Anno Accademico 2023-2024

Vol. 68, n° 4, Ottobre - Dicembre 2024

ECM: Le arteriopatie del tratto femoro-popliteo: tradizione ed innovazione

21 maggio 2024

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Bypass femoro-popliteo sopra-sottoarticolare

G. Tinelli

L’introduzione della trombo-endoarteriectomia da parte di Dos Santosnel nel 1947, ma soprattutto della tecnica del by-pass venoso da parte di Kunlin nel 1948, hanno segnato il vero inizio della chirurgia arteriosa restaurativa sotto-inguinale.

I by-pass a carico delle arterie della gamba vengono riservati ai pazienti con ischemia severa che presentano sia dolori a riposo che non rispondono a trattamenti medici ben condotti, sia a pazienti con lesioni necrotiche ad alto rischio di amputazione dell’arto.

L’indicazione al trattamento non può prescindere dalla valutazione della storia naturale e della qualità di vita del paziente. L’indicazione va valutata caso per caso, tenendo conto dell’età del paziente, del suo grado di attività, valutando il grado di impedimento a svolgere l’attività lavorativa, la limitazione ad effettuare le abituali attività quotidiane e, non ultimo, le implicazioni psicologiche che tale affezione può determinare.

Tali Linee Guida considerano:

-   terapia medica (fisica, comportamentale);

-   terapia chirurgica (open, endovascolare);

-   terapia demolitiva (amputazione).

Le strategie diagnostico-terapeutiche attuali sono compendiate nelle più recenti linee guida al momento disponibili, elaborate dalle principali società di Chirurgia Vascolare, l’European Society for Vascular Surgery (ESVS)1, la Society for Vascular Surgery (SVS)2 e la World Federation of Vascular Societies (WFVS)3.

Il management dei pazienti con ischemia critica è riassunto nella Fig. 1. In caso di occlusioni lunghe, disponibilità di una buona vena grande safena e in paziente “fit” per chirurgia, è indicata la rivascolarizzazione con bypass femoro-popliteo.

 


Fig. 1: Management dei pazienti con ischemia critica, raccomandazioni della ESC e ESVS4.

 

È definito bypass sopra-articolare (o sopra-genicolare) quando l’anastomosi distale viene confezionata sulla porzione superiore dell’arteria poplitea, sotto-articolare (o sotto-genicolare) quando il bypass termina nella porzione dell’arteria che sta caudalmente rispetto alla linea articolare.

La riuscita di una rivascolarizzazione femoro-poplitea o di gamba dipende da diversi fattori:
- valutazione di operabilità: è importante valutare le condizioni cardio-respiratorie del paziente, le comorbidità e le condizioni cliniche generali per poter affrontare un lungo intervento in anestesia generale;
- assenza di ostacolo emodinamico a monte: la correzione di lesione iliaca, prima o durante l’intervento di by-pass, è indispensabile per prevenire un’occlusione post-operatoria da insufficiente flusso prossimale. L’angioplastica transluminale rappresenta un’alternativa del tutto accettabile rispetto alla rivascolarizzazione chirurgica, soprattutto nei casi giudicati chirurgicamente poco favorevoli;
- letto arterioso distale sufficiente: un’arteria di gamba pervia offre garanzie di guarigione dall’ischemia dopo il by-pass solo se essa sbocca in un’arcata primaria;
- sede dell’anastomosi distale: la sede ideale dell’anastomosi è un’arteria ampia, senza calcificazioni della media e senza stenosi sottostanti;
- materiale del bypass: la vena autologa costituisce il materiale migliore per il confezionamento di un bypass per il basso rischio di infezione, la presenza di uno strato endoteliale vitale sulla superficie di flusso che, unita alla componente elastica, riduce sensibilmente la trombogenicità, soprattutto in prossimità delle sedi anastomotiche. Tra le vene autologhe si distingue per lunghezza, diametro e posizione anatomica, la vena grande safena che decorrendo lungo tutto l’arto inferiore può consentire di eseguire un bypass fino alle arterie pedidia o plantare. La vena deve essere di buona qualità e diametro di almeno 3 mm. Tale vena può essere utilizzata con tecnica in situ o invertita; sebbene non siano riportate differenze significative tra le due, esistono vantaggi teorici derivati dall’uso della vena in situ: migliore proporzionalità di calibro, minore invasività nella preparazione, risparmio di vasa vasorum, migliore emodinamica della valvola resa insufficiente rispetto a quella invertita. La vena grande safena in alcuni soggetti non è presente per pregressi interventi chirurgici (bypass aorto-coronarici, stripping per varici), o talvolta non ha un calibro adeguato, in questi casi viene utilizzata la vena piccola safena o, se anche questa inadeguata o assente, le vene dell’arto superiore, per cui si riscontra tuttavia un notevole aumento dei tempi chirurgici. Il bypass composito (PTFE+vena) viene eseguito generalmente nel distretto sottogenicolare quando si hanno a disposizione segmenti limitati di vena. Per l’anastomosi distale viene utilizzata la vena, meglio adattabile al calibro del vaso e meno trombogenica.

