Anno Accademico 2015-2016
Vol. 60, n° 4, Ottobre - Dicembre 2016
ECM: L’Insufficienza respiratoria acuta e cronica
31 maggio 2016
U.O.C. Pneumologia, Presidio Ospedaliero di Cittadella (PD), Azienda ULSS 15 Alta Padovana, Padova
ECM: L’Insufficienza respiratoria acuta e cronica
31 maggio 2016
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Nel Piano Sanitario Nazionale 2011-2013, nel capitolo B3. Malattie respiratorie croniche, si dichiara la necessità di promuovere “l’attivazione dell’assistenza domiciliare integrata, in particolare per i pazienti affetti da insufficienza respiratoria grave, con l’opportuna disponibilità di strumenti di monitoraggio della funzione respiratoria anche in modalità telematica e formazione di pazienti e familiari al fine di prevenire e correttamente gestire eventuali riacutizzazioni”. Si tratta di una affermazione importante, che poggia sul peso crescente delle malattie respiratorie croniche ormai diventate la terza causa di morte in Italia. Poco più avanti, nello stesso capitolo del documento, si afferma che “l’approccio gestionale alle malattie respiratorie croniche, in grado di conciliare una ottimale assistenza sanitaria e una spesa pubblica sostenibile, è rappresentato dalla prevenzione primaria e dalla diagnosi il più possibile precoce, con strumenti standardizzati cui seguano terapie tempestive e appropriate, in grado di prevenire o ritardare l'invalidità, trattando i malati cronici il più possibile sul territorio”. Nel capitolo B.11 del Piano Sanitario Nazionale si fa inoltre riferimento a patologie che rappresentano un problema di grande rilevanza medica e sociale perché in grado di portare a situazioni di disabilità gravissima, ad andamento cronico, con impatto psicologico ed operativo devastante sulle famiglie, costi elevati di assistenza ed aspetti delicati sul piano etico: si tratta dei pazienti in stato vegetativo e di minima coscienza, dei pazienti affetti da demenza ed in particolare dei pazienti affetti da malattie neurologiche degenerative ed invalidanti, come ad esempio le malattie neuromuscolari. La gestione complessiva di queste persone malate richiede l’intervento combinato di numerose figure professionali che agiscono all’interno di una “rete integrata di servizi sanitari e sociali che disegni percorsi assistenziali specifici mirati al singolo paziente ed alla sua famiglia”1.
La “legge Balduzzi” n° 158 del 13/09/2012 (G.U. 10/11/2012), che attualizza i dettati del Piano Sanitario Nazionale, descrive le iniziative in grado di garantire l’assistenza sanitaria secondo il principio della “continuità ospedale-territorio”. Oltre ai Programmi di dimissione protetta e/o assistita (per i pazienti che richiedono continuità di cura in fase post acuta), alla disponibilità di strutture intermedie con varie funzioni, ai Servizi di gestione della fase acuta a domicilio (per gruppi multidisciplinari di Operatori sanitari), ai Centri di comunità/poliambulatori e alle Strutture di ricovero nel territorio gestite dai MMG, la legge prevede anche “Programmi di ospedalizzazione domiciliare” per le persone affette da malattie invalidanti croniche2.
Quando parliamo di Assistenza Domiciliare Respiratoria (ADR) o Home Care Respiratoria intendiamo una struttura articolata e modulare di servizi sanitari che vengono forniti direttamente al domicilio di pazienti con malattie respiratorie croniche3.L’ADR prevede il coinvolgimento di figure sanitarie e tecniche con differenti competenze, l’utilizzo di strumenti tecnici spesso sofisticati, come ad esempio il ventilatore meccanico, e la possibilità di modulare l’intensità della assistenza a seconda della gravità della condizione clinica, dal follow-up ambulatoriale dell’insufficienza respiratoria alla gestione pneumologica del paziente completamente ventilatore-dipendente con programmi di ospedalizzazione domiciliare. Ci sono sostanzialmente tre tipologie di programmi di ADR: a) gestione diretta da parte di aziende pubbliche (AO o ASL); b) gestione da parte di privati (profit) o di associazioni no-profit (Onlus) tramite convenzioni o gare d’appalto con le ASL o con le AO; c) gestione mista pubblico-privata.
Così come è strutturato, ormai il Servizio/Programma di ADR fa realmente dialogare l’ospedale ed il territorio, nella logica della continuità delle cure alla persona affetta da insufficienza respiratoria cronica.
