilizzo dei test microbiologici abbia una rilevanza clinica non marginale, nonché secondary outcome di tale studio sperimentale.
L’utilizzo di Real time PCR in ambito parodontale sta diventando sempre più frequente nell’ultimo quinquennio con l’avvento delle data omics e la sua sensibilità rappresenta uno dei punti di forza di questa analisi preliminare. È ormai evidente come, essendo i batteri alla base della eziologia, sia fondamentale evidenziare quelle che sono le reti trofiche, i marker metabolici o semplicemente fornire una guida qualitativa e quantitativa al clinico per la somministrazione di antisettici o antibiotici solo qualora questi siano strettamente necessari, diminuendo, perciò, i casi di over treatment e resistenze antibiotiche.
La costruzione di modelli predittivi richiede, però, un campione di pazienti relativamente elevato, difatti, sebbene questo protocollo sperimentale abbia fornito un modello accurato, va considerato che è stato condotto su un campione relativamente ristretto di pazienti. Si evidenzia, inoltre, l’assenza di una popolazione controllo su cui effettuare delle comparazioni multivariate. Tali limitazioni verranno colmate in futuri studi, in cui si auspicherà ad una caratterizzazione individuale del microbioma parodontale di ciascun paziente con la stratificazione dei vari sottotipi di F.nucleatum come proposto da Ghensi et al. per il microbioma perimplantare PiRC (Peri-implantitis-Related Complex)50.
Come prossimi outcomes le seguenti prospettive:
• differenziare le subspecies di F.nucleatum e quantificarle;
• individuare una soglia di rilevazione minima-discriminatoria tra disbiosi e eubiosi di ciascun individuo;
• identificare l’espressione di specifici biomarker metabolici.
Considerando la coorte disbiotica, è evidente come parlare di eradicazione sia riduttivo, bisogna puntare all’interruzione delle sinergie polimicrobiche.
Pertanto, tali outcomes saranno perseguibili solo con la futura implementazione delle data omics in un’ottica di personalizzazione, individualizzazione e innovazione della terapia parodontale.
Questo, nell’era della microbiome-based personalized medicine rappresenterà uno dei più grandi goal terapeutico-diagnostici.
Dott.ssa Stefania Mari, Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria, Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche e Maxillo-Facciali, Facoltà di Medicina e Odontoiatria, "Sapienza" Università di Roma
Sintesi della Tesi di Laurea discussa il 18/09/2023
Relatore Prof. Andrea Pilloni, Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche e Maxillo-Facciali, "Sapienza" Università di Roma
Per la corrispondenza: stemari1007@gmail.com
BIBLIOGRAFIA