La scelta tra i vari materiali per il condotto da utilizzare è inoltre condizionata dalla sede del bypass: sopra o sotto l’articolazione del ginocchio. Nei bypass sopra-articolari la pervietà a 5 anni è dell’80% con l’utilizzo di vena safena autologa e del 67% con materiale protesico5. Nessuna differenza tra la vena safena in situ e invertita. In linea di principio quindi andrebbe utilizzata, quando disponibile, la vena safena autologa. Tuttavia, i bypass sintetici hanno comunque una buona pervietà a lungo termine e consentono di preservare la safena per un eventuale re-intervento in caso di fallimento della prima rivascolarizzazione. Nelle rivascolarizzazioni sotto-genicolari e tibiali la vena safena autologa è il materiale di scelta perché è stata dimostrata la sua superiorità come efficacia e pervietà rispetto a qualsiasi protesi sintetica.


Note tecniche
Bypass con Vena Grande Safena in Situ

La sede di anastomosi prossimale è in genere l’arteria femorale comune. La vena grande safena non viene rimossa dalla sua sede naturale ma deve essere accuratamente preparata. Una volta isolata a livello inguinale, in corrispondenza del triangolo di Scarpa, viene sezionata insieme all’arteria femorale comune. Il moncone della safena viene anastomizzato sull’arteria con una sutura continua in sopraggitto utilizzando monofilamento. La devalvulazione della safena avviene dal basso, inserendo un valvulotomo fatto progredire in verso caudo-craniale e poi progressivamente ritirato in modo che le sue lame aggancino i nidi valvolari, strappandolo e rendendoli inefficaci. Il moncone distale del bypass viene anastomizzato all’arteria a valle del tratto ostruito, con una anastomosi termino-laterale. Alla fine della procedura viene effettuata la legatura delle collaterali safeniche che altrimenti sarebbero vie di fuga preferenziali del sangue dal bypass verso il sistema venoso.

I vantaggi teorici della vena safena in situ rispetto alla safena invertita sono molteplici: migliore congruità di calibro nelle anastomosi; progressiva accelerazione di flusso nel verso caudale, garantita dalla diminuzione di calibro della safena in senso distale, mantenimento del fisiologico dicrotismo dell’onda sfigmica lungo il bypass (impedito nella safena invertita dalla presenza delle valvole), minore manipolazione del vaso e quindi minore traumatismo della sua parete, conservazione dei vasa vasorum, minor pericolo di torsione dell’innesto; minor numero ed estensione delle incisioni cutanee.


Bypass con Vena Grande Safena Invertita

La safena che viene invertita non richiede la devalvulazione. La vena però, dopo la rimozione dalla sua sede naturale, viene preparata al banco chirurgico liberandola da tutti i suoi rami. Viene poi iniettata di soluzione salina per evidenziare tutti i punti della parete da cui fuoriesce il liquido, che vanno sigillati. L’incisione cutanea lungo tutto il decorso della vena safena da espiantare, come previsto dalla tecnica classica, può dare problemi di guarigione e di infezione della ferita in particolare nei pazienti diabetici. Per ovviare a ciò sono state messe a punto tecniche mininvasive che prevedono alcune limitate incisioni longitudinali attraverso le quali si eseguono, eventualmente anche con tecniche endoscopiche, la dissezione della vena, la legatura di tutte le sue collaterali e infine il prelievo del vaso. Questo approccio è più difficoltoso e comporta maggiori manipolazioni della vena. La tunnellizzazione del bypass può essere sottocutanea oppure sottofasciale con decorso cosiddetto “anatomico” e le due tecniche hanno gli stessi risultati in termini di pervietà del bypass o di salvataggio dell’arto.