Nella realtà italiana lo sviluppo dei servizi di ADR è ancora molto diversificato a seconda delle varie realtà locali. Questi servizi si sono comunque sviluppati in quattro diverse tipologie/strutture. La prima tipologia è l’Ambulatorio/Day service, con attività dedicata all’interno dell’ospedale o del poliambulatorio. In questa struttura si fa valutazione clinica pneumologica periodica ed il controllo della funzionalità respiratoria avviene in ospedale. La seconda modalità è la telemedicina/telesorveglianza/teleassistenza (monitoraggio specialistico a distanza): questa tipologia di servizio prevede l’apertura di una linea telefonica dedicata e consente di fare monitoraggio e dare consigli terapeutici a distanza, oltre alla possibilità di trasferimento di dati biologici da e per il paziente4. La terza tipologia di servizio è rappresentata dall’assistenza domiciliare integrata/assistenza domiciliare ad alta intensità: si tratta di una attività fortemente integrata tra specialista ospedaliero e servizi territoriali, che prevede la dimissione protetta del paziente e piani di assistenza domiciliare con equipe multiprofessionale. Le caratteristiche peculiari di questa modalità di ADR sono una maggiore responsabilità dei servizi territoriali e del MMG, la durata sul medio-lungo periodo del programma di assistenza e gli interventi specialistici a domanda. La quarta modalità di struttura è la più avanzata perché si tratta di ospedalizzazione domiciliare, con attività specialistica ad elevata intensità di cure a domicilio, predominanza dell’organizzazione ospedaliera e durata limitata per la criticità del singolo paziente.
Gli studi che dimostrano la efficacia della ospedalizzazione domiciliare rispetto alla assistenza in regime di ricovero ospedaliero nella gestione dei pazienti respiratori cronici, ed in particolare quelli affetti da grave riacutizzazione di BPCO, sono numerosi: essi evidenziano risultati sostanzialmente simili in termini di rischio di ospedalizzazione e rischio di morte5.
Il paziente respiratorio cronicamente critico è il paziente con insufficienza respiratoria cronica avanzata, che presenta segni di distress respiratorio, instabilità dell’ipossiemia e/o ipercapnia, e che ha necessità di assistenza specialistica medico-infermieristico-riabilitativa, di supporto respiratorio e di monitoraggio continuo.
L’assistenza domiciliare al paziente respiratorio cronicamente critico, specie se ventilato per via invasiva, è uno dei servizi di assistenza domiciliare più complessi in assoluto, sia per le condizioni cliniche del paziente che per la necessità di dover prendere decisioni difficili in tempi brevi. La presa in carico di questo paziente non è solo la gestione del ventilatore: per molti di questi pazienti la casa diventa in tutto simile ad una stanza di emergenza dove, oltre all’ossigeno, ci sono il letto analogo a quello ospedaliero, l’aspiratore, il gruppo di continuità, l’unità di rianimazione, ecc.6
La prima survey europea sulla ventilazione meccanica domiciliare risale al 2002 (Eurovent survey)7 . Da allora la ventilazione meccanica in generale si è molto sviluppata ed in particolare la prevalenza della ventilazione domiciliare è più che raddoppiata in tutti i Paesi Europei8.
I pazienti respiratori cronici arruolati nei programmi di ADR trattati con ossigenoterapia o con ventilazione meccanica possono essere sia bambini che adulti. Tra i bambini troviamo in particolare pazienti affetti da displasia broncopolmonare, malattie restrittive del parenchima polmonare o disordini della gabbia toracica, miopatie congenite, oppure sindromi da ipoventilazione alveolare congenita o acquisita. Tra gli adulti invece troviamo pazienti affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva, deformità della gabbia toracica, malattie neuromuscolari (es. sclerosi laterale amiotrofica, distrofia muscolare di Duchenne), pneumopatie infiltrative diffuse, disturbi del respiro nel sonno 3, 9-12 .
Per una migliore gestione domiciliare di questi pazienti respiratori cronicamente critici è necessario stabilire dei livelli e delle fasce di intensità di cure progressivi, idonei a far fronte ai bisogni assistenziali attraverso gradi di protezione crescenti. Il regime a media intensità di cure è destinato a pazienti in fase stabile che necessitano di ventilazione meccanica domiciliare non invasiva od invasiva tramite tracheostomia per un tempo inferiore alle 16 ore/die, trattati oppure no con ossigenoterapia. Il regime ad alta intensità di cure è invece previsto per i pazienti con necessità di ventilazione meccanica domiciliare non invasiva od invasiva tramite tracheostomia per un tempo superiore alle 16 ore/die, oppure a pazienti già inseriti nei regimi a media intensità, in fase di instabilità clinica. Nella maggior parte dei casi la valutazione e l’inserimento nel programma di ADR iniziano quando il paziente è ancora ricoverato in ambiente specialistico pneumologico, dove viene predisposto un piano di dimissione che deve assolutamente prevedere la continuità delle cureper consentirela prosecuzionedelle stesse cure aldomicilio3.
