Anno Accademico 2015-2016

Vol. 60, n° 4, Ottobre - Dicembre 2016

Simposio: Il Tromboembolismo venoso e il suo attuale trattamento

07 giugno 2016

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Il punto di vista del Cardiologo

G. Minardi

La trombosi venosa profonda (TVP) e le complicanze tromboemboliche che ne possono derivare (in particolare l’embolia polmonare, EP), costituiscono una malattia seria e potenzialmente fatale, che spesso complica il decorso clinico di pazienti affetti da altra patologia, ospedalizzati o no, ma che può colpire anche soggetti in apparente buona salute. Dal punto di vista epidemiologico si stima che in Italia si verificano circa 75.000 casi/anno, di questi circa 1/3 manifesta segni e sintomi di EP e il 26% muore entro 1 anno; si hanno recidive del 13% entro 1 anno e del 30% entro 10 anni1.

Recentemente Becattini2 ha effettuato una metanalisi su 10 studi, di cui sei prospettici, che raccolgono quasi 8000 pazienti con EP, e con un outcome clinico ben definito (follow -up dai 5 giorni ai 3 mesi), nei quali è stata fatta un’indagine eco-Doppler degli arti inferiori. La TVP è risultata essere presente in 4379 pazienti (56%) e, tra questi, si sono verificati 272 decessi (6.2%); tra chi non aveva TVP, invece, si è osservata una mortalità del 3.8% (133/3489 pazienti). Ciò sembra indicare che la presenza della TVP moltiplica di 1.9 volte il rischio di mortalità per tutte le cause (95% CI, 1.5 -2.4; heterogeneity χ=4,9; degrees of freedom [df] =6;P = .56). Le complicanze sono principalmente rappresentate dalla sindrome post-trombotica (20-50% a distanza di 1-2 anni dalla TVP) e dalla ipertensione polmonare cronica tromboembolica (1% a 6 mesi, 3% a 1 anno, 4% a 2 anni)3. Nel su citato studio le complicanze relative all’EP si sono osservate nel 7.2% dei pazienti con TVP e nel 5.5% di quelli senza TVP (differenze statisticamente non significative). La TEV sintomatica è spesso diagnosticata in ritardo4 ed è causa di notevoli spese totali di ospedalizzazione5.

 

 

 

 

La presentazione clinica dell’EP è molto variabile e comporta un rischio di mortalità differente in base alla presenza o assenza di shock/ipotensione (>15% versus <1%). Le Linee Guida raccomandano una precoce stratificazione del rischio ai fini di una corretta strategia terapeutica6, utilizzando criteri clinici (shock/ipotensione), il PESI o sPESI, segni strumentali di disfunzione VD, biomarkers (Troponina, NT-proBNP).

 

 

Sulla base della stratificazione del rischio si individuano soggetti: 1) ad alto rischio nei quali iniziare una terapia con UFH appena possibile (classe 1C), trombolisi (classe 1C) o embolectomia percutanea in caso di controindicazioni o fallimento della trombolisi (classe 2aC); 2) soggetti non ad alto rischio, nei quali embricare subito Antagonisti della Vit K (VKA), terapia con  LMWH o Fondaparinux (1A), UFH, se ad alto rischio emorragico o IRC (1C) o, in alternativa, iniziare terapia con i NAO (Apixaban, Rivaroxaban, Dabigatran, Edoxaban (1B).

 

 

 

A lungo termine viene raccomandata terapia con Anticoagulanti orali (VKA o NAO) per 3 mesi, nei casi di EP provocata (1B), per almeno 3 mesi, nei casi di EP non provocata (1A), a lungo termine, nei casi di EP non provocata a basso rischio emorragico (2aB) o nei casi di recidiva di EP (1B), con preferenza per i NAO (2aB).

 

 

Vari trials hanno studiato, con diversi disegni di studio e con confronti verso LMWH+VKA, verso Placebo o verso VKA, l’efficacia e la sicurezza dei NAO (EINSTEIN con il Rivaroxaban7, RE-COVER8, RE-MEDY e RE-SONATE con il Dabigatran, AMPLIFY con l’Apixaban9, Hokusai-VTE con l’Edoxaban10 dimostrandone la non-inferiorità per l’efficacia (RRR-10%)11, la superiorità per la sicurezza (RRR-39%) in termini di riduzione significativa dei sanguinamenti maggiori o clinicamente rilevanti.

 

 

Per ciascun NAO è importante conoscere la farmacocinetica, le vie di eliminazione, i tempi di dimezzamento e le interazioni con il cibo, per ottimizzare il trattamento in funzione delle caratteristiche del singolo paziente (età, peso corporeo, funzionalità renale e/o epatica, fragilità, rischio emorragico, neoplasia etc). Dai dati pubblicati risulta che i NAO possono essere somministrati con sicurezza ed efficacia in tutti i gruppi di pazienti studiati.

Recentemente sono state pubblicate le raccomandazioni per la terapia nei pazienti con TVP/EP12: 1) per l’EP subsegmentaria, senza TVP prossimale, sorveglianza clinica se vi è basso rischio di ricorrenza (2C), anticoagulanti orali se vi è alto rischio (2C); 2) per l’EP con ipotensione, terapia trombolitica sistemica(2B); 3) per la TVP/EP ricorrente trattata con anticoagulanti orali, senza LMWE, somministrare LMWH (2C), se trattata con LMWH  aumentarne il dosaggio.

Da quanto sopra riportato si deve concludere che la tempestività e l’adeguatezza del trattamento

Anticoagulante (con Eparina, VKA e NAO) costituisce un fattore fondamentale per ridurre le recidive di TVP/EP non solo durante il primo periodo dopo l’evento acuto, ma anche a distanza di mesi, per ridurre la gravità della sindrome post-trombotica e dell’ipertensione polmonare cronica tromboembolica, fortemente influenzata dal numero delle recidive, per ridurre la mortalità e contenere i costi sanitari.


BIBLIOGRAFIA

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  2. Becattini C. Congresso ATBV 2015, VII Simposio: L’anticoagulazione nel tromboembolismo venoso.  La durata della terapia anticoagulante.
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