Bypass Femoro-Popliteo con Protesi Sintetica

Il politetrafluoroetilene espanso (ePTFE), il polietilentereftalato tessuto poliestere (nome commerciale Dacron) e il PROPATEN® sono i materiali sintetici attualmente più utilizzati per la rivascolarizzazione dell’arto inferiore. Il PTFE ha una struttura microporosa ma una superficie liscia, è chimicamente inerte, elettronegativo, idrorepellente, e ipotrombogeno. Le protesi in PTFE hanno una maggiore resistenza alle infezioni rispetto ad altri materiali grazie alla superficie estremamente liscia che ostacola l’adesione batterica. L’idrorepellenza invece ostacola la migrazione cellulare e quindi la formazione di una neointima. L’aggiunta di eparina a livello della superficie endoluminale delle protesi in ePTFE è stata un importante progresso tecnologico che ha ridotto il rischio di adesione piastrinica e quindi di trombosi. Le protesi in PTFE possono essere rinforzate con anelli esterni (rimovibili e non), studiati per evitare i fenomeni di schiacciamento da parte dei tessuti circostanti. Il condotto in PTFE però è scarsamente elastico e richiede quindi una precisa misurazione della lunghezza dell’innesto da impiantare.

Il Polietilentereftalato (Dacron) è un tessuto formato da sottili fili monofilamento di poliestere di polietilentereftalato (PET) intrecciati a spirale in un’unica fibra multifilamento, che viene poi usata per creare un tessuto, noto con il nome commerciale Dacron. La sua organizzazione strutturale lo rende elastico e maneggevole, tuttavia è stato osservato che tutte le protesi in Dacron tendono a manifestare nel tempo una lenta progressiva dilatazione.

Il PROPATEN® è un materiale progettato per ridurre i rischi di formazione di trombi sulla superficie luminale dell’innesto vascolare. La superficie di questo materiale possiede un trattamento chiamato CARMEDA® BioActive Surface (CBAS® Surface) che mantiene ancorate le molecole di eparina ed è per questo più trombo-resistente.


Tunnellizzazione

La tunnellizzazione viene eseguita dal basso verso l’alto; il tunnellizzatore deve avere un calibro sufficiente per poter eseguire un tunnel nel quale la vena o la protesi possano avere spazio e non essere sottoposta a rischi di compressione estrinseca. La tunnellizzazione non comporta nessuna difficoltà per le anastomosi sull’arteria poplitea prossimale, con il percorso che segue la faccia profonda del muscolo sartorio. Partendo dalla regione poplitea bassa, il percorso viene preparato col dito, lungo i vasi poplitei, tra i muscoli gemelli, prima di raggiungere lo spazio popliteo superiore ove il tunnellizzatore raggiunge la faccia profonda del muscolo sartorio sino al triangolo di Scarpa.

La vena o la protesi viene introdotta nel tunnellizatore ed una volta disposta, il ginocchio viene esteso ed il tunnellizzatore rimosso.

In conclusione, il bypass femoro-popliteo rappresenta un'opzione chirurgica cruciale per il trattamento delle malattie arteriose periferiche degli arti inferiori. La scelta tra le tecniche sopra e sotto articolari dipende dalle caratteristiche specifiche del paziente e delle lesioni arteriose. Un'accurata selezione del paziente e una gestione post-operatoria adeguata sono essenziali per garantire i migliori risultati a lungo termine.


Prof. Giovanni Tinelli, Università Cattolica del Sacro Cuore - Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, Roma

Per la corrispondenza: giovanni.tinelli@policlinicogemelli.it

BIBLIOGRAFIA

  1. Nordanstig J, Behrendt CA, Baumgartner I, et al. Editor's Choice -- European Society for Vascular Surgery (ESVS) 2024 Clinical Practice Guidelines on the Management of Asymptomatic Lower Limb Peripheral Arterial Disease and Intermittent Claudication. Eur J Vasc Endovasc Surg 2024; 67: 9-96.
  2. Conte MS, Bradbury AW, Kolh P, et al. Global vascular guidelines on the management of chronic limb-threatening ischemia. J Vasc Surg 2019; 69 (6S): 3S-125S.e40.
  3. Conte MS, Bradbury AW, Kolh P, et al. Global Vascular Guidelines on the Management of Chronic Limb-Threatening Ischemia. Eur J Vasc Endovasc Surg 2019; 58 (1S): S1-S109.e33.
  4. Aboyans V, Ricco JB, Bartelink MEL, et al. 2017 ESC Guidelines on the Diagnosis and Treatment of Peripheral Arterial Diseases, in collaboration with the European Society for Vascular Surgery (ESVS): Document covering atherosclerotic disease of extracranial carotid and vertebral, mesenteric, renal, upper and lower extremity arteriesEndorsed by: the European Stroke Organization (ESO) The Task Force for the Diagnosis and Treatment of Peripheral Arterial Diseases of the European Society of Cardiology (ESC) and of the European Society for Vascular Surgery (ESVS). Eur Heart J 2018; 39: 763-816.
  5. Klinkert P, Post PN, Breslau PJ, van Bockel JH. Saphenous vein versus PTFE for above-knee femoropopliteal bypass. A review of the literature. Eur J Vasc Endovasc Surg 2004; 27: 357-62.