Il paziente in ventilazione meccanica può essere dimesso a domicilio solo ad alcune condizioni irrinunciabili, la più importante delle quali è la stabilità sotto il profilo clinico, psicologico ed emozionale. A livello clinico è ad esempio fondamentale che il paziente non sia riacutizzato, che la sua dispnea sia sotto controllo, che sia in grado di rimuovere le secrezioni dalle vie aeree, che abbia valori accettabili dei gas ematici, che ci sia stabilità dell’equilibrio acido-base, che non siano presenti disfunzioni o aritmie cardiache pericolose per la sopravvivenza, che ci sia stabilità degli altri organi e che la nutrizione sia adeguata. Inoltre il ventilatore deve avere un setting stabile, con FiO2 inferiore a 0.40, l’uso della pressione espiratoria di fine espirazione deve essere limitato e devono essere presenti periodi stabili di “free-time”13. Sono altresì irrinunciabili una assistenza infermieristica domiciliare ed un servizio di supporto distrettuale con competenze documentate; se il paziente non è in grado di autogestirsi devono essere presenti care-giver sufficienti per i bisogni assistenziali, istruiti e formati sulle esigenze del paziente. Analogamente non può mancare un ambiente familiare preparato e adatto sotto il profilo tecnico, umano ed organizzativo14-16 e deve essere presente una rete assistenziale di monitoraggio, follow-up e verifica.
Il piano di dimissione e di inserimento nel programma di ADR è un programma progressivo di azioni, strutturato in quattro elementi fondamentali. Il primo elemento è la valutazione dei bisogni assistenziali, degli obiettivi da raggiungere, dell’ambiente familiare, della fornitura dei presidi e dei dispositivi a domicilio, delle risorse umane necessarie, delle figure professionali coinvolte, delle eventuali modifiche ambientali da apportare al domicilio, verificando la corrispondenza con i bisogni e le richieste del paziente. Il secondo elemento è l’informazione, educazione e training del paziente e del care-giver: questo aspetto va affrontato già durante il ricovero con verifica dell’apprendimento al termine dell’addestramento. Il piano di cure domiciliari, terzo elemento del piano di dimissione, è un piano di cure scritto e comprensivo sia degli aspetti respiratori che medico-assistenziali generali. Esso deve essere il più semplice possibile e deve comprendere tutti gli aspetti inerenti la ventilazione meccanica, l’ossigenoterapia, la terapia farmacologica, l’alimentazione, la comunicazione, la mobilizzazione e la riabilitazione. Nella presa in carico del paziente, quarto elemento del piano di dimissione, si giunge all’affidamento del paziente al team domiciliare, con l’obiettivo di garantire la continuità delle cure e dell’assistenza. Nella riunione fra il team che ha in cura il paziente ed il team assistenziale territoriale, alla presenza del paziente e/o del care-giver, vengono tra l’altro definiti la cadenza delle visite domiciliari, il centro pneumologico di riferimento, la periodicità degli eventuali controlli presso il centro ed il piano per la gestione del rischio3 .
La dimissione a domicilio comporta naturalmente dei rischi, specie per i pazienti in ventilazione meccanica17. I rischi non possono essere completamente aboliti, ma devono essere, se possibile, previsti e minimizzati. Oltre il 50% degli eventi avversi che si presentano precocemente alla dimissione del paziente sono legati ad una cattiva comunicazione. Il malfunzionamento del ventilatore meccanico è relativamente comune, ma è raramente causa di mortalità e di morbilità18-20.
La dimissione da una terapia intensiva o dall’ospedale del paziente respiratorio cronicamente critico non è una semplice procedura amministrativa e va ricordato che il 15-25% degli errori nella pratica clinica ha luogo durante il processo di dimissione. Al paziente in ventilazione meccanica domiciliare è necessariamente richiesta l’assunzione di un determinato rischio: certamente è più sicuro rimanere ricoverati in terapia intensiva o semiintensiva, ma riuscendo a minimizzare il rischio è senz’altro preferibile vivere a casa propria17. La gestione del rischio deve comprendere ed interessare tutti gli attori ed i componenti del programma di ADR, in particolare il paziente, il care-giver e la sua famiglia, l’ambiente in cui vive il paziente, le apparecchiature e i dispositivi in funzione, il team assistenziale e territoriale e l’Azienda di servizi. Una volta identificato, il rischio va valutato, controllato e poi gestito con le misure correttive17. In particolare vanno pianificati i rischi più frequenti ed importanti, come la mancanza di corrente elettrica, un guasto o la disconnessione accidentale dal ventilatore meccanico, l’ostruzione della tracheostomia, la fuoriuscita della cannula o la rottura del palloncino, fino a problemi più squisitamente clinici come il deterioramento rapido delle condizioni cliniche del paziente3. In generale, pazienti e care-giver devono essere addestrati all’uso ed alla manutenzione di base del ventilatore, alla risoluzione dei problemi ed alla richiesta di aiuto. Essi devono poter fare riferimento ad un piano scritto di azione per problemi prevedibili, come la mancanza di corrente, le infezioni ed il guasto dei materiali. In ogni caso è necessario prevedere la segnalazione dei problemi al Centro di assistenza17.Per il successo dei programmi di ADR è fondamentale tutelare in modo particolare i pazienti dipendenti dal ventilatore oltre le 16 ore/die,concordando con il servizio locale di emergenza una linea di soccorso telefonica che preveda la lista dei pazienti con i dati generali (anagrafici, indirizzo, recapito telefonico, patologia, tipo di ventilazione in atto, sicurezza elettrica, criticità o apparecchiature particolari, ambulanza attrezzata ed equipe con medico esperto), le caratteristiche e finalità del piano terapeutico assistenziale, la presenza di eventuali direttive anticipate di trattamento ed il Centro pneumologico di riferimento. Per questi pazienti particolarmente critici a domicilio vanno forniti, oltre al ventilatore con batteria, un secondo ventilatore di back-up, una unità manuale di ventilazione, un aspiratore di secrezioni tracheali a rete ed uno a batteria, un gruppo elettrogeno, circuiti di scorta, una cannula tracheale di misura uguale ed una di misura inferiore a quella in uso ed una maschera uguale a quella in uso. Periodicamente va verificata la corretta esecuzione delle procedure di sicurezza da parte del paziente o del familiare3 .
Per concludere non si possono tacere alcuni riferimenti di tipo etico sul fine vita dei pazienti respiratori cronicamente critici, specie se pensiamo a malati affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva avanzata o da malattie neuromuscolari. Il rischio che corriamo quando accompagniamo queste persone nell’ultima parte della loro vita è di superare il limite che ci è consentito, come uomini e come sanitari. Ma si può parlare di un limite alle nostre attese o azioni? E se c’è, dove è questo limite? In effetti di fronte alla stessa malattia, ad esempio la sclerosi laterale amiotrofica, possiamo incontrare una persona che chiede di essere trattata solo con ventilazione meccanica non invasiva, passando da una morte prevedibile ad una morte assistita, scegliendo “come, dove e quando” morire, con ciò giustificando una precisa scelta clinica guidata da principi e valori etici che escludono la ventilazione meccanica invasiva come accanimento terapeutico. Il termine “limite” ha vari significati: confine, linea terminale o divisoria, livello massimo al disopra o al disotto del quale si verifica normalmente un determinato fenomeno, termine spaziale o temporale che non può o non deve essere superato, o il cui superamento ha per effetto un mutamento di condizioni. Secondo queste accezioni possiamo allora definire il limite come la separazione fra due realtà, come ciò che divide e differenzia, come cornice, come ciò che identifica la terapia. Da questo all’affermazione del Comitato Nazionale per la Bioetica il passo è breve: … “Non è ingiustificato il timore che l’assistenza terapeutica, applicata indiscriminatamente, possa superare il limite del reale beneficio per il paziente e produrre una esistenza puramente biologica, in cui la qualità della vita è estremamente bassa, aggiungendosi anzi alle sofferenze insite nella malattia quelle connesse agli stessi trattamenti”21.E ancora nello stesso documento si legge: “L'accanimento terapeutico è il segno di una medicina che ha perso il vero obiettivo della cura: una medicina che non si rivolge più alla persona ma alla malattia, e che avverte la morte non come evento naturale ed inevitabile, ma come una sconfitta”21.
In questo campo la strada da percorrere è ancora molto lunga, se è vero che solo il 15% dei pazienti affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva molto severa viene adeguatamente informato dai clinici circa il proprio stato di salute, le prospettive di vita, le varie opzioni terapeutiche e i possibili interventi per prolungare la sopravvivenza in linea con le attese a livello fisico, psicosociale e spirituale22.
BIBLIOGRAFIA